ELASTOMERI

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ELASTOMERI

Eugenio Mariani

(v. gomma elastica, XVII, p. 503; App. I, p. 680; II, I, p. 1066; III, I, p. 766; elastomeri, App. IV, I, p. 655)

La produzione mondiale di e. in questi ultimi anni ha superato i 15 milioni di t, dei quali 2/3 sono rappresentati dai prodotti sintetici e il rimanente da quelli naturali. Si prevede nei prossimi anni un aumento medio del consumo del 12% circa, che porterebbe a superare nel 1994 i 17,5 milioni di t, mentre rimarrebbe pressoché invariata la ripartizione fra i due tipi di elastomeri.

Gomma naturale. - Per la produzione di gomma naturale, v. tab. 1.

I maggiori incrementi si sono avuti in Malaysia, Indonesia, Thailandia, India, Śrī Laṅkā, che sono anche i paesi maggiori produttori. È previsto che la produzione, che ha già superato i 5 milioni di t, arrivi nel 2000 a superare i 6 milioni di tonnellate. L'attendibilità di questa previsione è legata in gran parte ai prezzi.

In questi ultimi anni, per evitare le forti oscillazioni verificatesi nei passati decenni, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, nel 1980, l'80% dei paesi produttori di gomma e il 90% di quelli consumatori hanno sottoscritto un accordo, International Natural Rubber Agreement (INRA), per realizzare condizioni di stabilità dei prezzi; l'accordo prevedeva la formazione e l'amministrazione di una ''scorta cuscinetto'', fino a 500.000 t, gestita in funzione dei prezzi del prodotto sui quattro principali mercati (Londra, Giappone, Kuala Lampur, USA) in modo da contenerne le oscillazioni fra 0,7÷1,28 dollari/kg. L'accordo, che doveva terminare nel 1986, è stato prima prorogato e poi sostituito da un altro accordo, raggiunto a Ginevra verso la fine del 1987, in base al quale l'unico strumento d'intervento per il calmieramento dei prezzi doveva essere la manovra della scorta cuscinetto, evitando il ricorso al controllo della produzione o alla fissazione di quote d'esportazione. A seguito delle elevate quotazioni verificatesi nel primo semestre del 1988 (che ha indotto i piccoli coltivatori ad aumentare le incisioni delle piante) l'organizzazione internazionale ha ridotto la scorta cuscinetto da 360.000 a 25.000 t, portando rapidamente a un abbassamento del prezzo del 20% circa.

Le maggiori zone di consumo, con le previsioni al 1994, per la gomma naturale sono indicate in tab. 2.

Il consumo di gomma naturale nel mondo, oltre 4 milioni di t/anno, cresce di pari passo con quello degli e. sintetici, come indica la costanza del rapporto fra i due (33÷34% di naturale, 67÷66% di sintetica). Nella gran parte degli usi i due tipi di gomma vengono impiegati insieme (per sfruttare al meglio le caratteristiche dei due prodotti e anche per ragioni economiche); non mancano però casi nei quali i due tipi di e. si usano singolarmente.

La maggior parte della gomma naturale entra in commercio sotto forma di fogli (crêpes) di diverso tipo (bianchi, bruni, essiccati, affumicati, ecc.); oggi si va sempre più diffondendo l'uso di latici concentrati e stabilizzati, la cui produzione ha raggiunto circa l'8% (riferito al prodotto secco) del totale della gomma naturale; i tre quarti di tale produzione provengono dalla Malaysia (recentemente la Thailandia ha costruito diversi impianti).

Il latice è una dispersione di goccioline di polimero, della dimensione di 30÷500 μm, in un mezzo acquoso, costituito da acqua nella quale sono disciolte numerose sostanze (proteine, lipidi, fosfolipidi, zuccheri, sali minerali, ecc.); il prodotto, proveniente dalle incisioni praticate nelle piante di Hevea, è altamente instabile e occorre addizionarlo rapidamente di ammoniaca per evitarne la fermentazione e la putrefazione. Dato l'elevato contenuto di acqua, non è economicamente conveniente trasportare a distanza il prodotto tal quale; esso viene stabilizzato e concentrato nei luoghi d'origine fino a raggiungere tenori di sostanza secca dell'ordine del 60÷70%.

