ECUADOR

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ECUADOR

Domenico Ruocco
Angelo Trento
Luisa Pranzetti
Samuel Montealegre
Angela Prudenzi

(XIII, p. 437; App. I, p. 538; II, I, p. 813; III, I, p. 507; IV, I, p. 621)

Popolazione. − Secondo stime anagrafiche, la popolazione ammontava, nel 1990, a 10,78 milioni di abitanti. Il notevole incremento, pari al 48% in poco più di un decennio, è stato dovuto, oltre che all'altissimo coefficiente medio di accrescimento (2,9% annuo nel quinquennio 1984-89), a notevoli flussi immigratori. Tutto ciò ha provocato estesi fenomeni di urbanizzazione: la popolazione della capitale si è raddoppiata in un quindicennio (1.100.847 ab. nel 1990), quella di Guayaquil è passata da 836.000 ab. nel 1971 a 1.508.444 ab. nel 1990.

Condizioni economiche. − L'agricoltura continua a rappresentare un settore fondamentale dell'economia dell'Ecuador. L'aumento della popolazione ha imposto l'acquisizione di nuove aree e l'intensificazione delle colture anche con l'impiego di concimi chimici, per i quali è sorto a La Libertad un impianto di fabbricazione, connesso alla raffinazione del petrolio. Nelle zone costiere e nelle valli sono coltivati i prodotti destinati in parte all'esportazione, come il cacao (967.000 q nel 1990), le banane (30.546.000 q nel 1990), il caffè (1.349.000 q nel 1990), ma anche alcuni prodotti destinati al consumo interno (agrumi, mais). Sull'altopiano sono coltivati i prodotti destinati ai mercati locali: mais (5 milioni q nel 1990), riso (8.404.000 q nel 1990), orzo, frumento, manioca, patate. Dalle foreste, ancora poco sfruttate, si ricavano caucciù e legname (9,73 milioni di m3 nel 1989).

L'allevamento è praticato soprattutto nella regione della Sierra; il patrimonio zootecnico si è accresciuto per quanto riguarda i bovini (4,36 milioni di capi nel 1990) e i suini (4,22 milioni di capi nel 1990). Anche la pesca si è notevolmente sviluppata (723.600 t di pescato nel 1989), tanto che rappresenta la seconda voce delle esportazioni.

I maggiori progressi nell'economia ecuadoriana si sono avuti nello straordinario sviluppo dell'industria estrattiva, alle voci petrolio e gas naturale. Ai giacimenti dell'Oriente si sono aggiunti quelli della penisola di Santa Elena, il cui principale centro di estrazione, Ancón, è collegato con oleodotto al porto di La Libertad, ove il prodotto viene in parte raffinato e in parte esportato.

La produzione petrolifera è stata di 14,7 milioni di t nel 1989, cui si accompagnano 608 milioni di m3 di gas naturale. I due prodotti hanno assicurato il soddisfacimento del fabbisogno energetico interno e apportato entrate cospicue, rappresentando in valore i tre quarti delle esportazioni. Ma le riserve di idrocarburi sono complessivamente modeste: si stima che al ritmo corrente di sfruttamento esse potrebbero esaurirsi nel giro di una decina di anni. Si è pertanto intensificato lo sfruttamento dell'enorme potenziale idroelettrico del paese, con la costruzione di centrali sui fiumi Pastaza (impianto di Agoyán) e Paute. Circa il 50% della produzione complessiva di energia elettrica è attualmente di origine idrica.

