EQUAZIONI

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

EQUAZIONI (XIV, p. 132; App. III, 1, p. 564)

Francesco Giacomo Tricomi

Equazioni a incognite numeriche. - Negli ultimi tre lustri si sono diradati gli studi nel settore perché la sempre maggiore efficienza e diffusione dei calcolatori elettronici, hanno fatto scemare l'interesse di raffinati metodi per la risoluzione di e. numeriche e, in particolare, dei sistemi di e. algebriche lineari, che pur continuano a incontrarsi di frequente nelle più svariate questioni applicative.

Non così per quel che concerne le e. differenziali e altre e. funzionali perché nonostante l'intervento, anche in questo campo, dei moderni mezzi di calcolo numerico, conserva primordiale importanza la preventiva discussione qualitativa dei problemi da esse posti e, in ispecie, la dimostrazione dell'esistenza di una soluzione che non è, come alcuni credono, un lusso matematico, bensì un importante contributo ad assicurare che l'inevitabile schematizzazione dei problemi originari, onde renderli accessibili all'analisi matematica, non li ha snaturati al punto di condurre a problemi matematicamente irrisolubili.

Equazioni differenziali ordinarie. - Queste importantissime e. che, com'è generalmente noto, dominano i problemi di meccanica razionale e celeste, possono spesso studiarsi in modo unitario osservando in primo luogo che un'e. di ordine n (cioè contenente derivate fino all'ordine n) può sempre ricondursi a un sistema di n e. del prim'ordine involventi n funzioni incognite y1, y2,..., yn di una sola variabile indipendente x, cioè a un sistema della forma

che - ricorrendo alla notazione vettoriale, cioè introducendo un vettore incognito y di componenti y1, y2,..., yn ed una funzione vettoriale f(x, y) di componenti f1, f2,..., fn - assume la forma semp licissima

ciò che non costituisce soltanto una semplificazione di scrittura: una specie di stenografia, ma suggerisce anche spontanee generalizzazioni dei metodi di studio validi per le e. del prim'ordine.

In ispecie questo si può dire pel "problema dei valori iniziali", cioè della determinazione di una soluzione della [1] che, per un certo valore x0 della variabile indipendente (che spesso è il tempo) assume un assegnato valore x0; problema che, sotto condizioni poco restrittive per la funzione f; ha una e. una sola soluzione. Dal punto di vista pratico-numerico questo problema si presta molto bene all'impiego dei calcolatori elettronici ed è questo uno dei fattori che hanno reso possibili le recenti, spettacolari imprese astronautiche, nonostante che la determinazione della traiettoria di un veicolo spaziale costituisca, dal punto di vista tecnico, un problema matematico della più alta difficoltà. Ma si tratta di difficoltà che concernono la discussione generale del problema, per es., l'esistenza o meno di traiettorie chiuse, cioè di soluzioni periodiche, ma non la determinazione della traiettoria corrispondente a certe condizioni iniziali, che è quello che maggiormente interessa l'astronautica.

Dato però che anche la discussione generale di problemi del genere ha molta importanza, si capisce come tuttora fervano gli studi sull'andamento qualitativo delle soluzioni delle e. differenziali, che in passato si erano sostanzialmente limitati al caso del prim'ordine (v. App. III, 11, p. 566). Ma ora si attaccano anche e. del second'ordine e superiore, in cui ogni singola e. richiede uno studio a sé e metodi peculiari, per lo più di natura topologica.

Un altro capitolo della teoria delle e. differenziali in cui domina la topologia è quello dello studio della "stabilità" o meno delle soluzioni, cioè se accade o meno che una certa soluzione varii "di poco" al variare di poco dei dati che la determinano. Qui il ruolo della topologia è così essenziale che può accadere che la risposta sia affermativa o negativa secondo il modo con cui si stabilisce che due soluzioni debbano considerarsi "vicine" fra loro. Nei recenti studi al riguardo predominano i tentativi per estendere il più possibile il celebre "metodo di A. M. Liapounov", fondato sull'impiego di una funzione ausiliaria che, pur potendo apparire estranea all'e. da studiarsi, si può connettere con essa in modo da potersene trarre delle limitazioni per le sue soluzioni.

