Elisione [prontuario]

Enciclopedia dell'Italiano (2011)

elisione [prontuario]

Andrea Viviani

Un fenomeno fonetico e grafico

L’➔elisione è il fenomeno per il quale in italiano si cancella (si elide), all’incontro di due vocali (specie se identiche) appartenenti a parole diverse successive, quella con cui termina la prima delle due. Tale fenomeno, operante a livello fonetico (➔ fonetica sintattica), trova riscontro nella maggior parte dei casi anche a livello di ➔ ortografia.

Ecco una lista parziale degli elementi lessicali coi quali il fenomeno si manifesta con una certa regolarità: lo alberol’albero, questo oggi quest’oggi, una anatra un’anatra, come eravamo com’eravamo, quanto è quant’è, venti anni vent’anni, ci erano c’erano, di accordo d’accordo. Vanno aggiunte alla lista alcune locuzioni cristallizzate, che presentano cioè l’elisione solo in combinazione con gli specifici termini che le costituiscono: nient’altro, senz’altro tutt’altro (non tuttora), mezz’ora (non mezzanno) e a quattr’occhi.

Riflessi grafici

Il segno grafico che testimonia l’elisione è l’➔apostrofo (► apostrofo), che prende il posto della vocale caduta. Da questo punto di vista, l’elisione va distinta dal ➔ troncamento, che produce sì identico risultato (cioè la caduta di una vocale o di un’intera sillaba), ma opera quando la parola seguente non comincia per vocale, e non colpisce solo una vocale: qual(e) buon vento!, fan(no) tutti così, San(to) Tommaso, ecc. Con l’elisione la vocale finale cade invece proprio in virtù della presenza della vocale seguente; per riprendere l’ultimo esempio, con vocale non si ha troncamento ma mantenimento della seconda sillaba ed elisione della sola vocale finale: Sant’Anselmo, Sant’Eusebio e così via.

Posizioni

L’elisione avviene anche all’interno di parola (e senza apostrofo, quando questa, com’è nel caso dei composti, è il risultato della fusione o ➔ univerbazione di due distinte parole: vent(i)uno, contr(o)altare, all(e)arme, ecc. Ad eccezione dei numeri (ventunoventi uno), l’elisione nei composti non è però sistematica e possono darsi con frequenza casi di conservazione della vocale: antiaccademico, controanalisi, anche quando ne risultino due identiche appaiate (► doppie lettere): autoorganizzarsi, antiipertensivo (ma c’è anche chi preferisce le grafie auto-organizzarsi, anti-ipertensivo) e, tra i ➔ numerali ordinali, i composti di tre: quarantatreesimo. In alcuni casi si hanno oscillazioni: indoeuropeo e indeuropeo.

Meglio, data l’oscillazione dell’uso, fare sempre riferimento al dizionario.

Eccezioni

L’elisione ha frequenti eccezioni. In particolare:

(a) non si elide (per ragioni metriche, nella sola lingua lirica) la vocale nei plurali dell’articolo determinativo e, di conseguenza, delle ➔ preposizioni articolate: gli uomini e gli alberi, mai *gl’uomini e gl’alberi; le api, mai *l’api; nell’angolo, mai *negl’angoli (possibili, ma antiquate, grafie come l’erbe, gl’innamorati);

(b) non si elide la vocale finale nei plurali, maschili e femminili, dei dimostrativi: quest’anno, mai *quest’anni; quest’anatra, mai *quest’anatre. Vale poi, per quegli e quelle, quanto sopra per i determinativi; mai, quindi, *quell’anime o *quegl’occhi;

(c) non si elide (anche per evitare sovrapposizioni di senso con la preposizione di, spesso elisa: anello d’argento, brucio d’amore, ecc.) la preposizione da: mai, quindi, *bimbi d’adottare o *vengo d’Asti;

(d) è bene limitare l’elisione dei pronomi ➔ clitici davanti al verbo ai soli casi in cui le vocali che si incontrano siano diverse: t’acchiappo, s’annoia sono più accettabili di t’inseguo o s’innamora. È bene anche avere a mente il sentore aulico di talune combinazioni elise: t’amo, t’odio, ecc. Quanto a l innanzi ad h (l’ho visto), è prassi consolidata nell’uso e pienamente accettata anche nello standard.

Per quanto marcati dallo stesso apostrofo dell’elisione, non sono ad essa riconducibili i casi (tipici delle parlate dialettali e meno colte dell’italiano) in cui cada una vocale o un’intera sillaba a inizio di parola (➔ aferesi): ’more, mi senti?, ’sto coso non funziona, sono forme parlate inaccettabili allo scritto; sono ammesse però, anche dallo standard (e non necessitano di apostrofo) le forme (o)scuro e (que)stamattina, (que)stasera, (que)stanotte.

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