ECCITAZIONE ELEMENTARE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ECCITAZIONE ELEMENTARE

Franco Bassani

Ogni volta che le energie degli stati eccitati di un sistema fisico possono essere definite come multipli interi di una energia minima, si può associare a questo sistema fisico il concetto di e. elementare. Ogni e.e. ha le caratteristiche di una particella di campo (quasi-particella) il cui numero non si conserva. Tipici esempi sono i fotoni, i fononi, gli eccitoni, i plasmoni, i polaritoni, ecc.

Introduzione e cenni storici. - Il concetto di e.e. è tipico della fisica quantistica moderna. Esso nasce infatti quando A. Einstein nel 1905 postula l'esistenza di particelle, associate alla radiazione elettromagnetica. Tali particelle sono i fotoni; essi hanno valori definiti di energia ε e impulso p, che dipendono dalla frequenza ν della luce (ε = hν, p = hν/c, dove h è la costante di Planck e c la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto); il loro numero non si conserva e dipende dalla temperatura secondo la nota formula di distribuzione di Planck dn=8πν2dν. Se i fotoni sono in interazione c3(ehν/kT−1)

con altri sistemi a energia variabile, essi possono essere assorbiti o creati in modo che per ogni processo elementare si abbia, tra lo stato finale di energia Ef e lo stato iniziale di energia Ei

EfEi = hν. [1]

Se gli stati del sistema sono a impulso definito pf e pi, si ha inoltre:

pfpi = hν/c. [2]

Il concetto di fotone spiega le proprietà dell'effetto fotoelettrico; esso inoltre consente d'interpretare i dati della spettroscopia atomica postulando l'esistenza di livelli discreti per l'energia degli atomi. Non fu subito chiaro tuttavia il collegamento tra le proprietà corpuscolari della radiazione e il carattere ondulatorio dei campi elettromagnetici. Per questo fu necessaria la formulazione generale della meccanica quantistica, introdotta da W. Heisenberg nel 1925, cui seguì il concetto di fotone come particella elementare ottenuta dalla quantizzazione delle equazioni classiche del campo elettromagnetico. La generalizzazione di questo concetto a un grande numero di altri casi avvenne gradualmente; dapprima con l'osservazione che anche per le vibrazioni nei cristalli era possibile definire il quanto di e.e. (fonone), e che questo era essenziale per spiegare l'andamento del calore specifico alle basse temperature; successivamente, a partire dagli anni Quaranta, con l'osservazione di L. D. Landau che le proprietà di superfluidità dell'elio potevano essere spiegate introducendo e.e. a esso specifiche (i rotoni).

A partire dagli anni Cinquanta si venne affermando l'uso della teoria dei campi per lo studio dei problemi della materia allo stato condensato, particolarmente ad opera di L. D. Landau, R. P. Feynman, D. Pines e altri. Il concetto di e.e. fu quindi generalizzato a tutti quei casi in cui l'operatore hamiltoniano per gli stati eccitati del sistema è riducibile, con buona approssimazione, a quello di un insieme di particelle libere, ciascuna con energia definita. La condizione matematica è che l'operatore hamiltoniano possa essere espresso in seconda quantizzazione nella forma

H = Σϰ E(k) α+k αk, [3]

dove αk, α+k sono operatori, definiti caso per caso, che distruggono o creano una particella di numero quantico k, ed E(k) rappresenta l'energia dello stato corrispondente, ossia della quasi-particella di campo. Naturalmente la [3] non richiede in generale la conoscenza dell'energia dello stato fondamentale dell'hamiltoniano, che è definito come lo stato di vuoto, privo di particelle. Tuttavia l'esistenza e la conoscenza di alcune proprietà di tale stato sono essenziali. Il numero di particelle presenti per ogni quanto di energia E(k) è dato dall'operatore

nk = a+k αk. [4]

Tale numero segue la statistica di Bose-Einstein se gli operatori soddisfano la proprietà di commutazione

k, α+k′] = ak α+k′− α+k′ αk = δkk′, [5]

o la statistica di Fermi-Dirac se invece la proprietà commutativa è

k, α+k′} = ak α+k′ + a+k′ αk = δk,k′, [6]

dove δk,k′ = 0 se kk′, e δk,k′ = 1 se k=k′.

