Amaldi, Edoardo

Il Contributo italiano alla storia del Pensiero: Scienze (2013)

Edoardo Amaldi

Giovanni Battimelli

Edoardo Amaldi è stata una delle figure principali della scienza italiana del Novecento. Ha dato importanti contributi in fisica nucleare, indirizzandosi poi nel secondo dopoguerra alla ricerca in raggi cosmici e fisica delle particelle elementari, e diventando al termine della sua carriera scientifica uno dei pionieri della ricerca sulle onde gravitazionali. Ancora più importante è stato il ruolo da lui svolto come politico della ricerca. Grazie alla sua determinazione, la fisica italiana è riemersa dal collasso seguito alla guerra, dotandosi di solide e moderne istituzioni. Amaldi è stato uno dei protagonisti della realizzazione di grandi progetti scientifici transnazionali, primo tra tutti il CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra.

La vita

Edoardo Amaldi nacque a Carpaneto Piacentino il 5 settembre del 1908, terzo figlio, e primo maschio, di Ugo Amaldi (1897-1955) e Luisa Basini. La carriera accademica del padre, professore di geometria analitica all’Università di Modena, lo portò nel 1919 a Padova, dove Edoardo frequentò il liceo, e nel 1924 a Roma. Qui il giovane Amaldi si iscrisse, nel 1925, al corso di laurea in ingegneria, per poi passare due anni più tardi a fisica. Si laureò nel luglio del 1929 con una tesi sull’effetto Raman, sotto la supervisione di Franco Rasetti (1901-2001). Nel 1931 passò un periodo di dieci mesi a Lipsia nel laboratorio di Peter Debye (1884-1966), per poi tornare all’istituto di via Panisperna come assistente di Orso Mario Corbino. Nel 1933 sposò Ginestra Giovene (1911-1994), da cui ebbe quattro figli: Ugo, Paola, Francesco e Daniela. Nel 1937 vinse il concorso per la cattedra di fisica sperimentale a Cagliari, ma dopo l’improvvisa morte di Corbino fu chiamato a Roma a sostituirlo; all’Istituto di fisica di Roma rimase per tutto il seguito della sua vita accademica.

Nel 1951 fu tra i fondatori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), di cui fu il secondo presidente tra il 1960 e il 1965. Nel giugno 1952 fu nominato membro del Comitato nazionale per le ricerche nucleari (CNRN). Tra il 1950 e il 1954 fu tra i protagonisti della creazione del CERN, di cui fu segretario generale nella fase costitutiva e vicedirettore nel 1954-55. All’inizio degli anni Sessanta fu tra i primi a lanciare l’idea di un’iniziativa europea nel campo della fisica spaziale, idea che si sarebbe materializzata nella costituzione dell’European space research organization (ESRO) nel 1964. Morì il 5 dicembre 1989, per un attacco di cuore che lo colse improvviso a Palazzo Corsini, sede dell’Accademia dei Lincei, di cui era stato eletto presidente nel 1988.

Fisica nucleare con Enrico Fermi

Alla fine degli anni Venti si era formato all’Istituto di via Panisperna, intorno a Enrico Fermi e a Rasetti, un gruppo di giovani fisici, comprendente, oltre ad Amaldi, Emilio Segrè, Ettore Majorana e Bruno Pontecorvo. Gli indirizzi di ricerca si spostarono dall’iniziale interesse per i problemi di spettroscopia atomica e molecolare al nascente settore della fisica dei nuclei. Dopo la scoperta della radioattività artificiale da parte dei coniugi Joliot-Curie, nel marzo 1934 Fermi, prima da solo e poi in collaborazione con l’intero gruppo, cominciò una ricerca sistematica bombardando campioni di tutti gli elementi noti, usando neutroni invece che particelle alfa. I risultati riuscirono fondamentali alla comprensione delle proprietà dei nuclei, e culminarono nell’ottobre del 1934 nella scoperta dell’efficacia dei neutroni lenti nell’attivazione di trasformazioni nucleari. Per queste ricerche Fermi ottenne il premio Nobel per la fisica nel 1938.