Recentemente sono stati anche molto studiati - in connessione con varie applicazioni, fra cui l'automazione industriale - i cosiddetti problemi di "controllo ottimo", che rientrano tanto nella teoria delle e. differenziali quanto nel calcolo delle variazioni e in altre. Si può farsene un'idea pensando a un "processo", per es. l'andamento di una certa reazione chimica, retta da un'e. differenziale contenente, oltre alla funzione incognita y(x) e certe sue derivate, anche una funzione "arbitraria" u(x), appartenente a una certa classe funzionale, esprimente, per es., la velocità con cui si fa affluire un certo reagente. Evidentemente l'andamento di y(x) dipende sia dalle condizioni iniziali, sia da tutti i valori di u(x) e sorge così il problema di fissare tanto le une ("controllo iniziale") quanto gli altri ( "controllo permanente") in vista da raggiungere un determinato obbiettivo, per es. rendere minimo un certo integrale esprimente il "costo" del procedimento.

Osserviamo infine che se un'e. differenziale, invece di essere accompagnata da condizioni iniziali, è accompagnata da condizioni di altro genere, per es., si danno i valori della soluzione in più punti distinti, si è in generale condotti a "problemi di autovalori", di cui si darà un cenno più avanti.

Equazioni a derivate parziali. - Nell'ultimo quindicennio le e. a derivate parziali hanno continuato a costituire uno dei principali oggetti dell'indagine matematica e ad esse è stata dedicata una notevole percentuale dell'enorme numero di lavori matematici pubblicati nel periodo, che è dell'ordine delle centinaia di migliaia. E si sono avuti sia approfondimenti e generalizzazioni di argomenti già precedentemente affrontati, sia questioni nuove, con l'osservazione generale che, mentre in passato questa teoria si era quasi sempre svolta nel campo reale, ora sono state trattate questioni in cui, come in tanti altri campi della matematica, si è rivelato utile considerare anche valori complessi.

Fra i problemi che possono considerarsi come essenzialmente nuovi, hanno speciale importanza i "problemi ad indice", di cui si può dare un'idea partendo da una cosa classica, cioè dal problema di Neumann per le funzioni armoniche: la determinazione di una siffatta funzione u in una regione A del piano, conoscendo i valori f (s) della sua derivata normale du/dn sulla frontiera σ di A. Com'è noto, il problema è risolubile soltanto se la funzione f soddisfa alla condizione

e in tal caso si hanno infinite soluzioni ma differenti l'una dall'altra soltanto per una costante addittiva. Dunque α = 1 soluzioni linearmente indipendenti e γ = 1 condizioni di compatibilità, sicché l'"indice" α − γ del problema è zero. Non è detto però che sia sempre così, anzi che α e γ siano sempre finiti.

Per es., se la precedente funzione u deve soddisfare alla condizione alla frontiera

dove p(s), q(s) e f(s) sono date funzioni, anche complesse, circolarmente continue dell'arco s, solo se è soddisfatta la condizione

i due precedenti interi α e γ sono entrambi finiti e l'indice α − γ del problema, generalmente non nullo, può determinarsi con un metodo analogo a quello che, nell'analisi complessa, serve per determinare, coll'indicatore logaritmico, la differenza fra il numero dei poli e degli zeri di una funzione analitica in una certa area. Se invece la condizione [2] non è soddisfatta può anche accadere che α e γ. risultino infiniti, cioè che il problema non sia ad indice.

Sorge così il problema difficile di decidere a priori se un certo problema di valori al contorno è o non è ad indice e quale sia il valore di questo, che nelle moderne ricerche in argomento è stato brillantemente risolto per un'ampia classe di operatori differenziali lineari "ellittici" (v. più avanti), essendo prescritti i valori alla frontiera di certi altri operatori differenziali. La relativa condizione necessaria e sufficiente (J. B. Lopatinski, 1953) è di carattere puramente algebrico e riguarda la divisibilità o meno di certi polinomi costruiti con gli stessi coefficienti dei dati operatori differenziali. Di recente questa teoria è stata estesa, con inevitabili complicazioni, anche al caso di più di due variabili indipendenti ad opera principalmente, per quanto concerne il calcolo dell'indice, di M. F. Atiyah, R. Bott e I. M. Singer, i cui studi hanno rivelato inaspettate connessioni di questi problemi con apparentemente assai lontane questioni sulle varietà algebriche.

