JAEDERIN, Edvard

Enciclopedia Italiana (1933)

JAEDERIN, Edvard

Luigi Carnera

Geodeta, nato a Stoccolma il 5 marzo 1852 e morto ivi il 24 novembre 1923. Studiò a Stoccolma e Upsala, laureandosi in questa città nel 1875. Già nel 1870 iniziò la sua attività presso l'osservatorio astronomico di Stoccolma, diventando nel 1875 assistente, e nel 1876 astronomo aggiunto. Nel 1878 fu nominato professore di topografia e geodesia alla scuola tecnica superiore di Stoccolma e nel 1907 ebbe la laurea di dottore "honoris causa" dall'università di Upsala.

Oltre a numerose ricerche teoriche particolarmente sui metodi numerici e grafici di calcolo, si devono a lui molti lavori di geodesia pratica. Nelle operazioni di rilievo geodetico della Svezia, ebbe occasione di studiare e attuare il metodo di misura delle basi geodetiche fondato sull'uso di fili e nastri di acciaio di notevole lunghezza, in luogo delle spranghe metalliche, che erano state usate fino allora.

Apparato di Jaederin. - Si designa con questo nome il complesso degli strumenti destinati alle misure di basi geodetiche, in cui l'unità di misura è costituita da un filo o da un nastro metallico, di notevole lunghezza, che, generalmente superiore ai 10 m., è spesso di 24 e talvolta anche molto più lungo, e viene tenuto sospeso sotto tensione costante ben determinata. Fu il J., che, per rendere più celere il lavoro di misura, ebbe l'idea di sostituire fili o nastri di acciaio alle aste rigide degli apparati di Bessel e Ibáñez; ma forse l'idea sua non avrebbe trovato una così larga adesione, se la scoperta quasi contemporanea della particolare lega di acciaio e nichelio, detta invar per il piccolissimo coefficiente di dilatazione, non avesse dato il modo di superare la difficoltà massima presentata dall'apparecchio primordiale, cioè quella di conoscere in ciascun istante la lunghezza vera del filo in conseguenza delle variazioni di temperatura. È merito di J.-R. Benoit e di Ch.-Ed. Guillaume, direttore uno e vicedirettore l'altro dell'Ufficio internazionale dei pesi e misure di Parigi, di aver sostituito l'invar al comune acciaio, e di aver creato tutto il complesso degli strumenti accessorî necessarî per tale genere di lavori, dopo aver studiato i particolari, per rendere il complesso non solo pratico per l'uso, ma anche tale da dare risultati del più alto grado di attendibilità.

Negli apparecchi più abitualmente in uso, costruiti a Parigi dalla ditta Carpentier secondo norme dettate in gran parte dal Benoit e dal Guillaume stessi, si ha come parte essenziale un complesso di 3, ovvero 4, fili di acciaio invar di circa 1,6 mm. di diametro e di circa 24 m. di lunghezza. Alle due estremità del filo sono fissati due prismetti triangolari dello stesso metallo, che portano su di una faccia per circa 8 cm. le divisioni in mm., numerate in modo che i numeri crescano nello stesso senso, e che fra gli zeri intercorra una distanza di 24 m. esatti. L'attacco del filo a questi prismi terminali è fatto in guisa che lo spigolo sul quale terminano i tratti della graduazione si trovi esattamente sul prolungamento dell'asse del filo stesso. Su questo stesso prolungamento è infisso un anello. Durante le misure questi fili devono essere pressoché orizzontali e sottoposti a una trazione di 5 kg. per ciascun lato; si fa uso perciò di appositi treppiedi, costituiti da un'asta di legno di circa 2 m. di lunghezza, che porta nella parte superiore due braccia orizzontali; su queste braccia sono fissati, in guisa da aver liberi i movimenti in tutti i sensi, gli altri due piedi di poco più di 1 m. di lunghezza. Sull'incrocio delle braccia orizzontali si trova incassata nell'asta una carrucola, il cui asse poggia su di un cuscinetto a sfere; essa porta una funicella munita alle sue estremità di due ganci; quello posto all'estremità, che pende verticalmente, serve a reggere uno dei pesi di 5 kg., l'altro va ad agganciarsi a uno degli anelli che si trovano alle estremità del filo. Posti pertanto due treppiedi a circa 25 m. di distanza, in guisa che le aste più lunghe siano affacciate, e le carrucole alla stessa altezza, basta agganciare il filo alle sue due estremità, perché, sotto la tensione dei due pesi, si disponga secondo una linea retta orizzontale; e ove si prescinda dalla deformazione dovuta alla gravità, la quale porta come conseguenza un termine correttivo che, se non si cambia il peso di trazione, si conserva costante, si ottiene una unità di lunghezza di facile trasporto, che per la notevole lunghezza rende molto spedito il lavoro di misura delle basi. È ovvio ancora come, volendo, si possa sostituire al semplice filo un nastro metallico, generalmente ancora di invar, e come, potendo essere questo suddiviso in tutta la sua lunghezza, si renda così possibile la misura di tratti, che non sieno multipli esatti della lunghezza complessiva del nastro. Per gli accessorî di questo apparato, e per il modo di usarlo, v. geodetica, base.

All'adozione di questi apparecchi per le misure di altissima precisione si è opposto sempre il dubbio, per lungo tempo fondato, che i fili non dessero sufficiente garanzia di lunghezza invariabile, essendosi potute constatare ripetutamente variazioni tanto brusche quanto lente, sia per effetto della trazione a cui essi vengono sottoposti durante il lavoro, sia per processi molecolari. Ma se fenomeni di questo genere poterono essere constatati, l'entità loro è andata via via diminuendo col miglioramento della tecnica della loro preparazione; e oggi, purché si usino le necessarie precauzioni e si ripetano di volta in volta le campionature, si possono ottenere anche coi fili risultati che non differiscono per precisione da quelli ricavati coi migliori apparecchi, talché il loro uso è diventato generale.

Bibl.: J.-R. Benoit e Ch.-Ed. Guillaume, Les nouveraux appareils pour la mesure rapide des bases géodésiques, Parigi 1906; E. Jaederin, Méthode pour la mesuration des bases géodésiques au moyen de fils metalliques, in Mém. de l'Académie des sciences de l'Institut de France, XXXII, vii, Parigi 1897.