SCHIAPARELLI, Elsa

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SCHIAPARELLI, Elsa

Giovanna Uzzani

SCHIAPARELLI, Elsa. – Nacque il 10 settembre 1890 a Roma, a palazzo Corsini, dove il padre, Celestino, svolgeva il ruolo di direttore dell’Accademia dei Lincei, nondimeno impegnato quale professore di lingua e letteratura araba all’Università La Sapienza; la madre, Maria Luisa de Dominicis, apparteneva a una famiglia dell’aristocrazia napoletana discendente dai Medici.

La famiglia paterna, di origini piemontesi, vantava peraltro molteplici meriti scientifici, grazie allo zio Giovanni, noto astronomo; Ernesto, il cugino, senatore del Regno d’Italia e professore di storia antica ed egittologia dell’Università di Torino, nonché direttore del Museo Egizio; lo zio Luigi, paleografo e storico.

La giovane Elsa, in questo contesto, si dedicò inizialmente agli studi di filosofia, coltivando il sogno di divenire poetessa; aspirazione ostacolata dalla famiglia, particolarmente dopo la raccolta in versi intitolata Arethusa, giudicata audace quanto inopportuna, pur pubblicata nel 1911 per i tipi della Società tipografica La Gutenberg, grazie all’editore milanese Riccardo Quintieri. Le velleità poetiche costarono alla ventunenne il sofferto esilio in un convento della Svizzera tedesca, cui fece seguito il crescente bisogno di emancipazione: così nel 1913 decise di partire per Londra, dove trovò un impiego temporaneo. Qui, nel 1914, dopo avere assistito alla conferenza di un giovane conte inglese, il teosofo William de Wendt de Kerlor, si innamorò di lui e decise di sposarlo, trasferendosi prima a Nizza e poi a New York nel 1916. Nel 1920 i due giovani ebbero una figlia, Maria Luisa Yvonne Rahda (Gogo), che presto contrasse la poliomielite. In tali difficoltà e mentre si consumava la sua dote, Elsa, a causa della vita dissoluta del marito, frattanto innamoratosi della ballerina Isadora Duncan, decise nel 1922 di chiedere il divorzio e tornare in Europa, dove la figlia avrebbe avuto migliori cure.

Proprio a New York aveva iniziato a frequentare gli artisti della prima diaspora: fra loro Marcel Duchamp, Man Ray e, in particolare, i coniugi Francis e Gaby Picabia, con i quali nel 1922 arrivò a Parigi. Risale a questa data il primo contatto di Elsa con l’alta moda, quando, accompagnando in rue du Faubourg Saint-Honoré l’amica americana Blanche Hays, incontrò il grande stilista parigino Paul Poiret, il quale riconobbe in lei un talento spiccato per il design di moda, tanto da prenderla sotto la sua protezione e affidarle la creazione dei primi modelli. Frequentando la vivacissima vita mondana parigina, divenne amica di molti artisti e poeti dell’avanguardia surrealista, fra i quali Jean Cocteau, Salvador Dalí, Tristan Tzara. Stimolata da tali fervidi contatti, fiorì la creatività di Elsa che presto fece il suo ingresso trionfale nel mondo della moda: così, dopo aver fondato nel 1927 il primo atelier nel suo stesso appartamento, l’anno successivo, in rue de la Paix, aprì una casa di moda, con il nome Schiaparelli - Pour le sport.

Qui la giovane stilista presentò nel gennaio del 1928 la N°1, prima fortunata collezione di maglieria in lana, in cotone, in filato di organza, pensata per pullover, top e costumi da bagno, pigiami e accessori per la spiaggia, riuscendo a miscelare sapientemente haute-couture e abbigliamento sportivo. I motivi – papillon a trompe-l’oeil, tartarughe, scheletri umani, tatuaggi marinari, pesci, righe e motivi geometrici – ben si adattavano alla donna contemporanea, dinamica e spregiudicata, così come i colori, accesi e contrastanti (Blum, 2003, p. 15). Nel luglio, la N°1 – indossata dal fotografo Horst P. Horst e dalla modella Bettina Jones – venne pubblicata con clamore dalla rivista americana Vogue, con le smaglianti fotografie di George Hoyningen-Huene. Nacquero alcune fra le immagini di moda più famose del secolo, destinate a influenzare la fotografia, così come la pittura modernista americana, per l’elegante purissimo astrattismo delle bicromie.

