EDILIZIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

EDILIZIA (XIII, p. 460; App. II, 1, p. 816)

Enrico Mandolesi
Gianfranco Carrara - Giorgio Zama

Il termine "edilizia" ha oggi un significato più ampio che supera quello tradizionalmente riferito, in senso restrittivo, agli edifici pubblici e privati: è il momento operativo che traduce in una "realtà costruita" l'assetto del territorio, sia come insieme delle attività (politiche, economiche, tecniche, scientifiche, artistiche, sociali, legislative, ecc.) finalizzate a tale scopo, sia come insieme delle opere necessarie all'insediamento umano. In ultima analisi l'e. indica l'attività e le opere dell'uomo per rendere il territorio agibile a fini insediativi. Perciò l'e. non può essere sottratta a una visione sul piano urbanistico, in quanto rappresenta il "farsi" della pianificazione urbanistica. In tal senso le opere dell'e. investono la struttura globale dell'insediamento abitativo e s'identificano con un qualsiasi spazio costruito o con una qualsiasi opera infrastrutturale che concorra a realizzare un intervento insediativo.

Per spazio costruito s'intende il luogo e l'ambiente che l'uomo crea artificialmente per poter svolgere determinate attività: dalla delimitazione di uno spazio aperto agli ambienti chiusi (gli edifici in senso stretto); dalla tenda alla mobil-house; dall'edificio singolo agl'insiemi costituenti insediamenti agricoli sparsi, insediamenti industriali, unità residenziali; da questi alla città come struttura di spazi costruiti. Le opere infrastrutturali sono quelle opere indispensabili per la fruizione degli spazi costruiti alle varie scale d'intervento: dalle sistemazioni esterne ai vari allacci per i servizi, a livello di organismo edilizio; dalla viabilità alle reti per la distribuzione dell'energia, dell'acqua, per le telecomunicazioni, ecc., a livello di struttura urbana; dalle grandi opere di comunicazione (strada, ferrovie, ponti, viadotti, porti, aeroporti) alle costruzioni idrauliche e ai grandi impianti per la produzione e per la distribuzione dell'energia, a livello territoriale. L'integrazione dello spazio costruito e delle opere infrastrutturali determina, secondo una logica unità, il "contesto costruito", o, per meglio dire, il "contesto edilizio".

In pratica l'e. ha la finalità di realizzare gli organismi edilizi (lo spazio costruito con le relative infrastrutture, dal singolo edificio alla struttura urbana) e le infrastrutture a livello territoriale (dalle opere stradali e ferroviarie ai porti e agli aereoporti, dai ponti e viadotti alle costruzioni idrauliche, ecc.). D'altra parte l'e. ha implicita la produzione degli elementi costruttivi necessari per tale finalità, che sono detti "oggetti edilizi intermedi", mentre l'organismo e l'opera infrastrutturale vengono definiti "oggetti edilizi finali".

L'e. deve soddisfare innanzitutto le esigenze abitative intese in senso lato; da ciò consegue che l'oggetto edilizio finale è caratterizzato dall'attività umana di cui consente lo svolgimento. Qualsiasi aggettivazione che qualifichi il termine e. (residenziale, agricola, sanitaria, scolastica, aeroportuale, industriale, ecc.) sta a indicare comunque un settore d'intervento, piuttosto che a configurare specifici oggetti edilizi. Infatti attualmente si tende a superare una visione stereotipa e disaggregata delle esigenze e delle attività umane, che ha condotto in passato a considerare l'oggetto edilizio come entità autonoma (la chiesa, la casa, il ponte, ecc.), per rivedere l'organismo edilizio e l'opera infrastrutturale come cellule di un tessuto più ampio (la città, il territorio). La qualificazione dell'e. per settori d'intervento e, in questo ambito, l'individuazione di categorie di oggetti edilizi, stanno a sintetizzare la destinazione d'uso dell'opera edilizia. In questo senso, anziché definire, come in passato, aprioristicamente e in modo univoco i modelli abitativi, che per la loro stessa impostazione astratta conducevano a una cristallizzazione tipologica (i tradizionali caratteri distributivi e costruttivi degli edifici), oggi si manifesta una metodologia che tende a fornire al momento progettuale un quadro logico di riferimento dei fattori interagenti in una determinata attività umana; cioè ipotizzando il comportamento di cui dovrà fruire uno spazio costruito ("comportamento nell'uso") si prospettano modelli abitativi flessibili, "aperti".

Pertanto il definire la destinazione d'uso, lasciando al momento progettuale la precisazione di un comportamento e quindi di assegnare una struttura all'oggetto, sta a indicare un'analisi delle caratteristiche e delle capacità di prestazione che l'organismo edilizio o l'opera infrastrutturale dovrà possedere in relazione a un preciso contesto socio-economico e ambientale. L'analisi dovrà contemplare: a) le esigenze di agibilità, allo scopo di confermare lo spazio in funzione delle attività che in esso si dovranno svolgere; b) le esigenze urbanistiche, ai fini dell'inserimento dell'oggetto edilizio nel contesto insediativo (agricolo, urbano, industriale, ecc.) che lo comprende e che l'oggetto edilizio stesso concorre a determinare; c) le esigenze di sicurezza e di comfort, al fine di definire gli attributi di qualità dei materiali impiegati nella costruzione; d) le esigenze economiche.

Nell'attuale organizzazione della società, in cui il processo edilizio è diversificato in più settori ed è articolato sul piano operativo in una serie di "deleghe", per garantire l'utenza e per regolare l'attività dei vari operatori alle diverse scale d'intervento è necessario tradurre le caratteristiche e le capacità di prestazione del bene edilizio in f0rme generali, in standard programmatici e progettuali, in regolamenti, fino a comprendere veri e propri atti di programmazione e dì pianificazione. A livello di esigenze di agibilità i requisiti generali dell'oggetto edilizio finale sono espressi attraverso gli standard edilizi, che sono prodotti per settore sia dagli organi pubblici di programmazione e di controllo (nazionali e regionali), sia dagli organismi di committenza pubblica e privata (norme specifiche).

Per la rispondenza della singola opera edilizia, o dell'insieme insediativo, alle esigenze urbanistiche vengono defi1iiti, sia attraverso apposite leggi a livello nazionale o regionale, sia attraverso regolamenti di organi ed enti pubblici di committenza, gli standard urbanistici. A livello di assetto territoriale l'e. è regolata, oltre che dagli standard urbanistici, da leggi generali e di settore (nazionali e regionali), ed è pianificata mediante atti e strumenti a livello regionale, comprensoriale, comunale: il piano regionale, il piano comprensoriale, il piano regolatore o particolareggiato comunale, il piano di settore, con le relative norme di attuazione.

Per soddisfare alle esigenze di sicurezza (sotto il profilo statico, dinamico, agl'incendi, ai sismi, ecc.), per garantire, cioè, il lavoratore, in fase costruttiva, e l'utente, in fase di esercizio, vengono emanate a livello nazionale e regionale norme per definire le capacità di prestazioni in tal senso dei materiali base, degli elementi costruttivi isolatamente considerati, degl'insiemi di elementi costruttivi (per es., norme sulle costruzioni a scheletro o a pannelli). Anche per quanto concerne il comfort si provvede con una normativa generale o specifica per destinazione d'uso (per es. scuole, ospedali, abitazioni, ecc.) relativa sia ai singoli elementi costruttivì (per es. capacità di prestazione di un pannello-facciata ai fini dell'isolamento termico) sia allo spazio costruito nel suo insieme (per es. i requisiti a cui deve soddisfare un'aula scolastica per quanto concerne l'isolamento acustico, l'illuminazione naturale, ecc.).

Le norme relative alla sicurezza o al comfort, dette anche norme tecniche per l'e., dovrebbero condurre all'individuazione, tenuto conto dei fattori socio-economici e ambientali del contesto in cui si opera, degli attributi di qualità che debbono avere a tal fine sia l'oggetto edilizio finale che l'oggetto edilizio intermedio. Caratteristica di tali norme dovrebbe essere la flessibilità; poiché non si tratta soltanto di effettuare un controllo passivo di ciò che il mercato edilizio produce, ma soprattutto di recepire quanto il progresso tecnico offre nel tempo e di rispondere in modo aggiornato ai mutamenti che il contesto socio-economico costantemente manifesta. Infine, per rispondere alle esigenze economiche, premesso che in tale ambito incidono in modo determinante gl'indirizzi e i provvedimenti di economia politica degli organi di governo, le condizioni economiche e sociali del contesto in cui si agisce, l'organizzazione della produzione imprenditoriale e il progresso scientifico e tecnologico, è necessario individuare i fabbisogni edilizi per settore, definire la domanda reale del bene edilizio (suddividendola per settori) e quindi pervenire alla determinazione dei costi ammissibili per un determinato intervento edilizio.

Ponendo in relazione le quantità e le qualità (in senso globale) dello spazio costruito da realizzare (con le relative infrastrutture) si può definire ai vari livelli d'intervento, in base alle possibilità finanziarie della committenza, lo stanziamento per l'intera operazione. Per preventivare i costi unitari ammissibili, s'indicizza, attraverso degli standard economici, il costo max di entità definite per categorie d'intervento (per es. per l'e. scolastica il costo max per aula o per posto allievo). Per quanto concerne il costo di costruzione tradizionalmente inteso (il momento relativo al rapporto impresa costruttrice-committenza) si determinano degl'indici unitari di riferimento riguardanti sia il costo globale dell'opera (costo a m3 vuoto per pieno, costo a m2 di superficie coperta, ecc.) sia dei vari componenti (materiali ed elementi costruttivi, ivi compresa l'incidenza della mano d'opera); tutto ciò si concretizza negli elaborati tecnicoeconomici che sempre accompagnano un progetto, quali le specifiche di qualità e di modalità costruttive (per es. il capitolato speciale d'appalto), l'analisi dei prezzi e l'elenco dei costi unitari.

A questo punto volendo considerare il rapporto tra e. e architettura, si può rilevare che la prima indica genericamente l'ambito entro il quale la seconda si manifesta come attività artistica nel suo significato più ampio.

L'insieme correlato delle attività in campo edilizio e il modo con cui esse si svolgono determinano il "processo edilizio". La struttura che assume il processo edilizio in un determinato momento storico è conseguente alle ideologie culturali e politiche, alle esigenze socio-economiche e al progresso scientifico-tecnico che la società manifesta. Nella società industriale di oggi il processo edilizio per porre in atto le opere per l'assetto del territorio si estrinseca (nell'intervallo tra la domanda da parte dell'utenza e la risposta in beni edilizi) in una serie complessa di attività da parte di una molteplicità di protagonisti, tanto da configurarsi in senso "delegato" piuttosto che "diretto", com'è il caso delle società primitive o comunitarie in cui il soddisfacimento di un'esigenza abitativa coinvolge in modo immediato e, appunto, diretto, la collettività. I fattori emergenti del processo edilizio sotto il profilo operativo sono: il progetto, l'attività costruttiva e la gestione.

Al termine progetto edile oggi si dà un significato più ampio che, superato il principio di riferirlo restrittivamente al solo momento della redazione degli elaborati grafici e tecnico-economici, comprende l'intero arco di momenti intellettuali e operativi che va dall'analisi delle esigenze, alla pianificazione dell'intervento, alla fase di configurazione e conformazione dell'oggetto edilizio fino a coinvolgere la fase materiale dell'esecuzione nonché la fase di controllo dell'opera in esercizio. Si configura in tal modo un vero e proprio processo progettuale frutto di un insieme di apporti strettamente correlati di competenze differenziate o specifiche (l'architetto, l'urbanista, l'ingegnere edile, l'impiantista, il direttore dei lavori, il costruttore, le maestranze, ecc.), tanto che oggi si tende alla progettazione integrale conseguente al lavoro di gruppo e alla progettazione continua, come superamento dei limiti temporali del progetto tradizionalmente inteso. L'azione-progetto è comunque un atto conoscitivo sperimentale che partendo dalle esigenze definisce la struttura di un oggetto attraverso la concezione di una forma e la determinazione del modo per realizzarla (la tecnica). Gli strumenti stessi della progettazione si vanno oggi evolvendo specie per quanto riguarda le fasi relative all'analisi e alla verifica, con l'introduzione delle apparecchiature elettroniche e delle tecniche dell'informatica. Il modo rinnovato d'intendere il progetto è consapevole che l'azione progettuale si manifesta alle varie scale, dalla scala territoriale a quella del singolo oggetto edilizio (finale o intermedio), e che l'azione relativa a ciascuna scala interagisce con altre a scala diversa. Da qui è scaturito il termine "metaprogettazione" che indica un'azione progettuale, a una determinata scala, consapevole di ulteriori scelte che si effettueranno in successivi momenti progettuali, cioè ha implicita una flessibilità che tiene conto dell'intreccio dell'interagenza tra azioni progettuali a diverse scale d'intervento.

L'attività costruttiva è il momento del processo edilizio in cui si procede alla realizzazione vera e propria dell'oggetto edilizio; questo non significa circoscrivere tale attività nell'ambito dell'impresa costruttrice dell'organismo o dell'opera infrastrutturale. Oggi l'attività costruttiva si estrinseca in una interrelazione e integrazione tra le attività cantieristiche e la produzione di materiali base e oggetti edilizi intermedi; infatti, oltre, ovviamente, al cantiere edile, luogo dove si erige l'opera e si predispone l'insieme degl'impianti per la costruzione, occorre considerare i cantieri di prelievo (per es. le cave) per le materie prime, i cantieri di preparazione di determinati materiali base (per es. centrali di betonaggio con lavorazione per conto terzi) e infine tutti gli stabilimenti (artigianali, industriali) per la fabbricazione di elementi costruttivi (oggetti edilizi intermedi).

L'attività costruttiva assume quindi una configurazione a livello territoriale attraverso l'individuazione e la dislocazione di punti fissi di produzione (dagli stabilimenti ai cantieri di preparazione e prelievo) e di punti variabili di costruzione (i cantieri edili dislocati a seconda del luogo di realizzazione delle opere); tutto ciò prospetta la necessità di una programmazione economica e di una pianificazione spazio-temporale dei punti fissi e mobili in rapporto alle esigenze socio-economiche non solo del settore edilizio ma dell'intera collettivi tà.

Gli elementi che caratterizzano sul piano strettamente operativo le attività costruttive sono i procedimenti costruttivi e i mezzi per porli in atto: in base al procedimento costruttivo si configura l'organizzazione sia del cantiere edile sia della produzione dei materiali base e degli elementi costruttivi. Oggi i procedimenti costruttivi per realizzare oggetti edilizi, sia finali sia intermedi, si basano su attività interamente o parzialmente meccanizzate (industriali o artigianali), dato che le attività esclusivamente manuali appartengono ormai al passato.

In senso lato l'attività costruttiva è regolata e condizionata dalle scelte di politica socio-economica a livello nazionale e regionale, nonché dalla struttura del settore produttivo e imprenditoriale.

Nell'ambito specifico del cantiere edile, qualunque sia la dimensione dell'intervento, oggi sono necessari la programmazione e il progetto del cantiere. Ambedue sono caratterizzati dal procedimento costruttivo usato, dagl'impianti e mezzi relativi, dal tipo di organizzazione e dalla potenzialità dell'impresa costruttrice. In ogni modo l'attività costruttiva in senso stretto consiste sempre nella preparazione e nell'impianto dell'area destinata al cantiere, nella preparazione del terreno di sedime, nei tracciamenti, nelle opere di scavo e di eventuale rinterro, nell'immagazzinaggio e trasporto dei materiali nell'ambito del cantiere, nelle lavorazioni a piè d'opera e in opera, infine nel predisporre tutte le opere provvisionali. La programmazione del cantiere edile, che oggi si basa su metodi statistico-matematici e sulla sistemistica, è finalizzata all'organizzazione temporale del lavoro, alla più razionale agibilità dello spazio destinato al cantiere, al coordinamento dell'approvvigionamento e del movimento dei materiali, all'utilizzazione di mano d'opera appropriata. In genere l'attività del cantiere edile propriamente esecutiva si articola in una gamma di cicli di lavorazione, ciascuno comprendente tutte le operazioni, a piè d'opera e in opera, necessarie per conferire a un elemento costruttivo funzionale (per es. un setto murario) determinate e definite capacità di prestazione nell'ambito dell'opera edilizia che si sta realizzando; l'insieme correlato dei cicli di lavorazione per realizzare un determinato organismo edilizio o un'opera infrastrutturale costituisce il sistema cantieristico. La produzione degli oggetti edilizi intermedi (elementi costruttivi e componenti) viene organizzata ormai da tempo secondo i metodi della programmazione a livello industriale che vede nello stabilimento il naturale luogo di svolgimento e sviluppo.

