CAPITELLI, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

CAPITELLI, Domenico

Paolo Mari

Nacque a San Tammaro, vicino Capua, nel 1795. Fu mandato giovanissimo dal padre Antonio a studiare nel seminario di Capua ove si dedicò soprattutto agli studi di diritto, filosofia e matematica. Nel 1815 il C. abbandonò il seminario e si recò a Napoli, ambiente culturalmente molto vivo. Poté così coltivare l'amicizia di Roberto Savarese, Giuseppe Pisanelli, Nicola Nicolini, ma anche quella di uomini politicamente impegnati, quali Gabriele Pepe e Alessandro Poerio. Con decreto reale del 20 ott. 1819 gli fu concesso di aprire una scuola di diritto ed il suo insegnamento ebbe molto successo. Di fronte alla staticità dell'istruzione pubblica, le scuole private alimentavano una cultura più libera, con temi di ampio respiro, più sensibile ai dibattiti politici e dottrinali del pensiero europeo, sostanzialmente più moderna. Avendo preso parte ai moti del 1820 - quando aveva anche insegnato con grande seguito di studenti la teoria dei governi rappresentativi -, il C. fu in seguito costretto a tenersi nascosto in Terra di Lavoro; frutto di questo periodo di meditazione è La filosofia del diritto e l'arte di bene interpretarlo pubblicata a Napoli nel 1822, con un'Appendice se per apprendere la legislazione di uno Stato sia necessario conoscere il diritto romano o qualsivoglia altra legislazione.

Il C. pone ad oggetto della legislazione la "felicità" dei cittadini, il cui "piacere" deve essere il fine immediato della tutela giuridica. L'analisi della mente dell'uomo, la scienza dei suoi bisogni e i mezzi idonei per soddisfarli costituiscono la "scienza della legislazione". Appare palese l'assimilazione del pensiero del Genovesi e della filosofia utilitaristica del Bentham, mentre l'opera non è priva della consueta polemica col Beccaria e il Mably sulla natura del diritto di proprietà. Il C. (che pure è impregnato di cultura giuspubblicistica francese) non raccoglie peraltro una delle enunciazioni più feconde e moderne del pensatore francese: la distinzione fra cittadini attivi e passivi. Insiste invece molto sulla connessione fra "politica" e "diritto" e sull'obbligo del giurista di essere particolarmente preparato nelle scienze politiche. La relatività dei bisogni e il loro mutare nel processo storico lo inducono ad affermare come nella formazione del giurista moderno non sia necessario lo studio del diritto romano, semmai utile per i legislatori.

Molti dei temi affrontati in quest'opera saranno poi sviluppati nella Scienza del diritto e le arti che ne derivano (Napoli 1827), pubblicata sotto lo pseudonimo di Raffaele Carbone, che meritò le lodi del Romagnosi e che dette al C. una notevole fama europea. In un clima politicamente più disteso, il C. poté abbandonare la vita semiclandestina che conduceva e riprendere i contatti con gli esponenti più significativi della cultura napoletana dell'epoca. Poté anche esercitare con una certa regolarità la professione forense di cui son frutto circa 400 difese legali in materia civile e penale: fra le molte edite, pregevole, per la dotta dissertazione sulla giurisdizione, è il Parere intorno ai poteri della Gran Corte criminale di Terra di Lavoro nel giudizio criminale in grado di rinvio a carico di d. Francesco Saverio Pompetti (Napoli 1842). Andava intanto raccogliendo materia per un'opera di gran mole: L'Europa romano-germanica-economico-politica, che non pubblicò mai e che avrebbe dovuto rappresentare la somma del suo pensiero storico. Ma il metodo "storico-filosofico", per cui è celebrato fra i contemporanei, emerge soprattutto da due dissertazioni pubblicate a Napoli nel 1836 e nel 1837: Commento ideologico-storico-politico,delle leggi relative all'accessione industriale mobiliare e Se il volontario godimento di un indulto includa la tacita confessione delreato.

Il primo è un lavoro preparatorio per il concorso alla seconda cattedra di diritto civile nell'università di Napoli, vinto da A. Saliceti. Nel secondo il C. esamina le origini storiche e i principî filosofici dell'azione civile e penale. Il suo metodo d'indagine consiste nel delineare dapprima lo svolgimento razionale dell'istituto per seguirne poi le esplicazioni nel diritto romano, germanico, canonico, consuetudinario e infine nei nuovi codici, secondo una linea di sviluppo storico di netta matrice vichiana.

