SALVADOR, El

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

SALVADOR, El

Giandomenico Patrizi
Carlo Amadei
Luisa Pranzetti
Angela Prudenzi

(XXX, p. 575; App. I, p. 988; II, II, p. 778; III, II, p. 652; IV, III, p. 260)

Al censimento del 1992 la popolazione del S. è risultata di 5.047.925 unità, 1.498.665 di più di quelle rilevate al censimento precedente, eseguito ben ventun anni prima. Il considerevole aumento registrato è avvenuto soprattutto nel corso degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta, almeno stando alle stime, più o meno attendibili, che già intorno al 1985 indicavano un numero di abitanti non molto diverso da quello odierno. Del resto, l'incremento annuo fin dall'inizio del decennio Ottanta era sceso al di sotto del 2%, mentre in quelli precedenti si era sempre mantenuto, e anche di molto, superiore a tale soglia. La città capitale, San Salvador, ha una popolazione di 420.000 ab., che salgono a oltre un milione e mezzo se si considera l'intera area metropolitana. Notevole è stato lo sviluppo demografico di altre città, come Santa Ana, che ha superato i 200.000 ab., San Miguel, che vi si avvicina, e Nueva San Salvador.

La lunga guerra civile, protrattasi fino al 1992, le gravi conseguenze del terremoto che ha colpito San Salvador nel 1986 (1500 vittime), i danni prodotti da una serie di annate climaticamente sfavorevoli hanno reso vieppiù precaria l'economia del paese: la disoccupazione ha raggiunto una quota superiore al 40%, il debito estero e il deficit della bilancia dei pagamenti sono enormemente aumentati. L'agricoltura, che occupa ancora il 36% della popolazione attiva, ha visto diminuire sensibilmente i due principali prodotti di esportazione, il caffè (meno di 1.500.000 q nel 1992) e il cotone; è invece alquanto aumentata la produzione del mais, destinato al consumo interno. Anche l'industria, per la quale il S. è al primo posto tra i paesi dell'America Centrale istmica, ha conosciuto una lunga fase di ristagno, che solo a partire dalla fine degli anni Ottanta appare in via di superamento.

