ECUMENISMO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

ECUMENISMO

Thomas F. Torrance

. Dopo la promulgazione, da parte del Concilio Vaticano II, del decreto sull'e. Unitatis redintegratio nel 1964, il movimento ecumenico si è trovato a dover affrontare le prove difficili di un periodo di tensioni culturali, etiche e politiche tra i popoli, durante il quale ha subito pesantemente la pressione di forze tendenti alla pluralizzazione e alla secolarizzazione. Nuovi e urgenti problemi, concernenti i diritti umani, i diritti di proprietà e l'ecologia, si sono imposti alla generale attenzione, tanto da mettere apparentemente in ombra l'obiettivo ecumenico di una reale riunificazione della Chiesa quale Corpo di Cristo nel tempo e nello spazio, tanto anzi da farlo apparire sempre più irraggiungibile. Ciò nonostante, una più profonda comprensione dei problemi dell'unità si è venuta affermando attraverso forme di comunione spirituale e di testimonianza evangelica la cui diffusione supera i confini ecclesiali, e la visione ecumenica si è fatta più ampiamente comprensiva, attraverso la sempre più profonda presa di coscienza di un'origine divina, delle diverse forme di vita umana e cristiana. In questa situazione, il Consiglio mondiale delle Chiese ha interpretato il proprio ruolo come impegno a esplorare il significato della centralità del Cristo non solo per l'unità della Chiesa, ma anche per la partecipazione della Chiesa alla lotta che, nel mondo moderno, uomini e donne conducono al fine di affermare la propria dignità umana, e per la testimonianza evangelica della Chiesa in campo religioso, spirituale e ideologico. In altri termini, il movimento ecumenico si è sforzato di trovare una corretta integrazione di unità, servizio e missione del mondo contemporaneo, e di realizzare, in essa e con essa, l'unità e universalità della Chiesa tra gli uomini.

Fino a che punto possa far ciò, o fino a che punto debba, per raggiungere questo obiettivo, impegnarsi nelle lotte di potere culturale e sociale, questo è il grande interrogativo cui il movimento ecumenico si trova di fronte fin dalla riunione di Uppsala, nel 1968, del Consiglio mondiale delle Chiese, allorché sembrò prevalere un e. "indirizzato a soluzioni concrete", col risultato che si è venuta determinando, all'interno della visione ecumenica, la tendenza a una crescente frattura tra l'obiettivo dell'universale fratellanza di tutto il genere umano e l'obiettivo dell'unità organica di quell'unica Chiesa che è Corpo di Cristo nella storia. Così, mentre da un lato vi è stato un processo di secolarizzazione dell'e. ai livelli sociali e politici dell'impegno cristiano (e. contestuale), d'altro lato vi è stato un processo di evoluzione critica e creativa che si è manifestato, al di là delle barriere confessionali, sia nella Chiesa cattolica, sia nella Chiesa ortodossa, sia nelle Chiese evangeliche, e che è scaturito dalla considerazione della centralità del Cristo e del suo messaggio nella testimonianza della Chiesa universale (e. spirituale e teologico).

Ecumenismo contestuale. - Il problema attuale dell'e. va visto nel contesto del grande processo di transizione della cultura occidentale da una concezione cosmologica di tipo dualistico a una di tipo non dualistico, che ha inciso profondamente sui nostri modi di pensare e di agire e ha dato il via a quella che siamo soliti chiamare società tecnologica. È estremamente significativo il fatto che il deciso impegno a realizzare l'obiettivo ecumenico - da un lato, attraverso una più profonda comprensione dell'uomo nella completezza, fisica e spirituale, della sua natura, dall'altro, attraverso un modo di intendere l'antica attesa cristiana più realistico che assimila ad essa l'odierna prospettiva di una comunità mondiale comprendente l'intero genere umano - si sia manifestato proprio nel periodo in cui la società tecnologica ha raggiunto un così ampio predominio e in cui le scienze sociali hanno assunto un così grande rilievo.

