ECOLOGIA APPLICATA

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Ecologia applicata

Stefano Cataudella

(v. ecologia, XIII, p. 424; App. III, i, p. 504; IV, i, p. 617; V, ii p. 7)

L'e. a., basandosi sulle conoscenze strutturali e funzionali degli ecosistemi su differenti scale spazio-temporali, identifica modelli finalizzati alla misura e al controllo degli impatti delle attività umane sulle risorse naturali e, più in generale, sulla qualità della vita. Più sinteticamente l'e. a. riguarda lo studio dell'impatto delle attività economiche sull'ambiente. Questa disciplina richiede dunque il contributo di un'ampia gamma di competenze per interpretare sistemi complessi su cui identificare, prevedere e controllare gli impatti degli interventi umani.

Abbandonando il tentativo di definire quali capitoli dell'ecologia possano essere ritenuti più o meno applicati, vale la pena di ricordare che nella costruzione del patrimonio conoscitivo di una disciplina è difficile separare le conoscenze fondamentali dalle applicazioni utili. Generalmente una buona base conoscitiva scientifica, così come una solida cultura acquisita nei lunghi processi per prove ed errori, può generare capacità di intervento affidabili e appropriate alla risoluzione di problemi ambientali e, dunque, consentire di operare delle applicazioni corrette. In sintesi, non è pensabile che ci possa essere un'e. a. senza che si faccia riferimento, anche indiretto, a una buona conoscenza delle problematiche ecologiche. Altra questione preliminare è definire chi può ritenersi ecologo applicato: lo possono essere il biologo che si occupa di gestione delle risorse naturali rinnovabili, l'architetto che pianifica il territorio e che modella il paesaggio, l'ingegnere che progetta sistemi per smaltire i rifiuti, l'agronomo, il chimico o altri. Anche in questo caso una definizione e una stretta collocazione disciplinare possono risultare riduttive, se ancora una volta si considerano le molteplici componenti del sistema complesso su cui si deve intervenire e le molteplici cause che ne forzano lo stato. Dunque, applicando una definizione ampia e multidisciplinare, l'e. a. non può essere che disciplina sistemica. Ciò non esclude che in alcuni casi singoli contributi disciplinari possano risolvere un problema; comunque, nella specificità l'ecologo applicato dovrà inserire il suo contributo all'interno di sistemi di riferimento più ampi.

Dunque di e. a. si occupano specialisti di varie discipline che concorrono a interpretare le relazioni tra attività umane ed ecosistemi, al fine di contribuire alla definizione di modelli d'uso, detti sostenibili (v. sviluppo sostenibile, in questa Appendice). Non è inoltre possibile trascurare il processo che ha portato alla generazione di studi economici finalizzati all'ambiente, all'incontro tra molteplici aspetti tipicamente assegnati all'e. a. e interpretati su base economica. Analizzando l'impatto dell'uomo sulla natura si apre un'ampia questione, quella dei limiti e del valore delle risorse naturali. Se l'ecologia studia la casa per conoscerla, l'economia ne studia la gestione; nell'analisi di ciò che è applicato non si può prescindere da componenti gestionali. In questo senso una parte ampia dell'e. a. confina con l'economia dell'ambiente e le si sovrappone; infatti la natura dei problemi presi in esame spesso si può interpretare soltanto mettendo in relazione dinamiche naturali ed economiche che sono, peraltro, strettamente interdipendenti. Per es., la nascita dell'economia ecologica sta segnando l'inizio di un processo che dovrebbe stimolare nuovi modi di pensare, arricchendo gli schemi classici, proprio al fine di dare con approcci trasversali risposte nuove a nuove tipologie di problemi. Molti degli aspetti che l'e. a. considera riguardano infatti l'impatto di attività che producono beni economici sia su risorse reperibili sul mercato, sia su beni liberi che, apparentemente illimitati, tendono poi a scarseggiare. Il problema delle risorse limitate non era un vero problema quando, per es., i pesci abbondavano e i pescatori erano pochi, o almeno dotati di mezzi di cattura rudimentali e con accesso limitato a spazi ristretti. Già nel 1864 il governo norvegese commissionò studi per interpretare le fluttuazioni nell'abbondanza dei banchi di merluzzi delle isole Lofoten; era necessario applicare le conoscenze biologiche disponibili sulla specie 'bersaglio' per interpretarne i comportamenti rispetto alla pesca. Il tutto era motivato da ragioni economiche e sociali, poiché l'andamento delle risorse era in grado di determinare lo stato di benessere delle popolazioni che su quelle risorse basavano la loro alimentazione e il loro potere di acquisto. Anche se l'esempio fatto si riferisce a oltre un secolo fa, e - per rimanere nell'ambito delle risorse acquatiche viventi - già nel 1905 era stata fondata la prima organizzazione internazionale finalizzata a conoscere l'ecologia delle specie oceaniche per regolarne il prelievo, di e. a. si è parlato solo a partire dagli anni Ottanta.

