MAGGI, Emanuele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MAGGI (de Madiis, de Mazo), Emanuele (Manoellus)

Gian Maria Varanini

Primo, nella grande casata bresciana di tradizione guelfa, a svolgere una carriera politica di rilievo dentro e fuori le mura cittadine, nacque presumibilmente a Brescia in data imprecisata, forse intorno all'anno 1200.

Le prime notizie della presenza a Brescia di personaggi riconducibili alla famiglia che venne poi detta "de Madiis" risalgono alla seconda metà del XII secolo. Ha rilievo in particolare un "Madius iudex", console di Giustizia del Comune di Brescia, che nel 1184 presenziò a una sentenza dei consoli di Brescia in favore del monastero di S. Pietro in Monte di Serle e che è forse da identificare in un "dominus Madius" podestà di Treviso nel 1189; ma sono menzionati anche altri individui, i cui nomi (Berardo, Durnaco, ecc.) ricorreranno nella discendenza. Manca tuttavia un legame di parentela sicuro tra costoro e il M. e i suoi fratelli.

Non si hanno indizi di sorta per annoverare i Maggi tra le casate di tradizione capitaneale; si tratta verosimilmente di milites di tradizione urbana. Nei primi decenni del Duecento comunque la casata era già ramificata e potente. Consente di accertarlo un documento di carattere patrimoniale, che nel 1236 regola all'interno della consorteria dei Maggi i rapporti tra i fratelli Durnaco (probabilmente il maggiore in età), Berardo, il M. e gli eredi del quarto fratello Giovanni, a proposito di un edificio fortificato urbano. Si tratta di una tipologia documentaria usuale, che testimonia comunque della solida posizione dei Maggi nel contesto cittadino. Tanto Berardo (teste nel 1219 in un importante atto pubblico), quanto Giovanni (che partecipò forse alla quinta crociata) ebbero un qualche ruolo nella vita politica cittadina; nulla tuttavia di paragonabile alla brillante carriera del fratello.

Nel 1236, già da qualche tempo il M. era attivo sulla scena pubblica del Comune bresciano, anche se è improbabile che egli - come vuole la tradizione familiare (rielaborata, come in tanti casi analoghi, nell'opera di un genealogista ed erudito cinquecentesco, Camillo Maggi) - abbia in giovane età partecipato con il vescovo di Brescia, Alberto da Reggio, alla crociata nel 1219-20. Il M. è comunque menzionato con certezza per la prima volta nel 1233, quando faceva già parte del Consiglio di credenza del Comune, l'organismo consiliare ristretto che governava di fatto la città; ricompare negli anni immediatamente successivi in atti di carattere patrimoniale che confermano la potenza fondiaria della famiglia, i beni della quale erano dislocati nel suburbio, ma anche a Gussago, Rezzato, Castenedolo e altrove.

È improbabile che il M. abbia ricoperto una carica pubblica in Milano, negli anni Trenta. Sicuramente però fu podestà di Genova nel 1243: un ingresso in carriera di grande impatto.

Gli Annales Ianuenses di Bartolomeo Scriba lo presentano come "vir nobilis, ilaris, probus, iuvenis et curialis miles" (si tratta, per inciso, della prima menzione del M. come "miles"). Durante la carica, il M. si distinse per valore personale e attitudini organizzative nella guerra condotta contro Savona: assoldò soldati in Piemonte, partecipò in prima persona alla guerra navale (prendendo il vessillo di S. Giorgio "in persona sua", "se constituit victoriosi stoli galearum Ianue armiratum"). Il cronista non manca di annotare che in un'occasione il M. "mirabiliter adlocutus fuit"; menzionando poi, come d'uso, l'intero organigramma dei funzionari di quell'anno, egli ricorda che uno dei due giudici (concittadini) che il M. portò con sé nel reggimento genovese fu il celeberrimo Albertano da Brescia, che pronunciò in quell'anno nella città ligure un noto sermone "inter causidicos ianuenses et quosdam notarios, super confirmatione vitae illorum". Non è possibile ricondurre a una specifica scelta del M. l'ingaggio di Albertano, ma la circostanza attesta comunque il prestigio del quale il M. godeva nella città d'origine. Più in generale si può dire che - incarnando e promuovendo la circolazione di esperienze amministrative, nonché l'elaborazione di idee politiche e del discorso politico, da parte del suo staff podestarile - il M. manifestò dunque ai più alti livelli, sin da questa podesteria genovese, il cliché del podestariato professionale che tanto rilievo ebbe nell'Italia duecentesca.

