ECOTOSSICOLOGIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ECOTOSSICOLOGIA

Luciana Migliore

L'e. è il ramo dell'ecologia che si occupa degli effetti tossici di agenti chimici o fisici sugli organismi viventi e in particolare sulle popolazioni e sulle comunità di un definito ecosistema; essa include le vie di trasferimento di questi agenti e le loro interazioni con l'ambiente (Butler 1981). Questa disciplina relativamente nuova ha dunque come scopo l'individuazione e lo studio degli effetti di sostanze chimiche e agenti fisici sugli organismi viventi, visti in un'ottica più ampia del singolo individuo.

La necessità di un tale tipo di approccio si deve alla continua produzione e immissione sul mercato di nuove sostanze di sintesi per soddisfare le esigenze agricole, industriali, ecc.: l'utilizzo di queste sostanze comporta automaticamente la loro immissione nei vari comparti ambientali. La stima del rischio connesso all'uso di queste sostanze è difficile e complessa e si è resa necessaria per prevenire ulteriori drammatiche crisi ambientali. La stima degli effetti biologici si può effettuare solo dopo che le sostanze raggiungono le diverse comunità e in particolare gli organismi bersaglio di ciascuna comunità, cioè quelli maggiormente sensibili. Infatti, gli effetti delle sostanze tossiche sugli organismi si manifestano in conseguenza all'esposizione a tali sostanze; l'esposizione ambientale è determinata dal tasso di immissione delle sostanze inquinanti nell'ambiente e dalla velocità dei processi di trasformazione.

Per avere una valutazione del possibile impatto ambientale, per ciascuna delle sostanze chimiche, si deve tener conto di numerosi parametri: l'entità della produzione, le modalità d'impiego, l'immissione e la persistenza nell'ambiente, la tendenza alla diffusione, la trasformazione dovuta a fattori biotici e abiotici, gli effetti biologici. Gli effetti delle sostanze chimiche si manifestano su tutti e tre i comparti ambientali: aria, acqua e suolo. Le problematiche relative ai tre comparti sono completamente differenti: il suolo presenta una scarsa possibilità di circolazione e un'elevata capacità d'immobilizzazione, l'aria tende a non trattenere le sostanze ma a cederle facilmente agli altri comparti, mentre l'acqua presenta una mobilità relativamente elevata delle sostanze immesse e, specie nelle acque interne, limitata possibilità di dispersione con problemi di bioaccumulo. Proprio in relazione alle acque interne, i corsi d'acqua mostrano rilevanti problemi d'inquinamento essendo spesso utilizzati per lo sversamento di scarichi di varia origine, industriale, agricola, urbano-domestica.

Varie organizzazioni, nazionali e internazionali, hanno formulato linee di guida per approfondire i diversi aspetti del pericolo derivante dall'uso indiscriminato di sostanze già note e di altre di nuova immissione sul mercato, per stimolare e orientare la normativa dei diversi paesi. Tra queste organizzazioni sono da ricordare la CEE (con la Direttiva sulle sostanze pericolose 831 del 1979), la National Academy of Sciences (1975), l'OECD (Organization for Economic Cooperation and Development) nel 1977.

Attualmente tutti gli studi in questo campo sono rivolti soprattutto a prevedere il rischio ecologico derivante dall'uso di una sostanza, più che a rimediare ai danni già procurati all'ambiente, prevalendo la tendenza alla prevenzione piuttosto che al rimedio. Conseguentemente, in questo senso si muove anche la normativa di vari paesi, che esigono una serie di informazioni riguardo alle nuove sostanze prima della loro commercializzazione (Ministry of International Trade and Industry, Tokyo, 1977; Ministry of the Environment, Canada, 1975; Direttiva CEE, 1978).

Le informazioni necessarie per la commercializzazione di una nuova sostanza variano in base alla quantità di sostanza prodotta e alla stima della concentrazione ambientale attesa. Le ricerche tossicologiche relative saranno dunque tanto più approfondite, quanto maggiori saranno le quantità immesse. Per avere un quadro ecotossicologico chiaro sono necessarie informazioni di base riguardanti le caratteristiche chimico-fisiche della sostanza.

In riferimento al comparto acquatico, per es., di ciascuna sostanza bisogna conoscere la densità relativa, la tensione di vapore, la tensione superficiale, l'idrosolubilità, la liposolubilità, il coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua. Questi parametri sono importanti per una prima valutazione del destino ambientale della sostanza e delle sue potenzialità ecotossiche. Infatti la densità relativa, la tensione di vapore, la tensione superficiale e l'idrosolubilità possono fornire informazioni sull'eventuale permanenza, ripartizione e localizzazione della sostanza in esame in seno al comparto acquatico. L'idrosolubilità, la liposolubilità e il coefficiente di ripartizione n-ottanolo/acqua possono dare informazioni sul potenziale bioaccumulo negli organismi viventi.

