ERCOLI FARNESE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

ERCOLI FARNESE

P. Moreno

La trattazione sul colosso di Eracle in riposo firmato da Glykon (già nella Collezione Farnese), apparsa sotto il nome del copista (v. vol. III, p. 965, s.v. Glykon), va rivista alla luce di nuove ricerche e scoperte che hanno moltiplicato le conoscenze su uno degli schemi statuari più diffusi nel mondo antico, portando tra l'altro all'identificazione nel Palazzo Reale di Caserta del secondo, gigantesco Ercole in riposo che si sapeva essere stato in possesso dei Farnese. Tali acquisizioni sono state fraintese dagli autori che hanno affrontato recentemente il tema, sicché ne è derivata una riduzione ai due soli tipi esemplificati dai colossi farnesiani (Krull, 1985), ovvero il ritorno a un'ormai insostenibile definizione unitaria di «Eracle Farnese» con casuali varianti (Palagia, 1988). Raramente l'abbandono del metodo filologico ha prodotto guasti maggiori in un problema iconografico che va risolto con l'identificazione di una serie differenziata di tipi statuari, scaglionati dal IV sec. a.C. al tardo ellenismo. Volendo accomunare in una sola definizione le centinaia di testimonianze monumentali e numismatiche relative all'eroe con la clava puntata sotto l'ascella, non resta che la denominazione di «Eracle in riposo» (Ausruhender Herakles, Weary Heracles, Héraclès en repos), fondata su quella antica di Ηρακλής παυόμενος (Nicol., Progym., XV, 5). Entro questo ambito, il nucleo di più antica origine è rappresentato dalle figure che portano la mano destra sul fianco: tali opere sono classificate con la lettera A. Nella seconda metà del IV sec. Lisippo (v.) introduce lo schema con il braccio girato dietro la schiena (B). Le due famiglie iconografiche si sviluppano parallelamente, fino in età romana, benché l'invenzione lisippea riveli maggiore fortuna.

A.1: Tipo «Copenaghen-Dresda». - La clava è puntata sotto l'ascella dell'eroe, senza che vi sia interposta la leontea, ed Eracle deve attenuare la pressione del legno contro la carne impugnando l'arma a metà della lunghezza. Ne consegue uno schema chiastico: il peso del corpo è retto dalla gamba destra e dal braccio sinistro che gravita sulla clava poggiata a un rialzo del suolo; la gamba sinistra in riposo è piegata indietro secondo il modello policleteo, la mano destra poggia inerte sul fianco. La frequenza nel mondo attico di simili figure in riposo, sia nella ceramica che nelle stele, porta all'attribuzione dell'opera a Euphranor (v.) il cui Eracle era attestato a Roma da un'erma iscritta (E. Loewy, Inschriften griechischer Bildhauer, Lipsia 1885, p. 332, n. 501). Databile attorno al 360 a.C., il tipo è noto da una statua, completa della testa, conservata alla Ny Carlsberg Glyptotek, da statue acefale all'Albertinum di Dresda e alla Galleria Borghese, da torsi recentemente identificati nei musei di Lecce (già ritenuto Zeus del tipo «di Dodona») e di Albano, e da teste alla Ny Carlsberg Glyptotek (inv. 251), a Boston, a Djursholm, e a Villa Albani (inv. 741, su statua non pertinente).

A.2: Tipo «Bronzo Albani». - Simile al precedente per la distribuzione delle forze e la posizione della mano destra sul fianco, ha tuttavia il busto eretto, e soprattutto la pelle di leone è posta ad ammorbidire il contatto con la clava. Sicché il braccio sinistro non è impegnato con l'arma, ma si protende a mostrare i pomi delle Esperidi. Ricostruito inizialmente con l'ausilio di un denario di Marco Eppio (47-46 a.C.) e della statua in bronzo di Villa Albani, il tipo è stato confermato dalla scoperta di un bronzo di maggiori dimensioni a Seleucia, ora al museo di Baghdad. La più antica testimonianza di tale disegno è nella figurazione vascolare dell'idria attica del Pittore delle Esperidi al Metropolitan di New York, attorno al 350 a.C.

