VISCONTI, Ennio Quirino

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

VISCONTI, Ennio Quirino

F. Zevi

Nato a Roma il 1-11-1751, morto a Parigi il 7-2-1818. Fin dall'infanzia, manifestò eccezionali doti mnemoniche e intellettuali, e assai precocemente giunse ad una perfetta conoscenza delle lingue e dei testi classici. A 13 anni tradusse l'Ecuba euripidea, a 19 si laureò in legge. Nel 1778, il padre Giovanni Battista, che ne aveva amorevolmente curato l'istruzione, lo chiamò alla edizione del Museo Pio-Clementino, i cui sette volumi uscirono fra gli anni 1783 e 1807. Convinto sostenitore delle idee liberali, durante l'occupazione di Roma nel 1798 collaborò attivamente con i Francesi; fu creato membro dell'Istituto Nazionale di Scienze e Arti, e, successivamente, eletto console della Repubblica Romana. A Parigi, dove in seguito si trasferì, ottenne la carica di conservatore del Louvre e una cattedra di archeologia appositamente istituita. Membro dell'Accademia di Francia dal 1803, per incarico di Napoleone curò la redazione della monumentale Iconographie grecque (1808-11) cui seguì l'Iconographie romaine, che non condusse a termine, il cui primo volume fu pubblicato dai Borboni dopo la Restaurazione (1817).

Oltre alle opere citate, ricordiamo tra le sue moltissime le dotte illustrazioni di musei e monumenti: il Sepolcro degli Scipioni del 1787, i Monumenti Gabini della Villa Pinciana (1797), il Musée Napoleon (poi Français) nel 1803 e, nel 1817 il Musée Royal, costituito a Parigi con la Collezione Borghese.

Erede della tradizione antiquaria romana in ciò che aveva di migliore, ma anche erede spirituale del Winckelmann, amico del Piranesi e del Guattani, il V. affermò costantemente la necessità di una solida preparazione storico-filologica basata sui classici. A lui spetta il merito di aver elaborato con chiarezza la teoria delle copie, sostenendo che il numero delle copie di un'opera è direttamente proporzionale alla fama dell'originale, di cui va cercato il ricordo nelle fonti (Mus. Pio Clem., iii, 39; iv, 51; vii, 31 ecc.), acquisizione che verrà elaborata poi dall'Overbeck, dal Brunn e dal Furtwängler. Tra i felici risultati conseguiti, si ricordino l'identificazione della Cnidia di Prassitele, dell'Eirene e Pluto di Kephisodotos, della Tyche di Euthychides, del Ganimede di Leochares e, soprattutto del Discobolo mironiano (sovente erroneamente attribuita al Fea); l'esatta interpretazione del cosiddetto Pasquino (v.) come Menelao e Patroclo, del Gallo Capitollno (prima detto "gladiatore morente") (v. gallo morente) e dell'Arianna del Vaticano, in cui fino ad allora si voleva riconoscere una Cleopatra.

Egli segue il metodo del Winckelmann (v.), di esaltare l'effetto prodotto dall'opera d'arte, e ne condivide le posizioni critiche; ma sente maggiormente l'esigenza di scendere al fatto archeologico, attraverso l'esame di un restauro errato (Laocoonte) o la considerazione dei dati antiquarî e stilistici che consentano di stabilire una cronologia. Contro il giudizio del Winckelmann, dette per primo una valutazione positiva dell'arte ellenistica, pur intuendone il carattere intellettualistico e riflesso; sua è pure l'idea della continuità storica dell'arte greca da Fidia ad Adriano. E, in uno spirito assai diverso da quello neoclassico, al V. risalgono acute definizioni critiche sull'arte romana: il concetto dello horror vacui nei rilievi provinciali; il carattere "pittorico" della scultura antonina; la valutazione dell'arte adrianea, rispetto a quella del IV sec. a. C., come altrettanto perfetta dal punto di vista formale, ma inferiore "per qualche grado minore di franchezza e semplicità" (Mon. Borghes., 253). Infine, il V. fu il primo studioso a comprendere il valore dei marmi londinesi del Partenone, che in termini entusiastici descrisse in una Memoria letta nel 1815 all'Istituto di Francia.

Ciò che mancò al V. - ma mancava al suo tempo - fu il senso della storia, l'organica applicazione di un metodo; il suo campo è la monografia, dove le sue particolari doti di intuizione e la fine capacità di giudizio si concretano in puntuali e brillanti, ma isolate illuminazioni.

Bibl.: A. Michaelis, Un secolo di scoperte archeologiche, Bari 1912, pp. 44; 333; G. Q. Giglioli, in Enc. It., s. v.; S. Ferri, Elogio degli aspetti positivi di E. Q. Visconti, in La Critica d'arte, II, 1937-38, p. 226 ss.; Lo studio dell'antichità classica nell'antichità, a cura di P. Treves, Milano-Napoli 1962, p. 3 ss. (con bibl. prec.). Per i dati biografici: G. Sforza, E. Q. Visconti e la sua famiglia, in Att. Soc. Ligure Storia Patria, II, 1923, p. 206 ss.

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