FORGES DAVANZATI, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

FORGES DAVANZATI, Domenico

Toni Iermano

Nacque a Palo del Colle, nella terra di Bari, il 3 nov. 1742 da Michele e Camilla Vernaleone. Rimasto orfano di madre in tenera età, fu affidato alle cure e alla protezione del prozio arcivescovo di Trani Giuseppe A. Davanzati (la cui sorella Agata aveva sposato Domenico Forges). Nel 1753 il F. fu inviato a studiare a Napoli, ove restò un solo anno insieme con il fratello Giuseppe presso la casa di Celestino Galiani, amico del prozio. L'anno successivo ritornò a Trani, ove rimase per tutta la durata del corso di studi secondari, anche dopo la morte del prozio (1755).

Negli anni Sessanta ritornò a Napoli per seguire le lezioni universitarie: si laureò in utroque iure il 22 maggio 1769. In questi anni divenne allievo fedele di A. Genovesi, che influenzò profondamente la sua formazione intellettuale e le sue future scelte ideologiche. Dopo la morte del Genovesi (1769), il F. avviò una appassionata ricerca dei manoscritti e dell'immenso epistolario genovesiano. Questo lavoro gli permise di stringere legami con studiosi di tutta Europa e di pubblicare, nel 1772, un Componimento in morte del signor abate A. Genovesi di M. Damiani (Napoli). Ma in quegli anni il F. dedicò parte delle sue energie alla difesa delle proprie tesi teologiche. Contemporaneamente preparò un'edizione della Dissertazione sopra i vampiri, opera del prozio Davanzati (Napoli 1774).

Nonostante i suoi sforzi, il F. non riuscì ad acquisire gli autografi delle lettere inviate dal Genovesi a F. Algarotti, G. Lami, L.A. Muratori e R. De Sterlich. Comunque nel 1775 nusci a pubblicare a Venezia due volumi di Lettere familiari dell'ab. Antonio Genovesi. Tra le centinaia in suo possesso, il F. scelse complessivamente 178 lettere scritte dal riformatore napoletano tra il 1746 e il 1769. Le Lettere familiari conobbero un'edizione napoletana solo nel 1788.

Negli anni del riformismo illuminato il F. fu fedele suddito della monarchia borbonica. Tra il 1768 e il 1772, così come altri futuri rivoluzionari degli anni Novanta, compose poesie d'ispirazione metastasiana in occasione di eventi lieti della casa reale. Di questi componimenti encomiastici si ricordano: Per le nozze di Ferdinando IV re di Napoli. Canzone (Napoli 1768); Canto epitalamico per le nozze di sua altezza reale il duca di Parma (ibid. 1769); Canto per la nascita del real primogenito di sua altezza reale il principe di Asturia (ibid. 1771); Genediaco per la nascita della real primogenita della maestà di Ferdinando IV re delle due Sicilie (ibid. 1772).

In questi anni il F., che nel frattempo era assurto alla dignità di abate, fu sostenitore della politica regalista del marchese B. Tanucci e strinse solidi rapporti intellettuali e umani con l'abate G.A. Serrao, acerrimo nemico delle pretese feudali della S. Sede sul Regno di Napoli. La sostituzione del Tanucci fu vista dal pontefice Pio VI come un atto di distensione del sovrano napoletano nei suoi confronti. In realtà G. Beccadelli marchese della Sambuca, successore del vecchio anticurialista toscano, inasprì la polemica contro la Chiesa di Roma: il F. e il Serrao furono tra i protagonisti del rinnovato regalismo borbonico. Nel 1778 fu creata l'Accademia di scienze e lettere, e il medico M. Sarcone e il Serrao furono nominati segretari rispettivamente del ramo delle scienze e delle lettere. Ferdinando IV incaricò i due segretari e con essi il matematico V. Caravelli, l'astronomo G. Sabatelli e l'erudito Gennaro Vico, figlio del filosofo, di scegliere i componenti della nuova accademia. Il F. fu subito chiamato a farne parte come socio nazionale della terza classe, detta di alta antichità.

I meriti scientifici, il deciso sostegno dei vescovi regalisti e le sue battaglie contro il potere di Roma, contribuirono alla elezione del F. alla Chiesa di Canosa. Il 2 nov. del 1785 il re, dopo aver dichiarato palatina la chiesa di Canosa, vi nominò vescovo il F., "il quale passava allora - come scrisse lo stesso F. - per essere uno dei piu robusti sostenitori dei diritti del re contro Roma, e che avrebbe quindi saputo difendere, colla sua fermezza e coi suoi scritti, anche quelli della corona su questa chiesa". Il re avrebbe potuto dargli l'istituzione "per mezzo della semplice sua cedola; ma derogando allora e per questa sola volta al suo diritto, invitò a dare l'istituzione" al F. "i vescovi della provincia civile di Trani, e quelli delle due provincie limitrofe di Otranto e Matera" (G.A. Serrao, p. 47). Questa scelta inasprì particolarmente i già tesi rapporti diplomatici tra Roma e Napoli e il papa non confermò mai l'elezione del F., in quanto era sempre più deciso a non concedere l'istituzione canonica ai vescovi nominati dal re nelle sedi che si rendevano vacanti. La nomina del F. fu vista come una sfida ulteriore alle prerogative papali, ma l'appoggio dell'episcopato del Regno al nuovo presule impedì alla Santa Sede di prendere una formale sanzione di condanna.