Il concetto di e.e. è così espresso in relazione a quello di quasi-particelle, che differiscono dalle particelle vere e proprie in quanto possono esistere altri termini dell'hamiltoniano del sistema, oltre a quelli della definizione [3], che fanno sì che si abbia possibilità di creazione e distruzione di particelle. Per questo è possibile associare a ogni quasi-particella di energia E(k) un tempo di vita τk, determinabile dalla probabilità di transizione a stati di diverso nk. Solo quando il tempo di vita è sufficientemente lungo rispetto all'energia intrinseca (Ekτ−1k) (= h/2π), il concetto di quasi-particella come e.e. è accettabile.

Il fotone. - Il fotone è l'e.e. del campo elettromagnetico nel vuoto, ed è determinato dalla quantizzazione di tale campo; il carattere ondulatorio e corpuscolare della luce vengono in tal modo collegati.

Per quantizzare il campo elettromagnetico è conveniente esprimere il campo elettrico E e il campo magnetico B in funzione del solo potenziale vettore A, scegliendo la ''gauge'' di radiazione in cui il potenziale scalare è nullo. Si ha allora, dalle equazioni di Maxwell,

con il potenziale vettore determinato dall'equazione di propagazione

La soluzione generale è della forma

dove il termine complesso coniugato del primo termine è richiesto perché i campi devono essere reali. Gli indici λ sono introdotti per rendere numerabile la sovrapposizione di tutte le possibili onde, il che si ottiene racchiudendo formalmente la radiazione in una scatola cubica di volume grande a piacere. Alla fine le quantità di interesse fisico risultano proporzionali al volume L3. Le soluzioni della [8] sono le onde piane

dove il vettore el dà la direzione di polarizzazione del modo λ e il vettore d'onda kl dà la direzione di propagazione, ed è legato alla lunghezza d'onda λ da

Vale naturalmente la solita relazione di dispersione

Le condizioni al contorno rendono possibile enumerare gli stati imponendo:

dove nlx, nly, nlz sono numeri interi positivi o negativi fino al valore massimo di |kl| = π/4, e ci sono due stati per ogni λ a causa delle polarizzazioni. Il numero di modi radiativi indipendenti è perciò

e il numero di modi per unità di volume e di frequenza angolare compresa tra ω e ω + dω

Fin qui la teoria classica dei campi di radiazione. Per passare alla teoria quantistica dobbiamo anzitutto costruire una forma hamiltoniana equivalente, utilizzando opportune variabili coniugate Ql e Pl. Questo è possibile se esse sono legate alle ampiezze dei modi [9] dalle relazioni

Si può allora verificare, eseguendo la trasformazione inversa e sostituendole nella [9], e nell'energia, che l'hamiltoniana del campo di radiazione è la somma di hamiltoniane di oscillatori armonici indipendenti

Per introdurre la natura quantistica del campo di radiazione si usa poi la sostituzione abituale Pl→−iℏίl, QlQl, con le usuali proprietà di commutazione. L'operatore hamiltoniano è allora quello di oscillatori armonici, i cui autovalori per ogni modo sono

Questo risultato ci dice che la radiazione è quantizzata in fotoni di energia ωl, e il livello nl corrisponde a un numero nl di fotoni. Che i fotoni possano essere trattati alla stregua di particelle il cui numero è variabile, cioè obbediscano ai requisiti delle e.e., appare evidente se si introducono gli operatori

Tali operatori soddisfano le regole di commutazione

e hanno inoltre la proprietà fondamentale che, per ogni modo, la cui autofunzione sia |nλ4, si ha:

Essi quindi abbassano o alzano di una unità il livello dell'oscillatore armonico, come indicato nella fig. 1, ossia creano o distruggono un'e.e., come richiesto dalle proprietà generali delle quasi-particelle descritte nell'introduzione. L'operatore hamiltoniano, espresso con gli operatori di distruzione e creazione, diventa

Il suo valore di aspettazione su ogni stato è dato dalla [18]; sullo stato di vuoto |0λ è divergente, ma questo non introduce difficoltà perché l'energia del vuoto non compare mai nei processi fisici riguardanti la radiazione. Lo stato di eccitazione del sistema è definito dai numeri di occupazione nλ = a+λ aλ di ogni modo λ, che dà il numero di fotoni ℏωλ presenti. In condizioni di equilibrio termodinamico tale numero segue la statistica di Bose-Einstein