Tuttavia, l'interpretazione della società tecnologica e della scienza sociale che ha prevalso nel decennio 1960-70, si collegava ai vecchi concetti positivistici di scienza e di filosofia, con tutto il loro strumentalismo e pragmatismo, che già erano stati messi in crisi dai grandi progressi verificatisi nelle basi della conoscenza scientifica a partire, grosso modo, dagli storici saggi del 1905 di Einstein, e che sono stati definitivamente accantonati con l'avanzare di questa nuova epoca in cui ormai il dualismo, sia esso cosmologico, antropologico o epistemologico non ha più senso. Così, la nascita della "fenomenologia della religione", della "sociologia della religione", della "teologia politica", della "teologia della liberazione", e la risonanza che esse hanno avuto a livello di una certa voga teologica diffusasi al di qua e al di là dell'Atlantico, sono chiaramente manifestazioni di un periodo di transizione in cui permangono notevoli residui di obsolete idee ottocentesche e di un concetto di società che da esse derivava. Purtroppo, è proprio sotto la spinta di queste mode dominanti che il Consiglio mondiale delle Chiese ha elaborato il suo programma d'azione sui rapporti fra gli uomini, così che esso sembra affidarsi a un modo strumentale di attuare l'universalità della Chiesa tra i popoli, accogliendo insieme quella visione ideologica della società umana che l'accompagna; il che significa evidentemente una ripresa dell'antica volontà di potenza da parte della Chiesa. L'impressione è quella di trovarci di fronte, ancora una volta, a una manifestazione del conflitto tra potere spirituale e potere temporale, e della volontà del clero di usare il potere temporale a fini spirituali.

Tutto questo ha le sue origini nel Medioevo in armonia con il dualismo cosmologico e antropologico della cultura tolemaico-agostiniana e con l'assetto sociale e giuridico della vita europea scaturito dall'assimilazione della cristianità all'imperium romano. In questa situazione, il diritto canonico, sostenuto da sanzioni di carattere religioso, era lo strumento di cui la Chiesa di Roma largamente si serviva per garantire la propria struttura di potere interno e per imporre la sua volontà sul piano temporale. Questa vecchia contrapposizione sembra ripresentarsi, in certa misura, nella progettata Lex fundamentalis Ecclesiae e nelle encicliche dirette a regolamentare la vita umana sul piano terreno. È questo, evidentemente, un punto cruciale su cui il movimento ecumenico nella Chiesa cattolica romana è destinato o ad arenarsi o ad andare avanti. Ciò che qui è in gioco è il prevalere della natura essenzialmente evangelica e cattolica della Chiesa come Corpo di Cristo nel mondo, operante attraverso un suo peculiare tipo di potere esercitato in nome dello Spirito Santo, rispetto a una concezione della Chiesa come istituzione giuridicamente dotata di potere, concezione in cui la Chiesa, come società sovrannaturale, è assimilata al modello terreno delle istituzioni giuridico-sociali tanto che le è consentito, per la realizzazione dei suoi obiettivi cristiani ed ecclesiastici, di esercitare un controllo esterno su ogni realtà umana e sull'intera umanità.