Storia. - Il colpo di stato che nell'ottobre 1979 rovesciò il presidente C.H. Romero Mena aprì una nuova fase nella vita politica del S., dopo quasi cinquant'anni di governi guidati dai militari. Promosso da ufficiali riformisti, il colpo di stato installò al potere una giunta di militari e di civili che includeva al proprio interno anche esponenti progressisti, come il leader del socialdemocratico MNR (Movimiento Nacional Revolucionario) G. Ungo; le forze di opposizione ottennero per alcuni mesi una maggiore libertà d'azione e il leader democristiano J.N. Duarte, in esilio dal 1972 (dopo la crisi seguita alle contestate elezioni presidenziali che lo avevano visto candidato), poté rientrare nel Salvador. Ben presto, tuttavia, la pressione degli interessi conservatori provocò una modifica negli indirizzi e nella composizione della giunta: alla rapida estromissione dei progressisti si accompagnò una ripresa della repressione e delle attività terroristiche dell'estrema destra (nel marzo 1980 fu assassinato lo stesso arcivescovo di San Salvador, O.A. Romero y Galdámez), mentre il crescente coinvolgimento del PDC (Partido Demócrata Cristiano) − Duarte entrò in marzo nella giunta − determinava la scissione della sua ala sinistra, guidata da R.I. Zamora Rivas, che diede vita al Movimiento Popular Social Cristiano (MPSC). Nei mesi successivi il MNR, il MPSC, le organizzazioni politiche legate ai cinque gruppi guerriglieri (Fuerzas Populares de Liberación, FPL; Ejército Revolucionario del Pueblo, ERP; Fuerzas Armadas de Resistencia Nacional, FARN; Partido Revolucionario de los Trabajadores Centroamericanos, PRTC; Fuerzas Armadas de Liberación, FAL) e altre forze minori costituirono il Frente Democrático Revolucionario (FDR), braccio politico dell'organizzazione unitaria FMLN (Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional), mentre la risposta sempre più violenta delle forze armate e dei gruppi paramilitari di estrema destra all'intensificazione della guerriglia precipitava il paese in una sanguinosa guerra civile. Dal 1981 crebbe il sostegno degli Stati Uniti al governo del S., con ingenti aiuti economici e militari, l'addestramento delle truppe, in particolare delle unità speciali antiguerriglia, e l'invio di consiglieri militari; contemporaneamente le pressioni di Washington, che cercava di rafforzare il ruolo del PDC, favorivano l'avvio di alcune riforme, in primo luogo quella agraria, e un processo di transizione a un governo civile. Nel dicembre 1980 Duarte fu nominato presidente provvisorio della repubblica (il primo civile dal 1931) e nel marzo 1982 fu eletta un'Assemblea costituente. Boicottate dalle sinistre (come tutte le successive consultazioni fino al 1989), le elezioni del 1982 attribuirono al PDC la maggioranza relativa dei seggi (24 su 60), ma le forze di destra risultarono complessivamente maggioritarie: in particolare, il vecchio PCN (Partido de Conciliación Nacional, partito di regime dominante fra il 1961 e il 1979) che ottenne 14 seggi, fu superato, con 19 seggi, da una nuova formazione di estrema destra, l'Alianza Republicana Nacionalista (ARENA), legata ai gruppi terroristici paramilitari, mentre i restanti tre seggi andarono a due partiti conservatori minori. Il leader di ARENA, R. d'Aubuisson Arrieta, fu eletto in aprile presidente dell'Assemblea costituente, ma successivamente, anche in seguito alle pressioni statunitensi, la presidenza provvisoria della repubblica fu affidata a un indipendente, A. Magaña Borja; in maggio questi dava vita a un governo di unità nazionale, cui partecipava anche il PDC. Dopo il varo, nel dicembre 1983, della nuova costituzione (di tipo presidenziale come le precedenti del S., prevedeva l'elezione diretta del capo dello stato ogni cinque anni e dell'Assemblea nazionale ogni tre anni), le elezioni presidenziali furono indette nel marzo 1984 e quelle legislative un anno dopo: le prime videro la vittoria di Duarte, che al secondo turno in maggio prevalse su d'Aubuisson e in giugno sostituì Magaña alla presidenza della repubblica; le seconde rafforzarono la sua posizione attribuendo al PDC la maggioranza assoluta nell'Assemblea nazionale (33 seggi, contro 13 ad ARENA, 12 al PCN e 2 ai partiti minori di destra).

L'amministrazione Duarte tentò di rilanciare il programma di riforme avviato all'inizio degli anni Ottanta, ma questo continuò a essere ostacolato sia dalle resistenze conservatrici, sia dalle obiettive e crescenti difficoltà economiche. Gli anni Ottanta videro infatti un forte peggioramento della situazione economica e sociale: alla fine del decennio, malgrado una debole ripresa, il reddito reale pro capite era ancora nettamente inferiore a quello del 1979 e il debito estero, nonostante i cospicui aiuti da parte degli Stati Uniti, era più che raddoppiato. Anche i propositi di pacificazione, ripetutamente manifestati da Duarte, non ebbero successo e la situazione rimase bloccata anche dopo gli accordi di Esquipulas (Città del Guatemala) per una pacificazione generale in America Centrale, firmati nell'agosto 1987 dai presidenti di Guatemala, Honduras, S., Nicaragua e Costa Rica. La guerra civile proseguiva intanto con violenza: l'esercito, che grazie agli aiuti statunitensi aveva pressoché quadruplicati i propri effettivi, riuscì a contenere l'iniziativa del FMLN, ma il suo ricorso ad attacchi indiscriminati, bombardamenti aerei e deportazioni di massa dalle zone sotto il controllo della guerriglia colpiva pesantemente la popolazione civile; ulteriori vittime erano provocate dagli squadroni della morte, mentre i danni alle attività produttive e alle infrastrutture (aggravati da un violento terremoto nel 1986) contribuivano a peggiorare le condizioni di vita.