La produzione industriale, concentrata a Quito e a Guayaquil, ha i suoi punti di forza nei settori alimentare, tessile, petrolchimico, farmaceutico e del cemento. Dopo un periodo di forte crescita (fra il 1972 e il 1982 la produzione industriale ha registrato un incremento medio annuo del 9,5%, la produzione è entrata in una fase di ristagno, dovuta a difficolt'a di approvvigionamento di materie prime importate, alla mancanza di manodopera qualificata, alla debole domanda interna e alla caduta degli investimenti, sui quali ha inciso il forte indebitamento con l'estero. Il contributo dei prodotti dell'industria manifatturiera al prodotto interno lordo (23% nel 1990) è modesto, in confronto alla maggior parte dei paesi a medio reddito. La bilancia dei pagamenti, che registrava un attivo di 126 milioni di dollari nel 1985, è in deficit dal 1986 (oltre 700 milioni di dollari nel 1990), principalmente per effetto della caduta dei prezzi del petrolio sui mercati internazionali. Nel 1987 il dissesto dell'economia è stato aggravato da una serie di rovinosi terremoti che hanno distrutto tra l'altro l'oleodotto che collega Lago Agrio, nella prov. di Napo, con il porto di Balao sul Pacifico, provocando l'interruzione delle esportazioni di petrolio per diversi mesi. Il peso insostenibile del debito estero, stimato in circa 12,1 miliardi di dollari nel 1990 (uno dei più elevati del mondo, su base pro capite) ha indotto le autorit'a del paese a sospendere il pagamento degli interessi nel 1987, e a tentare di arginare il crescente deficit pubblico con severe misure di austerità.

Le comunicazioni sono ancora scarse rispetto allo sviluppo economico recente. L'asse portante del traffico terrestre è rappresentato dai 1400 km della Panamericana, ai quali si aggiungono 36.000 km di strade sviluppate soprattutto nella parte occidentale del paese. Meno di 1000 km di ferrovie in esercizio, antiquati e al limite dell'obsolescenza i treni. In continuo aumento il traffico aereo: a Quito e a Guayaquil i due aeroporti internazionali.

Bibl.: G. Corna Pellegrini, L'America Meridionale, Torino 1987; El espacio urbano en el Ecuador. Red urbana, región y crecimiento, in Geografía básica del Ecuador, t. 3: Geografía urbana, Quito 1987; Transformaciones agrarias en el Ecuador, ibid., t. 5: Geografía agraria, ivi 1988.

Storia. − Quando, nel gennaio 1976, un triunvirato militare pose fine al regime autoritario ma nazionalista e modernizzatore del generale G.R. Lara, l'E. appariva un paese diverso rispetto al passato. La campagna per il petrolio, con la riduzione drastica dei privilegi delle multinazionali e la creazione di una compagnia petrolifera pubblica, aveva assicurato allo stato oltre il 65% della produzione. Si era diversificata così anche la struttura delle esportazioni, togliendo potere all'oligarchia della costa produttrice di beni tropicali. La società ecuadoriana risultava in complesso più diversificata, con un'industrializzazione incipiente e difficile, il rafforzamento del ceto medio e un proletariato di fabbrica in crescita, reso più numeroso da un costante esodo rurale dovuto alla sperequazione fondiaria.

La nuova giunta militare attuò una linea repressiva nei confronti degli scioperi, ma preparò la strada per il ritorno a un governo civile. Nel gennaio 1978 un referendum invitava gli elettori a scegliere fra una nuova Costituzione (Congresso unicamerale, voto agli analfabeti, presidente con maggiori poteri ma non rieleggibile) e quella del 1945 riformata (due Camere, esclusione degli analfabeti dal suffragio).

Vinse la prima ipotesi e le elezioni presidenziali si tennero nel luglio 1978, dopo che una legge aveva escluso l'eleggibilità di chi fosse figlio di genitori stranieri, tesa a colpire A. Bucaram, di origine libanese e leader del potente partito populista CFP (Concentración de Fuerzas Populares). Il ballottaggio fra i due candidati più votati, nell'aprile 1979, vide il trionfo di J. Roldós Aguilera (CFP) contro il candidato della destra. Contemporaneamente, le elezioni legislative segnavano la vittoria di forze nuove a scapito dei vecchi partiti, con l'eccezione della CFP. Ciò rifletteva i mutamenti economici, sociali e politici intervenuti. Le circostanze descritte avrebbero teoricamente consentito a Roldós di governare senza problemi, ma i contrasti fra esecutivo e legislativo portarono a una paralisi di poteri.