A.3: Tipo «Oropos-Vienna». - La mano destra è sul fianco, come nei tipi precedenti; la leontea è sulla clava, come nel bronzo Albani, ma il braccio sinistro è abbandonato in riposo, forse già per influenza delle figure lisippee (B.1 - 3). La più alta testimonianza è nei primi decenni del III sec. a.C. con il rilievo iscritto rinvenuto a Samo; seguono terrecotte da Seleucia al museo di Baghdad, una statuetta in avorio da Pompei al Museo Archeologico di Napoli, e torsi di età romana al Museo Nazionale di Atene (da Oropos), a Vienna, e al Museo Archeologico di Bari (da Taranto). Ne esiste lo schema inverso in una statuetta di calcare e in una figuretta in piombo, entrambe al Museo Archeologico di Chania.

A.4: Tipo «Belgrado-Londra». - Eracle ha alla propria sinistra il piccolo Telefo allattato dalla cerva. Si tratta di gruppi di piccole dimensioni e di tipologia costante. L'eroe ha la mano destra sul fianco, come negli schemi precedenti e la gamba sinistra flessa indietro secondo il motivo originario del tipo «Copenaghen-Dresda», ma la leontea risente della versione lisippea «Farnese-Pitti» (B.3). Oltre agli esemplari eponimi al British Museum (dalla Laconia) e al Museo Nazionale di Belgrado (da Viminatium), sono noti un torso al Museo Archeologico di Patrasso, un gruppo a Salonicco, e una riproduzione frammentaria in uno dei rilievi del Sebastèion di Afrodisiade. La formazione di tale iconografia sembra anteriore al fregio con storie di Telefo nell'Ara di Pergamo.

B1: Tipo «di Argo». - Tra le immagini di Eracle in riposo con la mano destra portata dietro il dorso a reggere i pomi delle Esperidi, la più antica sembra essere quella attestata fin dagli inizi del III sec. a.C. come simbolo del rovescio su una moneta di Demetrio Poliorcete. La coniazione è del Peloponneso, la zecca rimane incerta tra Sicione, Corinto o Argo. Ad Argo è stato comunque rinvenuto l'esemplare statuario più bello di questo tipo, un marmo di età adrianea in grandezza naturale. La gamba destra portante è ben tesa, la sinistra avanzata. La divergenza della clava imposta la struttura piramidale della composizione. La leontea forma una cappa sulla cima del legno, facendo apparire una delle zampe della fiera dietro la spalla di Eracle, le altre sul davanti e di lato. La coda si adatta al supporto di roccia. Il muso è all'esterno del braccio dell'eroe, di profilo verso la destra di chi guarda, in modo da invitare a un percorso rotatorio attorno alla statua. Una placca in bronzo con modelli a rilievo per orefici del II sec. a.C. da el-Galiub, a Princeton, riproduce due volte un piccolo Eracle di questo tipo. I dettagli della scultura di Argo sono tutti riconoscibili in una statuetta proveniente dalla Dacia, conservata a Vienna, e in un'altra a Firenze, a Palazzo Corsini, nonché in monete imperiali d'Asia Minore, ad Amastris e Nicea.

B.2: Tipo «.Anticitera-Sulmona». - L'esposizione a Sulmona nel 1989 dell'eccezionale bronzetto di Eracle in riposo ivi rinvenuto nel 1959 (ma rimasto nei magazzini del museo di Chieti, v. vol. VII, p. 556, fig. 661, s.v. Sulmona) è stata l'occasione per verificare la consistenza del tipo che prende nome da tale esemplare e dalla statua in marmo del Museo Nazionale di Atene, proveniente da Anticitera. La roccia era adiacente al piede sinistro, e pertanto la clava vi poggiava quasi in verticale. La leontea era lasciata cadere con la parte posteriore verso il corpo di Eracle, quella anteriore all'esterno del braccio. La clava ne risultava per gran parte nascosta. Il bronzetto da Sulmona è opera ellenistica di scuola lisippea, dedicata nel Santuario di Ercole Curino nella prima metà del I sec. d.C., secondo la nuova cronologia stabilita per l'offerente, M(arcus) Attius Peticius Marsus. Il marmo di Anticitera fii coinvolto nel naufragio tra l'80 e il 50 a.C. All'età ellenistica risale anche una terracotta di cui resta un frammento ai Musei di Berlino. Nella prima età imperiale la statuetta di Sulmona fu visibilmente imitata nel bronzetto delle stesse proporzioni trovato a Foligno, ora al Louvre. Copie in marmo di piccolo formato vengono da Sepino (al museo di Campobasso) e da Ostia.