Per quanto riguarda la gestione del processo edilizio, oggi essa si manifesta in forma articolata e complessa, comunque è conseguente al rapporto esistente in un particolare contesto tra il potere pubblico e l'iniziativa privata, nonché agl'indirizzi di economia politica. Attualmente si tende a superare il criterio di considerare il bene edilizio come una conquista dell'iniziativa privata, cioè come espressione del potere economico acquisito dal singolo o da una collettività, sostituendolo col principio che vede nel bene edilizio un servizio per la collettività e il singolo, cioè espressione del soddisfacimento di fondamentali esigenze di vita. Se con il vecchio criterio il potere pubblico lascia che il processo edilizio si manifesti in base al principio della domanda e dell'offerta in un libero mercato, limitandosi a provvedimenti di carattere essenzialmente economico o a intervenire laddove l'iniziativa privata, regolata dalle leggi del profitto, non intenda operare (grandi opere infrastrutturali, edilizia economico-popolare, ecc.), con il nuovo criterio (bene edilizio come servizio) il potere pubblico, a livello nazionale e regionale, ha la possibilità di una gestione reale e coordinata. Questa gestione s'incentra in una programmazione generale per lo sviluppo economico e per l'assetto del territorio, in leggi e norme per l'e. a tutti i livelli d'intervento, leggi per il finanziamento, la produzione e il godimento del bene edilizio; inoltre l'intervento pubblico può manifestarsi sia in modo diretto, con propri enti di committenza e produzione, sia in modo indiretto, attraverso un'appropriata regolamentazione dell'iniziativa privata. In ogni caso lo sviluppo del processo edilizio, e quindi la possibilità di gestirlo, è conseguente sia al modo di gestire il territorio (uso del suolo in senso sociale oppure privatistico) sia alla capacità di frenare i processi di speculazione edilizia e le tendenze monopolistiche o al sovraprofitto da parte del settore della produzione, sia infine di evitare l'abusivismo (tutte piaghe palesi delle grandi agglomerazioni urbane).

Un problema di viva attualità è quello relativo alla partecipazione attiva dell'utenza nella gestione del processo edilizio; utenza che sino ad ora ha assunto, o meglio ha dovuto assumere, un ruolo passivo delegando totalmente all'imprenditoria privata o alla committenza pubblica l'attuazione e la distribuzione del bene edilizio. In questo momento molteplici sono le iniziative sia a livello programmatico che operativo, specie nell'ambito dell'ordinamento regionale e comunale, per promuovere un inserimento, dalla base, dell'utenza in momenti appropriati e qualificati della gestione edilizia (per es.: a livello regionale per i piccoli e medi insediamenti con lo strumento del "comprensorio"; a livello urbano, per le grandi città, con le "istituzioni di quartiere").

Naturalmente la gestione (tecnico-economico-amministrativa) del processo edilizio, pur nella sua struttura integrata, può essere disaggregata per i vari momenti operativi, tanto che si possono individuare: una gestione della fase programmatica, della fase progettuale, della fase produttiva ed esecutiva, della fase di esercizio del bene edilizio, ecc.

I protagonisti del processo edilizio per quanto detto sono oggi molteplici e con competenze differenziate, spesso in conflitto tra loro e alla ricerca di una reale integrazione sulla base di comuni obiettivi socio-economici; essi sono: gli utenti, gli enti pubblici preposti all'e., gli enti di committenza pubblica, la proprietà privata e le società immobiliari, l'industria edilizia, le maestranze e i professionisti.

Gli utenti, com'è noto, sono coloro che usufruiscono, a livello singolo o collettivo, del bene edilizio, della cui realizzazione debbono, in pratica, sopportare l'onere economico, direttamente o indirettamente. Oggi l'utenza, presa coscienza di questo, tende a voler incidere in modo sempre più diretto sulla gestione del processo edilizio. Tale tendenza si manifesta sia attraverso la partecipazione di rappresentanti delle forze sociali a livello di organismi regionali e comunali, sia come apporto effettivo della base mediante forme assembleari o comitati temporanei, per specifici interventi, o permanenti, come, per es., i comitati di quartiere. Si è ancora in una fase sperimentale, comunque la partecipazione dell'utente alla gestione del processo edilizio è un'istanza a cui la società attuale non può sottrarsi dal rispondere. L'intenzionalità a livello operativo per rendere l'utente partecipe all'organizzazione dello spazio abitativo è individuabile nelle progettazioni basate sulla flessibilità d'uso dell'alloggio (possibilità di mutamenti nel tempo della conformazione dell'alloggio da parte dell'utente).

Gli enti pubblici preposti all'e. (a livello nazionale, regionale e comunale) debbono determinare i fabbisogni e programmare gl'interventi sia per la residenza con i relativi servizi sociali, sia per le infrastrutture generali e specifiche per l'agricoltura e l'industria. Essi, dovendo interpretare le esigenze della collettività, svolgono la loro attività in una sfera al tempo stesso politica, amministrativa, giuridica, finanziaria ed economica. Infatti loro compito è raggiungere un armonico assetto del territorio, di cui le opere edilizie sono elemento determinante, e al tempo stesso promuovere un equilibrato sviluppo delle attività connesse al mercato e all'industria dell'e., in rapporto anche ai problemi dell'occupazione. Gli enti pubblici tendono oggi a considerare il processo edilizio un fenomeno unitario di produzione collettiva; pertanto la loro azione non si esaurisce nelle operazioni puramente strumentali e tecniche per la programmazione e l'attuazione degl'interventi, ma contempla operazioni politico-amministrative, economico-finanziarie e socio-culturali.

Gli enti di committenza pubblica costituiscono, a livello attuativo, il tramite tra utenza e potere pubblico, cioè tra domanda e risposta; in effetti essi debbono provvedere all'analisi della domanda, interpretando le esigenze dell'utenza, a indicare gli attributi di qualità che dovrà possedere il bene edilizio, alla localizzazione effettiva degl'interventi e quindi all'organizzazione tecnico-economica e al controllo della progettazione, esecuzione, assegnazione e manutenzione delle opere edilizie.

La proprietà fondiaria privata e le società immobiliari hanno avuto, e tuttora hanno, un peso rilevante nel processo edilizio, in quanto lo possono condizionare non soltanto nel modo di sviluppo ma alterarne le finalità. In realtà un incontrollato mercato delle aree edificabili produce fenomeni speculativi e privilegi di posizione tali da compromettere un organico assetto urbano e territoriale, di cui sono testimonianza le espansioni caotiche e a macchia d'olio delle città italiane e la distruzione dei valori paesistici delle nostre coste. Inoltre il bene edilizio, in particolare la casa, viene considerato bene di consumo legato a meri interessi commerciali e alla legge del profitto; da qui nascono le società immobiliari, finanziarie e costruttrici, che ponendosi in relazione con la proprietà fondiaria (che impone il costo del terreno) finisce per gestire il processo edilizio del settore residenziale, lasciando un piccolissimo margine all'iniziativa pubblica. Per tale ragione oggi vi è una precisa tendenza, specie a livello regionale, attraverso apposite leggi urbanistiche e strumenti particolarmente incisivi sul piano operativo (leggi per la casa), sia a regolare il mercato delle aree con un'oculata applicazione del diritto di edificazione e dell'esproprio ai fini di pubblica utilità, sia a controllare i costi di produzione dei materiali e di costruzione, e quindi i prezzi di vendita degli alloggi e i canoni di affitto. Si agisce quindi in termini di economia politica finalizzata a obiettivi prettamente sociali.

L'industria edilizia interessa sia la realizzazione di organismi edilizi e infrastrutture (imprese costruttrici) sia la produzione di materiali base ed elementi costruttivi (fabbriche a livello artigianale e industriale). Pertanto l'industria edilizia si configura oggi come un sistema complesso di relazioni tra il settore delle imprese costruttrici e quello delle ditte produttrici di materiali base ed elementi costruttivi; settori quindi che risultano strettamente legati l'uno all'altro sotto il profilo produttivo ed economico, e che unitamente debbono rispondere non soltanto alle proprie esigenze commerciali ma anche alle istanze del mondo del lavoro e dell'utenza. L'industria edilizia non può più essere considerata come volano occupazionale di altri settori industriali o dell'agricoltura, costituisce ormai un'industria chiave dello sviluppo economico e sociale di una nazione.

Le imprese costruttrici s'interessano alla costruzione di opere idrauliche, di impianti idroelettrici, di opere stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali, di edifici per le varie destinazioni d'uso e quindi alla realizzazione dei complessi urbani, agricoli e industriali. Data l'ampiezza del campo d'interesse si passa dall'impresa capace di realizzare sia edifici che opere infrastrutturali, all'impresa qualificata per una sola categoria di opere e infine all'impresa specializzata per cicli di lavorazione (opere di fondazione, carpenterie, opere murarie, opere di finitura, ecc.). Oggi anche nei paesi più avanzati le medie e piccole imprese coesistono con le grandi, nonostante il processo d'industrializzazione in atto; anzi proprio per questo si tende a determinare campi operativi diversificati in modo da consentire l'operatività e lo sviluppo a categorie di imprese con diversa potenzialità. In particolare si sta promuovendo l'organizzazione in forme consorziali o cooperativistiche delle imprese medie e piccole, a evitare anche un'azione monopolistica da parte delle grandi imprese.

Oggi l'organizzazione del cantiere tende a configurarsi su modelli industriali, e ciò è dovuto sia al costante processo di meccanizzazione sia all'introduzione della prefabbricazione a livello industrializzato. In pratica il mondo imprenditoriale per il suo rinnovamento punta essenzialmente sulla razionalizzazione del cantiere, sull'adozione di procedimenti costruttivi che affranchino dal lavoro stagionale e che consentano una più rapida esecuzione delle opere. A tal fine sono determinanti la programmazione tecnico-economica e la meccanizzazione sempre più spinta del cantiere, l'unificazione e standardizzazione degli elementi costruttivi (per giungere a una loro omogeneità qualitativa, a un'effettiva facilità e rapidità di messa in opera e soprattutto a una produzione seriale in stabilimento o in opera). La ristrutturazione su basi industriali del settore delle imprese costruttrici si è sviluppata essenzialmente attraverso la meccanizzazione del cantiere inizialmente per le opere infrastrutturali e in un secondo momento nel campo della costruzione degli edifici. Si deve, infatti, rilevare che in questo campo l'industrializzazione è stata promossa dal settore produttivo degli elementi costruttivi, che per la sua caratterizzazione manufatturiera è stato investito più direttamente dell'industrialismo, parallelamente agli altri settori produttivi.

La struttura tecnico-operativa delle aziende produttrici di materiali base e di elementi costruttivi per l'e. è da tempo quella tipica dell'industria in genere, tanto che le aziende rientrano in specifici campi industriali (siderurgia, ceramica, ecc.). In particolare, i produttori di infissi e di carpenterie metalliche, considerate le loro tecniche di progettazione e di lavorazione, hanno intuito che era possibile realizzare in forma seriale parti di un edificio, i componenti, o l'intero organismo, ponendo così i presupposti per l'industrializzazione edilizia (non si deve dimenticare che il primo esempio di procedimento coordinato basato su nuove tecniche di progettazione e realizzazione è costituito dal Cristall Palace di Paxton, nel 1851, in acciaio, ghisa e vetro). Soltanto i massicci interventi per l'e. residenziale, specie in Francia e in URSS in questo dopoguerra per far fronte all'elevata domanda di alloggi, hanno promosso la ristrutturazione su basi industriali delle imprese costruttrici di edifici, che venivano così ad abbandonare l'organizzazione artigianale che da secoli le caratterizzava. Tale modificazione si è manifestata in un primo momento essenzialmente con l'adozione di elementi costruttivi in calcestruzzo armato prefabbricati in officina o con l'applicazione di casseforme meccanizzate in cantiere (industrializzazione dei getti, per es.: i sistemi a casseforme tunnel). Attualmente sia il costante processo d'industrializzazione degli oggetti edilizi intermedi (componenti industrializzati) sia la trasformazione subìta dalle imprese costruttrici (meccanizzazione totale del cantiere e trasferimento in stabilimento di molteplici cicli di lavorazione) consentono di considerare l'industrializzazione del settore edilizio un fatto acquisito, specie nei paesi tecnologicamente più avanzati, tanto da dar luogo a una vera e propria e. industrializzata, di cui si dirà in seguito.

Se l'industria edilizia sta subendo una profonda trasformazione, ne consegue ovviamente che anche il ruolo delle maestranze nel processo edilizio è soggetto a una modificazione per quanto concerne sia le competenze sia il comportamento. Il lavoro del cantiere edile sino a oggi si è sempre estrinsecato in modo tale che gli operai, le maestranze, hanno partecipato in modo diretto, anche se in forme diverse a seconda del periodo storico, alla creazione dell'opera edilizia, tanto da riconoscersi come artefici consapevoli della finalità e del significato della costruzione. Infatti il lavoro dell'operaio, come per es. il tradizionale mastro, si è sempre collocato in una sfera artigianale, con un suo preciso ambito culturale, che lo rendeva attivamente partecipe alla realizzazione dell'opera, che è un unicum. Nel passato era il lavoro artigianale a qualificare, senza soluzione di continuità, gli operatori dell'e. a tutti i livelli, dal semplice manovale all'apprendista, dal mastro al capo-mastro, dall'architetto al capocostruttore. L'avvento dell'industrialismo, codificando la scissione tra produzione artigianale e attività artistica, determina una netta distinzione tra competenze riservate a una élite, i professionisti, e quelle delle maestranze, le prime a livello creativo-direttivo, le seconde sempre più relegate a livello meramente esecutivo. Si è prodotto così quel profondo distacco socio-culturale tra maestranze edili e la categoria dei tecnici intellettualmente qualificati; a ciò ha contribuito sia il fenomeno della parcellizzazione delle competenze a tutti i livelli operativi, sia la struttura scolastica che, basata sulla differenza di classe, ha suddiviso aprioristicamente competenze lavorative e intellettuali. Il superamento di un tale distacco può trovare i suoi fattori determinanti nell'attuale tendenza alla riunificazione del sapere, nell'educazione continua e di massa, che potranno condurre, attraverso il gruppo di lavoro aperto, alla riaggregazione socio-culturale dei protagonisti del processo edilizio.

Sotto il profilo socio-economico le maestranze edili ravvisano nel modello industriale la possibilità di risolvere i problemi conseguenti al carattere sinora stagionale del lavoro (discontinuità occupazionale) e alle disagevoli condizioni del cantiere (azione diretta degli agenti atmosferici). Per quanto concerne i lavoratori addetti alla produzione di elementi costruttivi, ciò si è già realizzato attraverso l'organizzazione prettamente industriale, in stabilimento, che hanno assunto le aziende del settore; per gli addetti al cantiere edile soltanto in questo periodo, attraverso l'e. industrializzata e in particolare con la prefabbricazione su base seriale, si promuove il trasferimento del maggior numero dei cicli lavorativi nelle fabbriche od officine, riducendo al limite le operazioni cantieristiche al solo montaggio. A questi indubbi benefici sul piano pratico tuttavia si può accompagnare la perdita di quel contatto diretto e responsabile, di cui si è detto, tipico dell'attività artigiana; perdita che finirebbe per indurre un comportamento culturalmente e psichicamente carente provocando la disaffezione al lavoro e l'alienazione operativa, propria di un'attività parcellizzata. A evitare un simile risultato, mantenendo i benefici pratici ormai acquisiti, si prospettano nuovi modelli di conduzione sia per il lavoro in officina che in cantiere. Per il lavoro in officina si prevede un'organizzazione della successione delle operazioni tale da rendere il lavoratore, anziché legato alla classica catena di montaggio, consapevole e responsabile in senso artigianale delle finalità globali del prodotto. Per il lavoro nel cantiere edile, tenendo conto che la meccanizzazione ha ridotto notevolmente, se non annullato, la fatica fisica in molte operazioni, si persegue la completa meccanizzazione dei cicli di lavorazione in modo da attuare l'industrializzazione dei procedimenti costruttivi in sito (per es., l'industrializzazione dei getti); in tal modo si renderebbe possibile soddisfare le esigenze delle maestranze senza far loro perdere, anche se ín forma diversa da quella prettamente artigianale, l'identità di costruttori.

Volendo brevemente accennare all'attuale qualificazione delle maestranze edili operanti nel cantiere, si può rilevare che alle tradizionali competenze si devono aggiungere quelle nuove degli addetti al movimento delle attrezzature meccaniche (trattoristi, escavatoristi, gruisti, ecc.), degli operai specializzati nel montaggio di costruzioni e di opere prefabbricate, e infine quella dell'operaio polivalente, cioè qualificato per tecniche costruttive sia tradizionalí che nuove. La figura dell'operaio polivalente tende ad assumere sempre maggiore importanza con l'introduzione dei procedimenti costruttivi industrializzati. Comunque la qualificazione delle maestranze resta, come per il passato, legata a specifici procedimenti costruttivi o cicli di lavorazione attinenti particolari elementi di fabbrica e costruttivi.

Per quanto riguarda il mondo professionale, è evidente come la vastità dei campi d'interesse insiti nell'e., in relazione sia alle sue implicazioni a livello di assetto territoriale sia al processo d'industrializzazione che va subendo, coinvolga oggi una molteplicità di competenze disciplinari che supera la tradizionale identificazione del professionista per l'e. con l'ingegnere edile e con l'architetto. In effetti l'attuale civiltà industriale richiede per risolvere problemi sempre più complessi, sia a livello quantitativo sia qualitativo, la partecipazione di esperti e tecnici capaci di dare una risposta esauriente, globale, nelle varie articolazioni del processo edilizio. Si possono schematicamente individuare quattro campi fondamentali di attività, anche se in realtà è sfumato il confine tra l'uno e l'altro, e precisamente: programmazione e pianificazione; progettazione; esecuzione; conservazione del bene edilizio. Ciascun campo di attività a sua volta comprende più competenze professionali diversificate a seconda del tipo di committenza (enti pubblici preposti all'e., enti di committenza pubblici, iniziativa privata, imprese costruttrici, aziende per la produzione di componenti). Pertanto compaiono numerose figure professionali: l'urbanista, l'ingegnere del territorio, l'esperto nell'informatica e nella sistemistica, l'economista, il sociologo, l'esperto giuridico, l'esperto nell'utilizzazione delle risorse, l'ecologo, l'igienista, l'ingegnere manageriale, l'ingegnere esperto nella gestione economico-amministrativa delle aziende, il direttore di cantiere, il direttore dei lavori, l'ingegnere edile, l'architetto, il designer, il tecnico diplomato, il tecnologo della produzione, l'esperto nel restauro e risanamento dei centri storici e del patrimonio edilizio preesistente, ecc. La struttura dell'apparato tecnico-professionale ha subìto e sta subendo un tale mutamento che non è più pensabile il professionista singolo illuminato, il tecnico tuttofare, ormai incapace di offrire una risposta in termini di sintesi globale alla domanda poliedrica della nostra civiltà. Infatti la nuova realtà nell'organizzazione professionale è il lavoro di gruppo, inteso non soltanto come obieitiva esigenza in termini puramente operativi ed economici, ma soprattutto come mezzo culturale per la riunificazione delle conoscenze nei vari campi del sapere, onde superare l'agire per compartimenti stagni, per specializzazioni parcellizzate, che ha finora caratterizzato l'attività professionale, con risultati espressamente negativi (basterà ricordare l'attuale dequalificazione che ha assunto la struttura urbana e l'assetto del territorio in Italia).