Le cause di tali contrasti vanno ascritte al progressismo di Roldós, all'incompatibilità del vecchio partito populista con le forze emergenti (la socialdemocratica Izquierda Democrática, ID, e i cattolici, principalmente) e a una battaglia interna al partito populista che condusse a una scissione. All'inizio del 1981 una guerra lampo nella zona di frontiera fra E. e Perù − un'area amazzonica in cui il Perù si era installato nel 1942 − creò un clima da ''unione sacra'', di cui Roldós si sarebbe probabilmente giovato se non fosse perito tre mesi dopo in un incidente aereo. Gli succedette il vicepresidente democristiano O. Hurtado, che contava sull'appoggio del suo partito (Democracia Popular) e di ID, ma che non riuscì a governare. All'estrema confusione politica si accompagnò, dopo 10 anni di successi, una profonda crisi economica aggravata dalla brusca caduta dei prezzi del petrolio (da cui dipendevano gli investimenti pubblici) e da calamità naturali senza precedenti. La crisi e le misure impopolari dettate dal Fondo monetario internazionale provocarono un'esplosione di scioperi e di manifestazioni, che assunsero carattere violento e corporativo senza trovare istanze politiche che le canalizzassero.

Le elezioni del gennaio 1984 videro i partiti di centrosinistra divisi, mentre la destra si unì nel Frente de Reconstrucción Nacional. Nel ballottaggio di maggio fu proprio il candidato di destra − L. Febres Cordero, del Partido Social Cristiano (PSC), − a vincere di misura su R. Borja (ID), facendo leva sul malcontento popolare e sulla tradizionale rivalità fra la sierra (Quito) e la costa (Guayaquil), che sembrava debellata col ritorno alla democrazia. La ricetta economica del nuovo presidente fu neoliberale: ''prezzi reali'' per i generi alimentari, restrizioni salariali, riduzione del ruolo statale in economia, facilitazioni e privilegi al capitale estero, penalizzazione dell'industria. La crisi non venne però scalfita; l'E. fu costretto a sospendere il servizio del debito estero, il cui ammontare ascese a 9 miliardi di dollari nel 1987. L'andamento recessivo colpì soprattutto i ceti popolari, innescando una spirale di scioperi e manifestazioni di piazza. Nel 1987, mentre cresceva a dismisura il livello di denutrizione, la disoccupazione raggiungeva il 13% e la sottoccupazione il 56% della forza lavoro.

Il periodo fu segnato da un conflitto quasi perenne fra esecutivo e Camera, dove si formò un ''blocco progressista'' che andava dai democristiani alla sinistra marxista. Il legislatore votò numerose risoluzioni che Febres non volle accettare, fra cui la messa sotto accusa del ministero degli Interni per violazione dei diritti umani. Il presidente governò attraverso decreti, specie in materia economica, e sviluppò una politica repressiva nei confronti della società civile, che comportò la comparsa di bande paramilitari di destra e di una guerriglia di sinistra. Difficili anche i rapporti con le Forze armate, che sfociarono nella tentata rivolta del generale F. Vargas Pazzos nel marzo 1986. Nel gennaio 1987 Febres venne rapito da un'ottantina di militari e dopo 12 ore firmò il rilascio di Vargas, in prigione malgrado l'amnistia decretata dalla Camera nell'ottobre 1986.

La situazione creatasi portò alla sconfitta della destra nelle ultime elezioni. Nel ballottaggio del maggio 1988 prevalse R. Borja (ID) su A. Bucaram (Partido Roldosista Ecuatoriano, PRE), nipote del vecchio leader populista e populista egli stesso, ex sindaco di Guayaquil. Si registrò così la sconfitta del populismo e della costa. Borja si propose di ribaltare la politica economica attraverso un modello di economia mista, industrializzazione, crescita del mercato interno e redistribuzione del reddito. Sul piano internazionale, l'E. riprese la posizione di non allineamento, abbandonata con Febres.