A partire dalla fine degli anni Venti, Amaldi restò di fatto il solo a mantenere una collaborazione continua con Fermi (Rasetti e Pontecorvo erano spesso fuori Roma, e Segrè aveva vinto la cattedra a Palermo). Amaldi non solo acquisì una competenza in fisica nucleare, in particolare sulle proprietà dei neutroni, di cui diventò una delle massime autorità, ma fu anche testimone dei tentativi fatti da Fermi per mantenere la fisica fondamentale italiana a un livello competitivo sul piano internazionale. L’osservazione dell’impegno di Fermi fece maturare in Amaldi la convinzione che la fisica italiana dovesse attrezzarsi con istituzioni di respiro nazionale, superando i localismi dei singoli istituti universitari, e la consapevolezza dell’insufficienza del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), tanto per la cronica insufficienza di mezzi finanziari quanto, e forse più, per la paralisi derivante dalla logica di spartizione dei pochi fondi disponibili imposta dai conflitti di interesse fra le varie realtà locali rappresentate nei comitati dell’ente.

La guerra e l’inizio della ricostruzione

Nel settembre 1939 lo scoppio della Seconda guerra mondiale sorprese Amaldi durante un viaggio negli Stati Uniti che ebbe conseguenze importanti sul suo destino, e sulle vicende della fisica italiana. Dopo aver tentato senza successo di trovare una collocazione all’interno del sistema di ricerca americano, Amaldi rientrò in Italia sapendo che avrebbe dovuto farsi carico del compito di mantenere viva una tradizione scientifica che, dopo una breve stagione felice, appariva seriamente compromessa. Al suo ritorno a Roma, Amaldi rimaneva l’unico, dell’originario gruppo di via Panisperna, ancora in Italia: Fermi era alla Columbia University, Rasetti a Québec in Canada, Segrè a Berkeley e Pontecorvo in Inghilterra.

Durante gli anni della guerra la strategia di Amaldi si articolò in due direzioni: concentrare per quanto possibile all’Istituto di fisica di Roma le competenze rimaste e ridefinire le linee di ricerca in funzione delle emergenze imposte dalla guerra. All’Istituto superiore di sanità era entrata in funzione la macchina acceleratrice progettata due anni prima (un Cockroft-Walton da 1,1 MeV), unico risultato dei tentativi condotti da Fermi per dotare la fisica italiana di macchine acceleratrici competitive sul piano internazionale. Intorno a questa macchina si sviluppò, sotto la guida di Amaldi, un’intensa attività di ricerca sulle proprietà della fissione nucleare, da poco scoperta; per evitare di essere coinvolti in un possibile progetto di utilizzazione della fissione a scopo bellico, tuttavia, verso la metà del 1941 Amaldi e i suoi collaboratori decisero di interrompere queste ricerche: l’attività in fisica nucleare proseguì nello studio dei processi d’urto di neutroni contro protoni e deutoni. Intanto, nell’Istituto romano, cominciava a svilupparsi sotto la direzione di Gilberto Bernardini (1906-1995) una consistente attività di ricerca nel settore dei raggi cosmici, per cui non erano necessari i mezzi ingenti richiesti per le ricerche in fisica nucleare.