A partire dal 1986 i consensi per il governo Duarte si ridussero rapidamente, soprattutto fra le classi popolari, mentre ripetuti episodi di corruzione contribuivano a logorare l'immagine del PDC. Nelle elezioni legislative del marzo 1988 i democristiani ottennero solo 23 seggi, contro i 30 di ARENA e i 7 del PCN (in maggio un deputato di questo partito passò ad ARENA, consentendole di raggiungere la maggioranza assoluta nell'Assemblea nazionale); un anno dopo, le elezioni presidenziali vedevano la vittoria del candidato di ARENA, A.F. Cristiani Burkard, che al primo turno, in marzo, conquistava il 54% dei voti, contro il 36% del democristiano F. Chávez Mena e il 10% degli altri candidati. Tra questi ultimi era per la prima volta presente un esponente della sinistra, Ungo (rientrato nel S. alla fine del 1987, insieme al leader del MPSC Zamora), candidato di una coalizione (Convergencia Democrática, CD) tra il MNR, il MPSC e una formazione minore; le altre forze di sinistra, e in primo luogo il FMLN, ritennero tuttavia insufficienti le garanzie offerte dal governo e mantennero il boicottaggio delle elezioni: Ungo conseguì pertanto solo il 4% dei suffragi, mentre la partecipazione al voto restava, come nelle precedenti consultazioni, di poco superiore al 50% dell'elettorato.

Nonostante Cristiani appartenesse all'ala moderata di ARENA (godeva comunque dell'appoggio di d'Aubuisson, presidente onorario del partito dal settembre 1985 fino alla morte nel febbraio 1992), l'avvento dell'estrema destra al governo provocò una temporanea radicalizzazione dello scontro: nel novembre 1989 il FMLN lanciava la sua più forte offensiva dall'inizio della guerra civile, arrivando a occupare per alcuni giorni ampie zone della capitale; contemporaneamente l'esercito e gli squadroni della morte intensificavano l'attività terroristica, fino alle stragi di ottobre (10 morti) in una sede sindacale e di novembre (8 morti) nell'Universidad Centroamericana tenuta dai gesuiti a San Salvador (fra le vittime vi era lo stesso rettore, padre I. Ellacuría). A partire dal 1990, tuttavia, l'evoluzione del quadro internazionale e del contesto centroamericano accentuò le spinte verso una soluzione negoziata del conflitto: la fine della guerra civile in Nicaragua, il radicale mutamento nei rapporti fra Est e Ovest e il connesso rilancio del ruolo dell'ONU anche sul piano regionale favorirono l'apertura di un processo di pace.

Trattative fra il governo e il FMLN, sotto l'egida delle Nazioni Unite, furono avviate a Ginevra nell'aprile 1990 e, malgrado la prosecuzione dei combattimenti, portarono a un graduale avvicinamento tra le parti. Le elezioni legislative del marzo 1991 videro per la prima volta una sospensione del boicottaggio da parte del FMLN: le forze di sinistra − CD (guidata da Zamora dopo la morte di Ungo nel febbraio 1991) e una formazione minore − raggiunsero il 15% dei voti e nella nuova Assemblea nazionale di 84 membri ottennero 9 seggi; ARENA, con 39 deputati, perse la maggioranza assoluta, mentre 26 seggi andarono al PDC (in declino, dopo la morte di Duarte nel febbraio 1990), 9 al PCN e uno a un gruppo scissionista democristiano. Nei mesi successivi, grazie anche alla mediazione dell'ONU (che in maggio istituì una propria missione di osservatori nel S., l'ONUSAL) e in particolare del suo segretario generale, J. Pérez de Cuellar, governo e FMLN concordarono una serie di riforme in campo militare, istituzionale ed economico-sociale e di garanzie per l'integrazione degli ex guerriglieri nel sistema politico.