Il lavoro di gruppo ha già subìto un'evoluzione passando dalla semplice riaggregazione nell'ambito di ciascun campo di attività, il gruppo monodisciplinare (gruppo di soli urbanisti, di soli architetti ecc.), al gruppo interdisciplinare, cioè l'équipe formata da operatori con competenze differenziate. Tuttavia anche l'équipe interdisciplinare, che rimane sempre circoscritta nell'ambito professionale tradizionalmente inteso, costituisce un gruppo chiuso, e a questo oggi si tende a contrapporre il "gruppo aperto". Nel gruppo aperto confluiscono e s'integrano i tecnici, gli esperti di settore, l'utenza, gli amministratori, i politici, i rappresentanti delle forze sociali, ecc., in differente e adeguata misura a seconda del tipo e del livello dell'intervento. In tal modo il fatto tecnico e produttivo non resta circoscritto in una visione parziale o settoriale, bensì viene inserito in qualificati obiettivi socio-economici e in un organico processo di assetto dell'ambiente fisico.

A livello generale sul gruppo aperto si dovrebbe imperniare la pianificazione continua, cioè il costante controllo (a breve, medio e lungo termine) della modificazione dell'ambiente di vita in base a ipotesi di sviluppo socio-economico. D'altra parte il lavoro di gruppo è un'istanza del momento attuale per la riorganizzazione (per non dire il superamento) dello studio tecnico tradizionale resa indispensabile dalla struttura industriale che va assumendo il settore dell'edilizia. La costante e rapida modificazione dell'amibiente insediativo, la dimensione sempre crescente degl'interventi, la necessità di una risposta esauriente e immediata a problematiche sempre più complesse e intrecciate hanno condotto alla creazione presso gli enti di committenza, sia pubblici che privati, di uffici tecnici capaci di esaurire l'intero ciclo, dalla programmazione alla progettazione, dal controllo dell'esecuzione alla manutenzione, nonché alla formazione spontanea di studi professionali privati (a carattere interdisciplinare) di consulenza, di progettazione e di controllo dell'esecuzione per settori d'intervento (engineering consulting, ecc.). In pratica vanno lentamente scomparendo lo studio professionale e l'ufficio tecnico di tipo artigianale, in quanto non sono più in grado di far fronte in termini organizzativi ed economici a una domanda che richiede prestazioni sempre più complesse relative a problemi quantitativamente sempre più ampi.

A evitare che le grandi concentrazioni a livello professionale comportino una cristallizzazione a livello culturale, segno di una tecnocratizzazione del processo, con conseguente scadimento della qualità sia di chi produce sia del prodotto, si tende oggi a sviluppare un lavoro di gruppo interdisciplinare decentrato ai vari livelli operativi (regionale, comunale; nell'ambito degli organismi di committenza pubblica e privata, delle imprese costruttrici e delle aziende produttrici di componenti); ciò potrà consentire, tra l'altro, di mantenere, anche se in forma diversa, quel carattere qualitativo proprio del vecchio studio artigianale.

Infine, per quanto concerne il mondo professionale, si può segnalare come oggi stia emergendo nell'e. la figura del ricercatore, considerato ormai indispensabile (oltre che nelle università e negl'istituti di ricerca) dagli enti pubblici preposti all'e. (nazionali, regionali e comunali), dagli enti di committenza pubblici e privati, dalle grandi imprese costruttrici e dalle aziende produttrici di componenti, per essere in grado di rispondere alla problematica che pongono l'evolversi delle esigenze socio-economiche, il continuo progresso tecnico, la necessità di una tempestiva ed esauriente risposta in termini organizzativi ed economici, nonché il poter effettuare un'efficace opera di controllo alle diverse scale d'intervento.

Passando ora a considerare il materiale per l'e., si rileva che questo termine ha assunto un significato sempre più ampio e articolato a mano a mano che si è passati dai procedimenti costruttivi tradizionali a quelli industrializzati. Oltre, naturalmente, alle materie prime e ai materiali base impiegati nell'e., oggi sono da considerare materiali da costruzione tutti quei prodotti che il mercato artigianale e industriale offre come "pezzi " già predisposti per essere applicati in uno o più procedimenti costruttivi o per costituire parte finita (da montare) di un'opera edilizia: dal mattone ai blocchi in calcestruzzo alleggerito, dalle pezzature di legname ai profilati metallici, dalle lastre di vetro ai manti di copertura, dalle travi ai pilastri prefabbricati, dai serramenti al courtain-wall, dai pannelli prefabbricati per solaio o per facciate alle cellule spaziali.

Considerata la vasta gamma di prodotti che sono annoverabili come materiale per l'e., si tende oggi a distinguerli per categorie omogenee in base sia al ruolo che hanno nel procedimento costruttivo sia alla collocazione e funzione nell'ambito dell'organismo edilizio. Un'analisi sotto il profilo costruttivo dell'organismo edilizio conduce al seguente schema correlato:

Le materie prime, che dànno origine a qualsiasi materiale organizzato per essere applicato in un procedimento costruttivo, possono essere naturali, come il legno, l'acqua, la pietra, l'argilla, la sabbia, ecc. (in pratica la quasi totalità delle materie naturali è applicabile nell'e.; anche l'aria è utilizzata negli organismi pressostatici) o artificiali (materie siderurgiche, prodotti chimici, resine sintetiche, ecc.).

Tuttavia si ha un primo grado di organizzazione della materia finalizzata al costruire, cioè un primo livello di materiale per l'e., con i materiali base: gl'impasti, le miscele e similari, che hanno soltanto attributi potenziali di forma e capacità potenziali sia costruttive che prestazionali. Rientrano in questa categoria i calcestruzzi, le malte, le vernici, i bitumi, le resine sintetiche, ecc., cioè i materiali base preparati per un determinato ciclo di lavorazione relativo a uno o più elementi costruttivi. I materiali base possono essere prodotti sia a piè d'opera (manualmente o meccanicamente) sia fuori opera in stabilimento (con modi artigianali o industrializzati) e in questo caso vengono posti in commercio in qualità di preconfezionati.

Gli elementi costruttivi base costituiscono un secondo grado di organizzazione del materiale per l'e.: possiedono, in qualità di oggetti edilizi intermedi, specifici attributi dimensionali, di forma, di accoppiabilità e di prestazione (fisico-tecniche, di resistenza, di durata, percettive, ecc.) per realizzare elementi costruttivi funzionali. Possono essere monovalenti se finalizzati per una sola categoria di elementi costruttivi funzionali (per es.: la pignatta per solai, i profilati ferro-finestra, ecc.), polivalenti (per es.: il mattone, i profilati in acciaio per realizzare elementi portanti, ecc.) quando con essi si possono realizzare più elementi costruttivi funzionali di diverse categorie. Gli elementi costruttivi base, realizzabili sia direttamente con le materie prime sia con materiali base, sono dei preformati o dei preassemblati prodotti a piè d'opera o, più frequentemente, fuori opera, artigianalmente o industrialmente (in cava, in stabilimento, in officina) e in questo caso vengono posti in commercio come materiali da costruzione.

Gli elementi costruttivi funzionali rappresentano un successivo e più elevato grado di organizzazione del materiale per l'edilizia. Sono detti funzionali in quanto hanno una collocazione ben determinata per definire lo spazio costruito e un ruolo preciso ai fini della costruibilità, del comfort e/o della sicurezza statica (per es.: un setto murario, un arco, un manto protettivo o di finitura, un serramento, un pannello-solaio, un pannello-facciata, un pilastro, una trave, ecc.). L'elemento costruttivo funzionale che sottende un proprio ciclo di lavorazione può essere realizzato in opera, cioè si definisce entità "leggibile" soltanto nel contesto della costruzione di un determinato organismo edilizio, e in questo caso non può essere considerato materiale da costruzione; quando, invece, viene preassemblato o prefabbricato in officina o in stabilimento attraverso una produzione artigianale o industriale, è da considerare materiale da costruzione, in quanto viene immesso sul mercato edilizio come oggetto edilizio intermedio (serramenti, pannelli per solai o per facciate, elementi dello scheletro portante, blocchi funzionali, ecc.). Quando la produzione industriale consente di realizzare un oggetto edilizio intermedio che comprende in sé più elementi costruttivi funzionali, cioè esaurisce più cicli di lavorazione del cantiere tradizionale, tale oggetto si definisce elemento costruttivo funzionale complesso, per es.: i pannelli-facciata al finito comprensivi di serramento; infissi monoblocco; trance di solaio complete di finitura all'intradosso; elementi comprensivi di schemature per impianti, ecc. Gli elementi costruttivi funzionali possono essere realizzati sia soltanto con materiali base (per es., elementi in calcestruzzo non armato) o con elementi costruttivi base (per es., tralicci metallici formati con collegamento meccanico tra asta e nodo, tramezzature spostabili, ecc.), sia con la combinazione di materiali base ed elementi costruttivi base (per es., elementi in calcestruzzo armato: impasto e armatura metallica; un setto murario formato da mattoni e comenti di malta).

Gli elementi di fabbrica sono degl'insiemi correlati di elementi costruttivi funzionali del medesimo tipo e di tipo diverso che, nel conformare l'organismo edilizio, ne delimitano e classificano lo spazio, ne assicurano condizioni di comfort e ne garantiscono la sicurezza statica. Si possono individuare i seguenti elementi di fabbrica: a) l'involucro globale, nel caso di delimitazione e classificazione tra spazio interno ed esterno senza soluzione di continuità mediante una forma geometrica globale (per es., gli organismi a cupola del Fuller, gli edifici gonfiabili, gli organismi composti di sole volte, ecc.); b) le chiusure verticali (pareti portanti perimetrali, tamponature, serramenti esterni, ecc.), cioè l'insieme degli elementi costruttivi funzionali che costituiscono inviluppo verticale dello spazio; c) le chiusure orizzontali, che costituiscono inviluppo o suddivisione orizzontale dello spazio (chiusure orizzontali di copertura, intermedie, di base); d) gli elementi di comunicazione verticale, cioè il corpo-scala e il corpo-ascensore; e) le partizioni interne, cioè l'insieme, di qualsiasi forma, che suddivide sul piano verticale lo spazio interno (pareti portanti di spina o traversali, tramezzature fisse o spostabili o mobili, pareti attrezzate, serramenti interni); f) le cellule spaziali (portanti o portate), entità volumetriche abitabili, cioè blocchi-ambiente (mono o poliambiente) finiti nei loro attributi morfologici interni ed esterni; g) lo scheletro portame, che ha il ruolo di portare tutti gli altri elementi di fabbrica costituenti l'organismo edilizio; questo elemento di fabbrica, che ha una funzione essenzialmente finalizzata alla sicurezza statica, si rende necessario quando i sopraelencati elementi di fabbrica hanno soltanto il ruolo di definire lo spazio e di garantire il comfort ambientale (elementi portati); h) i blocchi funzionali, che sono in pratica delle entità tridimensionali per contenere canalizzazioni di impianti o per formare raggruppamenti di apparecchi (gruppo bagno, gruppo cucina, ecc.); sono complementari, ai fini del comfort, agli altri elementi di fabbrica.

Gli elementi di fabbrica, salvo casi particolari in cui sono realizzati direttamente con materiale base, sono in genere formati da più elementi costruttivi funzionali; attualmente, attraverso una produzione industrializzata, anche l'elemento di fabbrica, pur nella sua complessità, può risultare materiale da costruzione quando viene posto in commercio come oggetto edilizio intermedio: è sufficiente ricordare che sono in produzione, per es., scheletri portanti prefabbricati per edifici industriali e agricoli, insiemi di pannelli-facciata come i courtain-walls, involucri gonfiabili, ecc.

La successione di aggregazioni del materiale ai vari livelli di organizzazione interna (dal materiale base all'elemento di fabbrica) nell'ambito del progetto di un organismo edilizio determina l'apparecchiatura costruttiva, cioè il sistema di relazioni costruttive che rendono possibile la realizzazione. L'apparecchiatura costruttiva definisce il ruolo di tutte le parti costituenti la costruzione ai fini della delimitazione e classificazione dello spazio, del comfort ambientale e della sicurezza statica, cioè non è altro che l'organismo stesso analizzato, "letto", sotto il profilo costruttivo. Definire l'apparecchiatura costruttiva nell'azione-progetto significa, quindi, individuare la tecnica per realizzare una determinata forma, o spazio costruito. L'apparecchiatura costruttiva in quanto sistema di quel determinato organismo comprende e definisce dei subsistemi, gli elementi di fabbrica, dei componenti, gli elementi costruttivi funzionali, e infine dei suo componenti, gli elementi costruttivi base e i materiali base: il materiale ai vari livelli di organizzazione acquista una sua identità architettonica soltanto nel legame indissolubile con l'opera che lo comprende e che concorre a formare. Un'apparecchiatura costruttiva stessa può divenire materiale da costruzione posto in commercio (sistema industrializzato): è il caso dell'intero organismo edilizio prodotto attraverso una prefabbricazione seriale, tipico dell'e. industrializzata.

Per tradurre in termini concreti l'apparecchiatura costruttiva, in sostanza l'oggetto edilizio, occorre determinare, sin dal momento progettuale, il procedimento costruttivo, cioè l'insieme della lavorazione e delle operazioni necessarie alla costruzione in rapporto ai materiali impiegati e ai principi costruttivi adottati. I fattori che caratterizzano un qualsiasi procedimento costruttivo sono: la lavorabilità dei materiali; l'utilizzazione dei materiali ai fini della sicurezza statica e del comfort ambientale; l'uso dei materiali in rapporto alla percezione; i modi e i metodi per attuarlo. Tutti questi fattori incidono nel momento progettuale sull'interazione tra ideazione della forma e fattibilità costruttiva.

Per lavorabilità dei materiali s'intende la capacità che hanno potenzialmente i materiali stessi di costruire la forma ipotizzata. Utilizzazione dei materiali ai fini della sicurezza statica e del comfort ambientale significa innanzitutto individuare la forma che, oltre a soddisfare, ovviamente, le esigenze di agibilità dello spazio costruito, risponde a tali fini; inoltre implica la scelta di materiali con qualità di resistenza e fisico-tecniche appropriate per la conformazione dell'organismo.

L'uso dei materiali in rapporto alla percezione, implica, in generale, l'insieme delle scelte progettuali finalizzate al modo di trasmettere l'immagine dell'oggetto (la forma intesa in senso materico o puramente geometrico) e in particolare indica il trattamento di "finitura" che si vuole adottare per l'intero organismo e per i componenti.

I modi per porre in atto un procedimento costruttivo si concretizzano in un insieme di precisi cicli di lavorazione e nell'articolazione di questi in una o più fasi da svolgere nel cantiere edile e/o in stabilimento. I mezzi per porre in atto un procedimento costruttivo possono essere manuali o meccanizzati; l'organizzazione del procedimento può essere artigianale o industriale: la prima basata sia sul lavoro manuale che su quello meccanizzato, la seconda basata essenzialmente sul lavoro meccanizzato programmato, sino all'automazione. Il procedimento costruttivo si caratterizza diversamente a seconda che si debba produrre un oggetto unico, irripetibile, o un oggetto seriale, ripetibile.

Gli oggetti edilizi intermedi (elementi costruttivi base preformati o preassemblati, elementi costruttivi funzionali semplici o complessi prefabbricati) vengono oggi generalmente prodotti serialmente. Nel cantiere edile il procedimento è considerato tradizionale, anche se vengono usati elementi costruttivi prodotti industrialmente, quando è finalizzato alla realizzazione di un organismo irripetibile e si basa su cicli di lavorazione che, nonostante l'introduzione delle macchine, risultano ampiamente sperimentati nel passato e radicati nella prassi cantieristica.

Qualora il procedimento costruttivo è tale da realizzare direttamente in cantiere, o attraverso la prefabbricazione in officina, organismi edilizi o infrastrutture in modo seriale, si dirà industrializzato. Attualmente i procedimenti si differenziano in tradizionali razionalizzati, quando cioè vi è stata un'evoluzione in senso industriale del cantiere, e in industrializzati, quando cioè l'industrializzazione investe in modo diretto e totale l'organismo edilizio o l'opera infrastrutturale, dando luogo così all'e. industrializzata.

Edilizia industrializzata. - Premesso che "industrializzazione dell'e." significa in senso lato il processo di trasformazione strutturale che ha subìto e va subendo con l'industrialismo il settore edilizio a tutti i livelli di attività, con la locuzione "e. industrializzata" s'intende un qualsiasi organismo od opera infrastrutturale realizzata con procedimenti industrializzati.

