DORIA PAMPHILI LANDI, Maria Vittoria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DORIA PAMPHILI LANDI, Maria Vittoria

Marina Formica

Nacque a Roma il 20 dic. 1775 dal principe Andrea, quarto di questo nome, e da Leopolda di Savoia Carignano. Erroneamente considerata da alcuni terzogenita della famiglia (cfr. Asti Magno), fu in realtà la quintogenita, essendo nata dopo Giovanni Andrea, Giorgio, Eleonora e Anna. Il nome impostole fu forse un omaggio voluto rendere al nonno materno, Luigi Vittorio Savoia principe di Carignano, o allo stesso re di Sardegna, Vittorio Amedeo, suo padrino di battesimo.

Sulla fastosa cerimonia battesimale - svoltasi nella cappella del palazzo Doria Pamphili il 25 febbr. 1776 - si hanno interessanti notizie di costume (cfr. Roma, Arch. Doria Pamphili, e Diario ordinario, n. 122). Alla funzione intervennero tra gli altri il cardinale Alessandro Albani e Serafina Doria Pamphili - zia della neo-, nata - in qualità di rappresentanti del padrino e della madrina.

Gli anni dell'infanzia della D. trascorsero tra le mura domestiche. Nello stesso palazzo dovette aver luogo la sua istruzione, probabilmente ad opera dei medesimi istitutori dei fratelli; la sua cultura non fu comunque particolarmente approfondita da quanto risulta dal suo epistolario. Ben diversa cura fu invece dedicata all'educazione, seguita dalla madre, donna assai religiosa e pia, dalla quale la D. apprese quei solidi fondamenti di fede e virtù cristiane che avrebbero costituito una delle note dominanti della sua personalità.

Nel gennaio 1796 si iniziarono le trattative per il suo matrimonio con Alessandro Pallavicino, unico figlio maschio del marchese Antonio di Parma. Dopo lo scambio di diverse lettere (cfr. Vignodelli Rubrichi) si giunse a stabilire la dote della D. in 300.000 lire genovesi (equivalenti a 50.000 scudi romani) e lo spillatico in 140 zecchini annui. Ricco anche il corredo della futura sposa, comprendente ben 1.054 pezzi.

Il matrimonio venne celebrato il 21 maggio 1797 a Roma. Dopo un breve soggiorno nella tenuta Doria Pamphili ad Albano, gli sposi si trasferirono a Parma, loro residenza stabile. Per una singolare coincidenza, dunque, la D. tornava in quelle terre che un tempo erano state feudo dei Landi, suoi avi.

Delle impressioni relative ai primi contatti con l'ambiente parmense non si hanno dati, anche perché il fitto carteggio tra la D. e i suoi familiari (conservato nell'archivio Doria Pamphili) iniziò solo dall'anno 1803. Certamente gli eventi rivoluzionari che coinvolsero l'Italia alla fine del XVIII secolo ebbero influenza sulla vita della D., se non altro per le ripercussioni che colpirono la sua famiglia.

Già nel settembre 1792 Maria Teresa principessa di Lamballe, zia materna della D., era stata assassinata dai rivoluzionari francesi; negli anni del triennio giacobino, inoltre, la famiglia Doria Pamphili visse direttamente le vicende politiche della Repubblica Romana, soprattutto tramite l'azione del cardinal Giuseppe, segretario di Stato di Pio VI dopo il trattato di Tolentino. 16 dunque significativo che nelle partecipazioni di nozze della D. il titolo di "monsieur", necessariamente posto nelle intestazioni esterne degli invitati, fosse stato poi cancellato all'interno con l'aggiunta del titolo nobiliare.

Se delle convinzioni personali della D. non è rimasta traccia, certo è che ella fu ben presto inserita nell'ambiente aristocratico parmense. Nominata dama di palazzo dalla duchessa di Parma Maria Amalia d'Asburgo Lorena, moglie di Ferdinando di Borbone, la D. non amava però particolarmente la vita mondana e accettava inviti a feste e cerimonie solo quando l'etichettaglielo imponeva. Per indole ed educazione preferiva invece la vita domestica di moglie e di madre. Dal suo matrimonio con Alessandro nacquero due bambine: Marietta, nata nel 1798, e Leopoldina, nata nel 1802. La prima per volere del suocero della D. fu educata nel collegio "Signore della quiete" di Firenze, la seconda crebbe invece in casa. La vita familiare non distolse comunque la D. dall'impegno religioso, i cui effetti sconfinavano anche nel campo politico, come è dimostrato dalle testimonianze coeve di esaltazione della sua azione.

