E proprio la 'particella di Dio'

Il Libro dell Anno 2012

Alessandro Albanese

È proprio la 'particella di Dio'

Mai espressione fu più appropriata. Il bosone di Higgs ha proprietà ‘divine’: è in grado di conferire una massa alle particelle con cui viene in contatto. Da qui all’addensamento di galassie, stelle e pianeti il passo è breve.

Il 4 luglio 2012 nel seminario del CERN a Ginevra viene ufficialmente annunciato che «gli esperimenti ATLAS e CMS effettuati presso l’acceleratore di particelle Large Hadron Collider (LHC) del CERN hanno rilevato forti indicazioni della presenza di una nuova particella attorno alla regione di massa compresa fra 125 e 126 GeV». È perfettamente comprensibile che, in prima fila, l’ottantatreenne fisico inglese Peter Higgs, padre della scoperta, non riesca a nascondere la commozione quando i ricercatori del CERN gli dedicano una meritata standing ovation. Lui, quell’idea un po’ controcorrente imperniata sull’esistenza del suo bosone l’aveva pubblicata nel 1964 su Physics Letters, la rivista edita dallo stesso CERN, salvo poi vedersi respinto dalla stessa rivista il secondo articolo, nel quale veniva meglio precisata la sua intuizione perché «privo di una evidente rilevanza fisica»: sono cose che capitano nelle migliori famiglie ... Il bosone di Higgs si è meritato nelle pubblicazioni divulgative l’appellativo di ‘particella di Dio’, un modo colorito per sottolinearne l’importanza concettuale, ma che ai fisici non va proprio giù, men che mai al mite e riservato Peter Higgs. Lo slogan quasi di sapore pubblicitario venne in mente all’editore di un libro divulgativo scritto dal premio Nobel Leon Lederman su questo tema, per l’appunto intitolato The God Particle: un titolo che avrebbe garantito maggiori vendite rispetto a quello più prosaico e scaramantico (The Goddamn Particle, ‘La maledetta particella’) suggerito inizialmente dall’autore, a sottolineare il carattere sfuggente di questa araba fenice della fisica: una maledetta scommessa da vincere e sulla quale, per anni, l’intera comunità scientifica internazionale si è giocata la reputazione anche a dispetto di qualche eminente fisico come Stephen Hawking che, remando contro, si è divertito a puntare 100 dollari sulla non esistenza della particella di Dio.

Adesso tutti si chiedono cosa ci sia di tanto importante dietro i risultati conseguiti a Ginevra e soprattutto – se si vanno a considerare gli ingenti investimenti effettuati, solo LHC è costato tra i sei e i dieci miliardi di euro – se il gioco valeva realmente la candela. Una domanda più che mai lecita dopo che l’opinione pubblica è stata, per alcuni mesi, frastornata dai titoli a tutta pagina dei giornali che annunciavano l’imminente ‘crollo della fisica einsteiniana’ a causa dei neutrini superluminali partiti da Ginevra e rilevati, oltre ogni limite di velocità, sotto il Gran Sasso. Una notizia poi mestamente implosa fino ad annullarsi, visto che si era trattato solo di un grosso abbaglio.

È chiaro che un minimo di prudenza, anche in questo caso, non guasta. Stavolta, però, è il caso di tranquillizzare il lettore, nonché il contribuente, perché questa ha tutta l’aria di essere una scoperta con la esse maiuscola. A essere precisi la conferma dell’importante risultato è data per sicura non al 100% ma al 99,99994%: questa irrisoria incertezza ha indotto i prudentissimi ricercatori del CERN a pesare attentamente le parole nell’annuncio dato: «La particella osservata presenta gran parte delle caratteristiche attese per il bosone di Higgs, anche se serviranno ulteriori ricerche ed elaborazioni dei dati per avere una certezza definitiva». Come dire che se proprio non dovesse essere il tanto desiderato bosone di Higgs, al più sarà stato un suo sosia a essere stato fotografato!