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D'altro canto questo non deve sorprendere, se si considera che l'ecologia come disciplina autonoma è relativamente giovane, e che comunque solo nell'ultimo ventennio ha subito una forte accelerazione la domanda di conoscenze finalizzate a conservare la natura e, quindi, a generare capacità d'intervento con metodo scientifico su problematiche ambientali. L'insorgere di tali nuove problematiche è correlato anche al delinearsi di nuovi scenari, di nuove concezioni dello spazio e del tempo che caratterizzano la nostra epoca, e comunque si colloca nell'ambito della crisi della modernità. Solo da pochi anni ci si chiede cosa fare delle scorie di un processo produttivo importante nell'economia di un paese, o come risolvere i problemi dell'inquinamento dell'aria, senza rinunciare a riscaldamento e trasporti, o come smaltire le acque reflue dei grandi centri urbani, o come garantire una gestione non depauperante delle risorse rinnovabili. L'e. a. è chiamata a dare risposte a problemi di questo tipo. Prendendo come riferimento un testo didattico, programmato dalla Società italiana di ecologia (SITE), i principali capitoli dell'e. a. riguardano i fattori di deterioramento dell'ambiente, come il prelievo degli organismi acquatici e terrestri, l'alterazione degli ecosistemi forestali, l'inquinamento dell'atmosfera, delle acque superficiali e del suolo, la contaminazione globale e gli effetti biologici della manipolazione dei corsi d'acqua. Per quanto concerne la protezione e il recupero dei valori ambientali, sono di fondamentale importanza la valutazione del carico trofico e di quello organico destinato alle acque, ma anche di quello termico e radioattivo, le misure di tossicità nell'acqua e i sistemi previsionali in ecotossicologia, la valutazione dei flussi idrici minimi accettabili, la gestione dei prelievi di organismi animali, l'immissione di specie acquatiche e terrestri, il rimboschimento, l'agricoltura ecocompatibile, la biomanipolazione dei corpi idrici, la depurazione biologica delle acque di scarico e la valutazione di impatto ambientale (VIA), per i progetti di grandi opere. (V. .)

Questa articolazione non è necessariamente esaustiva, e rispecchia una strategia orientata alla trattazione di argomenti che, prima di essere utilizzati come parti di un approccio sistemico, debbono essere conosciuti, per evitare che una visione d'insieme sia confusa con una conoscenza sommaria. È evidente l'ampiezza degli argomenti trattati, molti dei quali in piena evoluzione e in continua espansione applicativa. È inoltre importante sottolineare che molti aspetti dell'e. a. derivano dalla necessità di adeguare le pubbliche amministrazioni e le produzioni industriali alle disposizioni in materia ambientale.

bibliografia

Ecologia applicata, a cura di R. Marchetti, Milano 1993.

The economics and ecology of biodiversity decline, ed. T.M. Swanson, Cambridge-New York 1995.

Landschaftsökologische Raumberwertung: Konzeptionen, Methoden, Anwendungen, hrsg. Ch. Preu, P. Leinweber, Vechta 1996.

Frontiers in ecology. Building the links, ed. N. Klomp, I. Lunt, Oxford 1997.

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