ARISTIPPO, Enrico

Enciclopedia Italiana (1929)

ARISTIPPO, Enrico

Carlo Alberto Garufi

Nato forse a S. Severina di Calabria, arcidiacono di Catania (1156), consigliere e, dopo la tragica morte del grande ammiraglio Maione, primo ministro di Guglielmo I (nov. 1160-1162), fu tra i migliori e maggiori rappresentanti di quel movimento intellettuale che trionfò in Sicilia per più d'un secolo, da Ruggero II a Manfredi. D'ingegno acuto e versatile, dotto nelle lingue greca e latina, dilesse le lettere, ma particolarmente coltivò le scienze, soprattutto filosofiche e matematiche. Fino agli albori del Rinascimento godette di larga fama per le sue traduzioni, alcune poi smarrite o perdute: specialmente delle opere di Gregorio di Nazianzio e di Diogene Laerzio. Se non gli Analitici posteriori d'Aristotele, tradusse almeno (e si conserva) il IV libro della Metereologia, che in Occidente iniziò la conoscenza della fisica aristotelica, e fu il primo divulgatore dei due dialoghi platonici, il Menone e il Fedone, cominciati a tradurre durante l'assedio di Benevento (1156), compiuti in Palermo e diretti, come si legge in uno dei due prologhi che l'accompagnano, a un amico, Roboratus fortunae, che una probabile congettura identificherebhe con Roberto di Cricklade.

Studioso anche d'astronomia e dei libri di Euclide, Erone e Proclo, non più tardi del 1160, quindici anni prima, cioè, che Gherardo di Cremona la ritraducesse dall'arabo (1175), rivelò all'Occidente la Sintassi matematica di Claudio Tolomeo, il cosiddetto Almogesto. Egli stesso nella prefazione ci fa sapere d'averla voltata in latino (con l'aiuto dell'ammiraglio Eugenio di Palermo, dotto nelle lingue araba, greca e latina e traduttore dell'Ottica dello stesso Tolomeo) di su un codice greco donatogli dall'imperatore in Costantinopoli, durante l'ambasciata (1158?) di cui Guglielmo I lo aveva con altri incaricato mentre studiava medicina in Salerno. Ma la politica lo travolse. Salito al fastigio del potere, si sospettò che avesse parte nelle congiure aristocratiche; e per ordine del re, che egli s'accingeva ad accompagnare nella campagna contro la Puglia, nella primavera del 1162 fu arrestato ed inviato nelle carceri di Palermo, dove presto finì miseramente la vita.

Bibl.: Ugo Falcando, Historia o Liber de regno Siciliae, ecc., a cura di G. B. Siragusa, in Fonti per la storia d'Italia dell'Istituto storico italiano, XXII, Roma 1897; V. Rose, Die Lücke im Diogenes Laërtius und der alte Übersetzer, in Hermes, I (1866), pp. 367-397; C. H. Haskins, Studies in the History of Medioeval Science, Cambridge 1924, cap. VIII e IX; C. A. Garufi, Bollettino bibliografico, in Arch. Storico Siciliano, n. s., XLVI (1925), p. 165 segg.

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