L'e.e. del campo elettromagnetico è così il fotone, che si comporta come particella libera il cui numero non si conserva. Si possono poi determinare altre proprietà del fotone, oltre all'impulso kλ già definito. Il suo momento angolare intrinseco è 1, e le polarizzazioni circolari destra o sinistra corrispondono alle componenti ±1, mentre la polarizzazione lineare corrisponde alla componente 0. Il momento magnetico intrinseco è nullo. L'evidenza sperimentale dei fotoni è in tutta la spettroscopia, dove fotoni sono creati o sono assorbiti, ma soprattutto nella diffusione anelastica della luce, dove un fotone scompare e un fotone diverso viene creato per effetto dell'interazione con altre eccitazioni.

Il fonone. - Abbiamo insistito sul concetto di fotone come e.e. del campo elettromagnetico perché possiamo seguire la stessa linea di ragionamento e adottare un formalismo matematico molto simile per definire le e.e. del campo di vibrazione nei solidi o nei fluidi. Qui ci limiteremo a suggerire il ragionamento per il caso dei cristalli, in cui le equazioni che definiscono il moto degli atomi possono essere risolte a partire dalle forze che agiscono tra atomi vicini. Tali forze tendono a mantenere gli atomi nelle posizioni di equilibrio, e per piccoli spostamenti sono proporzionali agli spostamenti. In tale modello di cristallo armonico si possono calcolare le frequenze angolari ωλ caratteristiche di tutti i modi vibrazionali in funzione del vettore d'onda k, definito nello spazio reciproco del cristallo. In questo caso le soluzioni non sono semplici onde piane, ma funzioni quasi periodiche di Bloch, definite dal vettore d'onda k e dal particolare modo λ. Le vibrazioni possono essere longitudinali o trasversali in particolari direzioni di k; il loro numero per ogni k è 3s, se s è il numero di atomi della cella elementare. Si dimostra che anche in questo caso è possibile scegliere nuove variabili legate alle ampiezze delle onde come le [16], ed esprimere il problema dinamico in forma hamiltoniana [17] come somma di oscillatori armonici indipendenti, dove però le frequenze sono le frequenze dei modi di vibrazione, e le relazioni di dispersione ωλ(k) non sono lineari in k tranne che per le onde acustiche nel limite k ≪ 1/a, dove a è il lato della cella elementare. Da questo punto in poi la procedura è la stessa utilizzata per i fotoni, e si definiscono i fononi come e.e. del campo di vibrazione, ognuna di energia ωλ(k), e il cui numero nλ = a+λ aλ è determinato all'equilibrio termico dalla distribuzione di Bose-Einstein [23]. Nel caso dei fononi però non è definito il momento angolare, e l'impulso k è definito solo a meno di impulsi h, dove h è un vettore del reticolo reciproco (di modulo 2π/a o un suo multiplo nel caso di cristalli cubici).

Si può ricordare che questi concetti sono essenziali per spiegare l'annullarsi del calore specifico quando la temperatura assoluta T tende a zero, e per questo sono stati introdotti da Einstein. Tuttavia esistono anche evidenze sperimentali dirette del carattere corpuscolare fononico delle eccitazioni vibrazionali. Basti ricordare la diffusione anelastica dei neutroni, quando nell'attraversare il cristallo essi perdono energia e impulso corrispondenti esattamente alla creazione di un fonone. Può anche essere interessante osservare che in questo caso l'energia dello stato di vuoto vibrazionale, derivante dal termine 1/2 nell'hamiltoniana [22], è ben definita perché il numero di stati è limitato; essa fornisce all'energia totale del sistema un contributo significativo del quale si deve tener conto nello studio degli equilibri termodinamici dei cristalli.

Eccitazioni elettroniche: gli eccitoni. - Gli elettroni nei cristalli si muovono in un potenziale che ha la simmetria del reticolo. La simmetria di traslazione introduce quale buon numero quantico il vettore d'onda k (definito entro la cella elementare del reticolo reciproco) e pertanto i livelli di energia sono le funzioni En(k) (bande di energia) e le autofunzioni sono stati di Bloch Ψn(k, r). Poiché gli elettroni occupano i livelli k fino al livello di Fermi, il sistema di tutti gli elettroni ha nello stato fondamentale un valore totale dell'energia ET(0), corrispondente a k = 0.