"Procedimento industrializzato per l'e." sta a significare un qualsiasi processo costruttivo basato sulla meccanizzazione e l'organizzazione programmata (nel loro più ampio significato) per realizzare organismi edilizi od opere infrastrutturali con una produzione di tipo seriale di elementi costruttivi funzionali integrabili. Un procedimento industrializzato comprende nella generalità dei casi operazioni in officina e cantieristiche.

La produzione di serie può essere di tipo icastico (riproduzione da modelli fisici) o di tipo analogico (linee operative capaci di apportare variazioni agli oggetti da produrre al variare delle informazioni che le governano); la produzione seriale di elementi costruttivi per l'e., pur nei significati soprariportati, si differenzia in molti casi nei criteri e nei modi da quella tipica dell'industria meccanica.

La prefabbricazione, che è metodo operativo cantieristico applicato da tempi remoti sia a piè d'opera che fuori opera, rientra nei processi industrializzati soltanto quando si è in presenza di una produzione seriale.

Per un'e. industrializzata sono necessarie una struttura economico-organizzativa specifica e una metodologia sia progettuale che esecutiva appropriata; il suo sviluppo dipende da molteplici fattori, in particolare dal contesto socio-economico in cui si opera. Non è detto, infatti, che l'introduzione dell'e. industrializzata comporti sempre vantaggi sul piano sociale ed economico (per es. ai fini dell'occupazionalità). Attualmente i procedimenti industrializzati non sono sostitutivi di quelli tradizionali (ovviamente razionalizzati); i due tipi di procedimento coesistono e costituiscono soluzione alternativa l'uno dell'altro a seconda della situazione contestuale.

Oggi si possono riscontrare due modi per produrre un'e. industrializzata: a ciclo chiuso, a ciclo aperto.

Con e. industrializzata a ciclo chiuso s'intende la produzione di predeterminati tipi edilizi (univocità del modello) mediante prefabbricazione di serie in officina di elementi costruttivi funzionali o mediante l'industrializzazione dei getti (in cantiere). In pratica si producono componenti capaci di realizzare soltanto specifici organismi edilizi (edifici a catalogo) o trasferendo in officina i cicli di lavorazione del cantiere tradizionale od organizzando il cantiere su basi industriali. Nel primo caso hanno avuto un ruolo determinante sia la prefabbricazione seriale in officina di elementi costruttivi in calcestruzzo armato (detta comunemente, ma impropriamente, prefabbricazione "pesante") sia la produzione specializzata per carpenterie metalliche e di infissi metallici e courtain-walls, che ha esteso il metodo dal preassemblaggio proprio di tali prodotti a tutto l'organismo edilizio (detta comunemente, ma impropriamente, prefabbricazione "leggera"). Nel secondo caso, anziché prefabbricare gli elementi costruttivi, vengono prodotte in officina casseforme piane o spaziali (a tunnel) che costituiscono le matrici standard dell'opera da realizzare con getti di calcestruzzo, organizzando il cantiere con un elevato grado di meccanizzazione.

Anche l'industria automobilistica tende a inserirsi nella produzione edilizia tanto da prospettare la realizzazione, per es., di alloggi sul modello della produzione di automobili: hanno avuto così origine le mobil-houses, oggetti edilizi ibridi che, nel perdere totalmente l'attributo umano della casa, condurrebbero a trasferire anche all'alloggio il carattere consumistico di molti prodotti industriali.

L'e. industrializzata a ciclo chiuso, se offre il vantaggio puramente quantitativo di dare la possibilità, in particolari situazioni, di consentire massicci interventi edilizi per far fronte rapidamente a un improvviso ed eccezionale aumento della domanda del bene edilizio (per es. la situazione della Francia e dell'URSS nel dopoguerra), richiede però, per la convenienza economica da parte dell'industria, la produzione di un quantitativo elevato di edifici dello stesso tipo (pur con delle varianti). Ciò comporta in particolare: la cristallizzazione dei tipi edilizi (modello abitativo univoco) per pure esigenze di produzione, con conseguente scadimento qualitativo; la limitazione del mercato ai componenti, i quali essendo finalizzati per specifici organismi non sono applicabili in altri tipi e categorie di edifici; il condizionamento della programmazione degli enti pubblici che devono prevedere interventi dello stesso tipo di organismo in quantità tale da costituire commesse per mantenere vitali le aziende produttrici; il favorire, dati i notevoli costi d'impianto, le grandi imprese rispetto alle medie e piccole, a meno che queste non formino consorzi o cooperative.

Con e. industrializzata a ciclo aperto (detta anche fabbricazione per componenti) s'intende la realizzazione di organismi edilizi mediante procedimenti industrializzati (in officina o in cantiere) di elementi costruttivi funzionali polivalenti (componenti industrializzati), in coordinamento dimensionale modulare, non legati a priori a particolari tipi edilizi; in pratica non si pongono in commercio edifici ma componenti (o "matrici standard" in caso d'industrializzazione dei getti) capaci di essere utilizzati per la realizzazione di organismi edilizi di diverso tipo e categoria.

L'e. industrializzata a ciclo aperto ha iniziato a diffondersi dopo gli anni Cinquanta, in particolare in Inghilterra, attraverso consorzi di ditte produttrici di diversi elementi costruttivi, e si è sviluppata soprattutto dopo che sono stati fissati i termini per il coordinamento dimensionale modulare a livello internazionale (in particolare il modulo base internazionale 1M = 10 cm).

L'indtistrializzazione a ciclo aperto dovrebbe consentire: a) una maggiore penetrazione nel mercato dei componenti industrializzati, data la loro polivalenza; b) un'effettiva flessibilità sulla lunghezza della serie del prodotto, non essendo più legato a specifici tipi edilizi, e quindi un'organizzazione più articolata delle aziende produttrici di componenti, con particolare vantaggio per le piccole e medie aziende, dovuto anche alla limitazione dei costi d'impianto (per componenti e non per organismo); c) una programmazione degl'interventi senza l'obbligo di adottare tipi di edifici predeterminati prescindendo dal contesto in cui si opera; in pratica, una libertà progettuale a livello architettonico-urbanistico conseguente a una costante verifica e aggiornamento dei modelli abitativi; d) un inserimento più equilibrato delle piccole e medie imprese costruttrici nel processo d'industrializzazione dell'edilizia.

Per uno sviluppo dell'e. industrializzata a ciclo aperto si dovrebbe operare come segue:

- a livello di enti pubblici, si dovrebbero emanare norme sia per il coordinamento dimensionale modulare sia per definire le capacità di prestazione dei componenti al fine di garantirne la qualità, promuovere ricerche specifiche sull'integrabilità dei componenti mediante progettazioni e interventi pilota, determinare il fabbisogno in componenti per orientare quantitativamente l'industria;

- a livello della produzione, sarebbe indispensabile un'azione coordinata tra produttori di elementi costruttivi e imprese costruttrici per l'immissione sul mercato di componenti industrializzati modulari integrabili in tutta la gamma di elementi di fabbrica necessaria per realizzare edifici di differente tipo e categoria;

- a livello progettuale, si dovrebbero applicare metodologie basate sul coordinamento dimensionale modulare sia a livello di componenti che di organismo edilizio; in particolare occorrerebbe da un lato progettare il componente (attraverso un'azione metaprogettuale secondo metodologie dell'industrial design) sia in funzione delle esigenze d'uso e delle esigenze tecnologiche, sia in rapporto alle capacità di correlazione con altri componenti dello stesso tipo e di tipo diverso, dall'altro progettare l'organismo edilizio secondo modelli abitativi aperti, cioè dotati di una flessibilità formale, costruttiva e d'uso.

L'e. industrializzata a ciclo chiuso ha preceduto nel tempo quella a ciclo aperto, ma è quest'ultima a rappresentare oggi una delle vie che dovrà percorrere l'e. industrializzata nelle sue complesse fasi di sviluppo e strutturazione. Attualmente si è in una fase di transizione: da una parte i procedimenti a ciclo chiuso tendono ad aprirsi, per far sì che i componenti finalizzati per un determinato tipo edilizio possano essere utilizzati nell'ambito di altri procedimenti e comunque consentano una gamma di varianti sempre più ampia all'interno del sistema; dall'altra parte l'e. industrializzata a ciclo aperto, nell'attesa di un effettivo coordinamento della produzione su scala sempre più ampia, trova un limite oggettivo alla sua "apertura" ed è quindi orientata o verso una produzione di componenti che abbiano un sufficiente grado di libertà per essere impiegati sia in procedimenti industrializzati che tradizionali, o verso una produzione coordinata di ditte produttrici consorziate per la realizzazione di uno o più tipi edilizi della stessa categoria o di categorie diverse.

Per quanto concerne l'e. industrializzata, specie quella a ciclo aperto, sono fondamentali la modulazione, l'accoppiabilità e altre capacità di prestazione dei componenti.

Modulo nell'e. industrializzata indica un parametro, o unità di grandezza, scelto come riferimento per determinare il coordinamento dimensionale delle parti costituenti un organismo edilizio.

L'unità di grandezza può essere una dimensione lineare, il modulo-misura, o un'entità tridimensionale, il modulo-oggetto.

Nel primo caso (modulo-misura) si assume per convenzione un modulo-base (unità di misura lineare) per il coordinamento dimensionale dei componenti, che avranno dimensioni in valori multipli, pari o sottomultipli, appunto, del modulo base, per risultare applicabili in organismi progettati secondo parametri di riferimento impostati sul medesimo modulo-base.

Per convenzione internazionale è stato adottato come MODULO-BASE 1 dm = 1 M (in rapporto semplice con il sistema metrico decimale) dalle nazioni aderenti all'OECE e da altre esterne all'organizzazione (Deuxième Rapport - Project AEP 17.4.196: La coordination modulaire) per le seguenti ragioni principali: è di entità tale da consentire una facile e conveniente correlazione tra le dimensioni modulari del componente e i parametri di riferimento modulare applicati nella progettazione degli edifici; è sufficientemente piccolo per far rientrare nei suoi multipli le varie dimensioni che offre la gamma industriale dei componenti, inoltre è sufficientemente piccolo, sia per il componente che per l'organismo da progettare, per consentire l'accrescimento da una dimensione modulare alla seguente con intervalli limitati (in particolare non vi è la stretta necessità di applicare valori sottomultipli del modulo-base).

In riferimento al ciclo aperto, la progettazione del componente è finalizzata a renderlo inseribile in intervalli e campi modulari in nM (con n intero) definibili nella progettazione dell'organismo edilizio, mentre in quest'ultima occorre effettuare quelle scelte modulari che consentano di utilizzare differenti componenti in dimensioni modulari.

Sia per la progettazione del componente che dell'organismo edilizio si effettuano scelte multimodulari, cioè ripetizione lineare (linea di riferimento modulare) o secondo due o tre assi ortogonali (reticoli bidimensionali o tridimensionali) di valori multipli del modulo-base. Le scelte multimodulari possono essere semplici, cioè adozione di un unico multimodulo (per es., 3M o 5M), o composte, cioè combinazioni di multimoduli. Le scelte multimodulari composte si possono basare nell'applicazione della "coppia di numeri", che attraverso la relazione (a − 1) × (b − 1) = Nc (in cui a e b sono numeri primi tra loro) determina un valore critico al di sopra del quale tutte le dimensioni sono incrementabili di 1M in 1M (al di sotto di tale valore critico si hanno Nc/2 − 1 valori dimensionali); ciò significa che producendo il componente secondo i due valori modulari a e b predetti si ottengono "insiemi assemblati" incrementabili di 1M in 1M (quindi si consegue un maggior grado di applicabilità) e al tempo stesso che nella progettazione dell'organismo edilizio si ottiene la massima flessibilità per la collocazione dei componenti. A livello di progettazione dell'organismo edilizio costituisce scelta multimodulare composta anche l'adozione del reticolo scozzese, cioè combinazione a tartan di più reticoli di pianta, al fine di conseguire una maggiore flessibilità sia per la collocazione dimensionale che per il montaggio dei componenti assegnando, al limite, un reticolo di riferimento per ciascuna categoria di elementi di fabbrica impiegati nella realizzazione dell'organismo edilizio. In pratica il coordinamento dimensionale è un semplice strumento per rendere dimensionalmente combinabili i componenti, in rapporto anche all'accoppiabilità (possibilità effettive di connessione), e le scelte relative debbono essere tali da rendere il più ampio possibile il campo di applicazione del componente modulare (da qui il passaggio dalle scelte multimodulari semplici a quelle composte).

Qualora vi siano delle dimensioni ricorrenti per convenzione (per es., luci libere di piano; dimensioni derivanti da esigenze di sicurezza statica, ecc.), i componenti possono essere prodotti in valori modulari standard, cioè in classi d'ingombro modulare (in pianta o in alzato): le partizioni interne possono essere prodotte in altezza nei valori 27M o 30M, se queste sono le luci libere di piano ricorrenti; i pilastri dello scheletro portante potranno avere ingombro modulare in pianta, per es., di 2M × 2M o di 3M × 3M a seconda dei carichi che debbono sopportare.

Infine si possono individuare in sede di progettazione dell'organismo edilizio quelle condizioni che pongono il componente (in larghezza, in altezza, nello spessore) in "stato d'indifferenza" rispetto al coordinamento modulare: assumendo una, due o tutte le dimensioni pari al modulo base (per es., spessore di tramezzi in 1M, piastrelle in 1M × 1M; conci in 1M × 1M × 1M); disponendo il componente all'esterno di linee o reticoli modulari (per es., è il caso di pilastri o di pannelli di tamponatura tangenti al reticolo di pianta).

I componenti prodotti mediante casseforme sîa in officina sia in opera (industrializzazione dei getti), per risultare in coordinamento modulare, implicano che le stesse casseforme risultino calchi modulari secondo i criteri sopraccennati.

Com'è noto, la dimensione modulare non è una reale dimensione del componente, bensì è un valore di riferimento soltanto per la combinalità geometrica; in effetti si avranno: una dimensione nominale (di progetto), che è pari a quella modulare detratto lo spazio destinato ai collegamenti, e una dimensione effettiva, cioè quella reale del componente una volta prodotto, che si determina considerando l'intervallo massimo di errore (in più o meno) ammissibile rispetto alla dimensione nominale (tolleranza di produzione). Tutto ciò per evitare in fase di montaggio interferenze tra le dimensioni dei componenti da accoppiare e determinare, quindi, preventivamente il gioco per l'accoppiamento.

Il problema delle tolleranze va inoltre considerato a livello di posizionamento e montaggio per gl'insiemi assemblati in sede cantieristica. In effetti il componente industrializzato, dovendo possedere capacità di combinabilità e di accoppiabilità a monte della realizzazione dell'organismo edilizio, non ammette lavorazioni di modifica e di assestamento in fase di montaggio.

Nel caso di adozione del modulo oggetto, questo è un'entità tridimensionale reale, con i propri attributi geometrici e di forma, che determina il coordinamento dimensionale dell'insieme: si realizza un oggetto che, date le sue caratteristiche morfologiche, rappresenta il modulo il quale, ripetuto, regola la configurazione e la conformazione dell'organismo edilizio. Il principio del modulo-oggetto è riscontrabile nei procedimenti industriali a cellule spaziali, sovrapponendole e giustapponendole (accatastamento) e nelle apparecchiature costruttive reticolari spaziali che attraverso una gemmazione di elementi lineari, asta + nodo, dànno luogo a molteplici configurazioni spaziali (per es., le esperienze del Wachsmann, del Fuller, ecc.). L'adozione del modulo-oggetto offre la possibilità di un superamento del coordinamento dimensionale modulare secondo tre assi ortogonali, che conduce generalmente a configurazioni parallelepipede dell'organismo edilizio; in tal senso costituisce oggi un interessante campo di ricerca per nuove esperienze sia a livello di organismo edilizio sia a livello di town-design. Anche in caso di applicazione del modulo-oggetto è valido quanto detto in merito al problema delle tolleranze.

Caratteristica comune sia ai componenti industrializzati impostati secondo il modulo-misura sia a quelli basati sul modulo-oggetto è possedere capacità di connessione sul piano costruttivo - "accoppiabilità" - con componenti dello stesso tipo (per es., tra pannello e pannello, tra cellula spaziale e cellula spaziale) e di tipo diverso (per es., tra pannello-facciata e serramento, tra pannello-facciata ed elemento dello scheletro portante).

Le caratteristiche morfologiche del componente ai fini del collegamento possono essere monovalenti (unica possibilità di accoppiamento) o polivalenti (capacità di connessione per più conformazioni dei componenti a contatto); inoltre possono essere monodirezionali (giunzione a una via) o pluridirezionali (giunzioni a più vie).

Ai fini dell'accoppiabilità il componente può essere conformato al contorno in modo da determinare la connessione (giunto incorporato), oppure è necessaria un'entità di giunzione separata (giunto scorporato) da realizzare in opera (giunto bagnato, per es. la connessione mediante malta cementizia) o preformato in officina (giunto meccanico o attrezzatura di giunto, per es. i montanti per le pareti spostabili).

Per effettuare la connessione dei componenti è necessario predisporre il piano di montaggio.

Infine occorre tenere presente che il componente industrializzato deve possedere specifiche capacità di prestazione da determinare in rapporto: a) alla funzione e alla collocazione nell'ambito dell'apparecchiatura costruttiva; b) alle esigenze abitative a seconda della categoria edilizia (residenziale, scolastica, sanitaria, ecc.) in cui dev'essere applicato); c) al comportamento nell'uso in base alle esigenze dello spazio che concorre a costruire.