Terminata la guerra, Amaldi cercò sostegno e risorse per la ripresa dell’attività scientifica. Nel 1946 inviò al chimico Luigi Morandi, fratello del ministro dell’Industria e Commercio Rodolfo Morandi, e all’amministratore delegato della FIAT Vittorio Valletta un rapporto sulla situazione della fisica nucleare, illuminandone i diversi aspetti: la ricerca fondamentale nella fisica delle particelle elementari e della fisica nucleare propriamente detta, lo studio del nucleo in vista di possibili finalità applicative, la prospettiva dell’utilizzo dell’energia nucleare a scopi civili. Dei vari centri della fisica italiana, quello di Roma usciva dalla guerra nelle migliori condizioni. Già nell’ottobre del 1945 Amaldi riuscì a ottenere dal CNR la costituzione di un Centro di studio della fisica nucleare e delle particelle elementari, con sede presso l’Istituto di fisica dell’università. Per quanto il Centro fosse dedicato alla fisica fondamentale, Amaldi stabilì comunque una collaborazione con il Centro informazioni studi ed esperienze (CISE), costituito a Milano da un gruppo di fisici e ingegneri interessati allo sviluppo degli usi civili dell’energia nucleare.

L’INFN e il CERN

Nell’estate del 1946 Amaldi tornò negli Stati Uniti, dove Fermi gli prospettò la possibilità di un posto all’Università di Chicago – proposta che Amaldi rifiutò, avendo ormai deciso che il suo ruolo era quello di dirigere la ricostruzione della fisica in Italia. Non fu certo estranea a questa scelta la scoperta di un aspetto poco piacevole che aveva assunto negli Stati Uniti la fisica dopo la guerra: non era più possibile parlare del tutto liberamente con Fermi di problemi di fisica nucleare, a causa delle misure restrittive imposte per ragioni di sicurezza alle ricerche di potenziale interesse militare. Amaldi era convinto che l’imposizione di regole di segretezza fosse inaccettabile sul piano etico e dannoso per il progresso scientifico. La convinzione che ogni genuina attività di ricerca dovesse svolgersi libera dal controllo militare ispirò le sue mosse successive in materia di politica scientifica. Il viaggio negli Stati Uniti rese Amaldi consapevole dell’abisso che si era scavato tra la disastrata situazione della ricerca in Italia e il salto di scala che la fisica stava conoscendo invece oltre oceano. Ciò spinse lui e Bernardini a limitare la ricerca al settore dei raggi cosmici, dove non erano necessari mezzi finanziari ingenti ed esistevano nel Paese le competenze necessarie.

La prima importante realizzazione del Centro di Roma fu il laboratorio della Testa Grigia per lo studio dei raggi cosmici, inaugurato nel gennaio 1948 presso la stazione superiore della funivia del Plateau Rosa a Cervinia. Amaldi fu in questa fase la persona chiave per il reperimento dei fondi necessari. Il progetto del laboratorio andò in porto grazie a fondi ottenuti dal ministro dell’Industria e Commercio Morandi, integrati da donazioni di industriali del Nord. Mentre alla Testa Grigia cominciavano le ricerche, Amaldi continuò a svolgere un’incessante opera di pressione in tutte le direzioni, alla ricerca di supporti finanziari; dietro sua sollecitazione, Fermi intervenne su Alcide De Gasperi, richiamandone l’attenzione sulla necessità di un sostanziale incremento della dotazione del CNR. In pochi anni centri analoghi a quello di Roma furono fondati in altre sedi universitarie in cui era viva l’attività di ricerca sui raggi cosmici.

Agli inizi del 1947 fu istituito a Padova un Centro per lo studio degli ioni veloci, mentre nel 1951 nacque a Torino un analogo Centro sperimentale e teorico di fisica nucleare. La costituzione del quarto centro del CNR, a Milano nel 1952, seguì a breve distanza la fondazione dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, di cui i centri di Roma, Padova, Torino e Milano diventarono le prime quattro sezioni. L’INFN fu costituito nell’agosto del 1951; primo presidente fu Bernardini, Amaldi faceva parte del Consiglio direttivo in quanto direttore della sezione di Roma. Nello stesso periodo in cui dava il suo contributo alla nascita dell’INFN, egli era coinvolto in un progetto simile ma su più larga scala, in un’ottica transnazionale allargata all’Europa.

