Ellissi

Enciclopedia Dantesca (1970)

ellissi

Francesco Tateo

Figura grammaticale consistente nell'omissione di una parte necessaria del discorso, che rimane perciò sottintesa senza precludere la comprensione della frase. Compresa fra i ‛ vizi ' dell'orazione, contribuisce tuttavia all'efficacia dello stile realizzando la brevitas.

Nelle Rime s'incontrano spesso forme ellittiche, che possono in realtà ricondursi al modello latino, come nel caso dell'e. del ‛ che ' in LIX 7 (e io vi dico, de li modi sui, ecc.), o in CIII 29 (per tema non traluca). Talvolta, ancora, la proposizione consecutiva non è preceduta dall'aggettivo o dal pronome che la sostenga com'è nell'uso costante del volgare: lo mira con pietà, che 'l manda via (LXVI 4), Sono che per gittar via loro avere... (LXXXIII 20). Talvolta il ‛ che ' è assunto nel valore latino del ‛ quod ', sicché in volgare risalta l'e. del pronome dimostrativo (non è pesante il sesto / ver ch'è dolce lo ben, Rime LXII 7). All'uso latino va ricollegata d'altra parte anche l'e. del verbo in ché noi ad essa non potem da noi (Pg XI 8), dove in realtà va considerato il significato pregnante di ‛ potere '.

Si aggiungano i casi, non giustificati dall'esempio latino, in cui ‛ poi ' sta per ‛ poiché ' (Rime XLIV 7, L 18; e cfr. Pg X 128), e ‛ quale ' sta per ‛ qual che ' (nel senso di " qualunque ": Rime LVI 23, LXVIII 20).

L'e. più frequente nella Commedia è naturalmente quella del verbo ‛ dire ' nei casi in cui il poeta riferisce un colloquio; e l'uso è talmente consolidato da produrre l'omissione ripetuta e ricercata del verbo in un verso come Questo io a lui; ed elli a me... (Pd VIII 94). A questo va aggiunto l'uso, anch'esso dovuto a una ricerca di brevitas del racconto, di sottintendere un termine che si ricava dal contesto: Non omo, omo già fui... (If 167), Anzi maravigliose! (XVIII 135), E morte di tua schiatta (XXVIII 109), e tu per più ch'alcun altro demonio! (XXX 117), in maggior parte, come si vede, collegate con lo stile ‛ comico '.

Ma l'e. è naturalmente presente nel proverbio (ma ne la chiesa / coi santi, e in taverna coi ghiottoni, If XXll 14-15), e in talune esclamazioni che nel linguaggio comune sottintendono il verbo (Via costà con li altri cani!, VIII 42; Or superbite, e via col viso altero, Pg XII 70; A Filippo Argenti!, If VIII 61), o dove l'oggetto è generico e non viene pertanto espresso, essendo facilmente deducibile (giudica e manda secondo ch'avvinghia, v 6; voltando e percotendo, v. 33; " Perché tieni? " e " Perché burli? ", VII 30). Appartiene alla tradizione della brevitas l'uso dell'e. in corrispondenza con l'asindeto e la congeries dei soggetti (quivi le strida, il compianto, il lamento, v 35), come ricalca l'uso latino, con un effetto aulico, l'apparente e. di espressioni quali quel d'i Nerli e quel del Vecchio ( Pd XV 115).

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