Dal 1929 in poi la maison introdusse altre innovazioni in termini di materiali, tagli e accessori: nacquero capi reversibili, tagli aerodinamici, materiali ecletticamente abbinati come lana e seta o gomma o pelle, borse in metallo, spregiudicate cerniere in plastica colorata che commentavano gli abiti vistosamente, anziché nascondersi come nella sartoria tradizionale, cappelli eccentrici come sculture surrealiste (Dizionario della moda, 1999, p. 700).

Una nuova fase di collaborazione artistica prese avvio dal 1931, quando ‘Schiap’ – come lei stessa si definiva con autoironia parlando di sé in terza persona – chiese all’artista Jean Dunand di realizzare in pittura trompe-l’oeil le pieghe degli abiti a imitazione degli antichi costumi greci: ne nacque un portfolio di fotografie di Ray, con la stessa Elsa come modella. Da allora si susseguirono nel corso degli anni Trenta le collaborazioni con gli artisti surrealisti, alla velocità di quattro collezioni annuali: ed ecco i gioielli di Elsa Triolet e Alberto Giacometti, il celebre bracciale di metallo e pelliccia di Meret Oppenheim, i finti guanti dipinti da Pablo Picasso sulle mani, che ispirarono i successivi eccentrici guanti neri con unghie in pitone rosso, artigli dorati, anelli e cicatrici.

Nel 1932, la maison prese il nome di Schiaparelli - Pour le sport, pour la ville, pour le soir, e si estese su diversi piani di rue de la Paix comprendendo otto atelier che ospitarono oltre quattrocento dipendenti. L’anno successivo, Elsa aprì un negozio a Londra, in Grosvenor Street, mentre la compagnia otteneva la registrazione negli Stati Uniti, con uffici a New York. La fama le consentì di essere la prima stilista donna a ottenere l’onore di una copertina della rivista americana Time nel 1934. L’anno successivo, al colmo del successo, la casa di moda raddoppiò i propri dipendenti e si trasferì presso il maestoso hotel de Fontpertuis, al 21 di place Vendôme: oltre novanta stanze, due boutique di cui una, al piano terra, con vista sulla colonna Vendôme, arredi firmati da Jean-Michel Frank e Giacometti. Per l’inaugurazione, Elsa volle presentare la nuova collezione di abiti e cappelli, realizzata con stoffe stampate a motivo di carta di giornale con disegni di Cecil Beaton (O’Hara, 1990, pp. 27 s.): i modelli riprendevano le recensioni che parlavano di lei e dei suoi trionfi, imitando la tecnica dei papier-collées di Georges Braque e Pablo Picasso, così come, nel susseguirsi casuale dei brani, il non-sense dadaista del gioco del cadavre esquis. La ricerca di nuovi materiali portò frattanto Elsa a sperimentare tessuti rivoluzionari come il fragile rhodophane, trasparente come vetro, o il rayon schiacciato, con effetti simili a cortecce di albero.

Si sviluppò dal 1935 la felice collaborazione con Dalí, che disegnò per lei un portacipria a forma di quadrante telefonico, laccato nero o tartaruga, personalizzabile con il nome della proprietaria o altri effetti: un oggetto tecnologico si trasformava così in accessorio per la cosmesi, assumendo lo status di opera d’arte. Dalla collaborazione con Dalí nacquero nel decennio abiti da ballo con aragoste e prezzemolo dipinti sull’organza, borse di velluto a forma di telefono, tailleur costellati di vistose labbra rosse, cappelli a forma di calamaio, nido di gallina, cosciotto di montone: creazioni che vennero presentate all’Exposition internationale du surréalisme, dal 17 gennaio al 24 febbraio 1938, presso la Galerie des beaux-arts di Georges Wildenstein, in rue du Faubourg Saint-Honoré.

Furono in particolare i celebri cappelli Schiaparelli a conquistarsi l’autonomia di vere e proprie sculture: potevano essere a bombetta, con o senza veletta, a tricorno, alla berretta, di velluto o di feltro, carichi di finte piume in metallo, ispirati variamente all’operetta, alla pittura, al teatro, da abbinare in contrasto piccante con abiti da sera, sportivi, da pomeriggio, pubblicati nei rotocalchi femminili come nelle maggiori riviste di moda, da Vogue a Harper’s Bazaar. Emblematico a riguardo fu il celebre contributo di Tzara sulla rivista Minotaure (1933, pp. 81-84), con le foto fatte da Ray di tre cappelli Schiaparelli della collezione inverno 1933-34: si insinuava qui l’idea che quegli oggetti non fossero meri accessori di moda, ma espressioni dei recessi dell’inconscio e spregiudicate metafore sessuali.