Il problema di un’efficace collaborazione internazionale si era imposto già da qualche anno all’attenzione dei fisici europei, consapevoli del fatto che nessuno Stato europeo sarebbe riuscito a disporre da solo dei mezzi necessari per realizzare laboratori dotati di acceleratori in grado di reggere la competizione con quelli che si stavano costruendo negli Stati Uniti. Una serie di contatti, mediati dall’UNESCO, condussero al progetto congiunto per la realizzazione di un laboratorio europeo per la ricerca in fisica delle alte energie. Si arrivò così, nel settembre del 1954, dopo un’organizzazione transitoria, alla costituzione del CERN.

Della prima fase della sua storia Amaldi fu uno dei protagonisti. Per il ruolo chiave da lui svolto, fu nominato segretario generale dell’organizzazione (il cosiddetto CERN provvisorio) durante la fase cruciale, tra il 1952 e il 1954, che portò dal progetto iniziale alla definitiva ratifica da parte dei governi interessati. Amaldi rifiutò poi, per potersi nuovamente dedicare soprattutto alla ricerca, il posto di direttore generale, ma continuò a ricoprire importanti posizioni all’interno del CERN, che sentì sempre come una sua creatura.

Nel 1958 entrò a far parte dello Scientific policy committee (SPC); nel 1963 creò, e presiedette fino al 1969, lo European committee for future accelerators (ECFA), organismo incaricato di studiare e proporre le nuove macchine acceleratrici da realizzare al CERN e altrove in Europa. Nel 1968-69 fu presidente del gruppo che progettò il nuovo protosincrotrone da 300 GeV, ed era presidente del Council del CERN quando il progetto fu finalmente approvato nel 1971.

All’inizio del 1953 un INFN ormai consolidato decise di procedere alla costruzione di un centro di ricerca focalizzato intorno al progetto di una nuova macchina acceleratrice. Amaldi svolse un ruolo fondamentale nel processo decisionale circa la localizzazione del laboratorio. La scelta di Frascati fu decisa nell’aprile 1954, al termine di un periodo di confronto tra le aspirazioni di Milano e quelle di Roma, sostenute rispettivamente dal presidente del CNR Gustavo Colonnetti (1886-1968) e dal presidente del CNRN Francesco Giordani (1896-1961). D’intesa con quest’ultimo, Amaldi sollecitò l’intervento di tutte le autorità pubbliche interessate per mettere sul piatto della bilancia un’offerta finanziaria che risultasse vincente. Il rafforzamento dell’intesa con Giordani, e con il segretario del CNRN Felice Ippolito (1915-1997), segnò un passo ulteriore in quel processo di sganciamento dell’INFN dal CNR che Amaldi vedeva come fondamentale.

Tra raggi cosmici e acceleratori

Nel 1952 Amaldi fondò a Roma la Scuola di perfezionamento in fisica, per supplire alla mancanza, nell’università italiana, di corsi successivi alla laurea analoghi al dottorato nel sistema americano e necessari per garantire la buona qualità scientifica dei fisici italiani. L’esperienza romana fu ripresa dall’INFN, e si costituirono analoghe Scuole di perfezionamento presso le varie sezioni. Le Scuole svolsero un ruolo decisivo nella preparazione di nuove generazioni di ricercatori, aprendosi sempre più spesso a indirizzi non strettamente connessi alle attività specifiche dell’INFN (in particolare la fisica dello stato solido e delle basse temperature).

Nei limiti imposti dagli impegni istituzionali, Amaldi continuò a dedicarsi alla ricerca, dirigendo a Roma un gruppo impegnato nello studio dei raggi cosmici con la tecnica delle emulsioni nucleari. Il gruppo partecipò a un’importante collaborazione internazionale, in cui pacchi di emulsioni vennero lanciati in alta quota per essere esposti alla radiazione cosmica. In una delle lastre esaminate dai fisici di Roma si trovò, all’inizio del 1955, una traccia che poteva essere interpretata come prova dell’annichilazione di un antiprotone, una particella della cui esistenza si stava cercando all’epoca evidenza sperimentale. Amaldi propose a Segrè, che si trovava a Berkeley, una collaborazione con lo scopo di individuare analoghe tracce in emulsioni esposte, anziché all’imprevedibile radiazione cosmica, al fascio di protoni del Bevatron, l’acceleratore appena entrato in funzione nel laboratorio californiano, unica macchina al mondo capace di portare i protoni all’energia necessaria per la produzione di coppie protone-antiprotone.

