Embodiment

Lessico del XXI Secolo (2012)

embodiment


<imbòdimënt> s. ingl., usato in it. al masch. – Il termine viene reso in italiano prevalentemente con la forma mente incarnata in relazione alla teoria della mente e ai nuovi approcci al problema del rapporto fra mentale e corporeo; si parla di cognizione incarnata (v.) relativamente allo studio dei processi cognitivi, di simulazione incarnata (v.) nelle neuroscienze e nello studio della simulazione che, superato il tradizionale approccio del cognitivismo classico, tiene conto dei fattori corporei come costitutivi della cognizione stessa, originando nuovi campi di indagine che sorgono dall’incontro fra lo studio fenomenologico del corpo vivo e lo studio della neuroscienza e delle scienze cognitive. Nel cognitivismo classico si riteneva di poter studiare la mente come un computer, mediante processi computazionali e simbolici che permettessero di realizzare una macchina pensante, indipendentemente dall’aspetto corporeo (il corpo nel caso della mente umana, il silicio nel caso del computer); più in generale, nelle esposizioni divulgative, ci si richiamava anche a un generico modello software/hardware. In tal modo non si teneva conto del ruolo essenziale dei processi senso-motori e corporei nei processi percettivi e cognitivi; processi che invece, nelle tesi attuali, si ritengono influire e determinare, in maniera più o meno radicale a seconda dei diversi orientamenti di studio, sulla cognizione e sul mentale. In alcune filosofie classiche quali il platonismo, l’agostinismo, il cartesianismo, nella concezione dell’intelletto di Kant si è, anche mediante interpretazioni eccessivamente didascaliche, identificata una tendenza a dis-incarnare la mente, a renderla totalmente altro dal corpo, senza tenere conto delle interrelazioni, o anche dell’unità, fra mentale e corporeo, con una persistente svalutazione del corpo. Da diverse prospettive, da un lato nelle filosofie della mente del 20° secolo si andavano elaborando teorie fondate sull’ipotesi del linguaggio del pensiero (J. Fodor), o sulla tesi della mente modulare, dall’altro, radicalizzando alcuni assunti del cognitivismo classico, in cui la cognizione è studiata come autonoma, logica e disincarnata, si andava consolidando una tendenza, presente anche nelle neuroscienze, a ricondurre il mentale ai processi cerebrali e la mente al cervello; in alcune tesi radicali ciò ha comportato la riduzione del corpo unicamente alla sua rappresentazione nella corteccia somatosensoriale, da cui provengono gli input sensoriali necessari per elaborare computazioni cognitive. La riflessione sugli aspetti corporei e incarnati (embodied) dei processi cognitivi e mentali si è avuta a partire dagli anni Ottanta del 20° secolo in diverse discipline, dalla linguistica cognitiva all’intelligenza artificiale, dalla neurobiologia alla fenomenologia, ed è diventata centrale nelle ricerche filosofiche sulla mente e sulla cognizione fra gli anni Novanta del 20° secolo e il primo decennio del 21°. Già G. Lakoff e M. Johnson nei loro classici studi sulla metafora e poi in Philosophy in the flesh: the embodied mind and its challenge to western thought (1999), a partire dall’uso delle metafore linguistiche avevano evidenziato la componente degli aspetti operativi della corporeità nell’origine degli stati mentali e del linguaggio; e tali linee di ricerca orientano settori della psicolinguistica e della linguistica cognitiva attuale (R. W. Gibbs, Embodiment and cognitive science, 2005; L. Shapiro, The mind incarnate, 2004). Nelle ricerche sull’intelligenza artificiale, con la nuova robotica di R. Brooks (Cambrian intelligence: the early history of the new AI, 1999), i robot sono agenti embodied che, mediante l’architettura della sussunzione, sono in grado di reagire all’ambiente esterno proprio in quanto non affrontano situazioni previste o controllate da un sistema unico di pianificazione computazionale, e si basano invece su abilità sensomotorie. Da diversa prospettiva, nella neurobiologia si è evidenziato il ruolo della componente corporea nell’origine delle emozioni, della coscienza, dell’empatia (v.), che influiscono sul correlato cerebrale di tali processi e sul superamento delle classiche dicotomie cognizione/emozione, mente/corpo, proponendo uno studio della mente incarnata e non ridotta al cervello (A. Damasio). La teoria della mente estesa proposta da A. Clark e D. Chalmers è incentrata sul ruolo costitutivo e causale dell’ambiente fisico nel formarsi di processi mentali, spingendo la mente non solo oltre il cervello ma anche al di fuori della pelle e del corpo stesso (embedded), al centro di interazioni ambientali (R. Wilson). La teoria della mente incarnata è stata presentata su basi biologiche nel classico studio di F. J. Varela, E, Thompson, E. Rosch (The embodied mind, 1991), con un particolare riguardo alle concezioni della fenomenologia, in particolare di M. Merleau-Ponty, avviando un confronto fra scienze cognitive e fenomenologia della percezione relativamente a un agente cognitivo situato (situated), ossia inserito in un contesto non solo fisico ambientale (embedded) ma anche di relazioni sociali con altri agenti cognitivi. Secondo la prospettiva dell’e. si orientano le ricerche della neurofenomenologia, che studiano la natura incarnata e fenomenologica della mente (F. J. Varela); a partire dall’identificazione dei neuroni specchio che presentano un meccanismo automatico, non cosciente, di simulazione motoria, e dallo studio dei processi neurobiologici preconcettuali e prelinguistici, correlati pragmatici del mentale, si è proposto di identificare un nuovo ambito nel quale affrontare i classici temi della fenomenologia.