Il F. avviò una decisa azione riformatrice e sulla base degli insegnamenti genovesiani cercò di migliorare le condizioni economiche e morali dei suoi fedeli. Sostenitore delle nuove conoscenze nella scienza agraria, seguendo l'esempio dei fratelli D. e F.A. Grimaldi in Calabria, del marchese G. Palmieri nel Leccese e di altri riformaton illuminati, il F. si fece promotore dell'impiego di nuove macchine per la produzione del cotone e dell'olio. Contemporaneamente continuò i suoi studi eruditi e archeologici: negli scavi portati avanti a Canosa fece importanti scoperte che richiamarono l'attenzione di altri autorevoli studiosi e dello stesso re. Questi interessi e l'intenso lavoro archeologico sono efficacemente illustrati in una fitta corrispondenza tra il F. e il Serrao, nominato vescovo di Potenza, anch'egli appassionato studioso di antichità (ibid., pp. 101-132).

La raccolta di epigrafi e di altri cimeli antichi coinvolse il F. in un lavoro faticosissimo, ma gli permise di guadagnarsi la stima dell'intera comunità scientifica napoletana: sir William Hamilton, incuriosito dalle sue ricerche, fu suo ospite a Canosa. Intensi legami scientifici intrecciò anche con l'antichista E. Mola, professore di greco nell'ateneo napoletano e artefice di importanti scoperte archeologiche in Puglia.

Nel 1791 il F. pubblicava a Napoli la Dissertazione sulla seconda moglie del re Manfredi e su' loro figliuoli.

Lo studio, frutto di ricerche durate vari anni, vide la luce anche grazie alle continue insistenze dei Serrao. Il F. aveva studiato attentamente i registri della Cancelleria angioina, disseppellendo anche una vasta mole di documenti e cronache dimenticate o del tutto sconosciute. Il F. affermò di aver trovato negli zibaldoni manoscritti dell'erudito V. Manfredi di Trani alcuni frammenti della preziosa cronaca di un anonimo tranese, conservati nell'archivio dei domenicani della città pugliese. L'utilizzo dei frammenti della cronaca dell'anonimo suscitò giudizi contrastanti e polemiche. Lorenzo Giustiniani, acerrimo avversario del riformismo del F., senza conoscere i manoscritti del Manfredi, scrisse che "tutto quello che di buono si contiene nella dissertazione" proveniva esclusivamente da quelle carte (Biblioteca storica e topografica del Regno di Napoli, Napoli 1793, p. 200). Nell'Ottocento, invece, lo studioso tedesco J. von Ficker mise in dubbio l'autenticità dei frammenti editi dal F. e addirittura propugnò la tesi che lo studioso pugliese avesse falsificato i documenti pubblicati nella sua Dissertazione. Contro questa tesi si espresse G. Del Giudice nella memoria La famiglia di re Manfredi, pubblicata prima nell'Archivio stor. per le prov. napol., III (1878), pp. 380, e successivamente in volume (Napoli 1896). Questi ritenne che il pregio maggiore della dissertazione dei F. consistesse proprio nella collezione dei documenti editi anziché nella narrazione dei fatti e nella critica storica.

Nel 1793 Ferdinando IV incaricò il F. di compilare un Codice diplomatico dell'intero Regno. L'ambiziosa impresa fu finanziata direttamente dallo Stato che ordinò a tutti i responsabili degli archivi di porsi a disposizione del Forges Davanzati.

Questo incarico potrebbe dimostrare che, fino ad allora, il F. non aveva aderito ad alcun club antimonarchico e che la sua fedeltà al re era ancora piena. In realtà le sue idee liberali trovavano sempre meno udienza nella cerchia dei lealisti intransigenti, scossi dalle notizie provenienti d'Oltralpe e dall'attivismo filogiacobino di alcune personalità del mondo culturale napoletano. Il F. ufficialmente restava fuori dai circoli più avanzati, ma per il suo prestigio culturale il suo consenso era particolarmente ambito dai capi del movimento che si andava organizzando contro la dinastia borbonica: d'altronde ancora nel 1795 uomini come D. Cirillo e M. Pagano ricevevano incarichi regi.