B.3: Tipo «Farnese-Pitti». - L'accorpamento di una serie di repliche ai modelli indicati, fa intendere come si riduca il numero delle testimonianze effettivamente riferibili al tipo più noto di Eracle in riposo, rappresentato dalla statua di Glykon, e da quella di pari proporzioni a Palazzo Pitti, accompagnata dall'iscrizione Λυσίππου έργον. La gamba destra portante è tenuta molto indietro, la sinistra è avanzata, col piede quasi allineato al destro, in modo che la figura sarebbe instabile senza l'appoggio esterno. Continuando l'obliquità della gamba destra, il tronco è fortemente inclinato in avanti oltre che di lato. A differenza delle altre immagini di Eracle in riposo, questa non potrebbe reggersi senza il sostegno della clava, alla quale infatti si abbandona con il generale andamento sbieco del corpo: è un'altra novità rispetto agli schemi spezzati o sinuosi già realizzati dallo stesso Lisippo (B.1 e B.2). Nel riposo dell'eroe ogni contrasto è esaltato; il ritmo alterno degli arti, che segna quel rilassamento pur vigile, la stanchezza in una tale mole, la sensazione del passo in una posa di abbandono: Eracle ha arrestato il suo cammino, appoggiando la clava a una roccia, ma le gambe conservano il movimento della marcia. La leontea, ripiegata sotto l'ascella, mostra il muso di profilo, serrato tra il busto e il braccio dell'eroe, quindi visibile nella prospettiva frontale della statua. Le zampe anteriori e quella posteriore sinistra cadono sul davanti con gli artigli sulla roccia, l'altra zampa posteriore e la coda spiovono rovesciate all'esterno. Lo schema sembra proposto fin dal III sec. a.C. nelle monete in bronzo di Sidion (Gravina) e Mateóla (Matera). Tra i periodi neroniano e flavio si riconducono le grandi teste al British Museum e a Basilea. La statua di Glykon sarebbe stata eseguita in età antoniniana, come la replica colossale a Firenze, cui al tempo di Commodo fu imposto il ritratto dell'imperatore. Nella copia al Palazzo Reale di Stoccolma il fianco di Eracle è quasi a contatto con la spoglia leonina. Tra le statue di proporzione naturale, conserva in parte l'originario impianto il torso di Tolemaide; tra le statuette, sono coerenti quelle di Digione, San Pietroburgo, Catania e Leida. A partire dall'età severiana, le tendenze riduttive della spazialità sfociano in una frontalità dichiarata. Indicativo in questo senso è il colosso rinvenuto a Ippona nelle Grandi Terme, dedicate a Settimio Severo da Caracalla: la statua è il risultato dell'imitazione del marmo di Glykon, da parte di maestranze provinciali, in un contesto ispirato appunto alle Terme di Caracalla dell'Urbe. La stessa semplificazione è avvertibile in una delle figure di Ercole in riposo che adornano gli stipiti delle porte nella Basilica Severiana di Leptis Magna. In un bronzetto coevo dall'agorà di Atene, l'andamento verticale, anziché obliquo, della clava è accentuato dal fatto che essa insiste su un tronco d'albero, invece che sulla roccia. Si può aggiungere che un altro bronzetto della medesima provenienza, privo della leontea e della clava, sembra appartenere al tipo «Farnese-Pitti» per il movimento degli arti e del tronco, e che questo esemplare viene datato all'età ellenistica, con notevole contributo alla cronologia dell'archetipo. Monete in bronzo di età imperiale confermano la fortuna del tipo in Atene, dalla metà del I sec. d.C. È anche la descrizione da parte di Nicolao di Mira (Progym., XV, 1-6) di una scultura analoga (non sappiamo se in bronzo o in marmo) potrebbe collocarsi in Atene, dove il giovane retore avrebbe condotto le sue esercitazioni. L'etnico ateniese di Glykon non è d'altra parte cogente in questo senso, tanto più che la copia non è in pentelico, ma in marmo pario. Coniazioni imperiali documentano il tipo a Corinto, a Sparta, e a Filippi, oltre che in numerose zecche orientali: Perinthos, Kibyra, Nicea, Gangra (Germanicopolis), Ciunte in Bitinia, Germe nella Frigia ellespontica, Alessandria nella Troade.