Le capacità di prestazione del componente industrializzato devono essere riferite essenzialmente: alla sicurezza statica; all'isolamento termico e acustico; all'impermeabilità; al comportamento sotto l'azione di fluidi e della luce; alla durata; al comportamento al fuoco; all'integrabilità con gl'impianti; alla sicurezza sul lavoro.

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Settori di intervento.

L'e. deve soddisfare innanzitutto le esigenze abitative intese in senso lato: da ciò consegue che l'oggetto edilizio finale è caratterizzato dall'attività umana di cui consente lo svolgimento. Attualmente l'e. non tende alla definizione aprioristica di un modello univoco, ma, invece di ricorrere a classificazioni tipologiche in senso classico, fa riferimento al comportamento dell'utenza in rapporto al contesto sociale e territoriale in cui essa è localizzata, qualificandosi per settori d'intervento.

Al fine di enucleare le caratteristiche generali dell'oggetto edilizio finale in funzione delle attività che lo contraddistinguono nell'uso si esaminano nel seguito i principali settori d'intervento: e. residenziale, e. per i servizi (e. scolastica e universitaria, per la sanità, per il commercio, amministrativa, per il culto, socio-culturale, per lo spettacolo, per il turismo, per lo sport e il tempo libero, cimiteriale), e. per l'industria, e. per l'agricoltura, e. per infrastrutture.

Va comunque rilevato che le più recenti tendenze di sviluppo dell'e. non si attuano attraverso singoli organismi, quanto piuttosto attraverso programmi di interventi, che costituiscono "griglie" di attrezzature, servizi e infrastrutture integrate a livello territoriale.

Edilizia residenziale. - Il significato del termine "e. residenziale" ha subìto in tempi recenti una profonda trasformazione in senso estensivo, connessa con la graduale presa di coscienza di come la residenza non possa limitarsi al semplice alloggio, ma debba comprendere tutti i servizi necessari all'organico espletamento della funzione abitativa. In effetti tale termine, che in un primo tempo stava a indicare i soli edifici destinati all'alloggio, è passato successivamente a significare anche le opere di urbanizzazione primaria (strade, impianti, sistemazione a verde, ecc.), che rendono possibile l'uso degli edifici suddetti come abitazioni adeguate al bisogno che le ha prodotte; in tempi più recenti si è infine giunti a considerare incluse nell'e. residenziale, in un contesto più vasto, anche quelle attrezzature destinate ad attività complementari e intimamente connesse a quella abitativa, necessarie per l'espletamento corretto e naturale della funzione primaria, che resta comunque, ovviamente, quella residenziale. In tal senso sono da comprendere nell'e. residenziale anche edifici collettivi, quali scuole, edifici per il commercio, per la cultura e la sanità, per i servizi amministrativi, per il culto, per lo sport, purché direttamente connessi con l'abitazione.

L'estensione del concetto di "residenza" nei termini indicati in rapporto all'evoluzione della cultura urbanistica, ha comportato l'ampliamento della scala degl'interventi nel settore dell'e. residenziale. Dall'elementare realizzazione di edifici indifferenziati, ancora presente nella ricostruzione dell'immediato dopoguerra, si è passati a considerare l'alloggio come cellula aggregabile per costituire complessi aventi alcuni servizi comuni, che si esaurivano entro un perimetro ben definito, il "confine" assegnato all'"unità residenziale"; a questo tipo sono sostanzialmente riconducibili gl'interventi promossi in Italia dall'INA-CASA nei due settenni di attività (1949-63). Gl'interventi di e. residenziale, si sono venuti così configurando come operazioni integrate a livello urbanistico, anche se non sempre organicamente inserite nella struttura urbana.

Alla luce delle recenti esperienze, in relazione anche agli orientamenti del dibattito architettonico e urbanistico, è viva attualmente l'esigenza di un profondo rinnovamento nella concezione e negli strumenti di attuazione e di controllo della forma della città nel cui ambito il sistema dell'e. residenziale, nel suo significato più ampio, assume un ruolo di prim'ordine nella determinazione della struttura urbana. L'evoluzione indicata comune alla maggioranza dei paesi occidentali e in particolare europei, è ovunque rapportata al parallelo modificarsi della legislazione urbanistica. La costituzione delle new towns inglesi nell'immediato dopoguerra, dal 1946 alla metà degli anni Cinquanta, e ancor più la politica francese dei grands ensembles vede nella residenza l'elemento trainante per l'espansione delle città e la costituzione di nuovi poli di sviluppo urbano. Tali operazioni finalizzate a evitare l'espansione a macchia d'olio della città sono peraltro risultate nella realtà non pienamente rispondenti non avendo efficacemente contribuito a evitare il centripetismo delle grandi concentrazioni urbane.

Come superamenio di queste esperienze la cultura urbanistica europea più aggiornata è attualmente orientata a risolvere l'integrazione residenza-servizi-lavoro a una scala territoriale legata alle dimensioni della regione (vedi in particolare le recenti realizzazioni francesi delle villes nouvelles, e le britanniche expanded towns).

In Italia uno dei primi tentativi da parte della pubblica amministrazione di rapportare a livello urbano gl'interventi pubblici nel settore dell'e. residenziale è da individuare nella realizzazione dei "quartieri coordinati" (1960), istituiti allo scopo di coordinare i programmi esecutivi dei principali enti preposti all'e. popolare (Istituti per le case popolari; INACASA, INCIS, UNRRA-CASAS) con la collaborazione dei comuni interessati e con l'intervento finanziario del ministero dei Lavori Pubblici. L'idea di tali complessi muoveva dalla convinzione che la giusta dimensione degl'interventi nel campo dell'e. popolare dovesse essere individuata nel "quartiere", cioè in quella unità urbanistica organizzata che consentisse la soluzione più attendibile dei problemi riguardanti la realizzazione dei servizi pubblici e delle attrezzature di carattere collettivo. Particolare importanza anche per l'influenza che avrà nello sviluppo delle città italiane è la l. 18 apr. 1962, n. 167, relativa a disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'e. economica e popolare. Secondo tale legge i comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti o capoluoghi di provincia sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare, nonché alle opere e servizi complementari urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico e gli spazi riservati a opere e impianti d'interesse pubblico e a edifici pubblici e di culto. L'estensione delle zone da includere nel piano, determinata in base alle esigenze di edilizia residenziale per un decennio, può coprire fino al 60% del fabbisogno complessivo di e. abitativa nel periodo considerato. Sulle aree di piano, espropriate dai comuni o dai loro consorzi, va concesso il diritto di superficie per la costruzione di abitazioni di tipo economico-popolare e dei relativi servizi urbani e sociali.

Il d. m. 28 apr. 1968, n. 1444, emesso in base alla l. 6 ag. 1967, n. 765 (la cosiddetta "legge ponte"), definisce gli standard di superficie relativi ai "servizi" degl'insediamenti residenziali nella misura complessiva minima di 18 m2 ad abitante. Tale quantità va ripartita nella misura di 4,50 m2 per le aree d'istruzione, 2,00 m2 per attrezzature d'interesse comune, 9,00 m2 per verde pubblico, 2,50 m2 per i parcheggi. A ogni abitante va infine attribuita una superficie lorda abitabile di almeno 25 m2. Il decreto citato risulta significativo in quanto, oltre a specificare quantitativamente l'aliquota di superficie spettante ai "servizi" connessi con le abitazioni, ne qualifica contemporaneamente le attribuzioni: vengono così esplicitamente incluse nella e. residenziale attrezzature quali asili nido, scuole materne, scuole dell'obbligo; attrezzature religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi; spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport. Tali indicazioni vengono ribadite nella successiva l. 22 ott. 1971, n. 865, relativa alla e. residenziale pubblica.

L'evolversi della concezione urbanistica della residenza è direttamente correlata a una trasformazione tipologica dell'e. abitativa. Ai tipi edilizi tradizionali costituiti in genere da unità relativamente piccole, conseguenti a una processualità dello sviluppo urbano che trova il suo strumento di attuazione nello zoning bidimensionale, si vanno affiancando e sostituendo organismi polifunzionali sempre più vasti e complessi, costituenti aggregazioni a livello di struttura urbana. In tali esperienze si può in generale individuare la tendenza a realizzare gangli vitali di notevole complessità, sottendenti spesso tecnologie costruttive avanzate e finalizzati all'ottenimento del cosiddetto "effetto città"; queste opere sono frequentemente caratterizzate dalla ricerca di una fessibilità funzionale e figurativa implicita nell'organizzazione globale, il cui controllo è conseguibile con l'individuazione di una struttura di base fortemente significativa che lasci ampi gradi di libertà al costituirsi dél tessuto abitativo.

Nella prospettiva di interventi di notevoli dimensioni e ripetuti sul territorio, assume sempre maggior rilievo l'adozione di procedimenti costruttivi industrializzati basati sia sulla prefabbricazione di componenti in stabilimento o in officina foranea, sia sull'industrializzazione in opera (per es., procedimenti basati su casseforme-tunnel). Parallelamente l'aumentata dimensione degl'interventi comporta trasformazioni nei metodi di progettazione (società o gruppi di Consulting engineering in luogo del singolo progettista) e nelle procedure di appalto.

Per quanto concerne l'alloggio va rilevato che in Italia, dal periodo post-bellico, per lungo tempo, si assiste a una generalizzata applicazione di tipologie derivate (quando non direttamente mutuate) da quelle razionaliste degli anni Trenta (vedi gli studi del Klein) con rigida divisione in "camere" e separazione tra le zone funzionali "notte" e "giorno". Tale orientamento è rafforzato dalla normativa che, per l'e. pubblica, impone standard di superficie ripartiti per ambienti, confermando l'univocità del modello d'uso.

Dalla fine degli anni Sessanta, anche sulla base delle esperienze straniere (vedi in particolare quelle inglesi) si vanno elaborando studi e criteri per un radicale rinnovamento dell'organizzazione dell'alloggio in funzione della variabilità del comportamento dell'utente, derivata dall'evoluzione della struttura familiare nonché del modo stesso d'intendere l'abitare. A tale scopo si riscontra in primo luogo la tendenza ad assegnare un valore di superficie globale stabilito in funzione del numero di componenti il gruppo familiare (standard abitativo globale) correlato a una reale flessibilità d'uso interna dell'alloggio. Per conferire una tale" flessibilità oggi si vanno delineando alcuni orientamenti base, corrispondenti a un sempre più elevato grado di partecipazione diretta dell'utente: quali, in particolare, la definizione, a monte della realizzazione, di molteplici configurazioni di alloggi; la realizzazione di alloggi suscettibili di essere variati nell'organizzazione interna direttamente da parte dell'utente; la realizzazione di uno spazio configurato, ma disponibile, che lo stesso utente può organizzare a suo piacimento in base a una gamma più o meno ampia di scelte.

Al fine di garantire i gradi di flessibilità sopra citati, i vari elementi di fabbrica dell'organismo edilizio devono possedere specifici requisiti e caratteristiche connesse con la variabilità del modello d'uso. In particolare si segnala l'adozione di elementi costruttivi industrializzati per partizioni interne attrezzate spostabili o mobili, chiusure orizzontali attrezzabili di luce libera pari alla dimensione dell'intero alloggio, chiusure verticali attrezzate, blocchi ambiente funzionali per bagno o per cucina.

Edilizia scolastica e universitaria. - L'organismo edilizio per la scuola rappresenta in generale un àmbito fisico per lo svolgimento di attività educative, concepite come un processo continuo di formazione culturale, che va dalla prima infanzia sino alla maturità fisica e intellettuale dello studente; in tal senso la scuola va considerata come servizio sociale, diritto inalienabile di ogni cittadino di disporre degli strumenti necessari della conoscenza.

Tale concezione dell'educazione, innovativa rispetto al passato, ha comportato in tempi recenti profonde trasformazioni alle caratteristiche dell'organismo scolastico che da monumento-caserma a più piani tende a trasformarsi in costruzione bassa immersa nel verde; da scuola di esaltazione del sapere e della scienza senza incidenza sul tessuto sociale o improntata a criteri selettivi, in scuola di formazione più libera, aperta alle varie classi sociali; da edificio casualmente localizzato nella trama del centro storico, a rete di servizio scolastico che diffonde l'"effetto scuola" su tutto il territorio, con attrezzature che vanno dalle scuole materne alla scuola elementare, media inferiore, media superiore fino all'università, in proporzione alla distribuzione territoriale degli abitanti. In tal senso il servizio scolastico tende a costituirsi come una griglia sovrapposta e intrecciata con altri servizi della cultura, opportunamente integrati a consentire varietà di libere scelte non solo alla popolazione studentesca ma anche (e soprattutto) alla totalità degl'individui.

In rapporto all'accresciuta e diffusa domanda d'insegnamento, conseguenza diretta di una tale concezione della scuola, s'individuano oggi alcuni orientamenti che caratterizzano il nuovo tipo di rapporto che s'intende instaurare nell'attività educativa. Un primo orientamento tende a offrire a ciascun allievo la possibilità di seguire un metodo d'insegnamento confacente alle proprie attitudini in modo da poter liberamente maturare una propria dimensione culturale e sociale; parallelamente s'individua la tendenza a offrire agli allievi la possibilità di scegliere tra le materie d'insegnamento quelle che si adattino maggiormente ai propri interessi, al fine di sviluppare al massimo le proprie virtualità in funzione della maturazione intellettuale, in quanto individui. Su tali obiettivi interviene da un lato l'organizzazione dei programmi, delle attività e degli spazi, dall'altro la ricerca di nuovi metodi e mezzi d'insegnamento.

In tale prospettiva nella definizione dell'organismo edilizio tende a scomparire la cellula base della scuola tradizionale, la classe, nella quale era costante il rapporto tra il gruppo fisico di apprendimento, il docente e lo spazio (aula): in luogo dell'aula s'introduce un'organizzazione degli ambienti flessibile e adeguata a recepire le variazioni continue dei gruppi di apprendimento, non più suddivisi in nuclei fissi per numero e per età. In tal senso sono da tempo orientate le esperienze scolastiche negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e nei paesi scandinavi. In queste esperienze il corridoio come disimpegno e l'aula come ambiente fisico sono sostituiti da uno spazio continuo e modificabile in funzione della variabilità d'uso, in cui gli alunni possono comporsi liberamente in nuclei di apprendimento sia individuali che variamente articolati.

Peraltro il passaggio dai programmi sperimentali alle applicazioni su vasta scala dei nuovi metodi d'insegnamento e delle nuove strutture fisiche non è immediato, in quanto legato alle condizioni sociali, culturali ed economiche; in ogni caso l'edificio dev'essere progettato e realizzato in modo da consentire una facile trasformazione nel tempo senza successivi interventi di adattamento mediante demolizione e ricostruzione, adottando tutti gli accorgimenti che offre l'attuale tecnologia edilizia. Gli ambienti debbono consentire in reciproca complementarietà lo svolgimento delle attività didattiche con la divisione degli allievi in gruppi variamente articolabili; d'altra parte l'articolazione dei livelli educativi precisa il grado di specializzazione dei vari ambienti, che tende a essere maggiore col passare dalle scuole elementari a quelle secondarie e a quelle superiori. Gli ambienti più specializzati sono per loro natura meno flessibili e tendono a costituirsi come nuclei fissi, quali, per es., gli spazi per le attività speciali (attività tecniche, scientifiche, ecc.) di uso nella scuola secondaria di 1° e 2° grado, auditorio, palestra, ecc., mentre le aule non specializzate, convenientemente relazionate, costituiscono la struttura variabile e flessibile dell'edificio scolastico. La dinamica nel tempo delle relazioni tra parti flessibili e parti fisse è ovviamente funzione del tipo di scuola, dei metodi didattici, del grado di utilizzazione della scuola, della specializzazione dei sistemi d'insegnamento.

Gli spazi per la distribuzione tendono ad assumere, oltre alla naturale funzione di collegamento tra i diversi ambienti dell'edificio, quelle di tessuto connettivo e integrativo in cui siano possibili, nelle loro varie articolazioni, rapporti di scambio non formalizzati e la collocazione di arredi e attrezzature particolari, anche ad uso didattico.

Per quanto concerne le università, attualmente in molti paesi si manifestano tendenze verso nuovi modelli nel quadro di un più aggiornato modo d'interpretare e organizzare la cultura, in rapporto anche alla sua diffusione sul territorio. Una delle componenti più significative nella trasformazione dell'istruzione universitaria è il passaggio dall'università di élite all'università di massa. Il fenomeno quantitativo ha implicazioni qualitative ancor più rilevanti, in quanto un'università di massa non può che trasformare la tradizionale struttura organizzativa. Nei più recenti sviluppi delle università si tende al superamento delle tradizionali organizzazioni universitarie prevalentemente basate sulla concezione del campus, propria dei paesi anglosassoni, o del "complesso universitario" ricorrente nei paesi latini: nel primo caso l'università è impostata ai princìpi dell'autosufficienza e del decentramento, contenendo il campus non solo le strutture per la didattica e la ricerca, ma anche gli alloggi per gli studenti e i docenti, le attrezzature complementari per le attività culturali integrative, sportive, di svago, nonché le attrezzature amministrative e commerciali necessarie ad assicurare l'autosufficienza della comunità universitaria, che si trova pertanto avulsa da una diretta integrazione con le strutture del territorio. Nel caso dei complessi universitari, l'università è localizzata in un centro urbano preesistente, che tavolta ne è profondamente caratterizzato in termini sia economici che sociali; peraltro la "città universitaria", risultata spesso insufficiente al crescere delle esigenze culturali e organizzative, si è disarticolata per facoltà, perdendo così sia i vantaggi della concentrazione del complesso universitario che i vantaggi dell'unità e dell'autonomia ambientale del campus.