Si è dianzi parlato di operatori differenziali ellittici. Dato un operatore di ordine ν:

si dice che esso (in un punto O di una regione del piano x, y) è ellittico se la forma algebrica

formata coi coefficienti della parte di ordine più alto e due variabili reali ξ ed η, è "definita", cioè sempre diversa da zero (per es., positiva) purché non sia ξ = η = 0; ciò che può verificarsi soltanto se l'ordine ν è un numero pari, diciamo 2m.

Questa è una definizione importante perché a tali operatori corrisponde una tipica categoria di problemi di valori al contorno (di cui è capostipite il classico problema di Dirichlet per le funzioni armoniche) che possono dirsi "di equilibrio" o "di livellamento", e anche per altro ordine di considerazioni. In particolare il Petrowski ha dimostrato fin dal 1939 (nel caso dei coefficienti costanti) che la condizione necessaria e sufficiente affinché l'e. Lu = f (x, y) abbia tutte le sue soluzioni analitiche (cioè rappresentabili con serie di potenze di x e y) quando il termine noto f (x, y) è tale, è appunto che l'operatore Lu sia ellittico.

Tale importante teorema - successivamente esteso al caso dei coefficienti non più costanti ma analitici - fa sorgere il quesito seguente: Se la funzione f, pur non essendo analitica, ammette però derivate continue di qualsiasi ordine, può dirsi lo stesso per le soluzioni dell'e. Lu = f) La risposta è che l'operatore Lu sia "ipoellittico", cioè soddisfa certe condizioni più deboli dell'ellitticità, date da L. Hörmander. Per es., l'operatore

dell'e. del calore è ipoellittico, pur non essendo ellittico (bensì parabolico, cioè tale che la precedente forma Q possa essere nulla).

Qui abbiamo un primo esempio di una proprietà valida sia per e. ellittiche sia per e. paraboliche. Proprietà siffatte hanno molto attirata l'attenzione dei matematici in questi ultimi tempi, specie nel caso dell'e. di second'ordine

nell'ipotesi che la precedente forma Q sia ≥ 0 per ξ ed η non entrambi nulli, senza escludere che ciò avvenga per l'annullarsi identico dei coefficienti ahk, cioè che l'e. degeneri in una del prim'ordine.

A priori l'incertezza sulle condizioni da imporre al contorno per avere un problema "ben posto" (nel senso di J. Hadamard) è grande, perché nel caso ellittico (Q > 0), sotto qualche condizione accessoria (per es. c ≤ 0) occorre dare i valori della soluzione in tutti i punti della frontiera della regione che si considera, mentre nel caso parabolico (Q ≥ 0) può darsi che una parte della frontiera debba essere ignorata.

Il problema è stato brillantemente risolto da G. Fichera fra il 1956 e il 1959, che ha esplicitamente costruita una funzione formata coi coefficienti bh, con le derivate prime dei coefficienti ahk e coi coseni direttori della tangente alla parte della frontiera coincidente con delle "caratteristiche" dell'e., la quale, col suo segno, indica senz'ambiguità in quali punti si deve dare il valore della soluzione e in quali no. Successivamente tali ricerche sono state riprese da altri autori, fra cui O. A. Oleinik e E. V. Radkevitch che nel 1973 hanno anche dato le condizioni necessarie e sufficiente affinché il precedente operatore [3] sia ipoellittico.

In queste ricerche gioca un ruolo importante il concetto di "soluzione debole" di un'e. differenziale di cui si può dare un'idea partendo dall'osservazione che molti problemi di fisica-matematica possono ricondursi sia a dei problemi al contorno per e. alle derivate parziali, sia alla ricerca delle funzioni che rendono minimi certi integrali. Per es. il problema della posizione di equilibrio di una membrana fissata alla frontiera di un'area piana A del piano xy e sollecitata da un sistema di forze trasversali equabilmente distribuite, tali che quelle agenti su l'elemento dxdy intorno al punto x, y abbiano l'intensità − f (x, y)dxdy, si può ricondurre sia alla determinazione della soluzione dell'e. Δ2u = f. nulla sulla frontiera di A, sia alla minimizzazione dell'integrale dell'energia:

Però l'equivalenza di questi due problemi analitici sussiste solo da un punto di vista un po' grossolano, perché per passare dal minimo dell'integrale all'e. differenziale bisogna fare delle ipotesi di duplice derivabilità della u per nulla pertinenti al problema fisico considerato. Invece ipotesi del genere non si richiedono per passare, con la nota tecnica euleriana, dal problema di minimo all'e. integrale (più esattamente: integro-differenziale):

dove v denota un'arbitraria funzione derivabile; nulla sulla frontiera di A. Il concetto di soluzione debole consiste sull'accettare come tali, nel caso attuale, tutte le soluzioni della [4], che può anche considerarsi come l'applicazione alla membrana del principio dei lavori virtuali, con l'arbitrario spostamento v, compatibile coi vincoli. In tal modo si semplifica, in generale, la prova dell'esistenza della soluzione cercata, al prezzo di qualche maggiore difficoltà nel dimostrare la sua unicità.