La teoria più accreditata che descrive in modo coerente, semplice ed elegante i costituenti della materia e le loro interazioni si chiama Modello standard. Ad oggi, essenzialmente tutte le verifiche sperimentali del Modello standard si sono dimostrate in eccellente accordo con le previsioni; anche se, a dirla tutta, esso non può considerarsi una teoria completa delle interazioni fondamentali, dal momento che non include una descrizione della gravità e non è compatibile con la relatività generale. Un pilastro concettuale del Modello standard è proprio il bosone di Higgs: per questo i teorici ringraziano il lavoro fatto dagli sperimentali e tirano un profondo sospiro di sollievo. L’edificio teorico da loro predisposto in oltre 40 anni di studi non solo regge al vaglio dei fatti sperimentali, ma si rafforza: vediamo di capire perché.

Il Modello standard prevede l’esistenza di una dozzina di particelle elementari organizzate in due famiglie: i quark e i leptoni, veri e propri mattoni della materia che interagiscono con un’altra famiglia, anch’essa formata da una dozzina di particelle, stavolta mediatrici delle tre forze fondamentali. Di queste particelle-mediatrici fanno parte, ad esempio, i componenti elementari della luce chiamati fotoni, che mediano l’interazione elettromagnetica, ma anche i gluoni, che sono la colla che unisce fra loro i mattoni della materia, come i quark all’interno del nucleo dell’atomo. La prima versione del Modello standard richiedeva che tutte le particelle avessero massa pari a zero, in chiara contraddizione con la realtà sperimentale. Ecco perché si giunse a postulare l’esistenza del bosone di Higgs che, grazie alla sua interazione con le particelle, riesce a conferire loro una massa, proprietà fondamentale per l’esistenza dell’Universo per come si è evoluto fino a comprenderci. Ma allora perché la questione della massa è tanto importante? L’Universo nel quale viviamo è popolato da una miriade di particelle elementari che danno origine alla materia che forma le stelle e i pianeti, e ovviamente anche i viventi. Una proprietà fondamentale posseduta dalla materia è la sua massa. Questa da un lato misura l’attitudine di un corpo al cambiamento di velocità (la cosiddetta inerzia) nel senso che se applichiamo una data forza a un corpo dotato di grande massa esso si muoverà con una piccola accelerazione, mentre se l’applichiamo a un oggetto leggero, esso schizzerà via animato da una grande accelerazione. Dall’altro la massa rappresenta il fattore aggregante che tende ad avvicinare fra loro tutti gli oggetti massivi (per mezzo dell’attrazione gravitazionale): non dimentichiamo che è stata la massa a indurre la materia dopo il Big Bang ad addensarsi prima in galassie poi in stelle e infine in pianeti. Einstein ci ha anche spiegato che mentre le particelle prive di massa (come i fotoni) possono viaggiare alla velocità della luce, i corpi massivi no. Subito dopo il Big Bang la temperatura era così alta che le particelle presenti in questo Universo primordiale viaggiavano, prive di massa, alla velocità della luce: dopo un decimo di miliardesimo di secondo dall’istante iniziale ebbe luogo una transizione di fase, in corrispondenza della quale emerse dal vuoto un campo (il cosiddetto campo di Higgs) che riempì di sé ogni angolo del creato. Taluni tipi di particelle nell’attraversare questo campo non subivano alcun rallentamento (come i fotoni), mentre per altre particelle si registrava una sorta di attrito che le frenava in modo selettivo trasformando la loro energia di movimento in massa.

Era il campo di Higgs a decidere quale percentuale di energia dovesse essere trasformata in massa nell’interazione: una percentuale piccola nei leggerissimi elettroni, ma rilevante invece nel quark top, il peso massimo delle particelle elementari. Il meccanismo attraverso cui il campo di Higgs conferisce massa alle particelle che lo attraversano si esplica attraverso i mattoni elementari, o quanti, di cui esso è fatto: per l’appunto i bosoni di Higgs.

Questi ultimi, al momento del passaggio di una particella, le si affollano attorno, proprio come farebbero dei fan che si accalcano intorno al loro cantante preferito incontrato mentre passeggia, finendo con il rallentarne considerevolmente il movimento: sono perciò proprio le ‘particelle di Dio’, con il loro abbraccio variabile a seconda del tipo di particella nella quale esse si imbattono, a stabilire quanta dell’energia della particella debba trasformarsi nella massa che caratterizza la particella stessa.