In Italia le proposte di rinnovamento s'identificano oggi nel superamento delle compartimentazioni "verticali" (facoltà) come luogo unitario e autonomo di preparazione a una specifica professione, in favore di dipartimenti costituenti aggregazioni in forme più o meno definite di materie, che consentano un'accresciuta mobilità degli studenti e dei docenti nell'ambito della didattica e della ricerca.

L'tuniversità di massa, assumendo implicitamente la funzione di contribuire criticamente al processo di trasformazione della società, tende a integrarsi direttamente con la società stessa e quindi con le strutture che la caratterizzano, proponendosi come polo qualificato dello sviluppo urbano. In tal senso la maggior parte delle attrezzature universitarie divengono fruibili dalla collettività dell'area urbanizzata in cui l'università stessa si trova.

Una struttura di questo tipo richiede organismi edilizi dotati di elevati gradi di flessibilità, resi possibili dalle tecnologie più avanzate e da definizioni tipologiche che non possono in alcun modo essere derivate da precostituite concezioni formali, ma che al contrario devono scaturire da reali esigenze culturali, sociali, organizzative in rapporto al loro continuo trasformarsi, per dar luogo a sistemi direttamente integrati con gl'indirizzi di pianificazione del territorio. A tale riguardo sono esempi significativi alcune recenti realizzazioni tra le quali si possono segnalare: l'università di Loughborough in Gran Bretagna, che presenta caratteri di estrema libertà di organizzazione, riflessi in ogni fase della sua crescita concepita come un momento di un processo di evoluzione continua; l'università dell'East Anglia in Gran Bretagna, nella quale la nuova struttura tende a concretare le relazioni fra le diverse attività e le diverse discipline, consentendo al suo interno processi di evoluzione e di modificazione; la libera università di Berlino, intesa come organismo dinamico e vivo, caratterizzato da tutti gli attributi che consentono di definirlo "urbano".

Edilizia per la sanità. - L'ormai acquisito diritto all'assistenza sanitaria ha condotto in questi ultimi tempi a una profonda modificazione delle strutture destinate alla sanità; in Italia sono stati proposti diversi piani sanitari regionali che prevedono generalmente una rete di servizi a vari livelli, dalle piccole unità periferiche, presìdi elementari, a quelle intermedie più o meno specializzate, ambulatori, centri di prevenzione, e di educazione sanitaria, ai complessi ospedalieri di diagnosi e terapia. Tali piani implicano un sistema sanitario complesso che contempla l'istituzione delle unità locali di assistenza socio-sanitaria, che dovrebbero favorire la più completa e capillare diffusione del servizio. L'ospedale in particolare non è più considerato come l'unica sede degl'interventi sanitari, ma si configura come una delle componenti (certamente privilegiata) del sistema sanitario. Nell'unità locale si riorganizzano le attrezzature per il controllo dell'ambiente e per la difesa della sanità pubblica e i vari presìdi ambulatoriali che forniscono diagnosi e terapia alla più alta percentuale dei pazienti, consentendo a questi di permanere nel proprio ambiente di vita; vengono previsti anche gli ospedali diurni (day-hospital) per particolari prestazioni terapeutiche e riabilitative offerte in tempi lunghi a pazienti obbligati a fruire periodicamente di cure specifiche. Il ricovero ospedaliero viene in tal modo a essere utilizzato non per carenza di altri servizi, ma quando le necessità della cura lo richiedono effettivamente. In questo contesto l'ospedale può essere riservato prevalentemente alle cure intensive e subintensive, utilizzando anche le più avanzate risorse della scienza medica e gli operatori più preparati. La tipologia ospedaliera, che nel passato aveva assunto il tipo a padiglioni seguito dal monoblocco e più recentemente dal monoblocco verticale, è ora sperimentata nella forma compatta orizzontale, articolata come una grande "griglia" nei casi di maggior numero di letti. Nel nuovo tipo di ospedale si tende a superare la rigida suddivisione in specialità cliniche totalmente autonome, che spesso provoca una dispersione di attrezzature e di tempo, se non addirittura una ripetizione di analisi nel passaggio da una sezione all'altra. La nuova suddivisione tiene conto prevalentemente dell'intensità e complessità della cura e si basa su una efficente circolazione di informazioni da raccogliere in un centro direzionale (banca dei dati) controllato dall'unità locale di assistenza socio-sanitaria. L'edificio si adatta al progredire della tecnica sanitaria e si arricchisce di impianti (inclusi quelli della climatizzazione artificiale), che hanno oramai assunto un ruolo dominante nella progettazione, al punto d'indurre a prevedere normalmente un intero piano, di altezza ridotta ma egualmente praticabile, destinato alle varie reti di canalizzazioni. Tra le nuove attrezzature ricordiamo quelle delle circolazioni extracorporee (dialisi), della rianimazione, delle camere operatorie iperbariche, della completa monitorizzazione di speciali posti di degenza. I policlinici, ove si svolge anche la ricerca e l'insegnamento, sono i più soggetti agli adattamenti richiesti dal progresso scientifico e pertanto gli esempi più recenti sono stati studiati con il massimo grado di flessibilità (v. anche sanitaria, legislazione, in questa App.).

Edilizia per il commercio. - In generale l'esercizio delle attività commerciali può assumere forme assai diverse in funzione del tipo di merce, l'entità delle partite trattate, l'organizzazione economica, tecnica e di mercato. Gli edifici destinati ad accogliere attività commerciali si differenziano, inoltre, anche per la presenza o meno della merce durante la trattativa: in assenza della merce l'edificio è al limite infatti assimilabile a un ufficio; in assenza della trattativa s'identifica con un magazzino.

Attualmente, secondo quanto già detto in precedenza, gli esercizi commerciali possono essere inclusi nell'e. residenziale qualora a servizio diretto delle abitazioni. In tal senso rientrano più in generale nell'e. residenziale i negozi e gli esercizi commerciali di quartiere, tradizionalmente allogati nei piani terreni delle abitazioni lungo le strade urbane o, in interventi più recenti, in appositi edifici di servizio.

A una scala più vasta con implicazioni territoriali assumono particolare importanza i centri commerciali. Tali strutture si sono sviluppate negli ultimi trent'anni, dapprima negli Stati Uniti e successivamente in Europa in relazione alle profonde trasformazioni delle strutture urbane derivate dall'estensione delle periferie rispetto ai centri urbani, nonché dall'incremento della circolazione automobilistica e dalla congestione del traffico. Infatti la polverizzazione dei piccoli esercizi commerciali al piano terreno degli edifici, distribuiti su grandi distanze, l'esistenza di strade commerciali frequentate da traffico caotico e promiscuo, le difficoltà di parcheggio e di approvvigionamento contribuiscono ad aggravare situazioni urbanistiche anacronistiche e inadeguate. In rapporto alle esigenze di un profondo rinnovamento delle strutture urbane e radicali trasformazioni del settore della distribuzione commerciale, si è andata formulando l'espressione del centro commerciale nei termini attuali.

Il grande magazzino al centro della città si viene a trovare sempre più isolato e difficilmente accessibile dai nuovi quartieri periferici; in tali condizioni l'area di commercio al dettaglio tende a spostarsi verso i nuclei suburbani; i tipi di esercizi commerciali che sfruttano rapidamente la nuova situazione, tra i quali principalmente i supermercati, costituiscono il fulcro di una nuova organizzazione commerciale che conduce alla realizzazione di centri commerciali situati nelle fasce esterne della struttura urbana e, al limite, in aperta campagna, secondo quanto è avvenuto negli ultimi decenni negli SUA prima e in Europa poi. Per mantenere il volume e la stabilità delle vendite un centro commerciale tende a richiamare un flusso continuo di pubblico onde smussare le punte di maggior affollamento e diminuire i periodi morti. A tal fine il centro commerciale tende ad arricchirsi di attrazioni suppletive per gli acquirenti integrandosi, negli esercizi più importanti, con servizi di tipo culturale e sociale, come sale di riunione e spettacolo, asili nido, attrezzature sportive, ecc. Una struttura commerciale di tale tipo assume dimensioni e importanza in relazione alla popolazione servita e ai raggi di percorrenza massimi considerati, nonché a numerosi fattori estremamente variabili e di difficile valutazione, quali il grado di attrazione del campo urbano, componenti psicologiche, di tradizione, ecc. Sulla base dei raggi d'influenza previsti nei paesi anglosassoni si distinguono tre tipi di centri commerciali: a livello regionale (popolazione servita pari a 200.000 ÷ 800.000 unità, raggio d'influenza 20 ÷ 30 minuti d'auto); a livello comunitario (popolazione servita 30.000 ÷ 200.000 unità); a livello di quartiere (5000 ÷ 40.000 unità). Quest'ultimo, dotato di negozi alimentari e dei principali negozi di carattere secondario nonché di mercato al minuto, è una tipica attrezzatura considerata nell'ambito dell'e. residenziale così come sopra definita.

Le infrastrutture principali di un centro commerciale consistono innanzitutto nella dotazione di parcheggi: l'area destinata a tale scopo risulta statisticamente tripla rispetto a quella di vendita, con un'incidenza media di 90 ÷ 100 posti-macchina per "posto-vendita"; particolare cura va inoltre posta nella distribuzione della rete di circolazione interna di approvvigionamento, che dev'essere separata da quella pedonale (eventualmente a livelli sfalsati); notevole importanza assumono infine i dispositivi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi, specialmente per quel che concerne i magazzini alimentari che producono materiale di rifiuto talora notevolmente inquinante.

Attualmente grande sviluppo vanno assumendo i centri alimentari a carattere cittadino e comprensoriale che comprendono l'intera gamma di operatori (dai grossisti ai piccoli dettaglianti) che intervengono nella catena di distribuzione. A questi centri sono spesso collegati impianti di trasformazione o di conservazione quali: mattatoi, centri frigoriferi, ecc.

Edilizia amministrativa. - Il continuo processo di terziarizzazione ha portato alla richiesta di un gran numero di edifici capaci di ospitare uffici di diversi caratteri e dimensioni, pubblici e privati; ciò ha condotto a individuare nella struttura urbana il centro direzionale. I nuovi centri direzionali, alternativi o complementari, che spesso integrati con la viabilità assumono configurazioni lineari, costituiscono in specifiche contestualità una delle guide primarie di sviluppo della città.

In effetti la creazione dei centri direzionali, in quanto complessi organismi a scala urbana ospitanti notevoli concentrazioni di attività terziarie in rapporto alle dimensioni delle città e del territorio serviti, contribuisce non solo a spostare in misura radicale i principali flussi di traffico, ma anche, e soprattutto, a modificare gli stessi indirizzi delle strutturazioni e della crescita urbana. In tal senso si possono dare casi di centri direzionali appositamente pianificati come poli di sviluppo di aree metropolitane, alternativi ai centri tradizionali; in altri casi i centri direzionali sono progettati in funzione della salvaguardia dei centri storici, in quanto la loro costituzione consente di drenare dal nucleo antico le attività terziarie incompatibili con le strutture edilizie e urbanistiche preesistenti.

Considerando il cosiddetto "palazzo per uffici", si può notare il carattere di nuovo "monumento" che esso ha assunto già in passato e continua a mantenere nelle opere di maggiori dimensioni; carattere derivato tra l'altro dalla ricerca di un'immagine pubblicitaria dell'azienda, che si riflette oltre che nelle caratteristiche architettoniche anche nei particolari e nell'arredo, con il frequente ricorso a tecnologie molto raffinate. La monumentalità del singolo palazzo per uffici tende a essere superata nel centro direzionale ove l'organismo edilizio, funzionalmente assimilabile a un contenitore, si configura come una cellula di un più ampio tessuto urbano, in stretta correlazione con le opere infrastrutturali di trasporto.

L'organismo per uffici può essere inteso, nella sua forma più generale, come assemblaggio di spazi indifferenziati e flessibili, capaci di adattarsi alle più diverse richieste di suddivisione mediante l'uso di partizioni interne spostabili piane o attrezzate, nei quali i servizi sono di norma concentrati in colonne contenenti anche gli elementi di comunicazione verticale (scale e ascensori) nonché la principale distribuzione impiantistica; colonne verticali che spesso assolvono a funzioni portanti o di controventamento. Le caratteristiche di flessibilità peculiari degli edifici per uffici comportano nella progettazione e realizzazione l'impiego di criteri di coordinamento dimensionale relativi all'intero organismo edilizio, dall'ossatura portante alle chiusure verticali interne, all'arredo; ciò consente, tra l'altro, l'adozione di procedimenti costruttivi altamente industrializzati, o comunque dotati di elevato grado di razionalizzazione.

Edilizia per il culto. - Le diverse confessioni religiose, teoricamente e ideologicamente molto distanti fra loro, tendono a trovare oggi un punto d'incontro e di reciproca comprensione assumendo fra le proprie funzioni, oltre agli specifici atti del culto, una comune apertura sociale. In tal modo l'atto religioso, senza perdere nulla del suo valore spirituale, assume nelle diverse confessioni l'aspetto comunitario di partecipazione collettiva. Nella moderna civiltà urbana l'attività religiosa non mira più a isolarsi o a contrapporsi alle altre attività sociali, ma è chiamata a penetrare con la luce del suo messaggio liberatorio tutti i momenti della vita comunitaria. Il tempio non è più quindi un edificio isolato, che s'impone e sovrasta la città o il territorio che lo circonda, ma piuttosto un organismo architettonico che s'inserisce nella vita della collettività.

La Chiesa cattolica post-conciliare partecipa al comune rinnovamento della società umana che, in ogni parte del mondo, sta vivendo uno dei periodi di trasformazione più accelerata della storia. Richiamandosi alla spiritualità dei primi tempi apostolici essa rivivifica la sua antica missione evangelizzatrice e rinnova radicalmente la sua pastorale urbana. Nella città, abbandonati gli antichi attributi trionfalistici, sceglie un ruolo esclusivamente sacramentale-comunitario e una dimensione che, trascendendo i confini reali della parrocchia, la configura come comunità ecclesiale. Non più circoscritta negli angusti limiti di un involucro murario, la chiesa vive nel quartiere, nelle case, nei luoghi d'incontro e di scambio, identificandosi e completandosi con i suoi fruitori.

La chiesa dell'autostrada del Sole di Michelucci, insieme con le chiese degli aeroporti e delle stazioni, con le cappelle smontabili o addirittura mobili, sono il segno espressivo di una realtà umana e sociale completamente nuova. La comunità non più convocabile nel piccolo ambito sormontato dal campanile, fruisce di un territorio dai confini sempre più estesi, l'edificio si fonde con lo spazio circostante in una dimensione urbana che rappresenta il nuovo volto della città.

Facendo riferimento alla chiesa di culto cattolico la recente "Istruzione per l'applicazione della costituzione liturgica", configura alcuni spazi specifici e fondamentali: la zona del presbiterio integrata con quella dell'assemblea, per le funzioni liturgiche, la zona di accesso e quelle dei servizi annessi per le attività sociali. Il punto focale della preghiera comunitaria è lo spazio destinato al culto eucaristico che s'identifica con la zona del presbiterio. Fulcro dell'intera zona presbiteriale sono l'altare maggiore, per la celebrazione comunitaria dell'Eucarestia, e il tabernacolo per la sua conservazione. Nella quasi totalità degli esempi e delle realizzazioni recenti l'altare è distaccato dal fondo in modo da permettere all'officiante la celebrazione coram populo. Lo spazio della sala è stato realizzato con tale varietà e libertà di forme che non consente di ridurle a una serie di tipologie classificabili. Rimane peraltro l'elemento unificatore dell'accentramento intorno all'altare ottenuto spesso attraverso l'espediente di una sua collocazione a livello diverso rispetto all'aula, livello che può essere sia superiore che inferiore, come negli schemi ad anfiteatro.

La zona di accesso che comprende il sagrato e l'atrio rappresenta oggi una zona filtro, frapposta tra la strada e la chiesa, onde garantire la necessaria gradualità nel passaggio dall'una all'altra. soprattutto l'atrio - inteso nei progetti più recenti come uno spazio pedonale, articolato, con passaggi coperti e destinato alla sosta e agl'incontri della comunità, nonché al disimpegno dei vari servizi annessi - costituisce il vero e proprio elemento mediatore del rapporto chiesa-quartiere, chiesa-città. In questo modo la chiesa annulla una separazione, oggi inaccettabile, perdendo talvolta anche il suo segno architettonico più caratteristico, la facciata. Le zone dei servizi annessi comprendono la sacrestia e gli uffici parrocchiali, di caratteristiche non molto differenti da quelle tradizionali, e i locali per le attività comunitarie di particolare interesse per il moderno significato pastorale della parrocchia.

Nel secondo dopoguerra l'esperienza costruttiva si arricchisce di notevoli esempi sia per concezioni fortemente innovatrici sia per la varietà di sperimentazione dei procedimenti costruttivi.

Se si può notare attualmente una maggiore trasformazione nella concezione dello spazio liturgico e nell'espressione architettonica nelle chiese cattoliche per gli orientamenti post-conciliari, vanno comunque ricordati significativi esempi di organismi edilizi realizzati per altri culti come le sinagoghe di F. L. Wright e di L. I. Kahn o le chiese protestanti di A. Aalto.