La sera del 17 genn. 1796 a Trani fu eseguito l'arresto del F. e il conseguente sequestro di tutte le sue carte (i sospetti su di lui erano stati originati dal coinvolgimento del fratello, Michele, e del nipote Lorenzo nella congiura del 1794: A. Simioni, Le origini del Risorgimento politico dell'Italia meridionale, Messina 1925, 11, pp. 312 s.). Subito dopo egli venne trasferito con particolari cautele a Napoli e rinchiuso nel forte di Sant'Elmo, dove incontrò altri autorevoli intellettuali napoletani arrestati come rei di Stato.

Il F. restò in carcere fino al luglio 1798, quando la Giunta di Stato riconobbe l'innocenza degli arrestati e ne ordinò la scarcerazione. La detenzione impedì al F. di continuare i suoi studi dì antichistica e quando fu liberato la tensione politico-sociale era così forte nelle province che non poté più riprendere gli scavi: "nel tempo dell'anarchia di Napoli, dopo la fuga del re, e durante la controrivoluzione del 1799, le sue case di Napoli e di provincia furono saccheggiate, disperse e distrutte le sue carte" (G.A. Serrao, p. 62).

Dopo l'arrivo a Napoli delle truppe francesi guidate dal generale J.-E. Championnet il F. fu chiamato a far parte del governo provvisorio della Repubblica Napoletana. Tra i venticinque membri del governo repubblicano il F. fu tra i piu attivi nel sostenere le posizioni politico-ideologiche di M. Pagano che si opponeva alla linea più estremista (specie sulla questione dei beni feudali) sostenuta da C. Lauberg. Il F. lavorò attivamente nel Comitato legislativo e poi in quello dell'Interno. Dopo la riforma istituzionale del 14 apr. 1799, dal 20 aprile fece parte della Commissione legislativa (Marinelli, p. 72). Qualche giorno prima, il 25 marzo, due suoi fratelli, Giuseppe e Lorenzo, erano stati uccisi nella casa avita di Trani da una banda della Santa Fede.

Negli ultimi convulsi giorni della Repubblica, il F. continuò a partecipare ai lavori del governo e fu tra coloro che decisero di continuare una strenua difesa della capitale; rinchiuso in Castelnuovo, dopo la capitolazione sfuggì alla condanna a morte. Il re lo condannò al bando perpetuo e la giunta di Stato gli permise d'imbarcarsi per raggiungere la Francia.

Nella Filiazione dei rei di Stato sfrattati da' reali dominii in conseguenza della real determinazione del 1° agosto 1799, il F. così viene descritto: "di anni 59, statura cinque ed uno, capello bianco, ciglio grande e biondo, occhio e palpebre castagni, naso lungo, bocca proporzionata, nella tempia sinistra ha una cicatrice, calvo di testa" (p. 44).

In esilio lo seguirono il nipote Alessandro, figlio del fratello Giuseppe, e il bibliotecario tranese G. Fusco. Il F. partì per l'esilio il 12 ag. 1799, giorno in cui la giunta di Stato permise alle imbarcazioni cariche di patrioti di lasciare le acque di Napoli. Il F. abbandonava una famiglia duramente provata dalla rivoluzione, sconvolta dai lutti e impoverita dalla confisca dei beni.

Dopo sei mesi di peregrinazioni il F. giunse a Parigi e immediatamente cercò di far conoscere i tragici avvenimenti napoletani. Nella capitale francese comunque poté coltivare i suoi interessi eruditi e riprendere gli studi archeologici. In Francia trovò intellettuali e alti prelati che non avevano dimenticato i giansenisti napoletani: soprattutto G.A. Serrao e F. Confarti erano ricordati per il loro regalismo. Henri Grégoire, già vescovo di Blois, considerato "il più autorevole rappresentante della tradizione di Port-Royal" (Croce, p. 154), accolse con particolare interesse il F. nel suo cenacolo invitandolo a scrivere sulla vita e le opere dei Serrao e del Conforti. Per la larga frequentazione e gli antichi legami di amicizia, il F. cominciò a scrivere la biografia intellettuale del Serrao, che fu stampata a Parigi nel 1806: Vie d'André Serrao évéque de Potenza dans le Royaume de Naples, ou Histoire de son temps ... Nella dedica dello scritto, indirizzato "a monsieur le s ... G..." ossia al Grégoire, il F. si dice francese e non svela la propria identità, tanto che nell'opera parla più volte di se stesso in terza persona.

A Parigi il F., così come altri esuli italiani, protestò per il saccheggio a cui le truppe francesi avevano sottoposto i musei di Roma, di Napoli, di Firenze.

