EMBRIOLOGIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

EMBRIOLOGIA

Silvia Gregory

(XIII, p. 868; App. II, I, p. 847; IV, I, p. 681)

Negli ultimi dieci anni la ricerca embriologica ha avuto notevole impulso; tra gli argomenti di maggiore interesse sono da segnalare l'induzione embrionale e l'eredità materna.

Induzione embrionale. - L'embrione precoce è un insieme di cellule simili che, progressivamente, diventano diverse. Come possono, cellule che derivano dal singolo uovo fecondato e contengono tutte gli stessi geni, diventare diverse? Si sa che tipi speciali di citoplasma o di regioni superficiali possono essere segregati in cellule specifiche durante il processo di segmentazione: nel differenziamento del tubo neurale, per es., è stato osservato che l'interazione dell'ectoderma neurale con il tetto dell'archenteron è essenziale per il differenziamento. Da questa constatazione ha avuto origine il concetto d'induzione embrionale, il processo per cui il tessuto inducente interagisce con il tessuto reagente causandone il differenziamento.

Si definisce induzione embrionale primaria il processo mediante il quale una porzione dell'uovo in gastrulazione dirige la formazione del resto dell'embrione; e induzione embrionale secondaria le interazioni tra gruppi di cellule che evocano la formazione di organi particolari. La risposta determinata dall'induzione è controllata dai geni nel tessuto reagente. In altre parole, l'induttore fornisce un'informazione permissiva, piuttosto che istruttiva, nel senso che attiva geni presenti nel tessuto reagente. Il tessuto deve possedere l'informazione genetica che dev'essere attivata. Il risultato dell'induzione è che il destino del territorio indotto va incontro a una progressiva determinazione, in modo dapprima labile e poi irreversibile: è determinato o irreversibilmente destinato a differenziarsi in una certa direzione. Dall'analisi dei processi d'induzione deriva che, per essere efficace, l'interazione induttiva deve aver luogo in un intervallo di tempo ben determinato in modo che il sistema reagente sia competente a reagire, e che l'induzione non è un processo ''tutto o nulla'' ma ha un parametro di tempo: cioè vi dev'essere un periodo di contatto tra induttore e sistema reagente affinché l'induzione dia luogo a determinazione.

La scoperta dei processi d'induzione embrionale ha posto subito il problema della natura del fattore o dei fattori inducenti. J. Holtfreter (1951) ha dimostrato sperimentalmente che i fattori inducenti non sono legati alla condizione ''vivente'' del materiale inducente: gli induttori sia omologhi sia eterologhi non perdono la capacità inducente se sottoposti a drastici trattamenti chimici o fisici. Tali trattamenti fanno però perdere a questi fattori la specificità dell'induzione. Ma va anche aggiunto che questi stessi trattamenti sono in grado di attivare tessuti che normalmente, anche in fasi di piena attività, non hanno capacità inducente. Questa osservazione suggerisce che i fattori inducenti sono presenti in tutte le cellule animali, probabilmente in una condizione mascherata. Nell'embrione si ''smascherano'' nei siti dell'induzione e diventano attivi, ma in modo rigidamente controllato. Numerosi esperimenti provano l'esistenza di almeno due fattori: uno con azione neuralizzante e l'altro con azione mesodermalizzante.

La natura chimica dei fattori inducenti continua a non essere chiara. Le ricerche di H. Tiedemann (1971) hanno portato all'estrazione di due fattori inducenti: uno che, innestato in una gastrula giovane, induce strutture normalmente derivate dal mesoderma e dall'entoderma chiamato ''fattore vegetalizzante''; l'altro è un fattore neuralizzante che induce strutture simili a parti di sistema nervoso. Solo il primo è stato purificato ed è stata isolata una proteina omogenea dotata di potente azione induttrice in quantità molto piccole (meno di 10−3 μγ per trapianto). Anche il fattore neuralizzante, sebbene non purificato, sembra essere una proteina. Questi esperimenti hanno anche dato la prima dimostrazione che l'RNA non entra nel processo di induzione. Un'altra osservazione interessante riguarda la presenza di un potente inibitore dell'induttore, anch'esso di natura proteica. Negli estratti appena preparati (probabilmente anche nelle cellule), l'induttore è sempre sotto forma di complesso con l'inibitore dal quale viene liberato per trattamento con fenolo ad alta temperatura. Se la teoria per la quale l'induzione è dovuta a fattori specifici da parte di tessuti inducenti è ormai accertata, rimane il problema di come due soli fattori inducenti possano determinare l'alta variabilità dei tessuti indotti.

È probabile che nel differenziamento entrino in gioco altri livelli di regolazione quali la competenza, cioè la capacità presentata da un dato territorio embrionale a reagire in modo specifico a stimoli inducenti. La competenza subisce una progressiva restrizione nel corso dello sviluppo. È possibile che la specificità del differenziamento delle varie strutture dell'embrione dipenda dall'interazione di un induttore semispecifico con un sistema reagente altamente specifico.