Edilizia socio-culturale e per lo spettacolo. - I settori d'intervento culturale e sociale hanno avuto negli ultimi anni sviluppi specifici differenti.

Il settore sociale in modo particolare è stato volto verso un superamento delle primitive finalità assistenziali, individuando in forme sempre più concrete la prospettiva della partecipazione. In realtà si è ancora nella fase propositiva, ma vanno segnalate iniziative di libera organizzazione che hanno interessato intere cittadinanze o parti di esse o anche solo particolari strati della popolazione (come l'iniziativa dell'advocacy-planning negli SUA). In Italia, durante l'attività dell'INA-CASA negli anni Cinquanta, sono stati studiati, su un piano teorico, i centri sociali che, pur comparendo in normative ministeriali e in programmi pianificatori, non hanno mai raggiunto una chiara definizione e una concreta realizzazione. Da qualche anno nei centri urbani sotto la spinta dei comitati di quartiere sono state ufficialmente istituite circoscrizioni urbane, interessanti tutti i centri maggiori, che rappresentano il decentramento dell'autorità comunale, assolvendo varie funzioni amministrative, in particolare nel campo urbanistico, e svolgendo interventi di carattere promozionale per accogliere e favorire un dibattito partecipativo. Le funzioni più propriamente assistenziali sono invece programmaticamente devolute al sistema sanitario, e in particolare alle unità locali socio-sanitarie, la cui istituzione rientra nella riforma sanitaria.

Il settore culturale, attualmente in grande espansione, vede il moltiplicarsi di numerose iniziative promozionali di orientamento per l'utilizzazione del tempo libero. Convergono nell'ambito culturale in modo più o meno diretto sia le istituzioni per l'educazione (scuole, università, musei, biblioteche) sia quelle dello spettacolo, con le loro specifiche attrezzature, promosse e sostenute da organizzazioni pubbliche o private (fondazioni). In questo insieme rivestono un ruolo determinante i centri culturali, difficilmente classificabili tipologicamente, costituiti da una concentrazione di sale di spettacolo e concerti, sale per conferenze e per riunioni di gruppi ristretti, biblioteche, musei, sale per esposizioni circolanti, unite alle complementari attrezzature di servizio e ristoro. I centri culturali pertanto si configurano come una componente specificamente attrezzata e qualificata del "sistema culturale" che, variamente articolato sul territorio, tende a caratterizzarsi con particolari strutture a diversi livelli, da quello regionale (grande centro culturale, con teatri, e auditori e altre attrezzature e servizi d'importanza nazionale e internazionale) a quella comunale o locale (piccolo centro culturale di quartiere con sala polivalente per spettacoli o concerti, biblioteca decentrata e saletta per riunioni o mostre). In questo contesto possono rientrare il ruolo e la caratterizzazione che vanno assumendo oggi in particolare il museo, la biblioteca e gli organismi per lo spettacolo, considerando che questi ultimi sono peraltro rivolti parallelamente a compiti di svago.

Il museo oggi non è più considerato soltanto come un luogo di raccolta e conservazione delle opere d'arte o delle testimonianze della storia e del pensiero umano, ma è più propriamente visto innanzitutto come la sede di iniziative per la diffusione della conoscenza, con programmi di mostre tematiche, conferenze e dibattiti. Il museo cioè non è più utilizzato in forma statica, destinato a un deperimento progressivo, ma in funzione di una prospettiva più viva che tiene permanentemente sveglio l'interesse culturale e il dibattito critico, frequentato in forme dirette da una sempre più vasta fascia di utenti e non più da rari specialisti. Con questo obiettivo anche negli edifici più antichi si sono ricavate sale di conferenze e proiezioni, si sono utilizzati in forma nuova ambienti di passaggio e hall d'ingresso, per manifestazioni coordinate secondo programmi o "stagioni" culturali. Molto diverse tra loro, ma estremamente interessanti appaiono le moderne proposte per l'organismo-museo: dalla struttura ipotizzata sullo svolgimento dello spazio secondo una spirale orizzontale (Le Corbusier) a quella ideata secondo un'elica (Wright), o infine all'ipotesi di Mies van der Rohe di conferire preminenza assoluta allo "spazio" dell'opera esposta annullando lo spazio dell'edificio contenitore. Completano le tipologie del museo moderno, oltre agli ambienti direttivi e di servizio, anche speciali attrezzature tecnico-scientifiche nonché reti di impianti specifici (climatizzazione, illuminazione, ecc.) per la migliore conservazione e fruizione delle opere.

Le biblioteche hanno sviluppato due tipologie concomitanti. Quella della grande biblioteca accentrata (nazionale, di ateneo, comunale, ecc.) e quella delle piccole biblioteche decentrate inserite in una rete programmata per raggiungere tutte le classi di utenti sull'intero territorio, anche nella più estrema periferia. La grande biblioteca di tipo conservativo, specializzata o non, caratterizzata dalle dimensioni notevoli del magazzino libri e da grandi sale comuni di lettura, si è avvalsa delle proposte più avanzate della tecnologia, sia per i problemi più specificamente edilizi del magazzino di conservazione (in continuo aumento) e degl'impianti di climatizzazione e d'illuminazione, sia per l'adozione delle macchine di microriproduzione e dei relativi visori di consultazione nonché dei cataloghi elettronici. Le piccole biblioteche decentrate, nonostante l'esplicita tutela delle norme urbanistiche che riservano loro aree apposite, non hanno trovato ancora in Italia un'organizzazione unitaria, ma sono state promosse in genere solamente da iniziative autonome non coordinate. Al contrario nei paesi scandinavi e anglosassoni tale forma di biblioteca ha avuto larga diffusione, consentendo non più l'accesso al libro da parte della massa dei lettori, ma il libro al lettore, attraverso una rete capillare di distribuzione. La biblioteca decentrata è composta generalmente da una sede centrale a carattere regionale (con prevalenti funzioni di conservazione e smistamento del patrimonio librario) e una serie di unità minori dislocate su una vasta zona d'influenza, in funzione della dimensione del territorio servito e della distribuzione della popolazione, corredate da un servizio di bibliobus per le zone più lontane e i nuclei abitati di minore consistenza.

L'e. per lo spettacolo rientra in larga misura nell'area dell'intervento culturale, ma comunque gravita anche in quella dello svago. In numerosi esempi il centro culturale è prevalentemente concentrato nel complesso dell'auditorium che, oltre ad articolarsi nelle vere e proprie sale da musica (sinfonica, per grandi orchestre, da camera per complessi meno numerosi), comprende anche sale per dibattiti e conferenze e apparati più propriamente tecnici per la registrazione, lo studio e la sperimentazione di musica. Gli auditorium moderni hanno assunto talvolta dimensioni veramente notevoli che s'impongono sulla scena urbana per la complessità ed espressività architettonica dell'organismo edilizio (per es., la Philarmonica di Berlino, di Scharoun, o il teatro dell'Opera di Sidney, di Utzon).

Il teatro, tipica struttura per lo spettacolo, svolge tradizionalmente un ruolo di grande rilievo nell'ambito culturale. Si può propriamente parlare di un'evoluzione permanente del teatro, del suo modo di farsi, dell'organismo edilizio che lo ospita e della sua localizzazione urbana. Superato il teatro d'élite, posto come punto focale delle piazze ottocentesche, si assiste oggi a uno sforzo di apertura verso un pubblico più ampio, grandi masse raccolte in grandi platee o piccoli gruppi ospitati in numerosi locali diffusi nel tessuto urbano. L'organismo-teatro è oggi aperto alle nuove tendenze sperimentali contrarie alla dualità spaziale tra area per il pubblico e area per la scena. La sala pertanto, nella sua integrità, tende ad accogliere sia l'area dello spettatore che quella dell'attore, quale che sia la forma sotto la quale si estrinsechi lo spettacolo teatrale, cioè il rapporto tra chi assiste e chi recita.

Attualmente si manifesta una duplice tendenza dell'impostazione generale degli organismi per il teatro, e cioè: tradizionale, basata sullo schema del teatro all'italiana, che realizza il contatto tra spettatore e attore attraverso la loro contrapposizione e che si concreta architettonicamente nella separazione tra pubblico e azione scenica ottenuta mediante un boccascena; d'avanguardia, che realizza il contatto spettatore-attore in modo più diretto e immediato, abolendo qualsiasi divisione e sviluppando l'unità architettonica spaziale della sala. Questa speciale unità si consegue generalmente in due modi: 1) mediante la "scena aperta", che mantiene spettatori e attori gli uni di fronte agli altri, ma abolisce completamente il boccascena tradizionale con l'introdurre un palcoscenico allungato, che si estende con le sue ali fino ad avvolgere parte degli spettatori; 2) mediante la disposizione a circo che pone l'azione scenica, e quindi l'area destinata agli attori, al centro della sala.

La coesistenza di queste opposte tendenze e la validità di alcuni riusciti esperimenti di rinnovamento dell'edificio teatrale stanno a dimostrare come oggi ci si trovi in una fase che potremmo definire di ricerca, per dare concretezza a una sala rispondente alle esigenze del teatro moderno; esigenze dovute non solo a un'evoluzione del campo strettamente letterario, ma anche a un'evoluzione nel campo tecnico relativo alla messa in scena.

Si deve infine notare che la tendenza alla realizzazione di spettacoli rivolti verso un pubblico sempre più ampio ha dato luogo in tempi recenti a strutture innovative quali teatri-tenda, smontabili e trasportabili, teatri-circo, con strutture metalliche reticolari di tipo spaziale ricoperte con teloni, o ancora a teatri provvisoriamente ospitati in grandi complessi-ricettivi come palazzi dello sport o, allo scoperto, entro stadi o in cave e inserite in spazi verdi (parchi) o in ampie zone inedificate.

Accanto a questa operazione di diffusione della cultura teatrale tradizionale si svolge, lungo numerosi canali, un teatro fortemente ideologizzato e politicizzato che, in continuo contatto con gli eventi quotidiani, si definisce underground, "di controinformazione" o simili. Si approntano così teatri in locali di minime dimensioni con ridottissime attrezzature di servizio, localizzati prevalentemente nel centro storico con effetto di rivitalizzazione dell'ambiente in un'appropriata dimensione culturale.

Funzione predominante nel settore dello spettacolo è svolta anche dal cinema che ha raggiunto la massima diffusione entro tutto il tessuto urbano. Dall'avvento del sonoro e del colore diverse innovazioni sperimentali sono state via via introdotte nella tecnica della proiezione cinematografica, come lo schermo panoramico e la stereofonia, fino ai più recenti effetti speciali di suono e di movimento. Nelle sale cinematografiche realizzate negli ultimi anni non sono riscontrabili particolari innovazioni o sostanziali mutamenti tipologici: le sale cinematografiche sono spesso ricavate al piano terreno o seminterrato di edifici multipiani, dislocate nelle varie zone della città sia nel centro storico sia nei nuovi quartieri di espansione. Nella stagione estiva, specie nei luoghi di forte concentrazione turistica, si utilizzano arene per la proiezione all'aperto, di solito con attrezzature smontabili; negli anni Cinquanta hanno avuto diffusione specialmente nei paesi anglosassoni i drive-in, speciali tipi di arene per consentire la visione dello spettacolo dall'interno dell'automobile; dotati di uno schermo molto grande, posto in alto per essere visibile a tutte le auto, sono provvisti anche di un sistema sonoro applicabile al posto-vettura.

Nella progettazione di cinema al chiuso si tende oggi a dislocare i posti in un'unica cavea (platea) particolarmente curata nel disegno della curva di visibilità, evitando, ove possibile, più ordini di gallerie. L'analisi dei problemi fondamentali della visibilità e dell'acustica ha portato alla scelta di forme a ventaglio, corrette con un restringimento verso le ultime file. È normale peraltro l'adozione di sale semplicemente rettangolari dove la visibilità e l'acustica sono state corrette con opportuni accorgimenti degl'impianti e dei rivestimenti. Negli esempi più recenti di sale da spettacolo, oltre agl'impianti specifici relativi al suono e all'illuminazione, sono particolarmente curati quelli per la ventilazione e per il condizionamento dell'aria. Sono stati opportunamente impiegati tutti i mezzi costruttivi adatti alla copertura di grandi luci e all'eventuale soluzione del problema della galleria.

Negli ultimi anni si è manifestata la tendenza alla realizzazione di sale polifunzionali, capaci di trasformare nel tempo le proprie caratteristiche adeguandosi di volta in volta a una vasta gamma di funzioni che vanno da quelle dello spettacolo (teatrale, cinematografico, ecc.) a quelle della cultura in generale (conferenze, incontri, dibattiti, esposizioni). Significativo esempio in tal senso è rappresentato dal progetto di M. Sacripanti per il teatro di Cagliari.

Va infine rilevata l'importanza sempre maggiore assunta in questi ultimi anni dai centri di produzione radiotelevisivi, in funzione del ruolo preminente assunto dalle telecomunicazioni nell'ambito dei mass media.

Edilizia per il turismo. - Il turismo ha ricevuto negli ultimi venti anni un impulso straordinario che gli ha fatto assumere dimensioni imprevedibili. Le nazioni ricche di testimonianze storiche e artistiche o quelle con favorevoli condizioni climatiche o con notevoli disponibilità di zone balneari o alpine, hanno predisposto programmi organizzativi per far fronte all'afflusso di grandi masse in tutte le città e nelle zone di più forte attrazione. Da un lato si è proceduto all'ampliamento e all'ammodernamento del patrimonio alberghiero urbano senza grandi innovazioni tipologiche, dall'altro sono state organizzate forme ricettive particolari, come villaggi turistici, camping, ostelli per la gioventù, distribuiti lungo itinerari d'interesse culturale e naturalistico. Va infine considerato, connesso con il problema del tempo libero, il rilevante fenomeno del turismo settimanale, massime nelle località paesistiche prossime ai grandi centri urbani, che ha contribuito in misura non lieve alla produzione della seconda casa. Si presenta pertanto di viva attualità il problema di controllare quantitativamente e qualitativamente la tendenza all'edificazione indiscriminata tanto più forte proprio nelle località che, in virtù delle peculiari caratteristiche ambientali e paesistiche, dovrebbero essere maggiormente tutelate. A tal fine, oltre ai consueti strumenti urbanistici, sono stati elaborati piani regionali che, tenendo conto dei valori positivi del turismo di massa, cercano di promuovere nello stesso tempo sistemi protettivi e migliorativi dell'ambiente naturale. Con questi obiettivi sono state recentemente progettate stazioni turistiche estive e invernali che, accanto alle attrezzature ricettive concentrate prevedono ampie installazioni sportive, e privilegiano in genere il contatto con la natura. Sono così sorti lungo le coste villaggi turistici ampiamente attrezzati, a notevole distanza dai centri abitati esistenti, spesso ubicati in aree verdi appositamente create. In montagna invece la struttura tipica del nuovo turismo invernale è rappresentata dalle nuove stazioni integrali dello "sci totale", costituite da grosse attrezzature ricettive completate da una complessa gamma di impianti ricreativi, situate in zone vergini in modo da non gravare sui centri abitati più antichi. Le costruzioni sono concentrate in porzioni ristrette del suolo con conseguente riduzione delle reti infrastrutturali, in modo da lasciare libera al verde, al bosco e al pascolo, la più ampia superficie.

Va comunque rilevato che per il turismo invernale assume un ruolo primario un particolare tipo di infrastruttura: gl'impianti di risalita (funivie, seggiovie, cabinovie, skilift, ecc.) che, tra loro variamente collegati, in talune località assommano a parecchi chilometri di lunghezza, dando luogo a decine di chilometri di piste sciabili; tutto ciò, se da un lato favorisce il turismo settimanale di massa, con i positivi aspetti sociali conseguenti, rappresenta attualmente un fattore di trasformazione dell'ambiente che dev'essere attentamente valutato ai fini di un corretto uso e un'equilibrata conservazione del territorio.

Per quanto concerne il turismo estivo o comunque marittimo, recentemente sono stati posti in atto in vari paesi mediterranei programmi per la realizzazione di porti turistici localizzati in prossimità di centri balneari, secondo percorsi privilegiati di sviluppo turistico. Esempi d'integrazione tra nuovi insediamenti e porti turistici sono gl'interventi di urbanizzazione della costa del Languedoc e Roussillon nel Mediterraneo francese.

Edilizia per lo sport e il tempo libero. - L'attività sportiva ha avuto negli ultimi anni un grande sviluppo e una progressiva diffusione, accompagnati da un particolare impegno delle amministrazioni pubbliche e da concreti programmi di interventi edilizi. L'interesse per lo sport non si è manifestato soltanto attraverso l'aumento delle prestazioni competitive e spettacolari, ma soprattutto attraverso una diffusione delle varie discipline sportive praticate da masse sempre più ampie.

Per lo sport competitivo e spettacolare, in numerose città dei principali paesi sono state costruite attrezzature di notevoli dimensioni e molto complesse, specie per gli sport di più alto seguito popolare (come il calcio in Europa e in Sud America e il base-ball negli SUA). In particolare le recenti Olimpiadi hanno rappresentato per ogni nazione ospitante una occasione unica (e forse troppo dispendiosa) per la realizzazione di organismi edilizi paragonabili per il loro rilievo alle grandi esposizioni internazionali ottocentesche; ne sono esempi significativi gl'impianti olimpici di Roma, ove ha predominato la figura di P. L. Nervi progettista e costruttore di stadi, palazzi dello sport, viadotti, ecc., di Tokio, con le piscine e le palestre coperte di K. Tange e di Monaco, con gli stadi coperti di O. Frei.