Le tappe successive della carriera amministrativa del M. lo portarono a Piacenza nel 1247 e nel 1251 a Parma, sempre all'interno del circuito podestarile guelfo. Nel 1253, a Brescia, figura come "sapiens vir" insieme con i fratelli Berardo e Durnaco, in occasione della concessione da parte del Comune cittadino dell'immunità fiscale al Comune di Pozzolengo. L'inusuale coincidente presenza di tre fratelli in una carica pubblica non fa che confermare il peso complessivo della casata nella politica cittadina di quegli anni. Nel 1255 il M. fu chiamato per un semestre alla podesteria di Milano, che abbandonò forse durante il mandato per intraprendere quella che con ogni probabilità fu l'ultima tappa della sua carriera: la carica di senatore di Roma.

Se le esperienze sino ad allora compiute furono sostanzialmente tranquille dal punto di vista politico, ben diversa si presentava la situazione nell'Urbe. Il M. succedeva infatti - dopo il rifiuto di Martino Della Torre, che assunse la podesteria milanese - a Brancaleone Andalò, campione delle classi popolari contro la tradizionale egemonia del ceto baronale, che era stato arrestato nel novembre 1255. Si trattava di riequilibrare, senza ribaltarla drasticamente, una situazione che si era recentemente guastata e compromessa.

Le fonti non consentono di seguire puntualmente le vicende del senatorato del M., che accettò (o forse assunse) la carica probabilmente alla fine del 1255 o agli inizi del 1256. Il suo reggimento fu turbolento e difficile, segnato dal latente contrasto con Andalò che godeva ancora di consensi e sostegno nel popolo romano. Oltre a gestire gli spinosi strascichi legati alla liquidazione dei compensi al predecessore, il M. dovette fronteggiare anche nuove agitazioni interne, inclinando inevitabilmente per il partito baronale: nell'aprile 1256, secondo una fonte senese (Milanesi), egli fu assediato dal popolo in Campidoglio, insieme con il capitano del Popolo. Ma non sono chiari i motivi che indussero il M. ad allontanarsi dalla città, ove fece ritorno nel luglio 1256 (come attesta un documento perugino che delibera di assegnare una scorta armata a lui e agli "ambaxatores de Roma" che lo accompagnavano). Un'ipotesi plausibile è che egli fosse stato convocato a Firenze, dai giudici di quella città, nel quadro della controversia fra il Comune di Roma e Andalò (destinata a trascinarsi ancora). Nei mesi successivi il M. diede invece buona prova di sé gestendo abilmente la questione del definitivo assoggettamento di Tivoli a Roma, ratificata in una serie di assemblee popolari nel marzo 1257.

Il reggimento del M. si concluse prima dell'agosto 1257. Il 30 di quel mese infatti, dicendosi "olim senator Urbis Romae", il M. fece testamento nella fortezza dei Ss. Quattro Coronati, residenza del cardinale Ottaviano Ubaldini, lasciando eredi i familiari e designando come luogo di sepoltura la chiesa francescana di S. Maria sul Campidoglio se gli fosse occorso di "decedere in Urbe". Non è certo che come afferma Galvano Fiamma (dunque un cronista tardo e geograficamente estraneo) il M. sia stato trucidato ("mactatus") dal popolo romano; secondo altre fonti egli si rifugiò presso il papa.

Morì comunque nei mesi immediatamente successivi, un po' prima del 15 dic. 1257, quando a Brescia una transazione notarile fra i membri della consorteria Maggi regolò questioni patrimoniali legate alla sua eredità.

