DISTILLAZIONE

Enciclopedia Italiana (1932)

DISTILLAZIONE (dal lat. distillare, meglio destillare "gocciolare")

Domenico MENEGHINI
Giovanni DALMASSO

Operazione diretta o a separare un liquido volatile dalle sostanze non volatili in esso disciolte, o a separare liquidi di volatilità diversa. Per compiere la distillazione, il liquido viene fatto bollire, condensando per raffreddamento i vapori che si svolgono durante l'ebollizione. Facendo bollire, per es., una soluzione salina, come l'acqua del mare, praticamente soltanto l'acqua passa durante l'ebollizione allo stato di vapore, per cui raccogliendo e raffreddando questo vapore, si ottiene l'acqua distillata.

Il processo di distillazione è noto dai tempi più remoti. Plinio ne parla come di cosa già antica, riferendosi, circa il modo di ottenere olio di trementina, a un metodo che in fondo consiste in una vera distillazione. Spetta agli Arabi, che hanno perfezionato una pratica forse già nota da molto tempo, la scoperta dell'alambicco (v.) che è stato per gli alchimisti l'apparecchio più adoperato per distillare e cimentare in genere le sostanze all'azione del fuoco, dell'aria, degli acidi, ecc. (v. alchimia).

Teoria della distillazione. - Un liquido omogeneo, posto in un recipiente nel quale è stato fatto il vuoto, si trasforma parzialmente in vapore; e, mantenendo costante la temperatura, ciò avviene fin tanto che la pressione del vapore formatosi raggiunge un valore massimo. Il valore massimo raggiunto dalla pressione del vapore, in equilibrio col liquido evaporante, misura la tensione di vapore del liquido, tensione che dipende dalla temperatura (oltre che dalla natura del liquido) e in generale cresce molto rapidamente col crescere di essa (v. aggregazione, Stati di).

Quando, con l'aumentare della temperatura, la tensione di vapore del liquido raggiunge il valore della pressione esterna, cominciano a formarsi in seno al liquido bolle di vapore, il liquido cioè comincia a bollire e la temperatura corrispondente si chiama temperatura o punto di ebollizione. Se con qualche dispositivo opportuno si riesce a convogliare fuori dal recipiente il vapore emesso e a raffreddarlo in modo che la sua tensione risulti trascurabile rispetto alla pressione esterna, il vapore si condensa pressoché integralmente e si compie così la distillazione. Un apparecchio di distillazione consiste quindi essenzialmente di una caldaia ove ha luogo l'ebollizione ed evaporazione del liquido e di un refrigerante ove avviene la condensazione del vapore. Non tutti i liquidi possono essere portati all'ebollizione e distillati in un modo così semplice. Molte sostanze organiche hanno punto di ebollizione così elevato che alla temperatura relativa si decompongono; in tal caso occorre operare a una pressione inferiore dell'atmosferica, abbassando il punto di ebollizione del liquido sotto la temperatura alla quale s'inizia la decomposizione.

Se un liquido puro tiene disciolta una o più sostanze solide, la sua tensione di vapore si abbassa; il punto di ebollizione delle soluzioni è sempre più alto di quello del rispettivo solvente; in tal caso, perché avvenga la distillazione, basterà elevare la temperatura in caldaia di quel tanto che è necessario perché la soluzione cominci a bollire e, sempre che il solido disciolto abbia, alla temperatura di ebollizione, una tensione di vapore trascurabile rispetto a quella del solvente, si otterrà dal refrigerante il solvente allo stato puro.

L'andamento del processo di distillazione è molto più complesso quando il solvente tiene disciolte sostanze aventi un'elevata tensione di vapore e in generale nel caso di soluzioni di liquidi nei liquidi.

Mescolando fra loro due, o più, liquidi si possono verificare tre casi, e cioè: 1. i due liquidi si mescolano in tutte le proporzioni, dando sempre un liquido omogeneo (miscibilità completa); 2. i due liquidi si sciolgono reciprocamente soltanto in determinati rapporti, che dipendono dalla temperatura (miscibilità parziale); 3. i due liquidi sono completamente insolubili uno nell'altro (miscibilità nulla). L'acqua e l'alcool etilico, l'acetone e il solfuro di carbonio, ecc., sono completamente miscibili in tutti i rapporti; invece l'acqua e il fenolo o l'acqua e l'etere etilico mescolati, dopo riposo si separano, per differenza di densità, in due strati liquidi. Col crescere della temperatura le solubilità dei due liquidi generalmente crescono e le composizioni dei due strati liquidi tendono perciò a eguagliarsi: scompare allora la separazione fra i due strati e la temperatura alla quale si ha la miscibilità completa è chiamata temperatura critica di dissoluzione; così la temperatura critica di dissoluzione del sistema acqua e fenolo è 68°,8 per la concentrazione critica del 36% in peso di fenolo; per raffreddamento di una miscela omogenea siffatta si ha subito la separazione dei due strati: a 40° si avrà una soluzione di acqua in fenolo col 33% in peso d'acqua e una soluzione di fenolo in acqua col 10% di fenolo. Anche nel caso di miscibilità nulla si hanno due strati liquidi, ma questi sono costituiti dai due componenti puri.

Distillazione di miscele di liquidi completamente miscibili. - Se in un sistema di due liquidi fra loro miscibili in tutti i rapporti si prende in considerazione la tensione totale P di vapore della miscela in funzione della concentrazione, espressa in perfento molecolare, si possono avere tre casi: 1. che P varii linearmente fra la tensione di vapore dei due componenti puri della miscela; 2. che P passi per un minimo; 3. che P passi per un massimo.