Malgrado i propositi di rilancio produttivo, la situazione economica rimase difficile e l'amministrazione socialdemocratica, anche in seguito alle pressioni del FMI, continuò a ricorrere a misure di austerit'a che suscitarono nuove proteste sociali. Ulteriori problemi erano provocati dall'instabilit'a della maggioranza parlamentare di cui Borja poteva disporre, dalle attivit'a di gruppi armati di estrema destra, legati all'ex presidente Febres Cordero (coinvolto in episodi di corruzione e incriminato per malversazione nel gennaio 1990), e dalla penetrazione in E. dei narcotrafficanti colombiani in seguito alle misure antidroga adottate in quel paese dalla fine degli anni Ottanta. Nel giugno 1990 le elezioni legislative di medio termine videro un forte calo di ID a vantaggio del PSC e del PRE, che furono in grado di costituire nel Congresso una maggioranza di centro destra; nell'autunno successivo, tuttavia, il tentativo della destra di portare il braccio di ferro con Borja fino alle estreme conseguenze e avviare una procedura di impeachment del presidente fu sconfitto di misura nel voto parlamentare.

Rilevante restava anche il problema degli indios (circa il 30% della popolazione attiva), il cui processo di integrazione nella societ'a ecuadoriana era tutt'altro che compiuto. Nel giugno 1990 la protesta delle organizzazioni indigene, che rivendicavano il ristabilimento dei tradizionali diritti comunitari sulla terra, l'indennizzo per i danni ambientali provocati dalle compagnie petrolifere e il riconoscimento del quechua come lingua ufficiale, assunse forme insurrezionali in alcune province andine. Sul piano economico, mentre perduravano i problemi nei conti con l'estero, le politiche di contenimento dei consumi interni e le conseguenti agitazioni sociali (sciopero generale del febbraio 1991), un importante accordo veniva raggiunto nel 1991 tra i paesi del Patto andino (Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela): con la Dichiarazione di Caracas, firmata il 18 maggio dai presidenti dei cinque stati, questi decidevano di dar vita nel 1992 a una zona di libero scambio e di adottare una politica tariffaria comune nei confronti del resto del mondo. Ulteriori misure di integrazione erano previste per gli anni successivi, in modo da arrivare nel 1995 alla formazione di un mercato comune pienamente integrato.

Le elezioni generali del maggio 1992 hanno visto la sconfitta di ID e il rafforzamento della maggioranza parlamentare conservatrice; alla presidenza della Repubblica è stato eletto al secondo turno, in luglio, S. Duran Ballen, leader di una frazione scissionista del PSC che ha dato vita al Partido de Unidad Republicana.

Bibl.: A. Cueva, The process of political domination in Ecuador, New Brunswick 1982; L. A. Pinoargote, La república de papel, Guayaquil 1982; MLAL, Ecuador, Roma 1984; O. Hurtado, Political power in Ecuador, Boulder 1985; J. P. Sainz Pérez, Democracia y clase obrera en el Ecuador, Quito 1985; R. Santana, La cuestión étnica y la democracia en Ecuador, Parigi 1986; A. Carrasco Vintimilla e altri, Estado, política y democracia en el Ecuador, Quito 1987; L. F. Torres, El control de la constitucionalidad en el Ecuador, ivi 1987; D. W. Schodt, Ecuador. An Andean Enigma, BoulderLondra 1987; D. Corkill, D. Cubitt, Ecuador: fragile democracy, Londra 1988.

Letteratura. − L'eco dell'esuberante produzione iniziata intorno agli anni Trenta in E. non si è ancora spenta e diversi scrittori appartenenti a quella generazione hanno continuato a pubblicare opere di notevole rilievo.

Lo stesso D. Aguilera Malta, che si era trasferito in Messico proprio in quegli anni, pubblica nel 1970 il suo grande romanzo Siete lunas y siete serpientes, in cui riprende le vecchie tematiche legate al montuvio, al meticcio della costa ecuadoriana, cui seguono El secuestro del general (1973), Jaguar (1977) e Requiem para el diablo (1978).