Del tipo «Farnese-Pitti» esiste anche un esemplare inverso, più volte descritto, nel Museo Guarnacci di Volterra. Alla morte di Mario Guarnacci, nel 1785, le sculture romane non passarono al Comune di Volterra come le antichità etrusche, ma furono vendute altrove dagli eredi: in particolare l'Ercole in riposo (con un'iscrizione apocrifa di Glykon) fu offerto al re di Napoli, ma Luigi Vanvitelli ne sconsigliò l'acquisto. L'opera è stata fotografata per la casa d'aste Spink and Son di Londra, ma attualmente è dispersa.

B.4: Tipo «Seleucia-Borghese». - Tra le più antiche testimonianze di elaborazione ellenistica dai tipi lisippei (B.1-B.3), è una terracotta a Detroit, da Seleucia, databile dal 290 al 141 a.C. La ponderazione è derivata dal tipo «Anticitera-Sulmona», ma la leontea è diversa: tra le soluzioni precedentemente adottate, che imponevano il muso nella sola veduta laterale della scultura (B.1 e B.2), ovvero frontale (B.3), si è trovato un compromesso, facendolo visibile nella veduta principale della composizione, ma in scorcio di tre quarti. L'eleganza manierata del disegno si rivela nel migliore esempio statuario, alla Galleria Borghese: sotto l'ascella dell'eroe, la leontea ha un raddoppio simile a quello del tipo «Farnese-Pitti», salvo che la spoglia si bipartisce simmetricamente nella caduta delle zampe, con la criniera esattamente lungo la clava. Ritroviamo la stessa disposizione in un bronzetto pompeiano a Napoli e in una statua di poco inferiore al naturale ad Avignone, Musée Calvet (inv. G. 32).

B.5: Tipo «di Pergamo». - E nella plastica pergamena che troviamo la più fine testimonianza di un'interpretazione ellenistica dell’Eracle in riposo, giunta altrimenti a noi da copie di età imperiale. Nel 1963, tra le abitazioni a O dell'agorà inferiore (v. S 1970, pp. 608-609, s.v. Pergamo), fu rinvenuto un bronzetto databile attorno al 100 a.C., eseguito accuratamente in sei parti separate. Tra i tipi precedenti, è stato guardato soprattutto quello di Argo per l'atteggiamento degli arti e la torsione del corpo, con il busto che tende a raddrizzarsi. Anche il nodo formato dalla leontea sotto l'ascella di Eracle richiama il viluppo della statua di Argo, ma il resto della pelle ferina è rappresentato avendo fatto idealmente ruotare di un angolo retto l'intero complesso degli attributi verso lo spettatore. Nel bronzetto infatti la clava viene a essere obliqua in avanti; perduta la componente laterale nell'inclinazione della clava, il corpo di Eracle aderisce direttamente alla leontea. L'insieme è così massiccio da far pensare che lo schema sia stato progettato nel marmo, anziché nel bronzo come tutti i precedenti. A Mileto appariva una statua di questo tipo in proporzioni naturali nella decorazione del Ninfeo al tempo di Gordiano III (v. vol. V, p. 20, s.v. Mileto). Ad Atene, una statuetta dall'agorà, con testa che arieggia il ritratto di Commodo, rinnova il disegno del bronzetto pergameno, e un trattamento simile aveva la figura, ora mutila, di Ercole in un rilievo del Museo Nazionale, datato al 192/193 d.C. attraverso il nome dell'arconte Helvidius Secundus.