Alla fine dell'anno i negoziati culminavano in un accordo di pace, solennemente firmato il 16 gennaio 1992 a Città di Messico davanti al nuovo segretario generale dell'ONU, B. Boutros-Ghali: dopo l'entrata in vigore del cessate il fuoco, il 1° febbraio, e una graduale smobilitazione della guerriglia (accompagnata dall'avvio di un processo di riduzione e ristrutturazione delle forze armate), il conflitto si concluse formalmente, con una cerimonia ufficiale a San Salvador, il 15 dicembre 1992; in circa dodici anni esso aveva provocato più di 75.000 morti, oltre un milione di profughi (un quinto della popolazione totale), metà dei quali riparati all'estero, e danni economici pari a oltre due miliardi di dollari statunitensi. La fine della guerra civile si accompagnò a un generale miglioramento dei rapporti con i paesi vicini mentre una lenta ripresa si verificava intanto sul piano economico, anche se le pesanti conseguenze del conflitto e la persistenza dei tradizionali squilibri continuavano ad alimentare una gravissima situazione sociale; la politica neoliberista promossa da Cristiani (privatizzazioni, tagli alla spesa pubblica, liberalizzazioni dei prezzi e delle importazioni, incentivi all'afflusso di capitali esteri) incontrava il favore delle classi abbienti e dei creditori internazionali, incoraggiando una ripresa degli investimenti privati, ma non migliorava le condizioni di vita della popolazione.

Oltre che sul terreno sociale, l'attuazione degli accordi incontrava forti resistenze anche in campo militare. Avviata nel 1992, la ristrutturazione delle forze armate portò entro l'anno seguente al dimezzamento dei loro effettivi, ma assai lenta e difficile risultava la realizzazione delle altre misure concordate, come la formazione di un corpo di polizia civile, comprendente anche ex guerriglieri, e l'epurazione dei militari implicati nelle più gravi violazioni dei diritti umani. Dopo la strage dei gesuiti del novembre 1989, a opera di unità speciali antiguerriglia, le responsabilità dell'esercito divennero evidenti anche in sede internazionale: malgrado nel processo per la strage, svoltosi nel 1991 e conclusosi con la condanna di due ufficiali a trent'anni di prigione, l'ostruzionismo delle forze armate avesse impedito il coinvolgimento dei più alti gradi militari, i successivi accordi di pace stabilirono la costituzione, sotto l'egida dell'ONU, di due commissioni indipendenti, una con il compito d'indagare sulle violazioni dei diritti umani verificatesi nel corso del conflitto (Comisión de la verdad), l'altra d'indicare i militari che avrebbero dovuto essere epurati (Comisión ad hoc). Nel marzo 1993 il rapporto della Comisión de la verdad fu reso pubblico da Boutros-Ghali: esso attribuiva all'esercito e ai gruppi terroristici a questo legati la stragrande maggioranza delle violazioni compiute durante la guerra civile, individuava nelle tecniche controinsurrezionali seguite dai militari la causa principale dell'altissimo numero di vittime e indicava alcuni alti ufficiali (come il ministro della Difesa, generale R.E. Ponce) tra i responsabili delle più gravi atrocità. Il governo tuttavia, in violazione degli accordi di pace, aveva rinviato l'epurazione e solo le pressioni internazionali impedirono che questa fosse bloccata del tutto. Quanto alla perseguibilità dei crimini commessi durante la guerra civile, essa fu definitivamente cancellata dalla legge di amnistia approvata nello stesso marzo 1993 dalla maggioranza conservatrice dell'Assemblea nazionale: pochi giorni dopo, anche i due ufficiali già condannati per la strage del novembre 1989 venivano rimessi in libertà. La fine del conflitto non pose comunque termine alle attività degli squadroni della morte, che non sono tuttora cessate completamente.

Sul piano politico, il FMLN, che ha perseguito una linea piuttosto moderata, si è rapidamente affermato come la principale forza di opposizione; al suo interno, tuttavia, si sono manifestati contrasti fra le componenti più legate alla tradizionale ispirazione marxista e le nuove tendenze di tipo socialdemocratico sviluppatesi negli anni Novanta. Nelle prime elezioni del dopoguerra, svoltesi nella primavera 1994, le difficili condizioni del paese, le inadempienze del governo e i ritardi nell'applicazione degli accordi di pace hanno contribuito a mantenere intorno al 50% la partecipazione al voto. ARENA ha confermato la propria egemonia, e il suo candidato alla presidenza della repubblica, A. Calderón Sol, ha sconfitto al secondo turno, in aprile, il candidato delle sinistre Zamora; nell'Assemblea nazionale, eletta in marzo, ARENA ha mantenuto 39 deputati, mentre il PDC è sceso a 18, il PCN a 4 e la crescita delle sinistre si è risolta tutta a vantaggio del FMLN, che ha riportato 21 seggi a fronte di uno solo a CD. Il nuovo presidente, che proviene dall'ala oltranzista del partito, ha riconfermato la politica di Cristiani.