Nel 1837 il C. fu nominato giudice di Gran Corte criminale presso il tribunale di Noto in Sicilia, ma egli, con spirito polemico e coerenza politica, rifiutò l'incarico. Accettò invece quello di ispettore degli asili infantili, costituiti nel maggio 1841, dato il carattere sociale ed altamente umanitario dell'opera. Il 9 giugno 1846 fu nominato membro della Camera di disciplina dell'Ordine degli avvocati di Napoli. Ma soltanto nel 1848, in seguito alle mutate condizioni storiche, il C., esponente del partito costituzionale, poté affacciarsi autorevolmente nella vita politica. Venne eletto deputato in Terra di Lavoro con la maggioranza assoluta dei voti di quella provincia; ed optò per questo mandato nonostante fosse stato eletto anche nella provincia di Napoli al primo scrutinio. Riunitosi il Parlamento, il C., che in precedenza aveva rifiutato ogni incarico di governo, fu eletto a larga maggioranza presidente dell'assemblea l'8 luglio 1848. In un clima di progressiva tensione politica con il governo, che fedelmente seguiva le direttive regie di restaurazione e di graduale esautoramento dei poteri dell'assemblea, egli tenne questa carica fino al 13 marzo 1849 allorché lesse dinanzi ai deputati il decreto reale di scioglimento della Camera. Coinvolto in un processo politico, il C. fu alla fine compreso in un decreto di amnistia, ma costretto a ritirarsi dalla vita pubblica. Mantenne solo l'incarico di membro della Camera di disciplina degli avvocati, che pure lasciò quando gli fu chiesto di prestare giuramento in contraddizione con quello prestato allo Statuto del 1848.

Visse gli ultimi anni di studi fra Napoli e Portici, dove spesso si ritirava e dove morì di colera il 31 ag. 1854.

Il figlio del C., Guglielmo, raccolse e pubblicò (Napoli 1861)molti degli Opuscoli paterni e fece anche stampare a Napoli nel 1871 un volume Della vita e degli studi di D. C., ove riunì interessanti testimonianze sulla fama europea raggiunta dal C., stralciando dai più importanti giornali articoli relativi alla vita e alla personalità scientifica del padre. Aveva inoltre intenzione di pubblicare i suoi scritti inediti in 8 volumi così ordinati: I. Studi e quistioni di diritto civile; II. Studi intorno alla teoria del testamento; III. Studi e quistioni di diritto penale; IV. Studi di diritto civile e penale; V. Studi e quistioni di procedura civile e penale; VI. Studi di storia e filosofia del diritto; VII. Dissertazioni varie intorno all'amministrazione della giustizia,alla codificazione ed alla istituzione della Corte Suprema; VIII. Miscellanea, con osservazioni sull'Impero romano, la feudalità, i Comuni meridionali, sull'origine e progresso delle lingue, sulle varie professioni che si esercitano in uno Stato.

Infine, sotto il nome dell'avv. Raffaele Carbone, pseudonimo usato dal C. per pubblicare la Scienza del diritto, si possono trovare a stampa almeno due saggi. Il primo (Risposta ad una memoria del signor Ferdinando Malvica che ha per titolo "Sul cabotaggio tra Napoli e Sicilia", Palermo 1838)svolge con analisi assai accurata il tema dei rapporti commerciali fra Napoli e la Sicilia, con una serie di suggerimenti per promuovere lo sviluppo economico dell'isola; il secondo (La voce de' tipografi e degli studiosi del Regno delle due Sicilie, Napoli 1841)affronta il problema del diritto d'autore e ragguaglia sullo stato dell'industria editoriale europea e napoletana.

Fonti e Bibl.: S. Horner, A cent. of despotism in Naples and Sicily, Edinburgh 1860, p. 175; P. Ulloa, Pensées et souvenirs sur la littérature contemporaine du Royaume de Naples, II, Geneve 1860, p. 386; C. Colletta, Tornate della Camera de' deputati del Parlamento napoletano nella sessione 1848-49, III, Napoli 1866, passim; Della vita e degli studi di D. C., Napoli 1871, a cura di G. Capitelli e con la biogr. del C. scritta da R. Masi; F. Sclopis, Storia della legislazione ital., III, 2, Torino 1877, p. 708; P. Del Giudice, Storia del diritto ital., II, Milano 1923, p. 325; A. Zazo, L'ultimo periodo borbonico, in Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, pp. 518, 588; Id., L'istruzione pubbl. e privata nel Napoletano (1767-1860), Città di Castello 1927, pp. 183, 194; N. Nisco, Storia del Reame di Napoli (1824-1860), Napoli s.d., p. 216; Diz. del Risorg. naz., II, p. 532; Novissimo Digesto Italiano, II, p. 915.

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