B.6: Tipo «Uffizi-Afrodisiade» e varianti ellenistiche. - Si raggruppano sotto questa dizione opere che implicano da parte degli autori la volontà di unire elementi propri degli schemi B.4 e B.5. Una statua agli Uffizi ha la leontea disposta come nel tipo «Seleucia-Borghese», ma mostra sotto l'ascella un groppo simile a quello del tipo di Pergamo, e come variante ha la spoglia del cinghiale dell'Erimanto gettata sulla roccia: il marmo va identificato con quello ancora privo di restauri disegnato a Roma dallo Heemskerck e dal Dosio; l'importanza (iella variante è sottolineata dal fatto che la pelle del cinghiale ricorre nella medesima disposizione in un rilievo di Leptis Magna (Basilica Severiana, altro dettaglio rispetto alla figura citata del tipo B.3) e in una lastra del Sebastèion di Afrodisiade. Una statua al Louvre, già Borghese (inv. Ma. 352) ha il medesimo impianto per quel che riguarda la leontea e la clava (mentre è arbitrario l'inserimento della testa del toro sotto la clava, dettato al restauratore dal colosso farnesiano del tipo B.7). Varie soluzioni sono state raggiunte nel bronzetto del museo di Rennes, da Famars, in tipi monetali di Commodo e di Carino (cui corrisponde puntualmente un torsetto in marmo a Oxford), in una statuetta acefala e in un piccolo torso nei magazzini del Museo Archeologico di Salonicco (inv. Ρ 18, e 1948), nonché in opere provinciali a Compiègne e a Valkenburg.

B.7: Tipo «Side-Caserta». - Nel 1982 è stata divulgata l'identificazione del colosso custodito nell'atrio della Reggia di Caserta con il c.d. Ercole Latino della Collezione Farnese. Elemento essenziale di distinzione rispetto alla statua firmata da Glykon, e in generale ai tipi finora esaminati, è la presenza di una testa di toro sotto la clava. Ciò ha fatto nascere nell'erudizione tardorinascimentale la definizione di Ercole Latino, in opposizione al colosso eseguito dallo scultore ateniese, che era visto come l'Eracle ellenico: trascinando attraverso l'Italia la mandria di Gerione, l'eroe si era fermato presso l'Aventino, dove Caco lo aveva derubato di due o quattro tori; recuperati gli animali, Ercole ne aveva sacrificato uno a Giove, istituendo il culto dell'ara Maxima. A Roma l'iconografia è ben attestata nelle stesse Terme di Caracalla dove un capitello è ornato dalla figura di Eracle in riposo con la testa di toro sotto la clava; da un sarcofago al Museo Nuovo dei Conservatori, databile attorno al 285 d.C., che mette in vista anche l'arco nella mano sinistra e la corona di fronde sul capo, e da una statuetta già Chigi, all'Albertinum di Dresda: estrema testimonianza appare la variante al Vaticano (inv. 165) con tronco d'albero sotto la testa taurina.

A Milano, Museo Archeologico, si conserva il frammento di un colosso analogo a quello di Caserta. Una variante, in cui il trattamento fiammeggiante del pellame prevale sull'articolazione del drappeggio nella leontea, è attestata da un bronzetto a Torino, Museo Civico, e da una statuetta a Tolosa, Musée Saint-Raymond, proveniente da Martres Tolosanes. In Grecia, statuette mutile sono riconoscibili a Salonicco (Museo Archeologico, inv. 11034), e a Mitilene; da Santorino viene un esemplare mal ridotto, conservato a Leida (Rijksmuseum van Oudheden, inv. 1837).