Bibl.: R. Armstrong, J. Shenk, El Salvador: the face of revolution, Boston 1982; J. Dunkerley, The long war: dictatorship and revolution in El Salvador, Londra 1982; R. Bonner, Weakness and deceit: US policy and El Salvador, ivi 1984; M. Mc Clintock, The American connection, i, State terror and popular resistance in El Salvador, ivi 1985; S. Miles, B. Ostertag, FMLN: New thinking, Austin (Texas) 1989; Id., D'Aubuisson's new ARENA, ivi 1989; The comandante speaks: memoires of an El Salvadoran guerrilla leader, a cura di C.E. Prisk, Boulder (Colorado) 1991; P. Constable, At war's end in El Salvador, in Current history, marzo 1993; Americas Watch, El Salvador's decade of terror: human rights since the assassination of archbishop Romero, New Haven (Connecticut) 1994. Per ulteriori indicazioni, v. america, Bibl.: America Centrale e Regione caribica, in questa Appendice.

Letteratura. - Il panorama letterario del S. è particolarmente povero. Solamente H. Lindo (1917-1985), figura di rilievo del mondo culturale e politico di questo paese, è riuscito a superare le forme del regionalismo non solo attraverso l'introspezione psicologica dei personaggi delle sue opere, ma grazie anche a una peculiare manipolazione linguistica già evidente nella raccolta di racconti del 1957 Guaro y champaña; Lindo ha inoltre ottenuto una certa notorietà fuori del paese con i romanzi Justicia Señor Gobernador! (1960), Cada día tiene su afán (1965) e con Yo soy la memoria (1983). Tuttavia non va dimenticata la produzione di alcuni autori che, oscillando tra il saggio politico e il racconto autobiografico, hanno contribuito a rafforzare un genere che ha profonde radici in America latina: la letteratura testimoniale. Fra le opere di maggior spicco ricordiamo: Cenizas de Izalco, scritta dalla poetessa C. Alegría (n. 1924) in collaborazione con il marito D.J. Flakoll e pubblicata in Spagna nel 1966; Pobrecito poeta que era yo... (1976), romanzo autobiografico del poeta e saggista R. Dalton (1933-1975). In genere, gli scrittori salvadoregni hanno privilegiato il racconto per descrivere il duro clima politico della repressione; tra gli esponenti di maggior rilievo merita di essere citato A. Menén Desleal (pseudonimo di A. Menéndez Leal, n. 1931), che ha costruito, con profondo senso dello humour e lucido disinganno, un linguaggio letterario di notevole originalità. Della sua ricca produzione narrativa ricordiamo: Cuentos breves y maravillosos (1963), Una cuerda de nylón y de oro (1969), Revolución en el país que edificó un castillo de hadas y otros cuentos maravillosos (1971), Hacer el amor en el refugio atómico (1972) e La ilustre familia Androide, sempre del 1972. Autore di racconti è anche D. Escobar Galindo (n. 1943) che ha ottenuto un certo successo con La tregua de los dioses (1981), con alcune sillogi di liriche (Estraño mundo del almanecer, 1970; Sonetos penitenciales, 1979; Después de medianoche, 1987; Oración en la guerra y otros poemas, 1989; El guerrero descalzo, 1990) e un utile Indice antológico de la poesía salvadoreña (1972; nuova ed., 1987). La politica, tema dominante della letteratura salvadoregna, offre inoltre il pretesto per una riflessione sugli altri paesi centroamericani, come accade in Caperucita en la zona roja (1977) di M. Argueta (n. 1935), romanzo in cui si analizzano le conseguenze della guerriglia e della repressione a essa collegata non come problema esclusivo del paese ma come tragedia che si consuma in tutta l'America latina. Analogo impegno sociopolitico, originalità stilistica e notevole afflato lirico caratterizzano anche i due romanzi successivi di Argueta, Un día en la vida (1980, Premio nacional El Salvador; trad. it., 1992) e Cuzcatlàn (1987).

