duce Capo, condottiero. Nell’antichità, all’inizio dell’impero, il titolo di d. era dato, senza valore ufficiale, a governatori e generali che avessero compiuto gesta gloriose. Con Diocleziano, che separò il potere militare da quello civile, dux divenne il titolo ufficiale del comandante delle milizie di una o due province; tale titolo ebbero pertanto anche i comandanti delle province del primitivo impero bizantino e, più tardi, dal 6° sec., i governatori dei vari temi bizantini. Nel Medioevo, venuto meno il principio della netta separazione tra gerarchia militare e gerarchia civile, il termine dux indicò il capo di una circoscrizione territoriale (ducatus) il quale accentrava nelle sue mani, oltre i poteri militari, anche quelli civili, amministrativi, giudiziari e finanziari. Di duces si parla tanto nei territori rimasti soggetti alla sovranità bizantina, quanto in quelli conquistati dai longobardi.
La ripresa del termine in Età contemporanea. Nell’ambito dei movimenti sindacalistici della fine del sec. 19° e dell’inizio del sec. 20°, e soprattutto nel sindacalismo rivoluzionario, la qualifica di d. era data a coloro che ricoprivano cariche direttive nelle singole organizzazioni operaie o che svolgevano opera di guida, sulla stampa o sulla piazza, nei riguardi dei lavoratori a esse aderenti. A questo uso va ricondotta l’attribuzione del titolo di d. a B. Mussolini quale capo del movimento fascista, anche se, più tardi, data la tendenza fascista a far rivivere usi e nomi dell’antica Roma, anche in esso si volle ravvisare un richiamo alla romanità. Tale attribuzione assunse valore giuridico-costituzionale dal 1938, quando Mussolini fu ufficialmente designato negli atti pubblici come «capo del governo e d. del fascismo».