Recenti studi (Archetti) hanno illustrato anche i contraccolpi negativi che l'assenza del M. da Brescia aveva determinato sulla posizione della famiglia. Ma queste temporanee difficoltà furono superate e nei decenni successivi le fortune politiche dei Maggi, delle quali il M. era stato il primo artefice, si consolidarono durevolmente trovando un veicolo importante proprio nelle carriere podestarili e funzionariali nel circuito delle città guelfe. A suggello, il figlio Berardo, vescovo della città, istituì nel 1294 una celebrazione liturgica in specifico per la memoria del padre, oltre che in generale per la "domus de Madiis".

Sposato a una Cancellaria, il cui casato è incerto, oltre a Mabilia il M. generò (come si ricava dal suo testamento del 1257) cinque figli maschi: i maggiori in età furono Federico (già defunto nel 1294; un suo figlio fu canonico ai primi del Trecento), Berardo e Maffeo, che rappresentavano nell'occasione i minori Alberto e Corrado (gli ultimi quattro identificati nel 1257 con gli ipocoristici Albertino, Corradino, Maffeolo, Berardino). Berardo e Maffeo ebbero un ruolo eminente nella storia di Brescia fra Duecento e Trecento (v. le voci a essi dedicate). Un ruolo minore, ma non del tutto trascurabile, svolsero anche Federico (ambasciatore del Comune di Brescia a Milano nel 1266) e Alberto, vicario del vescovo di Brescia Martino da Gavardo.

Fonti e Bibl.: Brescia, Biblioteca civica Queriniana, Mss., C.I.14: C. Maggi, Chronica de rebus Brixie, c. 247; G. Fiamma, Chronica Mediolani seu Manipulus florum, in L.A. Muratori, Rer. Ital. Scriptores, XI, Mediolani 1727, coll. 685 s.; Chronicon Parmense, a cura di A. Bonazzi, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., IX, 9, p. 20; Bartolomeo Scriba, Annales Ianuenses, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XVIII, Hannoverae 1863, p. 209; Codice diplomatico del Senato romano, a cura di F. Bartoloni, I, Roma 1948, pp. 214-218; O. Rossi, Elogi historici di bresciani illustri, Brescia 1620, p. 87; F.A. Vitale, Storia diplomatica dei senatori di Roma, Roma 1791, p. 119; C. Milanesi, Del tumulto successo in Roma nell'aprile del 1256 e della prigionia di Brancaleone d'Andalò senatore, in Giorn. stor. degli archivi toscani, II (1858), p. 190; L.F. Fè d'Ostiani, Sermone inedito di Albertano giudice di Brescia, Brescia 1874, pp. 1 s.; P. Falconi, Cronologia dei podestà di Piacenza dall'anno 1200 al 1800, in Boll. stor. piacentino, XI (1906), p. 104 (con il nome errato di Marcello); F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, II, Roma 1912, pp. 853, 866; A. De Boüard, Le régime politique et les institutions de Rome au Moyen Âge, Paris 1920, p. 235; H. Schullern von Schrattenhofen, Cenni sulla nobile famiglia Maggi di Brescia, in Rivista araldica, XXVI (1928), pp. 241 s.; A. Salimei, Senatori e statuti di Roma nel Medioevo, Roma 1935, pp. 78 s.; P.S. Leicht, Brancaleone d'Andalò, in Roma, XXI (1943), pp. 194, 198; E. Dupré Theseider, Roma dal Comune di popolo alla signoria pontificia, Roma 1952, pp. 38 s., 43-46, 59, 117; A. Bosisio, Il Comune, in Storia di Brescia, I, Brescia 1963, p. 693; G. Archetti, Berardo Maggi vescovo e signore di Brescia, Brescia 1994, pp. 40-54; J.-C. Maire Vigueur, Nota sugli ufficiali bresciani, in I podestà nell'Italia comunale, a cura di J.-C. Maire Vigueur, Roma 2000, I, p. 111; G. Albini, Piacenza dal XII al XIV secolo, ibid., p. 424; S. Carocci, Barone e podestà. L'aristocrazia romana e gli uffici comunali nel Due-Trecento, ibid., II, p. 848; J.-C. Maire Vigueur, I profili, ibid., p. 1062.

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