La situazione è alquanto differente per il Consiglio mondiale delle Chiese che, formatosi in un contesto sociale pluralistico, ha assunto una forma vagamente federativa ed è privo al suo interno di una struttura ecclesiale dotata di tale potere da costringere all'unità le Chiese separate. In esso, tuttavia, si sta sviluppando un tipo di organizzazione che rispecchia la cultura secolarizzata e le forme di vita materiale del mondo moderno, e stanno prendendo corpo programmi d'azione che esprimono una volontà di potere mondana, che oggi assume ovunque una forma essenzialmente secolare. Ciò è un riflesso delle nuove ideologie teologiche così ampiamente diffuse soprattutto in Germania e Francia, non solo tra i protestanti ma anche tra i cattolici. In ciò, peraltro, non è difficile vedere un prodotto residuo dell'antico dualismo di spirituale e temporale, di interiore ed esteriore, ma in forma capovolta; infatti, sotto l'influenza della visione cosmologica newtoniana, in cui il piano dell'invisibile e dell'intangibile è interamente ridotto a quello dell'osservabile e del palpabile e ogni cosa è concepita operante secondo connessioni causali in un universo meccanicistico, le realtà spirituali e interiori sono in ultima analisi subordinate, sul piano della vita umana e sociale, alle realtà esterne e materiali. Per cui, la decisione presa dal Consiglio mondiale delle Chiese, alla riunione di Uppsala, di passare "dalle parole all'azione" nel campo delle relazioni umane, con intenti del tutto lodevoli ed essenzialmente cristiani, si è di fatto tradotta, con il "Programma di lotta al razzismo", in un invito a esercitare pressioni di carattere economico e politico contro gli oppressori: il che, sia pure come risorsa estrema, significa chiaramente fare il gioco di quella volontà di potenza secolare che è tanto manifesta nella dilagante violenza del nostro tempo. Non v'è alcun dubbio circa la sincerità dei leaders del Consiglio mondiale delle Chiese allorché dichiarano di non voler incoraggiare la violenza, ma, quando di fatto usano la teologia politica come base ermeneutica per interpretare il Vangelo e la missione della Chiesa nel mondo moderno, essi cadono inevitabilmente nell'affermazione di una volontà di potenza ecclesiale: a dimostrarlo sta l'eccessiva facilità con cui il Consiglio mondiale delle Chiese scivola nella pratica del potere mondano che, in quanto organizzazione, esso possiede, e nell'uso dei suoi legami con le istituzioni dei vari paesi, quali strumenti di pressione per conseguire le proprie dichiarate finalità. E per quanto si tratti di finalità essenzialmente cristiane ed ecumeniche (la libertà e l'eguaglianza di tutti gli uomini in una comunità che riunisca in Cristo l'intero genere umano), una simile combinazione di strumentalità mondana e di determinazione a usare il potere temporale per fini spirituali, non può che risultare controproducente nella misura in cui coinvolge le nazioni: infatti, come ha incisivamente affermato J. Macmurray, "la volontà di potenza finisce sempre per distruggere sé stessa e ottenere l'opposto di quanto si propone" (The clue to history, Toronto 1938, p. 160).

Il movimento ecumenico, a questo punto, sembrerebbe giunto a un bivio non dissimile da quello cui si trovò di fronte la Chiesa cattolica d'Occidente alla fine del Medioevo, quando la lunga lotta tra potere spirituale e potere temporale, e la determinazione, da parte della Chiesa, di usare il potere temporale per attuare nel mondo la propria universalità, condusse alla repressione delle forze evangelicamente e spiritualmente positive interne alla Chiesa, e, in seguito, a quella rivolta che, condizionata dal potere secolare, spezzò in due l'Europa e divise la Chiesa. Il ricorso al potere coercitivo esterno della legge da parte della Chiesa cattolica per imporre i propri voleri, provocò, come reazione, il movimento della Riforma in cui trovarono espressione le tendenze evangeliche fino ad allora represse, e attraverso cui si giunse alla formazione di un nuovo polo della cristianità mondiale, contrapposto a quello di Roma. Allo stesso modo, oggi, come numerosi elementi permettono di dimostrare, la tendenza del Consiglio mondiale delle Chiese - e, dietro di esso, dei Consigli nazionali delle Chiese - a investirsi del potere secolare, o quanto meno a utilizzare il potere mondano per il raggiungimento dei propri scopi, ha portato a una tale repressione di forze evangeliche e spirituali positive, da provocare, al suo stesso interno, una reazione "protestante" intorno alla quale si vanno raccogliendo crescenti consensi da ogni parte del globo, anche da parte delle Chiese del cosiddetto Terzo Mondo.