La concentrazione si può ottenere per affioramento (favorendo il raccogliersi in superficie delle particelle elastiche, anche con l'aggiunta di acceleranti), per centrifugazione (in maniera analoga a come si opera per il grasso di latte), o per evaporazione termica. Il prodotto concentrato può anche essere messo in commercio prevulcanizzato (si aggiungono al latice zolfo e acceleranti e si riscalda a temperatura di 50÷70°C per un tempo più o meno lungo a seconda del grado di prevulcanizzazione desiderato). Sono immessi sul mercato sotto forma di manufatti sottili, elastici, di solito ottenuti per immersione dello stampo nel latice; si ottengono così i guanti per chirurgia, i preservativi (il loro consumo è aumentato notevolmente in questi ultimi anni per evitare infezioni da AIDS); si usano anche per preparare fibre elastiche, per adesivi, per prodotti porosi, ecc.

Soltanto in USA, nel 1990, sono state consumate 74.000 t di questi latici (le cifre si riferiscono al peso della sostanza secca); il consumo risulta ripartito, percentualmente, nel modo seguente:

manufatti ottenuti per immersione 57%

adesivi 13%

industria dei tappeti 9%

prodotti espansi 4%

filamenti 13%

altri 4%

In Italia il consumo ha raggiunto 15.000 t (pari a circa il 9% di tutta la gomma naturale consumata); v. tab. 3.

Elastomeri sintetici. - Anche la produzione di e. sintetici è aumentata in quest'ultimo decennio, passando dai circa 9 milioni di t del 1979-80 ai 10,0 milioni del 1990, così ripartita (in migliaia di t):

USA 2.115

Giappone 1.426

Germania Occidentale 542

Francia 522

Italia 300

Regno Unito 299

Paesi Bassi 236

Canada 213

Altri 4.347

Totale 10.000

Si prevede che i consumi di e. sintetici passeranno dai 10,0 milioni di t del 1990-91 a circa 12 milioni nel 1995.

Gli e. maggiormente consumati continuano a essere quelli SBR (stirene-butadiene), i polibutadieni (la gomma butile). Anche nel campo degli e. sintetici è andato aumentando l'uso di latici; oltre a quelli SBR si preparano anche quelli di acrilonitrile-butadiene (per le applicazioni nelle quali si richiede particolare resistenza agli oli minerali) e di policloroprene e poliacrilici (quando si richiede elevata resistenza agli agenti chimici). Si preparano anche latici di e. funzionalizzati, sulle cui catene polimeriche, cioè, sono innestati gruppi funzionali diversi (carbossilici, ossidrilici, solfonici, amminici, ecc.), che impartiscono caratteristiche particolari; sono fra i più usati quelli con e. SBR con gruppi carbossilici, impiegati nella patinatura della carta, nell'impregnazione di tessuti, nella fabbricazione di tappeti, ecc. Il maggiore tasso di crescita spetta agli e. termoplastici (v. App. IV, i, p. 655), che hanno raggiunto 585.000 t nel 1988 e per i quali si prevede che raggiungeranno le 850.000 t circa nel 1994. Sono stati preparati diversi prodotti di questa classe variando sia la natura dei segmenti elastomerici e rigidi che il loro peso molecolare, e ottenendo così prodotti con una vasta gamma di proprietà, adatte alle esigenze dei diversi impieghi. Agli iniziali polimeri a tre blocchi, del tipo polistirene-polibutene-polistirene (S-B-S), se ne sono aggiunti altri, per es. polistirene-poliisoprene-polistirene. In questi prodotti il blocco centrale, contenente doppi legami, può essere causa di instabilità (tendenza alla formazione di legami trasversali fra le varie catene, con aumento della rigidità, o attacco da parte di agenti atmosferici come ossigeno, ozono, radiazioni UV). Sono stati preparati anche prodotti che hanno come blocco centrale un polimero meno reattivo (per es. un copolimero etilene-butilene) che possiede una maggiore coesione fra le catene, meno possibilità d'attacco da agenti chimici, radiazioni, ecc. (non avendo doppi legami), e che conserva le proprietà a temperature abbastanza elevate. E. termoplastici contenenti come segmento elastico polieteri o poliesteri presentano migliore stabilità all'idrolisi e alle basse temperature. Le ampie possibilità offerte da questi polimeri a tre blocchi rendono ragione del crescente favore incontrato.