Nel 1806 il F., al seguito delle truppe francesi, ritornò nel Regno di Napoli, dove, subito dopo la nascita del nuovo governo, fu chiamato a far parte dell'Istituto d'incoraggiamento. Quindi nel quadro del progetto di Giuseppe Bonaparte teso a migliorare le condizioni del paesaggio agrario e a promuovere un rafficale miglioramento dell'agricoltura, il F. fu chiamato con altri studiosi ed economisti a realizzarlo. Egli si dedicò con particolare impegno a studiare i caratteri idrogeologici del territorio e le modificazioni fisiche subite dall'Italia nel corso dei millenni. La sua opera caratterizzò insieme con quella dell'econornista L. Cagnazzi De Samuele, di M. Delfico, di T. Monticelli l'importante stagione riformatrice del decennio.

Nella tornata del 10 febbr. 1809 il F. fu chiamato a far parte dell'Accademia Pontaniana, ricostituita il 4 marzo dell'anno precedente grazie all'impegno di G. De Cesare e G. Fortunato e vi lesse, il 20 dicembre successivo, la Dissertazione sullo stato imperfetto nel quale è la geografia antica, poi apparsa negli Atti della Società Pontaniana, I (1810), pp. 285 ss.

Il 16 giugno 1810 il F. si recò a Trani da dove mancava dal giorno del suo arresto. Qualche giorno dopo si sistemò nella nativa Palo del Colle, ospite del fratello Francesco. Qui il 12 ag. 1810, mentre era in chiesa, fu colto da apoplessia e poche ore dopo spirò.

Fonti e Bibl.: Numerose carte e mss. inediti dei F. si conservano tra i fondi del R. Istituto d'incoraggiamento e dell'Accademia Pontaniana di Napoli. Altri documenti si trovano presso la Società napoletana di storia patria. Sulla sua vita si rinvia innanzitutto a G. Beltrani, D. F. D. La sua vita e le sue opere. Memoria letta all'Accademia Pontaniana nelle tornate del 7 e 21 luglio 1901, in Atti della Società Pontaniana, XXXI (1901), pp. 3-75. B. Croce fu editore e prefatore dell'opuscolo del F. G.A. Serrao vescovo di Potenza e la lotta dello Stato contro la Chiesa in Napoli nella seconda metà del Settecento, Bari 1937. Una importante lettera inedita del F. all'abate Grégoire fu edita sempre dal Croce nel saggio La vita religiosa a Napoli nel Settecento, in Uomini e cose della vecchia Italia, s. 2, Bari 1956, pp. 155 s. n. 2. Sulle polemiche intorno all'autenticità dei documenti pubblicati dal F. nella Dissertazione sulla seconda moglie di re Manfredi, vedi G. Del Giudice, La famiglia di re Manfredi, Napoli 1896, pp. 281-327; G. Beltrani, F. D., i mss. di Vincenzo Manfredi e Filippo Festa, Trani 1901 (ma si veda la recensione apparsa nell'Arch. storico per le prov. napol., XXVII [1902], pp. 189-191). Sulla partecipazione del F. alla Repubblica Napoletana vedi: C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, Napoli 1906, 1, pp. 84, 139; D. Marinelli, I giornali, a cura di A. Fiordelisi, I, Napoli 1901, pp. 46, 63, 72; E. de Fonseca Pimentel, IlMonitore napoletano del 1799, a cura di B. Croce, Bari 1943, pp. 31, 66 ss.; A.M. Rao, Esuli ..., Napoli 1992, ad Ind. Notizie biografiche, talvolta non precise, e valutazioni sul suo operato politico vedi in A. Lucarelli, La Puglia nel Risorgimento (Storia documentata), Bari 1931, II, pp. 163-170. Riferimenti all'edizione delle Lettere familiari del Genovesi edite dal F. in A. Genovesi, Autobiografia, lettere e altri scritti, a cura di G. Savarese, Milano 1962, ad Indicem. Uno studio dedicato al pensiero politico del F. è quello di M.T. Tanzarella-Pace, D. F. D. dal riformismo alla rivoluzione, Bari 1963, che affronta, talora superficialmente, le ragioni e gli sbocchi del riformismo del Forges. Profili biografici del F. sono apparsi nel Dizionario del Risorgimento nazionale, II, p. 842 e nell'Encicl. Italiana, XV, p. 670. Un suo ritratto apparve nell'Albo pubblicato nella ricorrenza del I centenario della Repubblica napoletana, a cura di B. Croce - G. Ceci - M. d'Ayala - S. Di Giacomo, Napoli 1899, tav. XXXV n. 82. Vedi anche O. Mastroianni, Il R. Istituto d'incoraggiamento di Napoli…, 1806-1906, Napoli 1906, p. 189 e il breve cenno biografico di F.M. Avellino in Atti della Società Pontaniana di Napoli, III (1819), pp. VI-VII.

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