GRAZZI, Emanuele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GRAZZI, Emanuele

Luca Micheletta

Nacque a Firenze il 30 maggio 1891 da Vittorio, professore nella facoltà di medicina dell'Università di Pisa, e Luisa Barsanti. Laureatosi in giurisprudenza a Pisa nel novembre 1911, l'anno seguente superò il concorso per l'ammissione alla carriera diplomatica.

Addetto consolare a Tunisi fino al 1913, poi in servizio al ministero, nel 1915, al momento dell'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa, si arruolò come volontario, prestando servizio come ufficiale di artiglieria e guadagnandosi una croce di guerra al valore militare. Alla fine del 1916, su richiesta dell'addetto militare italiano all'Aja, venne inviato a Rotterdam per assolvere al delicato compito del servizio di informazioni politico-militari. Da lì, nel 1919, fu destinato a Helsinki come membro del Comitato economico interalleato incaricato di stabilire rapporti commerciali con il governo finlandese, primo passo verso il riconoscimento de iure del nuovo Stato finlandese, che il G. doveva poi effettuare il 27 giugno.

Console a Berlino nel 1921 e a Florianópolis, in Brasile, nel 1922, rientrò a Roma nel 1923; destinato al Commissariato generale dell'emigrazione, seguì la preparazione e i lavori della Conferenza internazionale dell'emigrazione e dell'immigrazione, curandone anche le pubblicazioni. Console a Tolosa nel 1926, tre anni più tardi fu destinato console generale a New York, dal 29 luglio 1933 incaricato anche di reggere, col rango di inviato straordinario e ministro plenipotenziario, le legazioni in Guatemala, El Salvador, Honduras e Nicaragua.

Dall'ottobre 1934 fu posto a capo della Direzione generale stampa estera del neo costituito sottosegretariato per la Stampa e Propaganda, guidato da G. Ciano e, nel 1935, quando il sottosegretariato fu elevato a ministero, vi assunse la carica di direttore generale. Ma l'esperienza acquisita nel continente americano gli valse, nel dicembre 1936, in seno all'amministrazione degli Esteri l'importante nomina a direttore generale della divisione degli Affari transoceanici.

In questo ruolo seguì da vicino la progressiva crisi dei rapporti con gli Stati Uniti, determinata dalla guerra contro l'Etiopia, dall'intervento italiano in Spagna, dall'avvicinamento alla Germania nazista e, non ultimo, dall'inutile e vano tentativo di Mussolini e Ciano di utilizzare la massa degli immigrati italiani per guadagnare influenza nei paesi dell'America Latina a scapito di quella statunitense. La conoscenza del mondo americano e dei suoi legami con le democrazie europee lo portò a segnalare, in vari rapporti, il progressivo e inevitabile affiancamento degli Stati Uniti alla Gran Bretagna e alla Francia a danno delle potenze dell'Asse. Consapevole della forza militare ed economica statunitense, invitò i suoi superiori a tenerne il massimo conto, attirando in particolare l'attenzione sui rischi che l'Italia, in caso di entrata in guerra, avrebbe corso per il proprio approvvigionamento, in conseguenza delle leggi adottate da Washington in materia di neutralità.

Nominato inviato straordinario e ministro plenipotenziario di II classe, dal 19 apr. 1939 fu destinato a reggere la legazione di Atene. Accettò quest'incarico con titubanza, ritenendosi non sufficientemente esperto di politica balcanica, e di questa esperienza, che doveva infine sboccare nella consegna dell'ultimatum alla Grecia, prologo all'attacco italiano del 28 ott. 1940, il G. ha lasciato una storia documentata, Il principio della fine (l'impresa di Grecia), Roma 1945, sorta di autodifesa, tendente a respingere ogni responsabilità per i fatti accaduti. In effetti, la documentazione successivamente disponibile ha confermato la sostanziale estraneità del G. alla preparazione della guerra alla Grecia.

L'inizio della sua missione coincise con un peggioramento dei rapporti tra Roma e Atene a causa del timore di un attacco italiano che aveva assalito i Greci dopo il 7 apr. 1939, giorno in cui era iniziata l'occupazione dell'Albania. Il G. tentò di ristabilire un clima di fiducia tra i due paesi, insistendo - in mancanza di un formale rinnovo del patto di amicizia, di collaborazione e di regolamento giudiziario, firmato nel 1928 e scadente il 30 sett. 1939 - per ottenere una ufficiale rassicurazione da parte del governo italiano sulla non volontà di scatenare un attacco alla Grecia. La ottenne sotto forma di una dichiarazione ufficiale dettatagli personalmente da Mussolini l'11 settembre.

Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, il G. sostenne che la Grecia avrebbe fatto di tutto per non essere coinvolta in un conflitto né a fianco delle potenze dell'Asse, né a fianco delle potenze democratiche. Rimase però all'oscuro di quanto intanto si stava macchinando a Roma, dove il gruppo di gerarchi e militari vicini a Ciano andava sempre più perorando l'idea di una spedizione contro la Grecia. Il G. avvertì chiaramente i suoi superiori che la tensione con l'Italia aveva rafforzato i sentimenti nazionalistici della popolazione e che, nell'eventualità di un attacco, i Greci avrebbero opposto una strenua resistenza armata. Ma questa tesi era in aperto contrasto con quanto andavano sostenendo presso Mussolini altri, e in particolare Ciano e il luogotenente generale del re in Albania, F. Jacomoni. Secondo questi, anche mercé l'opera dispiegata negli ultimi mesi con grande dispendio di denaro al fine di corrompere uomini politici ateniesi e di sostenere l'irredentismo albanese in Ciamuria, la popolazione e l'esercito greci non avrebbero opposto grande resistenza a un'eventuale entrata delle truppe italiane in suolo greco.

I fatti dovevano dare ragione al G. che, rientrato a Roma nel novembre 1940, fu coinvolto nelle polemiche seguite ai disastri della campagna di Grecia e pubblicamente additato da settori del regime come uno dei responsabili. Lasciato nell'inattività e impedito dall'arruolarsi come volontario, tornò a prestare servizio al ministero nel quadro del rimpasto governativo del maggio 1943, che vide l'estromissione di Ciano e l'assunzione degli Esteri da parte di Mussolini.

Il G. fu posto a capo dell'Ufficio coordinamento studi e documentazione, istituito nell'aprile precedente alle dirette dipendenze del ministro e avente come compito principale quello di studiare il futuro assetto di pace basato sul "nuovo ordine europeo".

Nel luglio 1943 fu destinato a Belgrado, dove, dopo la caduta di Mussolini, a fine luglio fu contattato dal comandante della milizia cetnica, D. Mihajlović, capo della resistenza e membro del governo iugoslavo in esilio a Londra, al fine di coordinare una mobilitazione generale dei cetnici in appoggio alle forze armate italiane in Montenegro e Albania nel caso in cui l'Italia si fosse staccata dall'alleanza con la Germania e le sue truppe si fossero opposte a tentativi di disarmo da parte tedesca. Probabilmente a causa di questi contatti con la resistenza serba, pur avendo aderito il 19 settembre alla Repubblica sociale italiana (RSI), il G., pochi giorni dopo, fu dispensato dal servizio a Belgrado. Accettò comunque di rappresentare la RSI a Budapest, ma non assunse mai l'ufficio cui era destinato.

Rientrato in Italia, fu fermato a Venezia dalle autorità germaniche e, successivamente, rimosso il fermo, fu diffidato dall'allontanarsi dalla città e sottoposto a vigilanza. Il 31 dicembre seguente fu collocato a riposo.

Coinvolto nel processo di epurazione alla fine della guerra, riuscì a dimostrare la non effettività della sua adesione alla RSI e venne reintegrato nelle sue funzioni. Lasciato il servizio diplomatico il 1° genn. 1947, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario di I classe, si dedicò all'attività di pubblicista.

Collaborò, con commenti di politica internazionale, a vari quotidiani: Il Popolo di Roma, Il Giornale d'Italia, Corriere mercantile, Corriere della nazione, Gazzetta del popolo e Tirreno, e alle riviste Tempo ed Esteri; tradusse anche in italiano opere di O. Wilde e Ch. Dickens.

Il G. morì a Roma il 7 sett. 1961.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. storico del Ministero degli Affari esteri, Personale IG 33; Affari politici, 1931-45, Grecia, bb. 18, 19; I documenti diplomatici italiani, s. 7, 1922-1935, VII; s. 8, 1935-1939, II, VI, VIII, XII, XIII; s. 9, 1939-1943, I-V, ad indices; G. Ciano, Diario 1937-1943, a cura di R. De Felice, Roma 1990, ad indicem. Vedi ancora: L. Villari, Affari esteri 1943-1945, Roma 1948, ad ind.; Il ministero degli Affari esteri. Governo e diplomazia al servizio del popolo italiano, a cura di G. Brusasca, Roma 1948, ad ind.; G. André, La guerra in Europa (1° sett. 1939 - 22 giugno 1940), Milano 1964, ad ind.; P. Pastorelli, L'Italia e la nazione finlandese, 1917-1919, in Clio, XIX (1983), pp. 571-580; Università degli studi di Lecce, La formazione della diplomazia nazionale (1861-1915), Roma 1987, p. 377; R. De Felice, Mussolini l'alleato, I, L'Italia in guerra, 1940-1943, 1, Dalla guerra "breve" alla guerra lunga, Torino 1990, p. 191; Archivio storico diplomatico, Le carte del Gabinetto del ministro e della Segreteria generale dal 1923 al 1943, a cura di P. Pastorelli, Roma 1999, ad ind.; G.B. Guerri, Galeazzo Ciano, Milano 2001, ad indicem.

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