La preparazione di un e. del tipo SBS ha come base il polistirene ottenuto per polimerizzazione anionica in presenza, come catalizzatore, di litio alchile; si ottiene un polimero detto ''vivente'', perché a polimerizzazione avvenuta contiene il centro attivo (cioè il litio) al termine della catena, ciò che consente ad altri monomeri, che vengano successivamente aggiunti, di polimerizzare a loro volta; se questi monomeri sono costituiti prima da butadiene e poi da stirene, alla fine il prodotto sarà formato dai tre segmenti: polistirene, polibutadiene, polistirene. Si possono anche preparare i singoli segmenti, di lunghezza opportuna, e poi ''saldarli'' gli uni agli altri nell'ordine voluto. Infine si possono ottenere e. termoplastici anche disperdendo intimamente (per via meccanica) le fasi componenti, per es. polipropilene ed e. copolimero, polietilenepolipropilene o etilene-propilene-diene monomero (EPDM). Questi e. trovano impiego in sostituzione di gomma naturale vulcanizzata; hanno il vantaggio di potersi stampare coi sistemi delle resine termoplastiche; si usano largamente per suole da scarpe, per adesivi, sigillanti, ecc.

Consumo.- Il maggiore consumo di e. si ha nel campo dei mezzi di trasporto su strada (auto, automezzi, trattori, ecc.), negli aerei, ecc., che ne assorbono mediamente il 50÷60%. Il quantitativo di gomma naturale e sintetica consumata per la produzione di pneumatici per autoveicoli in USA è indicato in tab. 4.

Il consumo di gomma naturale aumenta col crescere della grandezza e quindi del peso degli pneumatici; in alcuni tipi il battistrada può essere addirittura fatto di sola gomma naturale.

I consumi degli pneumatici delle automobili risultano influenzati

da altri fattori: la tendenza a produrre automobili veloci e leggere richiede pneumatici di minore peso ma di caratteristiche superiori; negli pneumatici radiali si richiedono percentuali più elevate di gomma naturale. Analogamente gli pneumatici di grandi dimensioni, per autocarri pesanti o per aerei, debbono soddisfare esigenze contrastanti: pressioni di gonfiamento, dimensioni, peso, aderenza su terreni asciutti e bagnati, affondamento nei terreni sciolti, ecc., che comportano l'adozione di mescole diverse a seconda delle esigenze prevalenti.

Nelle tab. 5-7 sono riportati i dati relativi alla produzione, alle importazioni e alle esportazioni in Italia dei vari tipi di manufatti in e. negli ultimi anni; le esportazioni superano le importazioni, sia in peso che in valore.

Smaltimento e riutilizzazione degli pneumatici.- Un problema che si fa sempre più pressante col crescere dei consumi di e. e con l'adozione di leggi antinquinamento più severe, è rappresentato dallo smaltimento dei prodotti usati, specie degli pneumatici, che crea non poche difficoltà; l'invio a discariche controllate è di solito costoso e non facile per l'elevato numero dei depositi di questi rifiuti, che comporta, in molti casi, una spesa addizionale per la raccolta.

Un sistema praticato, ma che interessa solo una frazione limitata degli pneumatici scartati, è quello della loro ''ricostruzione'', che consiste essenzialmente nell'applicare, a caldo, un nuovo battistrada; il sistema non è praticabile su tutti gli pneumatici ma solo su quelli la cui carcassa è integra, senza forature, alterazioni, ecc.; inoltre lo pneumatico ricostruito non incontra il consenso unanime dei consumatori: ha sì un costo minore rispetto ai nuovi ma anche una durata più breve e offre minore sicurezza. In USA si calcola che il sistema interessi circa il 10% degli pneumatici per automobili, ma almeno il 50÷70% di quelli per mezzi pesanti (autocarri, autobus, ecc.).

Si è cercato anche di riutilizzare, almeno in parte, gli e. presenti nei manufatti, dopo depolimerizzazione con un trattamento che tenda a fare avvenire reazioni inverse a quelle che si sono realizzate nella polimerizzazione e nella vulcanizzazione. La rottura dei legami si effettua a caldo, sotto pressione, in presenza di vapore, previa aggiunta di oli minerali, di oli di pino, di terpeni. Il trattamento risulta più facile su manufatti di gomma naturale che su quelli di gomma sintetica (stirene-butadiene). Eseguendo il trattamento su pneumatici il prodotto depolimerizzato contiene anche componenti della miscela usata nella preparazione, e cioè oltre agli e. anche nerofumo, ossido di zinco, additivi organici; il tutto può essere impiegato nella preparazione di mescole per pneumatici aggiungendolo a e. freschi; può trovare impiego anche per altri prodotti (tubi, gomma indurita per cassette, per accumulatori, ecc.). Questo sistema di ricupero ha suscitato interesse specialmente nel periodo delle crisi petrolifere per gli aumentati costi della gomma, sia naturale che sintetica.