I metodi di studio per le valutazioni ecotossicologiche si basano su ricerche in natura e su test di laboratorio. Sul campo viene effettuata la valutazione degli effetti di sostanze tossiche sulle popolazioni nel loro ambiente naturale e sulle comunità, dati questi da estrapolare agli ecosistemi nella loro interezza; gli effetti sulle popolazioni possono essere rappresentati da variazioni del numero di individui o da modificazioni del rapporto tra i sessi, effetti che a loro volta determinano squilibri nella comunità stessa. Gli indici di diversità invece valutano in termini quantitativi il problema della riduzione del numero di specie presenti in una comunità per la presenza di un fattore inquinante. Una valutazione dello stato dell'ambiente può essere inoltre ottenuta misurando la quantità di inquinanti nei vari mezzi (acqua, aria, terra), o negli organismi; nel caso di un ecosistema inquinato o di una fonte d'inquinamento, è necessario mantenere la situazione sotto continua sorveglianza, effettuando regolarmente delle analisi e programmando i siti di rilevamento e gli intervalli di tempo. I metodi di studio sul campo, sebbene da una parte possono offrire una visione d'insieme realistica degli effetti che le sostanze tossiche producono sull'ambiente, d'altra parte non indicano con chiarezza, a causa dell'enorme quantità di variabili ambientali, quali siano i precisi rapporti tra la concentrazione delle sostanze tossiche in esame e gli effetti evocati a livello di organismi, popolazioni ed ecosistemi. Risulta praticamente impossibile, infatti, prevedere le risposte dei sistemi naturali a una perturbazione; inoltre gli ecosistemi naturali sono complessi, non hanno confini ben definibili e sono spesso anche difficili da analizzare con i classici mezzi scientifici dell'''esperimento'' e del ''controllo''. La necessità di basi sperimentali per la valutazione degli effetti possibili degli xenobiotici sull'ambiente ha imposto lo sviluppo di sistemi di laboratorio che si approssimano il più possibile alle condizioni naturali. Questi modelli sperimentali (detti ecosistemi-modello, microcosmi, microecosistemi o mesocosmi, quest'ultimo riferito a sistemi di maggiori dimensioni) sono o microecosistemi derivati direttamente dalla natura o sistemi fabbricati mescolando specie provenienti da colture axeniche (che contengono una sola specie) fino a ottenere la combinazione desiderata: in ambedue i casi è comunque necessario che il sistema contenga almeno due livelli trofici, abbia proprie componenti abiotiche e sia delimitato da confini stabiliti per lo scopo della ricerca. Il metodo comporta sicuramente grandi sforzi nella messa a punto, ma si è rivelato abbastanza affidabile per l'analisi ecotossicologica.

È ancora in discussione l'applicazione dei microcosmi come metodo standard per l'analisi di rischio ambientale. I test di laboratorio più diffusi, che danno un consistente margine di affidabilità dei dati e che vengono riconosciuti tra i test ecotossicologici standard, sono i saggi monospecifici, e cioè quelli che fanno uso di individui di una stessa specie, presi da popolazioni naturali o allevate in laboratorio. L'uso dei sistemi d'indagine di laboratorio che si basano sui saggi monospecifici offusca parzialmente gli obiettivi primari dell'indagine ecotossicologica, cioè l'analisi delle risposte di popolazioni e di comunità, del destino dei contaminanti e delle loro interazioni con l'ambiente.

Senza dubbio, rispetto agli studi sul campo degli effetti di sostanze inquinanti, uno studio di laboratorio comporta un approccio di tipo riduzionistico ma, per es., questo tipo di test permette di precisare un rapporto dose/effetto per le sostanze tossiche sull'organismo esaminato, la loro attività mutagena e cancerogena, ecc. I test monospecifici utilizzati in e., inoltre, sono in grado di dare una valutazione sia degli effetti letali sia di quelli subletali. Tra i secondi, d'interesse ecotossicologico, ci sono i test comportamentali che rivelano, a livello individuale, alterazioni, per es., dell'attività locomotoria, della fototassi, della geotassi, ecc., o, a livello interindividuale, alterazioni della migrazione, dell'aggregazione o della vulnerabilità della preda, ecc., ma, in ogni caso, possono dare accurata valutazione delle alterazioni di specie importanti per la stabilità degli ecosistemi. Tutti i saggi monospecifici possono poi essere utilizzati, oltre che per lo studio della tossicità di una sostanza definita, anche per il rilevamento della tossicità di campioni d'acqua, di lettiera, ecc., provenienti dalla natura, in cui i tossici presenti non sono noti o lo sono solo in modo parziale.

Bibl.: C. G. Butler, Principles of ecotoxicology, Chichester 1981; N.A. Ashford, C.S. Miller, Chemical explosures: low levels and high stakes, New York 1990; N. Dudley, Good health on a polluted planet, Wellingborough 1991.

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