Vi è, d'altra parte, una notevole differenza tra quanto sta accadendo oggi e ciò che avvenne alla fine del Medioevo. Quando la visione tolemaico-agostiniana, su cui la Chiesa di Roma aveva modellato la propria struttura, entrò in crisi, la nuova visione che la venne sostituendo si rivelò non meno dualistica dati gli effetti che ebbe sulla concezione occidentale, soprattutto protestante, dell'uomo e della società: la frammentazione della Chiesa e della società, nel passaggio dal mondo medievale a quello moderno, anziché ricomporsi, si fece infatti più profonda e stabile, fino a produrre la propria autogiustificazione con il concetto di società pluralistica. Noi oggi ci troviamo al centro di una fase di transizione ancor più profonda, in cui stanno venendo meno tutte le concezioni dualistiche dell'uomo e della società, così come le cosmologie dualistiche: lo si può vedere dal modo in cui la scienza pura è venuta distruggendo i presupposti positivistici da cui è tenuta insieme l'ideologia marxista e comunista e su cui si regge la relativa concezione di un socialismo imposto con la forza, cioè di una società chiusa. Certo, il periodo di transizione che stiamo vivendo, e in cui inevitabilmente sopravvivono residui di ideologie obsolete, è destinato a durare ancora parecchi decenni, e noi non vedremo che una piccola parte di quelle tensioni, reazioni e rotture che caratterizzano simili fasi storiche; ma il futuro reca in sé la promessa di una società maggiormente integrata e genuinamente aperta, fondata su nuove e diverse basi, in cui l'elemento della sintesi trascenderà quello dell'analisi e in cui la divisione e la molteplicità cederanno il posto a un'unitaria tendenza all'universalità. Probabilmente ci stiamo avvicinando a quella più avanzata fase in cui prevarrà una profonda comprensione del rapporto che unisce l'uomo e la società all'intrinseca struttura e intelligibilità della creazione, e a cui la teologia cristiana ha dato il più grande contributo: si realizzerà, in tal modo, quell'aspirazione evangelica e cattolica che il Consiglio mondiale delle Chiese incarna.

Per ora, comunque, l'effetto che questo e. "contestuale" sta avendo è di rendere nettamente superata la vecchia contrapposizione di tradizioni storiche rigide e istituzionalizzate, e di lasciare ampio spazio, nell'impasse ecclesiologica, al profondo rinnovamento spirituale e teologico della cattolicità della Chiesa. Attraverso il confronto di tradizione e situazione, di istituzioni storiche e viventi realtà umane, esso ha messo in luce - tanto da destare sensazione - il carattere temporalmente e culturalmente condizionato di gran parte di ciò che le diverse tradizioni ecclesiastiche consideravano sacro e inviolabile, ponendo così l'esigenza di una ripresa della tradizione autenticamente cattolica, ripresa che renderà adeguate, in ogni epoca e in ogni cultura, le strutture della Chiesa al vivente Corpo di Cristo e riunificherà l'umanità intera in un continuo rinnovamento creativo.

Ecumenismo spirituale e teologico. - Un livello più profondo nel cammino del movimento ecumenico è quello strettamente connesso, da un lato, all'impegnata partecipazione della Chiesa ortodossa al Consiglio mondiale delle Chiese (sia direttamente nella commissione "Fede e ordine" sia nel dialogo con altre Chiese), dall'altro, all'impegnata collaborazione della Chiesa cattolica, sia attraverso il "Gruppo di lavoro congiunto" a cui partecipa accanto al Consiglio mondiale delle Chiese, sia attraverso il dialogo bilaterale con altri raggruppamenti mondiali di Chiese. Di rilevante significato fu la Dichiarazione del Patriarcato ecumenico, venticinque anni dopo la fondazione, ad Amsterdam, del Consiglio mondiale delle Chiese, destinata a rafforzarne il ruolo nel movimento ecumenico e a esaltare la sua funzione di organo specifico nella ricerca comune dell'unità tra le Chiese.