Ricca la documentazione in Asia Minore, con tre sculture a Side, altre ad Afrodisiade (museo, inv. 44), da Primnesso (Afyon, museo, inv. 5660), da Eulandra Augustopoli (Afyon, museo, inv. 4422), da Traile (Berkeley, University Art Museum); da una località imprecisata dell'Anatolia proviene anche la statuetta a Detroit, Institute of Art. Il tipo statuario è riprodotto inoltre su una lastra di sarcofago a colonne da Apameia (Afyon, museo, inv. 117), sul lato lungo di un sarcofago a fregio continuo di Afrodisiade, rinvenuto nel 1971, e sul rovescio di numerose monete di età imperiale, tra le quali un aureo di Gordiano III coniato a Side, e bronzi di Amblada, Ciunte e Perge.

D'incerta origine sono gli avori al Museo Benaki di Atene e al Getty Museum di Malibu. Il materiale consente di completare la visione dell'archètipo, anche per quelle parti che nel colosso di Caserta sono di restauro: la mano sinistra stringeva l'arco, e la testa dell'eroe era coronata di fronde. Rispetto ai tipi precedenti, lo schema presenta qualche motivo di continuità nella caduta simmetrica della leontea che ricorda il disegno «Seleucia-Borghese» (B.4), o nel nodo sotto l'ascella dell'eroe che rifonde il drappeggio del tipo «di Argo» (B.i) con quello del tipo «di Pergamo» (B.5). Ma i dati di un'esperienza composita sono interpretati alla luce di una concezione originale, non solo per la novità della testa di toro. La gamba sinistra non è avanzata verso lo spettatore, come finora si era visto, bensì lateralmente, sicché il piede diverge dal destro quasi di un angolo retto. Dall'instabilità dei personaggi lisippei, si è giunti alla posa monumentale, dall'armonica distribuzione delle forze a una tensione generalizzata. La gamba sinistra è sollecitata da uno sforzo quasi pari a quello dell'arto portante, e il braccio sinistro (di restauro a Caserta) non era più rilassato, ma stringeva l'arco.

L'insolita dislocazione della gamba sinistra determina la brusca inclinazione del bacino e l'esagerata flessione del tronco, tale da attribuire all'appoggio sulla clava un'enfasi sproporzionata all'esigenza statica: la testa accompagna forzatamente questo moto laterale ottenuto facendo girare sul fianco la metà sinistra della figura. Il corpo non ruota infatti sul proprio asse, ma è artificiosamente dilatato verso il complesso di attributi e simboli che comprende la testa di toro, la clava, la leontea, e (come si vede nelle repliche integre) l'arco nella mano sinistra. I motivi di un intreccio tridimensionale sono svolti in allineamento, secondo il gusto dichiarato nell'ultimo ellenismo dal gruppo del Laocoonte (v.). Il senso di misura e di equilibrio che dettava il rapporto tra il corpo di Eracle e la leontea nelle prove lisippee (B.1-B.3), viene infranto dall'esasperato contrasto: da una parte il nudo, dall'altra il drappeggio e il cumulo degli attributi, separati da un'ampia cavità triangolare. L'alternativa dei contenuti si fa contrappunto formale tra movimento e inerzia, luce e ombra; e finalmente ideologico tra uomo e mito, vita e morte, vincitore e vinti.