Inoltre sorge il problema della regolarizzazione della soluzione trovata, cioè dimostrare che essa gode delle proprietà di derivabilità occorrenti per poter dire che soddisfa anche all'e. differenziale del problema, ciò che è spesso difficile, specie in vicinanza della frontiera. In tali ricerche si sono distinti anche diversi studiosi italiani, fra cui L. Amerio, G. Fichera e specialmente E. De Giorgi.

Un altro campo in cui si sono particolarmente distinti gli studiosi italiani è quello dei problemi al contorno "con condizioni ambigue", sorto da una ricerca di A. Signorini del 1959 sull'equilibrio di un corpo elastico appoggiato per una parte della sua frontiera su di una superficie rigida, che a priori non si sa in quali parti resti aderente al corpo e in quali se ne distacchi.

Questo problema che il Signorini (morto nel 1963) non aveva avuto tempo di porre su basi matematicamente ineccepibili, fu ripreso dal Fichera che in una memoria del 1963 e successivi lavori, mostrò come il problema conduceva a un nuovo tipo di problemi variazionali - poi detto delle "disuguaglianze variazionali" - che non implicano più e. integrali come la [4], bensì disuguaglianze in cui il segno = è sostituito da un ≥, ciò che dà luogo a gravi ditficoltà analitiche, specie nei confronti della regolarizzazione. Successivamente parecchi altri matematici si sono occupati di questioni del genere, fra cui G. Stampacchia e J. L. Lions, che ha anche affrontato problemi di propagazione con condizioni al contorno ambigue, cioè con vincoli unilaterali.

Occorre ancora dire qualcosa dei già accennati "problemi di autovalori", che sono fra i più importanti della fisica-matematica perché dire autovalori è dire frequenze di vibrazioni, livelli di energia di sistemi quantizzati, carichi critici di sistemi elastici, ecc.

Un tipico problema del genere è quello delle frequenze proprie di una membrana (piana) tesa, fissata al contorno, che conduce all'e. omogenea

che per un generico valore del parametro λ ha la sola soluzione u ≡ 0. Si tratta di determinare i suoi ("autovalori", cioè i valori di λ per cui sono possibili soluzioni non identicamente nulle, che in questo, come in tanti altri casi, formano una successione illimitata λ1, λ2, λ3,... avente come suo unico punto di accumulazione +∞.

Poiché la determinazione rigorosa di tali autovalori non è possibile se non in rari casi, hanno grande importanza dei metodi atti a fornire dei valori approssimati per eccesso o per difetto di essi. Però, mentre la determinazione dei valori per eccesso - per es., col metodo di J. W. Rayleigh-W. Ritz - non offre particolari difficoltà, quella dei valori per difetto offre stranamente assai maggiori difficoltà e, fino a pochi anni or sono, non si avevano che risultati sporadici, per es. per la piastra incastrata al contorno (A. Weinstein, 1937).

In questi ultimi tempi è però riuscito al Fichera di costruire e largamente applicare un metodo assai efficiente per ottenere tali valori per difetto, fondato su certe uguaglianze contenenti somme d'inverse degli autovalori o di loro potenze, da cui, sostituendo per tutti gli autovalori meno uno dei valori per eccesso, si ricava un valore per difetto del rimanente. In tal modo è stato in certi casi possibile di ottenere buone approssimazioni di centinaia di autovalori, mentre prima il calcolarne solo tre o quattro costituiva spesso uno dei problemi più difficili dell'Analisi numerica. Fra l'altro si è potuto così constatare che certe formule da lungo tempo note (A. Weyl, 1912) per la valutazione asintotica dell'n-esimo autovalore al crescere di n, davano risultati insolitamente insoddisfacenti e si è aperto il problema del loro miglioramento.