La diffusione dello sport competitivo in numerosissimi campionati minori, cui partecipano numerosi atleti organizzati da gruppi sportivi con prevalenti funzioni educative e promozionali, comporta l'utilizzazione di impianti semplici e di ridotte dimensioni - data la ridotta spettacolarità - adattati a più sport tra loro compatibili come per es. campi di calcio e di atletica dotati di piccole tribune e spogliatoi, o palestre per basket, pallavolo, ginnastica, ecc. dotate anch'esse di modeste tribune e spogliatoi.

Lo sport come semplice esercizio fisico disciplinato non è organizzato solamente dalle scuole, che hanno una o più palestre come dotazione imposta dai regolamenti vigenti, ma è promosso anche da iniziative private o da associazioni dopolavoristiche. In Italia il CONI ha studiato e realizzato centri sportivi organici che gestisce con finalità educative e promozionali, e ha proposto standard dimensionali per le attrezzature sportive da prevedere nei piani urbanistici.

L'aspetto forse più nuovo dello sport è però dato da quelle manifestazioni non competitive che rappresentano l'espressione più clamorosa del modo d'intendere lo sport come esercizio fisico libero, non disciplinato. A questo scopo sono stati recentemente realizzati grandi parchi dotati di prati e di zone alberate attrezzate con percorsi studiati, con stazioni di gioco per l'infanzia, piccole piste ciclabili, canali o laghetti artificiali, minizoo, itinerari di tipo escursionistico con la programmazione di esercizi motori, differenti per le varie età, indicati con paline e tabelle disseminate tra gli alberi e le piante.

Sul piano costruttivo possiamo notare che gl'impianti per lo sport competitivo spettacolare sono stati sovente campo di sperimentazione di nuove tecnologie e di procedimenti costruttivi innovativi: basti pensare, per es., alla copertura dello stadio olimpico di Monaco in cavi tesi di acciaio con manto trasparente di lastre acriliche. Negl'impianti per l'esercizio dello sport non spettacolare è da segnalare tra l'altro la recente diffusione delle coperture pneumatiche a bassa pressione in teli di materiale plastico per coperture di campi sportivi, nate con intenti di utilizzazione stagionale e conservate spesso permanentemente. Notevoli esempi di coperture mobili, specie per piscine per utilizzare l'impianto sia d'inverno (coperto e chiuso) sia d'estate (scoperto e aperto), sono stati ottenuti attraverso teloni plastificati estensibili come ombrelli o attraverso elementi rigidi allungabili o retrattili come canocchiali. Vanno infine notati gli accorgimenti tecnici adottati per realizzare la polifunzionalità nei palazzi dello sport attraverso la trasformazione sia del terreno di gioco sia dei posti degli spettatori, per mezzo di tribune retrattili o di interi settori ruotanti.

Edilizia cimiteriale. - Nell'e. cimiteriale non sono stati registrati negli ultimi decenni princìpi innovativi e tipologie particolari, anche se il problema dell'ampliamento, del raddoppiamento e del decentramento delle strutture esistenti, progressivamente saturate, ha interessato e interessa tuttora le città a intenso incremento demografico. I cimiteri sono sempre stati progettati come parchi, con zone differenziate, corrispondenti ai diversi tipi di sepoltura. Le tombe isolate (familiari) per tumulazioni risultano raggruppate in un insieme di monumenti e cappelle, più o meno grandi, divise tra loro da vialetti di accesso e piazzali. I colombari per i loculi, interrati o a parete, anch'essi predisposti per la tumulazione, vengono costruiti in edifici bassi e lineari, disposti secondo sistemi a scacchiera alternati con porticati e corti aperte; va peraltro considerata negativamente l'attuale tendenza a una troppa accentuata concentrazione di loculi, con un'eccessiva densità edilizia. Di strutturazione architettonica analoga ai colombari sono sia gli ossari sia gli edifici per la conservazione delle urne cinerarie. Nelle grandi città si ricorre con sempre maggiore frequenza alle fosse comuni, ove le salme vengono seppellite per inumazione, per la durata di 10 anni. Tra le attrezzature di servizio che completano i cimiteri moderni occorre aggiungere i crematori, installati nelle nazioni che ammettono la cremazione.

Caratteristica costante della tipologia cimiteriale rimane la cura del verde sia nelle zone a cappelle e a monumenti sia in quelle ad alta densità, in modo che risultino tutte egualmente immerse in una folta vegetazione a parco e a giardino. In Italia e nelle altre nazioni ove si è combattuto il secondo conflitto mondiale sono stati costruiti numerosi cimiteri di guerra costituiti da un unico monumento commemorativo e da una distesa rigorosamente geometrica di croci o lapidi bianche che recano il nome del caduto. L'area più o meno estesa, recintata, alberata e coltivata con fiori e prati, raccoglie caduti di una stessa nazione e, pur essendo destinata al pellegrinaggio di parenti e amici, è nel contempo utilizzata come parco cittadino.

Edilizia per l'industria. - Con il termine di e. per l'industria s'intendono i fabbricati, i manufatti e le infrastrutture destinati ad accogliere un impianto produttivo; a consentire, cioè, lo svolgimento di attività e di processi industriali di produzione e/o di trasformazione attraverso un adeguato sfruttamento dell'energia e delle materie prime, nonché l'impiego di strumenti, macchinari, impianti e trasporti, comunque venga inquadrato il ciclo di produzione, nel rispetto delle esigenze ambientali dell'uomo che vi lavora. La varietà dei tipi di processi industriali attualmente presenti nell'attuale organizzazione produttiva, nonché la diversità di dimensioni caratterizzanti le singole industrie, dà luogo a una vastissima casistica di organismi edilizi e di manufatti; è comunque possibile in prima istanza individuare i seguenti elementi generalmente presenti in uno stabilimento industriale: e. inerente al ciclo produttivo vero e proprio (magazzini e depositi, uffici); e. per l'assistenza sociale.

Le dimensioni di un'industria possono andare dal singolo edificio di dimensioni ridotte, variamente localizzato a seconda del grado di nocività delle lavorazioni, fino al grande complesso industriale, con diversi ettari di superficie coperta. Le caratteristiche comuni ai vari tipi di produzione industriale (possibilità di inquinamenti, necessità di ampi spazi, vicinanza con le principali reti infrastrutturali, ecc.) in rapporto all'importanza dell'industria nel tessuto connettivo di un paese, rende necessario lo studio della localizzazione industriale nell'ambito della pianificazione del territorio; si definiscono pertanto le zone industriali destinate ad accogliere gl'insediamenti a livello comunale, comprensoriale, o regionale, direttamente correlate con le principali infrastrutture (autostrade, aeroporti, scali ferroviari e marittimi).

Le modalità e le caratteristiche del ciclo produttivo di un'industria, legate direttamente alla qualità e alla quantità della produzione, si riflettono sulla articolazione spaziale del relativo organismo edilizio che può quindi assumere forme e caratteristiche estremamente varie. Va comunque considerato che nella progettazione si deve tener conto: della produttività, per ottimizzare l'organizzazione spaziale della produzione; dell'economia, per minimizzare i costi d'impianto in rapporto al rendimento prestabilito; del comfort ambientale, per l'integrità fisica e psichica dell'operaio; della flessibilità, per consentire la massima gamma di trasformazioni e di ampliamenti. A questo riguardo va considerato che il processo industriale può essere caratterizzato da un diverso grado di flessibilità nel tempo in relazione alla qualità e all'entità della produzione. In tal senso le industrie (per es., quelle manifatturiere) che richiedono con frequenza trasformazioni anche sostanziali dei cicli di produzione (automazione della produzione, introduzione di impianti di trasporto automatici, ecc.) necessitano di organismi edilizi che al limite si presentano come contenitori indifferenziati improntati a un'alta disponibilità dello spazio interno, in funzione di un'elevata flessibilità d'uso. Al contrario, in processi industriali altamente caratterizzati dagl'impianti di produzione, questi possono al limite identificarsi con l'organismo edilizio: è il caso per es. degl'impianti petrolchimici, nei quali è pressoché assente "l'edificio" in termini tradizionali, o dei cementifici, nei quali l'organismo edilizio coincide con gl'impianti per il trattamento della materia prima. Indipendentemente dalla specializzazione produttiva dell'industria vanno comunque definiti nella progettazione del complesso gl'impianti generali, che devono trovare una razionale distribuzione nell'ambito della disposizione planimetrica del complesso: reti di forza motrice, illuminazione, riscaldamento, distribuzione di acqua e vapore, fognature e scarichi, ed eventualmente impianti antincendio.

I magazzini e i depositi rappresentano uno dei principali problemi nella progettazione di un impianto industriale, in quanto la complessità dei trasporti, la sicurezza e l'esattezza del ciclo produttivo, la determinazione dei costi di produzione, possono risultare anche sostanzialmente alterate dall'errata dimensione e localizzazione degli spazi destinati alla raccolta e alla conservazione del materiale. A seconda della destinazione di questo si hanno diversi tipi di magazzini: per il materiale in arrivo, per le singole fasi di produzione, per il prodotto finito.

In ogni complesso industriale a fianco dell'e. destinata al ciclo di produzione, esistono ambienti, più o meno ampi e complessi in rapporto alla consistenza dell'azienda, destinati all'organizzazione della produzione: gli uffici di direzione, amministrazione e tecnici; i laboratori; gl'ingressi, portineria, sorveglianza e controllo; le rimesse veicoli; le officine per la manutenzione degl'impianti e dei fabbricati.

Vanno infine considerati i reparti di assistenza sociale e sanitaria, imprescindibili attualmente in qualsiasi complesso industriale, quali: mensa; asili nido, ambulatori diagnostici e terapeutici, locali per l'assistenza ricreativa, scuole professionali aziendali; reparti che, a seconda della grandezza dell'impianto, vanno dalla sala mensa e dalla cassetta di pronto soccorso fino a organismi edilizi di notevoli dimensioni. Tali attrezzature, nelle zone industriali, tendono a costituirsi come centri consorziati di servizi sociali di dimensioni e importanza proporzionali alla popolazione servita, integrati nella rete di servizi di assistenza sociale del territorio.

Edilizia per l'agricoltura. - Nella concezione attuale l'e. per l'agricoltura rappresenta il complesso delle infrastrutture per la residenza e per la produzione, la conservazione e talvolta la trasformazione dei prodotti agricoli, in rapporto al modo in cui la popolazione agricola è stabilmente distribuita nel territorio.

Gl'insediamenti agricoli in linea generale possono essere suddivisi in tre tipi fondamentali; insediamento sparso, nel quale la popolazione è distribuita in nuclei familiari isolati sui rispettivi fondi, le abitazioni e gli edifici strumentali sono ubicati sul fondo, mentre le attrezzature collettive sono riunite in centri di servizio opportunamente localizzati sul territorio; insediamento accentrato, nel quale la popolazione è riunita in determinate aree del territorio a formare veri e propri aggregati, nei quali sorgono le abitazioni, gli edifici strumentali e le attrezzature collettive; insediamento semiaccentrato, nel quale la popolazione è distribuita in piccole comunità costituite da più famiglie, le quali, unendo le abitazioni e gli edifici strumentali a formare piccoli nuclei edilizi, possono così usufruire di impianti e servizi in comune, mentre le attrezzature a carattere collettivo vengono dislocate in centri di servizio. Nella progettazione di un insediamento agricolo, di qualunque tipo esso sia, vanno presi in esame i seguenti fattori: e. residenziaie, e. strumentale, viabilità, impianti e servizi generali.

L'e. per la residenza riguarda sia l'abitazione degli agricoltori sia gli edifici e le attrezzature per la vita collettiva, in quanto è necessario provvedere contemporaneamente alle residenze delle famiglie e alla creazione dei servizi necessari alla comunità (attrezzature per la scuola, la sanità, il culto, lo sport e il tempo libero, centro sociale, commerciale, amministrativo, ecc.) per considerare compiuto sotto il profilo sociale l'intervento sul territorio e quindi rivalutare l'esistenza nelle campagne rispetto a quella nelle città.

L'e. strumentale (o d'esercizio) comprende tutti i fabbricati e i manufatti necessari per il processo produttivo, che possono essere sia strettamente aziendali, realizzati sul fondo, sia al servizio di più fondi o aziende, dislocati nel comprensorio a costituire centri di servizio strumentale.

Attualmente non è più possibile concepire l'organizzazione della produzione agricola di un comprensorio esclusivamente imperniata sulle attrezzature delle singole aziende, specie se di piccole dimensioni e a conduzione familiare, ma è necessario impostare le infrastrutture per la produzione secondo nuovi criteri (analogamente a quanto si fa per le zone industriali) in modo tale da assicurare a tutti gli agricoltori del comprensorio uno sviluppo razionale e costante della produzione, rispondenza alle esigenze di mercato e condizioni soddisfacenti nel lavoro. In questo senso va rilevata l'importanza delle iniziative, sia pubbliche sia private, volte a promuovere forme cooperative di produzione, o a istituire grandi aziende agricole di tipo collettivo.

Per quanto concerne la viabilità occorre organizzare la rete dei trasporti in funzione dell'ordinamento produttivo del territorio. Per quanto concerne infine gl'impianti e i servizi generali, quali l'approvvigionamento idrico, la distribuzione dell'energia e lo smaltimento dei rifiuti, sia per le singole aziende sia per gli aggregati, va sottolineata l'importanza che tali infrastrutture rivestono attualmente, così che non potrà considerarsi rispondente alle esigenze economico-sociali un insediamento nel quale non siano tempestivamente realizzati servizi così basilari.

Va infine osservato che il problema dell'insediamento agricolo non può oggi essere riguardato in modo unilaterale e settoriale, ma dev'essere affrontato con una visione globale che lo proietti nel contesto più ampio e consapevole della pianificazione urbanistica.

Edilizia per le infrastrutture. - L'e. infrastrutturale rappresenta il complesso delle opere necessarie a garantire l'agibilità del territorio, e che, pertanto, costituiscono la base dello sviluppo economico e sociale di un paese. Tali opere si riferiscono sostanzialmente: ai trasporti, alla produzione e al trasporto di energia, alla gestione delle riserve idriche. Per quanto concerne i trasporti, le infrastrutture riguardano: i trasporti terrestri ferroviari e automobilistici, per i quali, oltre al nastro stradale o ferroviario puro e semplice, vanno considerati i ponti, i viadotti, le gallerie, e le stazioni, che negli attuali interventi vanno acquistando sempre maggiore importanza; i trasporti aerei, che richiedono aeroporti sempre maggiori non solo per le dimensioni delle aerostazioni, ma anche e soprattutto per le piste di atterraggio e decollo sempre più numerose e più lunghe per fronteggiare l'aumento del traffico e delle dimensioni dei velivoli; i trasporti navali che richiedono porti specializzati per navi di grandi dimensioni (vedi le superpetroliere di 400.000 e più t) e di peculiari caratteristiche (si pensi alla rivoluzione comportata dall'uso dei containers), nonché adeguate stazioni marittime.

Per quanto concerne la produzione e il trasporto di energia vanno citate in primo luogo le centrali di produzione di energia elettrica (centrali idroelettriche, termoelettriche e nucleari, queste ultime con specifici e complessi problemi quali, per es., la protezione dalle radiazioni e lo smaltimento del calore); ma devono essere altresì considerate le linee ad alta tensione per il trasporto dell'energia elettrica, lunghe centinaia di chilometri, che attraversano l'intero territorio, nonché i sistemi di propagazione o radio-televisivi, che si avvalgono di antenne che acquistano dimensioni a scala del paesaggio; va infine ricordata l'attuale ricerca di centrali di produzione di energia alternativa quali le centrali solari e quelle per lo sfruttamento delle maree, del moto ondoso e dell'energia eolica, importanti soprattutto per motivi ecologici.

La gestione e il controllo delle risorse idriche comporta infine la creazione di infrastrutture via via più complesse che vanno dalle opere di sistemazione e controllo dei corsi d'acqua (traverse, briglie, sistemi irrigui, bonifiche, idrovie), alle infrastrutture per la produzione di energia (dighe e opere per l'utilizzazione e lo smaltimento dell'acqua: acquedotti, fognature, opere di potabilizzazione e di depurazione).

In relazione alle esigenze di sempre maggiore utilizzazione dell'ambiente e del territorio da parte delle collettività si assiste attualmente a un incremento continuo nella realizzazione di infrastrutture, maggiore forse che negli altri tipi di e., non solo in rapporto alle dimensioni complessive degl'interventi, ma anche a quelle delle singole opere. A tal fine vengono prodotti e impiegati macchinari di complessità e dimensioni che tendono ad aumentare in proporzione alle dimensioni delle infrastrutture da eseguire (si pensi ai grandi scavatori per i movimenti di terra nella realizzazione di grandi cantieri stradali o di dighe in terra) con i quali l'uomo opera a una scala d'intervento che si riflette in modificazioni talvolta sostanziali (e non sempre positive) dell'ambiente e della geografia dei luoghi.

Le infrastrutture rivestono attualmente, più che in passato, un ruolo determinante per un equilibrato assetto del territorio, in quanto vi è una stretta correlazione tra le grandi opere infrastrutturali e la struttura stessa degl'insediamenti. In tal senso nella programmazione e nella progettazione edilizia è oggi inammissibile non considerare strettamente legati gli interventi per la realizzazione di organismi edilizi (dal singolo edificio alla struttura urbana) con quelli relativi alle opere infrastrutturali, in quanto ambedue i tipi d'intervento ricadono nelll'attività edilizia.

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