Nella coerenza della tradizione iconografica, spicca un'alternativa che può essere indicativa per l'origine del tipo. Alcuni esemplari plastici d'Asia Minore, e tutte le riproduzioni monetali, mostrano il gorytòs poggiato a terra, presso la gamba destra di Eracle; la maggior parte delle altre sculture (che conservano questo lato della composizione) appaiono prive dell'attributo; l'Ercole di Caserta ha invece la custodia appesa a un tronco d'albero, e il motivo è ripreso unicamente nel sarcofago di fabbricazione urbana al Museo Nuovo dei Conservatori, dove l'albero è rappresentato per intero insieme a un'altra pianta, ambientandosi la scena in un bosco. Si potrebbe dunque pensare a un originale tardo-ellenistico in bronzo, che è stato variamente interpretato in Oriente e a Roma. In particolare va osservato che nel colosso di Caserta sul plinto antico sono indicate le costole accanto alla testa di toro: ciò prova che in quel caso non si è voluto alludere all'impresa canonica del Toro di Creta, che Eracle aveva catturato vivo, bensì a un animale sacrificato. Ciò darebbe valore all'interpretazione tradizionale del monumento come statua di culto romana, eventualmente riferibile allo Hercules Invictus dell'Ara Massima: si noterà che la statua di questo tipo proveniente da Primnesso è accompagnata da un'iscrizione che celebra le «invitte mani» dell'eroe. Ma anche in questo caso l'origine dell'iconografia potrebbe essere ellenistica, poiché a Lindos è attestato il culto di Eracle Bouphàgos (o Bouthòinas), «divoratore di buoi», con riferimento alla facoltà, più volte manifestata dal personaggio mitico, di fagocitare un animale intero.

B.8: Tipo «Pozzuoli-Antinori». - Motivi propri dei tipi «Seleucia-Borghese» (B.4) e «Side-Caserta» (B.7) si trovano nella statua proveniente da Pozzuoli al Museo Archeologico di Napoli: la ponderazione e la torsione della figura ricordano la statua Borghese, ma sotto la clava appare la testa di toro, come nel colosso di Caserta, ed Eracle stringeva con la sinistra l'arco. Elemento nuovo e caratterizzante è la leontea che si avvolge attorno al braccio sinistro e copre la testa di Eracle col muso, annodata sul petto per le zampe anteriori. Le dimensioni colossali dell'archètipo sono suggerite da un'analoga testa di Eracle alla Galleria Borghese (inv. LXXXIII).

Il tipo è rappresentato inoltre da una statuetta a Firenze, nella Collezione Antinori, e da una riproduzione a rilievo su un sarcofago a colonne in Roma, a Palazzo Mattei. Di particolare interesse è un frammento di lastra (forse coperchio di sarcofago), proveniente da Ostia ai Musei Capitolini, che mostra la medesima immagine (inversa), affiancata dal gorytòs (come alcune sculture del tipo B.7), entro un'edicola, e accostata a una statua di Nettuno nello schema detto del Laterano: potrebbe trattarsi della statua di culto di Hercules Custos, onorata in Campo Marzio, in un tempio adiacente a quello di Nettuno. Il disegno dell'Eracle «Pozzuoli-Antinori» è fedelmente riprodotto in una moneta in bronzo coniata a Pessinunte negli anni di Antonino Pio, ed è largamente adottato per figure infantili, talvolta con teste ritratto, al Museo Capitolino (da Bevagna), alla Galleria Borghese (inv. cui), all'Ermitage di San Pietroburgo (inv. A. 157), a Palazzo Sacchetti in Roma, nella Collezione Heyl a Darmstadt, al Museo Nazionale Romano (inv. 70), al Museo Nazionale di Atene, al Museo Civico di Velletri (inv. il50), e al Louvre in due esemplari (invv. Ma. 143 e 144).

Una figuretta in bronzo, coronamento di candelabro, da Vignanello, già al Museo di Villa Giulia, illustra le origini della versione infantile di Eracle in riposo, e insieme rivela la cerniera tra i tipi con la mano destra sul fianco (A) e quelli con la mano dietro il dorso (B): l'opera, che si data attorno al 300 a.C. per precisi dati di scavo, mostra già un Eraclisco nello schema «Pozzuoli-Antinori», tranne |che per il dettaglio della mano destra ancora poggiata sul fianco, come nelle più antiche creazioni. L'assunzione del motivo per Eracle bambino non è puramente decorativa, ma ispirata al mito dell'uccisione di un leone da parte del divino infante sul Citerone: secondo Apollodoro (Bibl., II, 4, 10), il vincitore si sarebbe coperto le spalle e il capo con la spoglia della fiera, come appunto appare nelle statue del tipo «Antinori-Pozzuoli».

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