Più complesso è il problema dello smaltimento degli pneumatici usati e inutilizzati, abbandonati nelle discariche, e degli scarti e rifiuti che si hanno nelle ricostruzioni, ecc. Sono stati proposti e provati diversi sistemi, alcuni anche su scala piuttosto grande, semi-industriale, ma finora i risultati ottenuti non sono del tutto soddisfacenti poiché, come spesso accade, se risultano validi dal punto di vista tecnologico non lo sono da quello economico, e viceversa. Il maggiore numero di tentativi riguarda l'uso degli pneumatici usati o dei loro scarti come combustibile, tenuto conto che possono contenere fino al 90% circa di sostanze in grado di bruciare (e., nerofumo, additivi organici)

Il calore che si sviluppa nella combustione è dell'ordine delle 7500÷8000 kcal/kg; occorrono però forni di combustione particolari perché il nerofumo stenta a bruciare e può fuoriuscire trascinato dai gas di combustione; gli incombusti, ceneri e frazioni organiche, tendono a formare residui pastosi, che aderiscono alle strutture del forno (griglie, pareti, condotti d'uscita); per favorire la combustione occorre una forte circolazione d'aria e un'ampia superficie di contatto e quindi una preventiva riduzione in pezzi o in granuli del materiale, cosa non facile e costosa da ottenere. Per questo sono stati adottati forni nei quali si introducono pneumatici interi o ridotti in granuli, che possono essere anche mantenuti in sospensione nell'aria comburente. Sono stati costruiti forni capaci di bruciare 10÷20 t/giorno di pneumatici, specie ad opera delle società produttrici di pneumatici (B. F. Goodrich, Goodyear, Firestone, General Motors, Gummi Mayer Co., ecc.).

Per facilitare la combustione, oltre all'adozione di forni particolari, si sono anche usate aggiunte di carbone o di oli combustibili. In Giappone e anche in Italia il prodotto in granuli è stato impiegato come combustibile in forni da cemento, dove l'alta temperatura ne assicura la totale combustione.

La macinazione degli pneumatici e degli altri manufatti gommosi comporta una spesa sensibile; si è fatto ricorso a sistemi meccanici diversi (mulini di vario tipo, passaggio fra rulli scanalati anche con aggiunta di oli minerali che inteneriscono il materiale, ecc.); particolarmente efficace è il sistema criogenico che, raffreddando il materiale al disotto della temperatura di transizione vetrosa, lo rende fragile e frantumabile in mulini a martelli o simili; il sistema comporta una elevata spesa d'impianto e di gestione.

Altri sistemi di riutilizzo di pneumatici si basano su un'azione di pirolisi dei componenti elastomerici; il materiale, portato a temperatura dell'ordine di 500÷550 °C, dà origine a un residuo solido e a sviluppo di gas e vapori; questi ultimi condensati danno un olio con poco zolfo, utilizzabile come combustibile; analogamente, la frazione gassosa, contenendo idrocarburi (etilene, propilene, ecc.), può bruciare facilmente. Dal residuo solido privato delle impurezze (fili metallici, ecc.) si può separare il nerofumo, che però si presta male a essere bruciato ed è inidoneo a una riutilizzazione, perché di caratteristiche scadenti.

Si può facilitare la depolimerizzazione miscelando alla gomma granulata olio minerale, olio di pino, ecc. e operando il riscaldamento in autoclave, sotto pressione di diverse atmosfere, in presenza di vapore; il prodotto depolimerizzato, miscelato a olio combustibile, si presta a essere bruciato. Il prodotto granulato si presta anche a usi diversi: per es., miscelato a bitume, ne migliora la duttilità, ne aumenta la temperatura di rammollimento e l'adesione agli aggregati, e le miscele così ottenute si possono impiegare per manti stradali, per impermeabilizzazioni, per manti elastici (campi da tennis, ecc.).

Bibl.: D. C. Blackley, Latices, D. R. St. Cyr, Rubber natural, G. Holden, Elastomers, thermoplastic, J. Paul, Rubber reclaiming, in Encyclopedia of polimer science and engineering, New York 19852; M.S. Reisch, Rubber, in Chemical and engineering news, maggio 1992; Assogomma, Relazioni annuali all'Assemblea.

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