La vigorosa presenza ortodossa nella multiforme attività del Consiglio mondiale delle Chiese ha avuto l'effetto di mettere in moto, nell'ambito della partecipazione di altre Chiese, un poderoso movimento centrifugo che ha controbilanciato le tendenze pluralistiche e secolaristiche indicando ad esse, attraverso l'insegnamento dei Padri, la perpetua realtà della fondazione apostolica della Chiesa in Cristo, in virtù della quale la Chiesa di Cristo nel corso intero della storia rimane una e medesima, in una vivente e organicamente intrecciata tradizione di culto, di dottrina e di vita. Poiché questa tradizione è, attraverso lo Spirito, non soltanto vivente esperienza del presente ma anche realtà che si trasforma e si trasfigura, essa fornisce la dimensione spirituale e l'ambito di continuità entro cui va realizzato l'obiettivo ecumenico come creativo riunirsi, nell'unica tradizione, delle molte tradizioni esistenti nell'universale Chiesa di Cristo. Lungi dal condurre a una rigida uniformità, ciò costituisce un contributo ecumenico a una più ampia comprensione di quella "unità nella continuità" in cui l'interrelazione tra unità e diversità si rivela essere struttura portante della cattolicità della Chiesa e appartenere al suo essenziale mistero in Cristo.

I rapporti, invece, della Chiesa Cattolica Romana con il Consiglio mondiale delle Chiese sono inevitabilmente ambigui, se non contraddittori; tuttavia il modus operandi che si è raggiunto, dopo la promulgazione del Decreto sull'e., con la costituzione del "Gruppo di lavoro congiunto", ha ufficialmente impegnato la Chiesa di Roma a tali livelli di cooperazione col movimento ecumenico da realizzare il duplice risultato di appianare e agevolare l'intero campo delle relazioni tra cattolici e altri cristiani e di rendere più serrato il dialogo teologico tra le Chiese. L'accento posto dal Concilio Vaticano II su Cristo come fonte e centro di comunione e sulla natura spirituale dell'e., configurandosi come contributo complementare a quello ortodosso e come elemento di sollecitazione in quella prospettiva fondamentale su cui il movimento "Fede e Ordine" si era posto fin dalla Conferenza mondiale di Lund del 1952, ha introdotto nel confronto interecclesiale e inter-confessionale una nuova dimensione di fratellanza spirituale. Ciò ha reso possibile la conoscenza e la comprensione al di là delle tradizionali barriere e la comune partecipazione a un nuovo, solenne moto di pentimento: si tratta di un rinnovamento e di una trasformazione che hanno investito non soltanto i singoli credenti all'interno delle comunità, ma la stessa vita e attività delle comunità nel loro insieme. Negli ultimi dieci anni la crescita di questo e. spirituale e biblicamente orientato, che trae impulso da quel dono dello Spirito santo che è il vincolo creativo dell'unità, che si fonda su un unico battesimo, che si nutre di un'unica eucarestia e si mantiene nella comune preghiera, è stata di straordinarie proporzioni, come testimonia il modo irresistibile in cui ha penetrato e dissolto tante chiusure e tante divisioni. Ciò ha condotto i cristiani a porsi domande comuni e spesso a trovare risposte comuni, che travalicano posizioni tradizionalmente opposte, tanto che queste sono venute perdendo la loro asprezza e hanno lasciato il posto a uno spirito di riconciliazione che, attraverso la partecipazione all'unico e solo movimento ecumenico, accetta la diversità come lecita differenza all'interno di una più profonda unità nella pienezza del vero. Questo e. interiore è divenuto così esteso e profondo da richiedere un'espressione esterna, da riproporre cioè, con forza, la questione della struttura ecclesiale e dell'unità organica: lo ha fatto però in termini nuovi ed essenzialmente spirituali, con la prevalenza dei criteri cristologici e pneumatologici su quelli giuridici e con l'avvio di una discussione che sta portando a una nuova concezione teologica della legge, vista in funzione del vangelo. L'e. si sta cioè ristrutturando: internamente, ponendo in Cristo il centro dell'impegno comune, esternamente, riferendosi al comune dovere, per la Chiesa operante nel mondo, di rendere testimonianza a Cristo. Ciò ha imposto l'obbligo agli uomini di Chiesa impegnati nel movimento ecumenico di riformulare insieme, in maniera non unilaterale, la loro fede comune, così da poter parlare al mondo con un'unica voce. Un esempio significativo di questo orientamento è offerto da Il catechismo comune, curato da J. Feiner e L. Vischer (1973).