Osserviamo finalmente che gli studi teorici sulle e. di tipo iperbolico o parabolico, cioè sugli oggi unitariamente detti "problemi di evoluzione", sono stati relativamente meno abbondanti di quelli sulle e. ellittiche ma sono degni di nota una monografia del 1961 di S. L. Sabolev sulle e. iperboliche non lineari, gli studi di K. O. Friedrichs e L. Gårdin e, in Italia, la monografia di M. Cinquini-Cibrario-S. Cinquini del 1964.

Equazioni integrali e integro-differenziali. - Anche in questo campo, cioè delle e. in cui le funzioni incognite ed eventualmente alcune loro derivate figurano anche sotto il segno d'integrale, si sono avuti copiosi sviluppi che rendono impossibile una loro breve esposizione non troppo lacunosa. In via generale si può dire che sono state principalmente studiate e. non lineari ed e. singolari, per es., con integrali estesi a domini illimitati o intesi in modo speciale, quali il "valor principale" di A. Cauchy o la "parte finita" di Hadasmard. Vi è inoltre un notevole cambiamento nei metodi di trattazione, in cui ora predominano quelli funzionali che, del resto, si era già delineato nell'ambito classico allorchè F. Riesz (1917) e J. Schauder (1930) posero in luce che la radice profonda dei classici teoremi di E. I. Fredholm, era da ricercare nel fatto che l'integrale

che compare nella relativa e. era un operatore "compatto" nello spazio di S. Banach.

Fra le e. singolari che hanno fatto particolarmente oggetto di studi recenti sono da annoverare quelle di N. Wiener-E. Hopf, che sono e. del tipo di Fredholm ma con integrale esteso da − ∞ a + ∞ e nucleo K(x, y) dipendente solo dalla differenza x - y delle due variabili, e. che s'incontrano, fra l'altro, nel calcolo delle probabilità. Pure parecchio studiate sono state le e. col valor principale di un integrale multiplo che, almeno nell'ipotesi che il campo d'integrazione sia l'intero spazio, hanno ricevuto soddisfacente sistemazione principalmente ad opera di S.G. Michlin. La teoria di Michlin - che assume degl'inaspettati aspetti algebrici ponendo accanto a ciascun nucleo singolare il suo "simbolo", che può intendersi come una sua trasformata (multipla) di J. B. J. Fourier - ha, fra l'altro, dato origine alla teoria degli "operatori pseudo-differenziali", esprimibili con integrali del genere di quello di Fourier, tuttora in pieno sviluppo.

È ulteriormente da accennare ai fenomeni di "biforcazione" che nascono in e. integrali non lineari, specie del tipo di Hammerstein, quando da una certa soluzione se ne stacca improvvisamente un'altra, ciò che non ha riscontro nel campo lineare.

Notiamo infine che dal 1968 si è cominciata a pubblicare a Waterloo nel Canada una nuova rivista, Aequationes mathematicae, particolarmente dedicata alle e. funzionali, ma non solo a esse.

Bibl.: G. Reissig, G. Sansone, R. Conti, Qualitative Theorie nichtlineare Differentialgleichungen, Roma 1963; M. Cinquini-Cibrario, S. Cinquini, Equazioni a derivate parziali di tipo iperbolico, ivi 1964; S. G. Michlin, Multidimensional singular integrals and integral equations, Londra 1965; K. Yosida, Functional analysis, Berlino 1965; C. B. Morrey, Multiple integrals in the calculus of variations, ivi 1966; M. R. Hestenes, Calculus of variations and optimal control theory, New York 1966; A. Friedman, Partial differential equations, ivi 1969; G. Reissig, G. Sansone, R. Conti, Nichtlineare Differentialgleichungen höherer Ordnung, Roma 1969; C. Miranda, Partial differential equations of elliptic type, Berlino 1970; G. Fichera, Boundary value problems of elasticity with unilateral constraints, in Handbuch der Physik, VI, 2, ivi 1972; A. Weinstein, W. Stenger, Methods of intermediate problems for eigenvalues, New York 1972; E. V. Radkevitch, Second order equations with non negative characteristic form, in American Mathematical Society Transactions, 1973; G. Fichera, Metodi e risultati concernenti l'analisi numerica quantitativa, in Rendiconti dell'Accademia Nazionale dei Lincei, s. 8ª, vol. 12, p. 1 (1974).

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