L’esperimento del CERN

Il campo di Higgs che permea l’Universo è costituito da una miriade di bosoni di Higgs che continuamente si formano e si distruggono: l’idea che sta alla base degli esperimenti effettuati a Ginevra è stata quella di generarne nell’acceleratore LHC, attraverso delle collisioni frontali tra protoni lanciati quasi alla velocità della luce: nelle interazioni tra i loro costituenti elementari (gluoni e quark) la teoria prevede che si dovrebbero generare, seppure in casi assai sporadici, proprio le tanto ricercate particelle di Higgs. In realtà come tali vivono pochi istanti, perché immediatamente decadono in altre particelle che però i fisici sperimentali del CERN sanno perfettamente riportare agli eventi cruciali che le hanno prodotte. Il problema cui ci si è trovati di fronte è stato quello di non sapere quale specifica massa avesse il bosone di Higgs. Lo si è così cercato a tentoni, ogni volta restringendo l’intervallo energetico entro il quale muoversi: alla fine il valore trovato, quasi 126 GeV, ci dice che il bosone di Higgs ha la massa di circa 126 volte quella del protone.

Per avere un’idea della mole di dati che i computer del CERN hanno vagliato, si pensi che solo nel corso dei primi tre mesi di lavoro del 2012 LHC è arrivato a realizzare circa 560.000 miliardi di collisioni protone-protone, mentre per il resto dell’anno l’acceleratore è destinato a realizzare un milione e mezzo di miliardi di collisioni.

Le parole

■    ATLAS e CMS: i due rivelatori dislocati lungo il perimetro circolare di LHC che hanno effettuato gli ‘scatti fotografici’ degli urti fra protoni e antiprotoni.

■    Bosone: particella caratterizzata dall’avere spin intero che obbedisce a una teoria statistica messa a punto da Satyendra Nath Bose e Albert Einstein.

■    Campo: è la regione di spazio dove è definita una grandezza fisica che varia a seconda del punto nel quale ci si trova.

■    Elettronvolt (eV): unità di misura dell’energia, usata in fisica atomica, nucleare e subnucleare. Molto adoperati i suoi multipli: il GeV (un miliardo di volte più grande) e il TeV mille miliardi più grande): lo ‘scontro’ tra protoni e antiprotoni è avvenuto dentro LHC con un’energia di 7 TeV, ovvero pari a quella con cui impatterebbe il suolo una zanzara che cadesse, senza incontrare attriti, da un’altezza di 10 cm.

■    Energia oscura: il ritmo di espansione dell’Universo è attualmente crescente: per spiegare questo comportamento si è ipotizzato che l’Universo contenga una forma di energia ‘oscura’, ossia non misurabile direttamente, che contrasta l’attrazione gravitazionale fra i corpi celesti allontanandoli gli uni dagli altri.

■    LHC: Large Hadron Collider. Il grande anello a fasci collidenti protone-antiprotone del CERN di Ginevra, collocato in una galleria sotterranea lunga circa 27 km a cavallo tra il confine francese e quello svizzero.

■    Materia oscura: in astronomia, ogni forma di materia presente nell’Universo che non emetta radiazione elettromagnetica di alcun tipo, o che ne emetta con intensità non rilevabile dagli strumenti. La sua presenza è valutata indirettamente dagli effetti gravitazionali sul moto di stelle e galassie.

■    Protone-antiprotone: il protone è uno dei costituenti a carica positiva del nucleo atomico; l’antiprotone è il suo gemello avente però una carica elettrica negativa (l’altro è il neutrone, privo di carica elettrica).

Le prospettive future

Non siamo certo giunti a comprendere tutto sulla realtà che ci circonda: mancano molte informazioni per mettere a punto un ritratto completo di questa nuova particella. Bisognerà misurarne tutte le proprietà (ad esempio se lo spin vale effettivamente zero) e non si escludono possibili scoperte di anomalie che potrebbero dar luogo – come ha affermato Rolf Heuer, direttore generale del CERN – anche a rilevanti aperture di nuovi scenari per ciò che riguarda la materia e l’energia oscura che rappresentano ben il 96% del nostro Universo e di cui non sappiamo praticamente nulla. L’acceleratore LHC continuerà a lavorare ancora fino alla fine del 2012 con energie attorno ai 7 TeV. A quel punto si farà una pausa; esso verrà sottoposto a una revisione che lo potenzierà, e ripartirà dopo circa un anno e mezzo di lavori su energie pari a due volte quella attuale per affinare ulteriormente le misure.

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