Un altro risultato del fatto che la Chiesa cattolica si sia ufficcialmente impegnata nel movimento ecumenico, pur senza un'effettiva associazione al Consiglio mondiale delle Chiese, è consistito nello sviluppo del dialogo bilaterale tra di essa e le altre Chiese, soprattutto a livello di rapporti con le organizzazioni mondiali delle varie confessioni come la Federazione mondiale luterana o l'Alleanza mondiale delle Chiese riformate. Conseguenza di ciò è stata quella di rafforzare, tra le Chiese evangeliche, la persuasione della dimensione mondiale della comunità della Chiesa cristiana e del carattere universale della fede cristiana, e le ha stimolate a una disponibilità ecumenica che si è concretata sia nei colloqui bilaterali tra di esse sia a livello complessivo. In questo modo si è venuta costruendo una rete di rapporti ecumenici che è servita a contenere le tendenze alla frammentazione confessionale e a ricomporre le divergenze ecclesiali entro una struttura ecumenica di fondo, di natura spirituale e teologica. Attualmente questo tipo di dialogo teologico a carattere ecumenico ha decisamente superato il piano dell'ecclesiologia comparata per porsi su quello della chiarificazione della base comune della fede, con ciò muovendosi in una direzione marcatamente cristocentrica piuttosto che ecclesiocentrica: infatti la ricerca di una base comune nella verità ha condotto la riflessione sulla Chiesa, sui sacramenti e sul ministero, nell'orbita del mistero stesso di Cristo. Non desta quindi sorpresa che il documento conclusivo del "Colloquio internazionale sullo sviluppo dell'e." tenutosi a Roma tra il 1964 e il 1974, abbia definito questo decennio "uno dei periodi teologicamente più fecondi nella storia del movimento ecumenico". Su dottrine da lungo tempo controverse - come quelle relative a Vangelo, Scrittura e tradizione, alla giustificazione per la grazia attraverso la fede, al ministero sacerdotale del popolo di Dio, all'incorporazione in Cristo attraverso il battesimo, alla presenza reale e al sacrificio eucaristico - vi è stato il più ampio e più profondo accordo mai raggiunto dai tempi della Riforma. In un caso, quello della dichiarazione di consenso tra cattolici e anglicani sul termine eucarestia, si è avuto un esplicito avallo ecclesiale; inoltre, il procedere del dialogo (soprattutto tra teologi cattolici, luterani e riformati) sulla teologia del matrimonio e sui problemi del matrimonio misto, fa ben sperare in risultati di vasta portata. Altrettanto si può dire del dialogo tra riformati e ortodossi che si è avviato nel Nord America, per non parlare delle discussioni tra ortodossi e cattolici in Europa. Di particolare significato è la Convenzione di Leuenberg sulla dottrina della mensa eucaristica, che ha concluso oltre dieci anni d'intenso lavoro dei teologi luterani e riformati e ha inaugurato, tra queste confessioni, una fase di profonda cooperazione e comprensione inter-ecclesiale, con reciproco riconoscimento della comunanza di pulpito e di altare.