Come spesso succede nei paesi sottoposti a regimi autoritari, la poesia diventa l'espressione più alta della letteratura. Tutti i precedenti autori hanno legato il proprio nome all'elaborazione poetica. La Alegría ha ottenuto nel 1978 il premio Casa de las Américas per la sua raccolta di poesie Sobrevivo, mentre Argueta, fondatore assieme a Dalton del Círculo Literario Universitario, ha vinto nel 1968 il premio Rubén Darío − assegnato nel 1965 a R. Armijo per Elegías -con la raccolta El costado de la luz. Dalton, che si distingue anche come saggista e come antropologo, tre volte premio centroamericano di poesia, deve la fama a numerose raccolte, tra cui: La ventana en el rostro (1961), El turno del ofendido (1962), Los testimonios (1964), Taberna y otros lugares (1969), Los pequeños infiernos (1970); Las historias prohibidas del Pulgarcito (1974), Poemas clandestinos (1976).

La repressione politica ha costretto il teatro alla clandestinità, sicché la produzione drammatica di un qualche rilievo è assai modesta e il più delle volte si deve agli autori già segnalati come poeti e narratori; tra questi Armijo, autore di Jugando a la gallina ciega (1970), e Menén Desleal, autore di Luz negra (1967).

Bibl.: L. Gallego Valdés, Poesía femenina de El Salvador: breve antología, San Salvador 1976; L. Melgar Brizuela, Literatura salvadoreña, ivi 1978; L. Gallego Valdés, Panorama de la literatura salvadoreña, ivi 19813; AA.VV., Homenaje a El Salvador, Madrid 1981; Poesía de El Salvador, a cura di M. Argueta, San José de Costarica 1983; Indice antológico de la poesía salvadoreña, a cura di D. Escobar Galindo, San Salvador 19872; Quizás tu nombre salve: antología bilingue de la poesía salvadoreña, a cura di M. Poumier, ivi 1992.

Cinema. - La cinematografia del S. non ha mai raggiunto un pieno sviluppo. Dal 1924, quando fu realizzato il primo lungometraggio a soggetto, Aguilas civilizadas, di A. Massi, la produzione di film ha incontrato sempre notevoli problemi. Sino alla fine degli anni Cinquanta non si produssero opere significative. Soltanto nel decennio successivo nel cinema salvadoregno, grazie anche al premio speciale della giuria ottenuto a Berlino da El Rostro ("Il volto", 1960) di A. Cotto, sono rintracciabili i tratti di una tardiva fioritura. La maggior parte dei cineasti degli anni Sessanta, Cotto compreso, non saprà tuttavia superare le difficoltà finanziarie incontrate nel realizzare film non facili e soprattutto non commerciali, e finirà col dedicarsi al cinema pubblicitario. Benché negli anni Settanta si siano prodotte opere di un certo rilievo (per es. El gran comienzo, 1976, e El negro, el indio, 1977, di B. Palio; Los peces fuera del agua, 1970, di J.D. Calderon), bisognerà attendere l'istituzione dell'Istituto cinematografico del S. (1980) perché al cinema giungano gli aiuti necessari. L'Istituto ha privilegiato il finanziamento di pellicole che fossero anche una testimonianza delle lotte popolari contro la repressione, come El Salvador, el pueblo vencera, girato collettivamente, che nel 1981 ha vinto il premio della critica internazionale al festival di Lilla.

Bibl.: Les cinémas de l'Amérique Latine, a cura di G. Hunnebelle e A. Gumucio-Dragon, Parigi 1981.

TAG

Bilancia dei pagamenti

Assemblea costituente

Area metropolitana

Città di messico

America latina