Quando lo Stato della Chiesa fu occupato dalle truppe napoleoniche negli anni 1807-1808 e molti ecclesiastici - che avevano fifiutato il giuramento di fedeltà all'imperatore - vennero confinati o imprigionati a Parma, la D. si adoperò in loro favore con tutti i mezzi a sua disposizione: oltre a fornire numerosi sussidi economici a coloro che si trovavano in stato di necessità e ad alleviarne i disagi, ella riuscì ad ottenere dal prefetto della città il permesso per molti sacerdoti rinchiusi in carcere di avere oggetti sacri e ricevere quotidianamente il sacramento eucaristico. Lo stesso pontefice Pio VII, prigioniero a Savona, ebbe restituito il proprio libro di preghiere grazie al suo intervento.

Di questo impegno non rimane traccia nella fitta corrispondenza con il padre e, dopo la morte di questo, con il fratello Luigi Giovanni Andrea. Gli argomenti trattati sono infatti, forse a causa della censura, generalmente di carattere privato: la salute (la D. soffriva spesso di disturbi nervosi), questioni economiche (svariati sono i riferimenti a problemi finanziari e i ringraziamenti al padre per i sussidi inviati), richieste di libri sacri.

Nel 1816 la D. rifiutò l'invito di diventare dama di palazzo rivoltole da Maria Luisa d'Asburgo-Lorena, moglie di Napoleone I, reggente dei Ducato di Parma e Piacenza: si può ipotizzare che sotto il pretesto addotto di salute malferma si celasse in realtà una precisa presa di posizione morale e politica. Durante le controversie scaturite in seguito alla morte dei padre Andrea a causa delle pretese avanzate da Eugenia e da Eleonora Doria Pamphili in ordine all'eredità, la D. - da quanto risulta dalle lettere conservate - fu animata da desiderio di pace più che di interesse e accettò di buon grado le decisioni dei fratello Luigi Giovanni Andrea.

Nel 1821 intanto la primogenita della D., Marietta, aveva sposato il conte Antonio Boselli, primo maestro delle cerimonie di corte; quattro anni più tardi Leopoldina sposava il marchese Giuseppe Pallavicino, cavaliere dell'Ordine costantiniano e preside dei magistrato degli Studi di Parma. La D., ormai completamente ritirata a vita privata, amava andare frequentemente a Busseto, nella tenuta Pallavicino.

Nel febbraio 1831 rimase vedova: il dolore per la perdita del marito e le preoccupazioni per le sollevazioni avvenute a Parma contribuirono ad aggravare la sua precaria salute. A maggio accettò comunque di accompagnare la principessa Maria Antonia di Borbone nel viaggio dal collegio delle signore orsoline di Parma al monastero delle orsoline di Roma. Ritornata a Parma, visse i suoi ultimi anni nella pressoché totale cecità.

La D. morì a Parma il 3 giugno 1839.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parr. S. Maria in Via Lata, Lib. batt., IV (1767-1810); Ibid., Stati delle Anime, Lib. matr.: IV, (1766-1810), n. 107; Roma, Arch. Doria Pamphili, scaff. 93/b.48/I, 93/b.49; 93/b.50/I (nascita e battesimo); scaff. 93/b.50/8 (matrimonio); Archiviolo, b.148, c. 189: M. Cigalini, Alla virtù. Ode per li faustissimi sponsali ..., Parma 1793; scaff. 93/b.90/4 (corrispondenza con il padre e il fratello Luigi Gio. Andrea); 80/b.21/2 (corrispondenza con la sorella Anna Doria Pamphili Serra); 5/b.16 (corrrispondenza con lo zio card. Antonio Doria Pamphili Landi); Diario ordinario (Cracas), n. 122, 2 marzo 1776, pp. 5-13; n. 2338, 27 maggio 1797, pp. 6 s.; G. De Angelis, Ad Victoriam D.P. Uxs. Alexandri Pallavicini ..., Parmae 1812, in Tristia Hieronymi De Angelis, Pisauri 1835, pp. 149-152; La Voce della verità. Gazzetta dell'Italia centrale, n. 1234, Modena, 27 giugno 1839, pp. 629 s.; P. Asti Magno, Cenni intorno a Donna V. Pallavicino ..., Parma 1839 (ripubblicata in Galleria di giovanette illustri italiane ..., Foligno 1841, III, pp. 66-85); R. Vignodelli Rubrichi, Sul matrimonio Pallavicino-Doria Landi, in Arch. stor. per le prov. parmensi, XXXI (1979), pp. 263-269; G. Moroni, Diz. di erudiz. storico-ecclesiastica ..., L, p. 133; LI, p. 87.

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