E. G. Gilbert, che nel 1942 si era guadagnato con Nuestro Pan il primo premio a un concorso nazionale di narrativa, nel 1967 pubblica una piccola raccolta dal titolo La cabeza de un ni^no en un tacho de basura. A. Pareja Díez-Canseco, i cui ultimi titoli, Las pequeñas estaturas e La Manticora, sono del 1974, continua l'accorato nitido affresco del ciclo storico Los años nuevos. A. F. Rojas, il cui nome è legato all'Exodo de Yangana, romanzo apparso nel 1949 a Buenos Aires, dà alle stampe l'ultimo romanzo, Curipamba, nel 1985. E per finire, A. Ortiz esprime la propria collera in La envoltura del sueño, del 1982.

Un cenno a parte merita J. Icaza, il massimo esponente dell'indigenismo ecuadoriano, analizzato però attraverso le problematiche del meticcio che non riesce a collocarsi né nello spazio dell'indio né in quello del bianco; dei suoi sette romanzi soltanto due, Huasipungo (1934; trad. it., 1961) e Huayrapamushcas (1948), sono interamente dedicati al mondo indigeno, mentre al meticciato come assunto narrativo e problema sociale guardano Cholos (1938; trad. it., I meticci, 1949), El chulla Romero y Flores (1958) e Media vida deslumbrados (1942). Con Atrapados, estesa trilogia pubblicata nel 1972, Icaza si libera degli stereotipi che avevano caratterizzato i primi romanzi.

Al centro della narrativa è il tema delle frustrazioni politiche ed esistenziali. Ne sono esempio Los bienes (1981) di V. Rivas; Antiguas caras en el espejo (1984) di F. Proano; Teoría del desencanto (1986) di R. Pérez Torres, e la raccolta di racconti Pájara de la memoria (1984) di I. Egüez. Fra le molte altre opere meritano un cenno particolare Ciudad lejana (1982) di J. Vazconez e La historia de un intruso (1974), Un delfín y la luna (1985) di M. A. Rodríguez, ma soprattutto non può non essere ricordato il romanzo forse più famoso della letteratura ecuadoriana degli anni Settanta, Entre Marx y una mujer desnuda (1976) di J. E. Adoum (n. 1923).

Analoghe tematiche contraddistinguono la poesia. Ricordiamo tra i numerosi poeti H. Binueza, autore di Un gallinazo cantor bajo el sol de a perro (1970); R. Arias, il cui nome è legato alla raccolta Poesía en bicicleta (1975), e molti altri come U. Estrella, I. Carvajal e R. Larrea. Espressione delle nuove tendenze poetiche sono la raccolta Los códices de Lorenzo Trinidad (1985) di J. Ponce e Levantiento del país con textos libres (1982), premio Casa de las Américas, di J. Pasos Barrera.

Nel 1970 è stata pubblicata con il titolo Teatro completo l'intera produzione teatrale di Aguilera Malta. Tra gli autori di un qualche rilievo ricordiamo J. Martínez Queirolo (n. 1931), le cui opere, improntate alla protesta sociale, sono state in gran parte raccolte in volume nel 1974.

Bibl.: G. Bellini, Historia de la literatura hispanoamericana, Madrid 1985; Revista de Literatura Iberoamericana, 144-45 (1988).

Arte. − Dal ritratto, dal quadro storico, dal folclore, da struggenti paesaggi come quelli di L. Martínez (1869-1909) e J. L. Mera (1874-1955), la pittura ecuadoriana, a secolo 20° inoltrato, si volge a ritrarre con nostalgica tristezza angoli suggestivi della città coloniale. La posizione di Quito in mezzo alle Ande e il suo barocco meticciato euro-indio, che esplode in interni scintillanti per le foglie d'oro che ricoprono gli intagli (capolavori massimi le chiese de La compañía, secoli 17°-18° e di San Francisco, secoli 16°-18°), attraggono gli artisti ecuadoriani e stranieri, che realizzano opere d'interesse più documentario che artistico. Tra questi: J. E. Guerrero (1905-1988), J. Espín (1904-1980), il cileno S. Guarderas (n. 1901), lo spagnolo J. M. Roura Oxandaberro (1882-1947).