La collaborazione Roma-Berkeley fornì importanti risultati sugli antiprotoni e le caratteristiche della loro annichilazione; ma la prima evidenza rintracciata nelle emulsioni arrivò solo dopo che l’esistenza dell’antiprotone era stata stabilita dal gruppo di Segrè in un esperimento indipendente, basato su una diversa tecnica di rivelazione. Per questo risultato, Segrè e Owen Chamberlain (1920-2006) ottennero nel 1959 il premio Nobel, un riconoscimento che il gruppo di Amaldi mancò per poco. L’episodio confermò, agli occhi di Amaldi, l’assoluta necessità del progetto avviato con l’INFN e il CERN di dotare la fisica italiana ed europea di laboratori e strumenti adeguati. Nel giro di pochi anni, il ritardo fu colmato: nel 1957 entrò in funzione la prima macchina del CERN, un sincrotrone da 600 MeV, seguita nel 1959 dal grande protosincrotrone da 30 GeV, e nello stesso arco di tempo il lavoro del gruppo dell’INFN impegnato nella realizzazione del Laboratorio nazionale di Frascati, diretto da Giorgio Salvini (n. 1920), portò a compimento l’elettrosincrotrone da 1,1 GeV.

La ricerca spaziale e le onde gravitazionali

Amaldi successe a Bernardini nella carica di presidente dell’INFN nel 1960, e restò in carica fino alla fine del 1965. Le scelte programmatiche dell’INFN furono da lui sempre collegate a un disegno complessivo che evitasse di fare dei centri di ricerca dell’Istituto una sorta di CERN su scala ridotta, ma li rendesse complementari a quanto si stava realizzando su più larga scala a Ginevra. Questa complementarità si manifestò appieno nel percorso che portò alla realizzazione del laboratorio dell’elettrosincrotrone di Frascati, in parallelo con la costruzione del grande protosincrotrone del CERN. Negli anni seguenti si imposero scelte anche drastiche, dovute all’impossibilità di sostenere insieme la partecipazione ai programmi del CERN e progetti ambiziosi di sviluppo per l’INFN, come quando, alla metà degli anni Sessanta, i fisici italiani dovettero scegliere tra il sostegno al progetto di una nuova grande macchina a Ginevra e l’idea di un protosincrotrone nazionale. Per il suo duplice ruolo all’interno delle due istituzioni, Amaldi fu in grado di orientare queste scelte secondo le linee sopra indicate.

Sotto la sua presidenza, l’INFN scelse la strada dello sviluppo dei laboratori di Frascati nella direzione inaugurata nel 1960 con la realizzazione di AdA, il primo anello di accumulazione per elettroni e positroni, e mise in cantiere la nuova macchina, Adone. Con l’esplosione nel 1963 del caso Ippolito (in cui Amaldi non esitò a schierarsi con decisione in sostegno dell’operato del segretario del CNEN, accusato di presunte irregolarità amministrative), conflitti e tensioni non risparmiarono l’INFN, che pure non era direttamente toccato dalla vicenda, mostrando come fosse irrisolta e cruciale la questione dell’autonomia gestionale e della personalità giuridica dell’ente. Un altro problema che Amaldi si trovò ripetutamente a fronteggiare fu la necessità di difendere l’INFN, e in particolare la fisica delle alte energie, dagli attacchi di quanti avrebbero voluto ridimensionarne le risorse per riequilibrare, in una situazione di stagnazione del finanziamento alla ricerca, il rapporto tra la fisica nucleare fondamentale e gli altri settori della scienza in genere e della stessa fisica.