Se il sistema elettronico viene eccitato, si producono delle coppie di elettrone e buca (elettrone in una banda normalmente vuota e mancanza di elettrone in una banda normalmente occupata). Tali coppie sono legate da un'interazione residua, dovuta al complesso delle interazioni coulombiane tra gli elettroni il cui termine principale è l'attrazione coulombiana schermata

dove ε è la costante dielettrica (negli isolanti poco maggiore di 1 e nei semiconduttori dell'ordine di 10). Si produce così una serie discreta di stati legati di ogni coppia, il cui baricentro è in moto libero. La massa totale è la somma delle due masse effettive me+mh, e l'energia è

dove μ è la massa ridotta di elettrone e buca, μ = , R è il Rydberg, Eg la separazione minima tra bande di conduzione e di valenza. Questi stati del sistema cristallino sono e.e., perché possono essere trattati come particelle bosoniche in moto libero con energia En(kex). L'evidenza sperimentale sull'esistenza degli eccitoni nei cristalli isolanti e semiconduttori è ormai enorme. A titolo di esempio riportiamo in fig. 2 lo spettro di assorbimento di Cu2O, dove i picchi eccitonici sono ben visibili fino al limite di ionizzazione; dopo di esso l'assorbimento è continuo, e dovuto alle transizioni interbanda.

I plasmoni. - Mentre gli eccitoni sono le e.e. tipiche di isolanti e semiconduttori, i plasmoni sono le e.e. collettive tipiche dei metalli in cui gli elettroni sono liberi e interagiscono fra loro.

Il modello matematico che si considera è quello del ''jellium'', in cui la carica degli elettroni è neutralizzata da una distribuzione uniforme di cariche positive. In questo sistema la quantità di interesse è la densità di carica

o la sua trasformata di Fourier

Si può mostrare che è possibile scrivere un'equazione classica del moto per la densità ϱ(r,t), e che tale equazione ha la forma di oscillatore armonico con frequenza caratteristica

dove n è la densità media di particelle. Le variabili collettive ϱk soddisfano equazioni di moto che nel limite di densità elevate e di lunghezze d'onda grandi rispetto alla distanza media tra gli elettroni sono equazioni di oscillatori armonici con frequenza ωp. All'aumentare di k, quando la lunghezza d'onda è inferiore alla distanza media tra gli elettroni, la descrizione in termini di particelle individuali è più appropriata.

Questi risultati ci guidano nella definizione di e.e. in meccanica quantistica. In tal caso l'operatore densità di carica ϱk(t) assume la forma

e al solito gli operatori di creazione e distruzione di elettroni con impulso definito consentono di rappresentare l'hamiltoniano come

dove il primo termine rappresenta l'energia cinetica Ek=2k2/(2m), e il secondo termine la repulsione coulombiana (il termine con q=0 è cancellato dalla carica positiva uniforme sottostante). Le equazioni di Heisenberg per le ϱk,

conducono ad autovalori che per piccoli valori di k (k ωp/vF, dove vF è la velocità di Fermi) sono prossimi a ℏωp, mentre per piccole lunghezze d'onda coincidono con le eccitazioni di particelle individuali Ek+qEk. Il plasmone è l'eccitazione collettiva di energia ℏωp (dell'ordine di alcuni eV nei metalli). Evidenza sperimentale dei plasmoni si ottiene dalla perdita di energia di elettroni che attraversano un sottile strato metallico.

I magnoni. - Gli stati debolmente eccitati di un sistema di elettroni i cui spin sono accoppiati dall'interazione di scambio sono eccitazioni collettive di tipo ondulatorio (onde di spin). I magnoni sono le quasi-particelle associate a tali eccitazioni.

Si ha un'ampia evidenza sperimentale dei magnoni, particolarmente da diffusione anelastica della luce e dei neutroni. A titolo di esempio, riportiamo nella fig. 3 la curva della legge di dispersione misurata per una lega cubica a facce centrate di cobalto e ferro.

