Cimaròsa, Domenico

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Musicista (Aversa 1749 - Venezia 1801). Di povera famiglia, orfano di padre a sette anni, fu accolto (1761) nel conservatorio napoletano della Madonna di Loreto come "figliuolo". Quivi studiò con G. Manna. A. Sacchini, F. Fenaroli e poi forse anche con N. Piccinni. Esordì con l'opera Le stravaganze del Conte (1772), cui seguirono altre tredici opere comiche (rappr. a Napoli e a Roma) tra cui L'Italiana in Londra (1779) che gli procurò fama di grande operista. La sua prima "opera seria" fu il Caio Mario (rappr. Roma 1780), che però, come le altre del genere, rimase un'eccezione. Nel 1781 C. si rivela giunto a piena maturità con Giannina e Bernardone, opera composta e applaudita a Venezia, che si può considerare un capolavoro, per la felice rappresentazione dei varî personaggi e delle varie situazioni psicologiche ondeggianti tra la satira e il sentimento più squisito. Assai meno interessante il C. rimane nel genere serio, di cui è esempio un Oreste (1783), incerto fra il tradizionalismo metastasiano e le idee dei novatori del tempo. Nel 1787 è chiamato alla corte di Torino (ove dà un Valodimiro, molto applaudito) e subito dopo a quella di Pietroburgo, che raggiunge, dopo un viaggio per Roma, Firenze, Parma, Vienna, Varsavia, assai fruttuoso per il C., onorato e colmato di doni in ognuna di quelle città e corti. A Pietroburgo rimase più di tre anni componendo con ottimo esito parecchie cantate, messe, e le opere serie Cleopatra (1789) e La Vergine del Sole (1789-90). Nel ritorno dalla Russia (1792) sostò a Vienna, dove il suo Matrimonio segreto, appositamente composto, destò un entusiasmo senza precedenti (l'imperatore lo volle interamente replicato nella stessa sera). È questa l'opera più squisita e caratteristica del C., degna, per arguzia, verità psicologica, tenerezza, di star vicina alle analoghe partiture di W. A. Mozart. Continua la produzione del C. a Napoli, dove rientra nel 1793, maestro della reale cappella; opera migliore: Le astuzie femminili (1794). Durante il periodo repubblicano il C. scrisse un inno per quel regime (1799); al ritorno sul trono il re non perdonò tale gesto, offendendosi ancor più in seguito all'offerta, fattagli dal C., di una cantata d'omaggio. Il C., passato qualche giorno in carcere, dovette poi abbandonare Napoli e raggiungere Venezia, dove poco dopo si spense. La produzione del C. comprende, oltre le 54 opere teatrali, 2 messe, un oratorio, 4 cantate, 7 sinfonie, un concerto per più strumenti, duetti, sonate per cembalo.

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