Il 24 maggio 1904 a Quito venne fondata la Escuela de Bellas Artes, che aveva avuto precedente vita dal 1872 al 1875. La Escuela era improntata all'accademismo e neanche le borse di studio in Europa che il governo concedeva riuscirono a liberare l'arte ecuadoriana dal giogo del modello. Dal 1915 gli insegnamenti di Decorazione e Teoria del colore furono affidati al pittore francese P. A. Bar, che introdusse la pittura en plen air suscitando interesse verso il nuovo. Nei paesaggi di V. Mideros (1888-1969) s'incontrano accenni moderni, alla nabis.

Nel 1917 si celebrò a Quito la prima mostra ''Mariano Aguilera'', che è continuata e il cui premio è ambita conquista.

M. Rendón Seminario (1894-1982) nacque, si formò e visse a Parigi, esponendo nel 1926 nelle gallerie di Zborowski e l'anno dopo in quella di L. Rosenberg. La sua arte è giocata sulla circolarità del volto umano, sulle trasparenze dei cerchi che si sovrappongono e indicano profondità, sulla luminosità dei colori, sull'applicazione della pittura a pennellate brevi, quasi punti. In maturità il riferimento figurativo è ridotto a cerchi cromatici accuratamente puntinati. A partire dal 1937, quando ritornò, fu una presenza insolita, che contribuì in modo determinante al rinnovamento dell'arte moderna ecuadoriana.

L'E. è un paese composto di popolazione in gran parte india, fatta oggetto della pittura in quanto tipo somatico, nelle sue usanze, nello habitat naturale, ma senza toccare il problema della sua sottomissione e miseria. È con P. León (1894-1956) che la pittura esce dalla subalternità alle regole e il dramma indio si pone in primo piano.

L'Indigenismo, che rivela appunto la condizione sociale dell'indio, è diventato un movimento continentale. Iniziato dal pittore peruviano J. Sabogal negli anni Venti, ha trovato in E. uno dei punti di maggiore presa. Un altro grande protagonista dell'arte ecuadoriana, C. Egas (1899-1962), con il tema dell'indio offre una pittura improntata all'idea di tensione libertaria, contro l'idea di dolore e d'abnegazione dominanti in altre pitture ''indigeniste''. Le figure sono di solito ordinate in modo da creare una diagonale con una spinta verso l'alto, il colore è ad alta saturazione, i personaggi esprimono vigore: è l'inizio dell'epopea. Oltre alla condizione dell'indio, i suoi occhi scrutano la realtà dell'uomo della grande metropoli, New York, scovano nel surrealismo e astraggono fino a ottenere monocromi a base di irregolarità tormentate. A C. Egas è dedicato un museo a Quito.

Anche E. Kingman (n. 1913) e D. Paredes (n. 1915) forniscono una loro versione dell'indigenismo; ma è O. Guayasamín (n. 1919) che diventa portabandiera internazionale del movimento, con le ben note serie di quadri Huacayñán, El camino del llanto, La edad de la ira: pittura schematica d'impasti generosi che si colloca su quel versante del movimento che esprime l'umiliazione e la sofferenza. La sua casa a Quito ospita la Fondazione Guayasamín.

Il mondo precolombiano espresse in E. stupende civiltà: Valdivia (le piccole ''veneri'' sono tra i più antichi reperti in terracotta d'America), La Tolita, Negativo del Carche, Chorrera (le bottiglie fischietto), ecc. Questa ricchezza, ignorata a livello di modello per diversi secoli, è stata valorizzata in coincidenza con l'affermarsi internazionale dell'Informale, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.

È il momento precolombiano: segni in serie e materia rievocano lontanissime realtà ancestrali. In ciò apporti notevoli danno E. Tábara (n. 1930) e A. Villacís (n. 1927), che poi si discosteranno dall'astratto precolombiano per sfruttare il figurativo. In E. Maldonado (n. 1930) rimane invariato, qualsiasi tecnica adoperi, un segno precolombiano, la S ad angoli di 90°, in infinite dimensioni, posizioni, combinazioni.