È importante notare che le linee di accordo e di disaccordo, emerse negli ultimi dieci anni, non seguono più semplicemente le vecchie demarcazioni confessionali ma corrono attraverso di esse, così da rafforzare la convinzione che le divisioni derivino non tanto da diverse interpretazioni della verità, quanto da distorsioni culturali, o addirittura nazionali, del comune retaggio cattolico. Ciò vale non solo per il dialogo di cui sono ufficialmente garanti il Consiglio mondiale delle Chiese o il Segretariato per l'unità cristiana, ma anche al di fuori di esso, come nel caso dell'Académie internationale des sciences religieuses i cui dibattiti registrano un sempre più profondo consenso teologico, che oltrepassa confini ecclesiali e nazionali e che testimonia di un moto progressivo di riavvicinamento e di riconciliazione ecumenica a un livello profondo di analisi e di comprensione teologica. Una simile convergenza ecumenica, spirituale e teologica, soprattutto per il suo verificarsi nel contesto di quella profonda rivoluzione scientifica in cui dualismo e pluralismo vanno scomparendo per dar posto a una visione più unitaria dell'uomo e dell'universo e in cui il relativismo culturale viene trasceso in un quadro di conoscenza obiettiva, dovrà tradursi in quelle soluzioni concrete che la realizzazione della comunione ecclesiale necessariamente richiede. La crescente persuasione che vi sia un solo e unico movimento ecumenico che, in virtù dello Spirito, sta irresistibilmente e profondamente operando in tutta la cristianità, non può restare un'informe espressione di generica buona volontà ecumenica, ma richiede con urgenza un serio impegno per la ristrutturazione, su base evangelica e cattolica, delle istituzioni ecclesiali e teologiche.

È questa la svolta cui l'e. si trova oggi di fronte. Sul piano istituzionale, vi è l'impegno per tutte le Chiese di riesaminare la propria identità e di ridefinirla non solo nel quadro dei rapporti ecumenici che esse hanno stabilito le une con le altre, ma soprattutto in una prospettiva cristocentrica e con una rinnovata apertura pneumatologica. Sul piano teologico, esse sono chiamate a rimeditare le dottrine dell'incarnazione e della creazione nella loro reciproca connessione, in modo da sanare la frattura tra e. come movimento spirituale e teologico, ed e. come impegno per la reale unità del genere umano. Ma, accanto a tutto ciò, la crescente attenzione che tutte le Chiese vanno ponendo sullo Spirito Santo, conferisce al movimerito ecumenico un più grande dinamismo e un'unità più comprensiva che derivano dalla comunione di Dio trino e uno.

Bibl.: The Anglican-Roman catholic statement on the Eucharist, 1971 (per il testo cfr. anche Ephemerides theologicae lovanienses, 68 [1972], pp. 257-60); Groupe de Dombes, Vers une même foi Eucharistique? Accord entre catholiques et protestans, Taizé 1972; id., Pour une réconciliation des ministères. Éléments d'accord entre catholiques et protestants, ivi 1973; World Council of Churches, Confessions in Dialogue, 1973; World Council of Churches, Uniting in Hope. Commission on Faith and Order, Accra 1974; L'Académie internationale des Sciences Religieuses, L'Esprit Saint et L'Église... L'avenir de L'Église et de l'øcuménisme, Actes du Symposium organisé par l'Acad. intern. des Sciences relig., a cura di S. Dockx, Parigi 1969; La portée de l'Église des Apôtres pour l'Église d'aujourd'hui, Istina 1974; Une contribution aux recherches de foi et Constitution sur le ministère ordonné, ivi 1974; G. Florovsky, Christianity and Culture, in Collected Works, II, Belmont, Mass., 1974; R. Hoeckman, Unité de l'église, unité du monde, diss., Berna e Francoforte sul Meno 1974; World Council of Churches, One Baptism and one Eucharist, and a Mutually Recognised Ministry, 1975; The Common Catechism. A Book of Christian Faith, a cura di J. Feiner, L. Vischer, ediz. inglese, New York 1975; T. F. Torrance, Theology in reconciliation, Essays towards evangelical and Catholic Unity in East and West, Londra 1975.

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