Fra le più assidue frequentatrici dell’atelier erano donne moderne e spregiudicate quali Wallis Simpson, futura duchessa di Windsor, Marlene Dietrich, Katharine Hepburn, Greta Garbo, Lauren Bacall, Gala Dalí, Nusch Eluard – che indossò Schiaparelli per il suo ritratto di Picasso –, Vivien Leigh, Ginger Rogers, Juliette Gréco, Mae West (Baudot, 1998, pp. 12 s.).

Le suggestioni orientali conquistarono in quegli anni la frenetica vita mondana parigina, animata da serate a tema con balli orientali, nei quali le signore sfoggiavano turbanti e mantelline firmati Schiaparelli, come documentato dalle fotografie di Roger Schall e François Kollar. Il fascino dell’India, in particolare, era stato suggerito alla stilista dalla principessa Karam di Kapurthala, apprezzata per la leggendaria bellezza, che aveva soggiornato a Parigi nell’estate del 1934 (Dizionario della moda, 1999, p. 691): ne era nata una collezione ispirata all’India, con abiti-sari indossati con particolari sciarpe, che potevano essere sciolte a drappeggiare il corpo oppure indossate avvolte intorno alla testa (Blum, 2003, p. 72). Elsa miscelava le suggestioni orientali con altri spunti: così per l’invenzione del cosiddetto mantello veneziano, con cappuccio in taffetà di seta che riecheggiava le suggestioni della mostra «L’art italien de Cimabue à Tiepolo», aperta con successo al Petit Palais nel maggio del 1935 (Blum, 2003, pp. 80 s.). Dalla collezione Farfalle, del 1937, a quelle del 1938 Circo, Pagana – quest’ultima ispirata a Sandro Botticelli –, fino alla collezione Commedia moderna, dedicata alla settecentesca commedia dell’arte italiana, le sue proposte conquistarono l’immaginario collettivo, accompagnate da invenzioni celeberrime, come quella dell’insolente colore battezzato da Elsa rosa shocking: contestualmente la maison inventava il profumo omonimo, Shocking, presentato nel 1937 nella bottiglia a forma di manichino di sartoria, disegnata da Leonor Fini sognando le mitiche curve dell’attrice Mae West.

L’avvento della seconda guerra mondiale segnò una frattura ineluttabile per la casa di moda, che ridusse la mano d’opera e si orientò verso un numero limitato di creazioni. Nel luglio del 1940 Elsa lasciò Parigi per tenere una serie di conferenze negli Stati Uniti sul tema L’abito femminile: il successo fu tale da garantirle il conferimento – inedito a quella data per una firma europea – del prestigioso Neiman Marcus fashion award. In pieno conflitto e malgrado la proposta di una nomina come direttore del dipartimento di Fashion design del MoMA (Museum of Modern Art), Elsa lasciò gli Stati Uniti per tornare a Parigi portando con sé migliaia di confezioni di vitamine per aiutare la popolazione francese. Trasferitasi nuovamente a New York dal 1941 al 1945, fece ritorno a Parigi e presentò la prima collezione del dopoguerra nel settembre dello stesso 1945.

Malgrado i numerosi riconoscimenti e le collezioni presentate nel 1947 e nel 1948, la situazione della casa di moda non conobbe i successi dell’anteguerra. Elsa si avvide delle difficoltà economiche, come raccontò nel libro autobiografico Shocking life, pubblicato a Londra nel 1954. Il 13 dicembre di quello stesso anno decise di chiudere precipitosamente la sua casa di moda, ritirandosi nel palazzo di Hammamet, in Tunisia.

Si spense nel sonno il 13 novembre 1973, all’età di ottantatré anni.

Fonti e Bibl.: T. Tzara, D’un certain automatisme du goût, in Minotaure, 1933, n. 3-4, pp. 81-84; E. Schiaparelli, Shocking life, London 1954; Hommage à E. S. (catal.), Paris 1984; P. White, E. S.: empress of Paris fashion, London 1986; G. O’Hara, Il dizionario della moda, Bologna 1990; F. Baudot, E. S., Firenze 1998; Dizionario della moda, a cura di G. Vergani, Milano 1999, pp. 147-150; 336; 699 s.; D.E. Blum, Shocking! The art and fashion of E. S., Philadelphia 2003. Si veda inoltre il sito web della maison Schiaparelli, dove sono rintracciabili notizie esaurienti relative alla vita di Elsa, alla storia dell’atelier, alle collaborazioni con gli artisti: http://www.schiaparelli.com.

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