O. Viteri (n. 1931), appassionato di arte popolare, fa convivere autoctono e moderno attaccando sulla superficie bambole di stoffa dei mercati popolari. C. Andrade Faini (n. 1915) e L. Moscoso (n. 1915) assimilano invece la lezione di Cézanne. Allieva di A. Ozenfant a New York, A. Gilbert (n. 1914), a partire dagli anni Cinquanta, raggiunge una purezza geometrica unica nell'Ecuador. Assonometrie astratte sono realizzate da L. Molinari Flores (n. 1929), mentre M. Bueno (n. 1940) rappresenta la sperimentazione più spinta intrecciata a elementi naturali e artificiali.

L'E. ha reperti archeologici di rara bellezza e Quito, durante i secoli 17°-18°, è stato uno dei più importanti centri di produzione di sculture lignee religiose in America. Questa importante tradizione, però, si è affievolita e quasi spenta nel Novecento. Ridotte ad artigianato le forme pagane e riproposte senza inventiva quelle cattoliche, rimane L. Mideros (1898-1972) con il monumento storico, l'allegoria e i ritratti. J. Andrade (n. 1913) ridà senso creativo alla scultura figurativa: a Quito esistono suoi rilievi alla Universidad Central, all'Instituto de Seguridad Social e all'Aeroporto. Si devono anche ricordare le sculture indigeniste di O. Guayasamín, e quelle costruttiviste in inox-color (acciaio colorato) di E. Maldonado.

La Casa de la Cultura Ecuatoriana, dal 1945, svolge un'importante attività, collezionando opere d'arte e organizzando mostre: oggi conta 17 sedi dislocate nella capitale e in ogni capoluogo. Anche il Banco Central del Ecuador svolge un'intensa attività a favore dell'arte, promuovendo, collezionando e mantenendo un museo a Quito e un altro a Guayaquil. Dal 1987 ha sede a Cuenca la Bienal Panamericana de Pintura. Vedi tav. f.t.

Bibl.: Enciclopedia del Arte en América, voll. 5, Buenos Aires 1968; Historia del Arte ecuatoriano, voll. 4, Quito 1977; S. Montealegre, Alcuni apporti dell'arte visiva latino-americana a quella europea, in Terzo Occhio, xii (1986), 2 (39), pp. 24-27, 3 (40), pp. 40-43, 4 (41), pp. 17-20; AA.VV., Estuardo Maldonado, Dal símbolo al dimensionalismo, Guayaquil 1989.

Cinema. − La produzione regolare di opere cinematografiche comincia in E. soltanto nel 1918, anno in cui vengono realizzati alcuni documentari e bollettini d'attualità. Nel 1924 A. San Miguel, direttore della Ecuador Film Co., produce due film di fiction, El tesoro de Atahualpa e Se necesita una guaga ("C'è bisogno di un bambino"), cui seguiranno molte altre opere. Il passaggio al sonoro si rivela fatale per la cinematografia ecuadoriana: l'arretratezza tecnologica e gli scarsi mezzi finanziari impediscono infatti all'industria di adeguarsi alle moderne tecniche, tanto che il primo film parlato è girato solo nel 1949.

Se conocieron en Guayaquil − questo il titolo dell'opera di P. Villar − fu un successo senza precedenti e attirò nei cinematografi migliaia di persone. Purtroppo il boom venne subito frenato dall'invasione di pellicole americane, che provocò a partire dagli anni Cinquanta un rallentamento progressivo e inarrestabile della produzione nazionale. Questa grave situazione perdurerà durante il ventennio successivo, ed è soltanto dopo il 1978, anno della caduta della giunta militare, che l'industria cinematografica tenta di uscire dal suo lungo letargo. Durante gli anni Ottanta si producono quasi esclusivamente documentari. La produzione di fiction è praticamente ferma, principalmente a causa della dipendenza economica e culturale dell'E. dagli altri paesi dell'America latina e della conseguente difficile ricerca di una identità nazionale.

TAG

Fondo monetario internazionale

Industria cinematografica

Bilancia dei pagamenti

Industria estrattiva

America meridionale