Regolazione materna delle prime fasi di sviluppo. - La capacità del citoplasma dell'uovo di sostenere lo sviluppo iniziale senza il coinvolgimento del nucleo embrionale, indica che la preparazione per la segmentazione è compiuta durante l'oogenesi e che il meccanismo di segmentazione in sé dev'essere un prodotto dell'espressione genica materna piuttosto che dell'espressione genica dello zigote. Così gran parte della trascrizione genica che avviene durante l'oogenesi è in preparazione della segmentazione e gli effetti di questa attività si manifestano nello zigote piuttosto che nell'oocita.

Le prove genetiche di questa interpretazione sono state ottenute da un certo numero di mutanti genetici con i cosiddetti effetti materni, che sono i caratteri fenotipici specifici dell'embrione determinati dal genotipo materno invece che da quello dello zigote. I mutanti a effetto materno forniscono alcune delle prove più convincenti che le prime fasi dello sviluppo dipendono da una grande quantità di sostanze che preesistono nell'uovo. L'esempio più noto di effetto materno è quello dell'avvolgimento della conchiglia nella chiocciola Limnaea peregra (Boycott 1930). Mutanti a effetto materno sono stati scoperti anche tra gli organismi superiori, specialmente tra gli anfibi.

La prova che le prime fasi dello sviluppo sono regolate dai componenti del citoplasma dell'uovo ha stimolato le ricerche sull'identità di queste sostanze e sul loro modo di agire nel mediare l'influenza del genoma materno. La sintesi proteica è necessaria all'embrione per sostenere le funzioni legate allo sviluppo. Essa richiede l'RNA messaggero, l'RNA transfer e i ribosomi, tutti di origine nucleare, ma la presenza di un nucleo non è essenziale durante le prime fasi dello sviluppo. Il citoplasma dell'uovo contiene tutte le funzioni necessarie alla sintesi proteica in una forma sottoutilizzata e l'attivazione dello sviluppo permette l'utilizzazione di questa scorta preesistente di informazioni. Poiché l'aumento della sintesi proteica non è dovuto alla traduzione del messaggero sintetizzato dopo la fecondazione, si è ipotizzato che il messaggero sintetizzato durante l'oogenesi sia immagazzinato nel citoplasma dell'uovo in una forma inattiva e che dopo la fecondazione sia mobilitato nella traduzione (Davidson 1976). Questa è l'ipotesi del messaggero oogenico mascherato. Il messaggero è mascherato nel senso che è in una forma non tradotta ed è protetto dalla degradazione da parte delle nucleasi. L'RNA immagazzinato nel citoplasma delle uova non fecondate è il pool di informazioni che l'embrione utilizza per sostenere la sintesi proteica necessaria alla fase iniziale dello sviluppo dopo la fecondazione. Dopo la fecondazione i messaggeri oogenici mascherati sono resi utilizzabili per la traduzione, provocando un'accelerazione nella velocità della sintesi proteica. Il meccanismo che libera i messaggeri dal blocco è ancora sconosciuto. La mobilitazione dell'RNA oogenico mascherato che funziona come stampo nella sintesi proteica, è detta reclutamento (Slater 1973). Le molecole di mRNA si legano ai ribosomi. In seguito al reclutamento e alla traduzione attiva dei messaggeri oogenici si formano i complessi polisomici. T. Humphreys (1971) ha dimostrato che non più del 10÷15% dell'RNA tradotto nei polisomi durante i primi stadi della segmentazione dei ricci di mare è sintetizzato dopo la fecondazione: cioè almeno l'85% di esso è di origine oogenica. Così gli stadi iniziali dello sviluppo embrionale sono ampiamente influenzati dal genoma materno, mentre il genoma embrionale assume la preminenza man mano che lo sviluppo va avanti.

Bibl.: A. E. Boycott, C. Diver, S. L. Garstang, F. M. Turner, The inheritance of sinistrality in Limnaea peregra, in Philos. Trans. R. Soc. Lond. (Biol.), 219 (1930), pp. 51-131; J. Holtfreter, Some aspects of embryonic induction, in Growth, 10 (1951), pp. 117-52; H. Tiedemann, Extrinsic and information transfer in early differentiation of amphibian embryos, in Symposia of the Society for experimental biology, 25 (1971), pp. 223-34; A. Monroy, Embriologia, in Enc. del Novecento, Roma 1977, pp. 442-65; T. Humphreys, Measurements of messenger RNA entering polysomes upon fertilization of sea urchin eggs, in Dev. Biol., 26 (1971), pp. 201-08; J. Slater, D. Gillespie, D. W. Slater, Cytoplasmic adenylation and processing of maternal RNA, in Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 70 (1973), pp. 406-11; E. H. Davidson, Gene activity in early development, New York 19762; L. W. Browder, Biologia dello sviluppo, Bologna 1987; S.F. Gilbert, Developmental biology, Sundesland 1988; G. Giudice, Manuale di biologia dello sviluppo, Bologna 1990; R.A. Raff, Th. C. Kaufman, Embryos, genes and evolution, Bloomington 1991.

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