Alla fine degli anni Cinquanta, nel clima della competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, Amaldi fu tra i primi a lanciare l’idea di una collaborazione europea nel campo della fisica spaziale, riproponendo il modello che si era mostrato vincente nella creazione del CERN. Lo sbocco di queste iniziative fu la creazione nel 1964 della European space research organization (ESRO), poi divenuta European space agency (ESA). Amaldi si adoperò affinché la nuova istituzione fosse svincolata da ogni interesse, e da ogni conseguente tutela, di carattere militare. E, come nel caso dei centri legati alla fisica delle particelle elementari, per Amaldi impegno istituzionale e attività di ricerca andavano di pari passo.

Alla scuola estiva di Varenna del 1962 aveva cominciato a interessarsi al problema della rivelazione sperimentale delle onde gravitazionali. Nel 1970 all’Istituto di fisica di Roma si costituì sotto la sua direzione un gruppo orientato alla progettazione e costruzione di rivelatori criogenici per onde gravitazionali, che negli anni seguenti trasformò le prime piccole antenne in grandi strumenti di elevata sensibilità, come l’antenna criogenica Explorer installata al CERN.

L’attenzione alla storia della scienza e l’impegno per il disarmo

Amaldi è stato anche un attento conservatore della memoria della comunità scientifica e ha dedicato parte rilevante della sua attività negli ultimi anni alla ricostruzione di momenti significativi della storia della fisica. Dalle prime ricostruzioni delle biografie scientifiche di amici e colleghi come Majorana ed Enrico Persico (1900-1969), questa passione per la dimensione storica della scienza lo portò ad affrontare temi più generali e lavori più ambiziosi, tra cui un progetto di storia della scuola fisica romana rimasto incompiuto, di cui restano ampie tracce nel suo ricco archivio personale. Amaldi si dedicò con forza all’impegno nelle organizzazioni di scienziati per la pace e il disarmo. La convinzione che il carattere intrinsecamente internazionale della ricerca potesse essere adoperato per costruire canali di comunicazione ufficiosi, ma efficaci attraverso la cortina di ferro in modo da favorire la distensione, fu per lui un’idea guida. La sua scomparsa nel dicembre del 1989 gli impedì di vedere il riconoscimento che questa convinzione ricevette nel 1995, quando il premio Nobel per la pace fu assegnato al movimento Pugwash, in cui era stato attivamente coinvolto fin dai primi anni della sua fondazione.

Opere

Da via Panisperna all’America. I fisici italiani e la seconda guerra mondiale, a cura di G. Battimelli, M. De Maria, Roma 1997.

The adventurous life of Friedrich Georg Houtermans, physicist (1903-1966), ed. S. Braccini, A. Ereditato, P. Scampoli, Berlin 2012.

Per un elenco completo delle pubblicazioni di Amaldi si rinvia al volume, curato da Fernando Ferroni, The legacy of Edoardo Amaldi in science and society, Bologna 20102, pp. 383-420.

Una selezione dei suoi lavori di taglio storico è in 20th century physics. Essays and recollections. A selection of historical writings by Edoardo Amaldi, ed. G. Battimelli, G. Paoloni, Singapore 1998.

L’archivio personale di Edoardo Amaldi è custodito presso il dipartimento di fisica dell’Università degli studi di Roma La Sapienza.

Bibliografia

Edoardo Amaldi. Intervista sulla materia, dal nucleo alle galassie, a cura di P. Angela, Roma-Bari 1980.

C. Rubbia, P. Angela, Edoardo Amaldi, scienziato e cittadino d’Europa, Milano 1992.

G. Battimelli, M. De Maria, G. Paoloni, L’Istituto nazionale di fsica nucleare. Storia di una comunità di ricerca, a cura di G. Battimelli, Roma-Bari 2002.

The legacy of Edoardo Amaldi in science and society, ed. F. Ferroni, Bologna 20102.

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