I rotoni. - E.e. di tipo inatteso sono associate alla superfluidità di liquidi bosonici in debole interazione (He4 è il tipico esempio), come mostrato da Landau. In tal caso si può esprimere l'operatore hamiltoniano in seconda quantizzazione in funzione degli operatori di creazione e distruzione di bosoni liberi, contenente però un termine di interazione repulsiva.

Si può mostrare poi che esiste una trasformazione lineare degli operatori (trasformazione di Bogoljubov) per cui si possono definire nuovi operatori bosonici in termine dei quali, a meno di una costante, l'hamiltoniano assume la forma [3], con E(k) dato da

dove N è il numero dei bosoni e Gk esprime la loro energia media di interazione. La forma della curva di dispersione è mostrata nella fig. 4. Tale curva presenta un minimo, ed è tale minimo che conferisce stabilità allo stato superfluido. L'e.e. corrispondente a tale minimo è il rotone, che si può pensare come un atomo in moto, circondato da una nuvola vorticosa di altri atomi.

Interazioni tra eccitazioni elementari e nuove eccitazioni composite. - Le e.e. che abbiamo fino ad ora menzionate sono le più semplici. Nuove e.e. si ottengono immancabilmente ogni volta che si introducono nuovi processi fisici nei sistemi a molte particelle. In particolare, nuove e.e. si ottengono quando si considera l'interazione tra le quasi-particelle che abbiamo precedentemente descritto. Anziché elencarle e descriverle in dettaglio, possiamo considerarne qualche esempio.

Polarone ed eccitone polaronico: consideriamo anzitutto la particella più semplice, l'elettrone, la cui energia è definita in un cristallo non solo dallo stato della banda in cui si trova, En(k), ma anche dalle vibrazioni degli atomi del reticolo. Teniamo conto cioè dell'interazione tra elettroni e fononi. In tal caso è possibile considerare una quasi-particella composita, che è chiamata polarone, in cui l'elettrone è circondato da una nuvola di fononi che ne modifica l'energia e la massa efficace. Il comportamento dei polaroni è molto complesso e dipende dalla forza dell'accoppiamento. Nel caso di accoppiamento intermedio è possibile che due polaroni siano legati perché la polarizzazione crea una forza attrattiva, che vince la repulsione coulombiana tra gli elettroni. Si creano in tal modo bipolaroni, cioè coppie di particelle vestite. Nel caso dei metalli i fononi sono acustici e le coppie sono quelle introdotte da Bardeen, Cooper e Schrieffer per spiegare la superconduzione. Nel caso di semiconduttori polari i fononi sono quelli ottici che hanno dipolo elettrico e i bipolaroni che si ottengono potrebbero spiegare la superconduttività dei composti rameici ad alta temperatura critica. L'interazione polaronica ha un effetto anche sugli eccitoni e ne modifica le energie di legame e il moto libero. Inoltre, nel caso degli eccitoni, l'effetto polaronico può produrre un'autolocalizzazione che aumenta l'energia di legame rispetto a quella dell'eccitazione senza rilassamento degli atomi. Tale effetto è evidenziato in uno spostamento verso il rosso (stokes shift) della fluorescenza rispetto all'assorbimento.

Polaritone: in questo caso si tiene conto dell'interazione tra gli eccitoni e i fotoni. L'accoppiamento ha luogo solo tra stati dello stesso valore di k e dà luogo ad autostati E(k) di particella libera, i quali risultano così modificati rispetto a quelli degli eccitoni e dei fotoni.

Nella fig. 5 si mostra schematicamente l'andamento della legge di dispersione dei polaritoni. Si noti che il tempo di vita radiativo dei polaritoni è infinito; sono le interazioni con i fononi che determinano il loro decadimento. Che le vere e.e. di un cristallo siano i polaritoni, è dimostrato ampiamente in molti esperimenti di ottica non lineare.

Bibl.: C. Kittel, Quantum theory of solids, New York 1963; D. Pines, Many body theory of solids, ivi 1963; H. Haken, Quantum field theory of solids, Amsterdam 1976; O. Madelung, Introduction to solid state theory, Berlino 1978; S. Nakajima, V. Toyozawa, R. Abe, The physics of elementary excitations, Berlino 1980.

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