Circa il 1° caso, si considerino ad es. le miscele formate da ossigeno e azoto allo stato liquido. Nella parte inferiore del diagramma riprodotto nella fig.1, è rappresentata la variazione della tensione totale di vapore P (espressa in cm. di mercurio alla temperatura assoluta di 28°,3) col variare della concentrazione molecolare delle miscele; le curve PN2 e PO2,.. indicano l'andamento delle tensioni parziali di vapore dei due componenti puri N2 e O2; P varia quasi linearmente e per le varie miscele binarie che così si comportano:

in cui pa e pb. indicano le tensitmi parziali dei due componenti puri e a e b rispettivamente il numero di molecole di ciascun componente nella miscela considerata.

Semplice è il comportamento delle miscele di questo tipo sottoposte alla distillazione. Esso può essere rilevato dalla parte superiore della stessa fig. 1 ove sono riportate le temperature (assolute) di ebollizime alla pressione di una atmosfera (760 mm.). Il vapore emesso alla temperatura di ebollizione non ha però la stessa composizione del liquido; esso è più ricco di quel componente che ha una maggior tensione di vapore (principio di Konowaloff), il liquido viene perciò ad arricchirsi del costituente menù volatile e infatti l'aria liquidi emette bollendo molto più azoto che ossigeno. Nella fig. 1 la curva superiore esprime le composizioni del vapore, quella inferiore le composizioni del liquido fra loro in equilibrio per ogni temperatura. Separando perciò il vapore che si svolge durante l'ebollizione di miscele di questo tipo, queste possono essere scisse in frazioni a composizione diversa e sempre più ricche di uno dei due componenti (distillazione frazionata), e, ripetendo l'operazione, anche nei suoi componenti puri.

Il processo in pratica viene notevolmente abbreviato sovrapponendo al recipiente ove ha luogo l'ebollizione una colonna verticale, opportunamente costruita e collegata superiormente al refrigerante. La fig. 2 mostra un apparecchio da labnratorio per la distillazione frazionata. Il vapore salendo per la colonna (detta di rettificazione) mentre rimane tale per una parte, costituita prevalentemente dai componente del liquido più volatile, si condensa invece per un'altra parte, costituita prevalentemente dal liquido meno volatile, ricadendo in basso: si originano così due correnti opposte, una di vapore che sale e che si arricchisce sempre più del componente più volatile, l'altra del liquido che scende e che si arricchisce sempre più del componente meno volatile. Con colonne sufficientemente lunghe e costruite in modo da avere il massimo contatto fra liquidi e vapori e con una velocità di distillazione sufficientemente lenta si può arrivare alla separazione completa dei componenti puri della miscela. Su questo principio si fonda la possibilità di ottenere dalla distillazione frazionata dell'aria liquida l'ossigeno e l'azoto puri.

Quando la tensione totale di vapore delle miscele completamente miscibili passa per un minimo o per un massimo (2° e 3° caso) i risultati della distillazione frazionata sono diversi. Un esempio di miscele che dànno un minimo nella curva delle tensioni totali di vapore si ha con il cloroformio e l'acetone, il cui sistema è rappresentato nella fig. 3. Nella parte inferiore della figura sono rappresentate le curve delle tensioni di vapore a t = 28°,5: il minimo nella curva P si ha per miscele a 65%, Mol. di cloroformio.

La parte superiore della figura dà il comportamento alla distillazione di queste miscele alla pressione esterna di 760 millimetri; per una stessa temperatura si possono avere due sistemi: in uno la fase liquida presenta una percentuale di cloroformio maggiore della corrispondente fase di vapore, in equilibrio alla temperatura considerata, mentre nell'altro sistema, alla stessa temperatura, la fase liquida è più ricca in acetone della fase di vapore coesistente in equilibrio; i due sistemi coincidono nel punto di massimo delle curve di ebollizione in corrispondenza alla temperatura di 63°,2. Le miscele bollono allora alla temperatura costante di 63°,2 ed emettono vapori che hanno la stessa composizione del liquido: non è possibile quindi separare per distillazione i due costituenti puri; distillando invece una qualsiasi altra miscela, col crescere della temperatura di ebollizione, la concentrazinne si sposta verso la composizione corrispondente al punto di massimo delle curve delle temperature di ebollizione, il distillato si arricchisce perciò di uno dei due componenti puri e precisamente di cloroformio per le miscele che ne contengono più del 65%; circa mentre si arricchisce di acetone per le altre. In tal modo, distillando frazionatamente, sarà possibile ottenere da questo tipo di miscele soltanto una parte di uno dei componenti allo stato puro.

Anche nel caso di miscele per le quali si ha un massimo nelle curve delle tensionî totali di vapore si può ottenere, per distillazione frazionata, soltanto una separazione parziale di uno dei componemi puri; ma, mentre nel primo caso la miscela corrispondente al punto di massimo nella curva delle temperature di ebollizione rimane come liquido nella caldaia (prodotto di coda), nel secondo caso la miscela corrispondente al punto di minimo passa nel condensatore (prodotto di testa) e in caldaia rimane il componente puro in eccesso. Un esempio di miscele di questo tipo si ha con l'acetone e il solfuro di carbonio, il cui sistema è rappresentato nella fig. 4: il massimo nella curva delle tensioni totali di vapore e il minimo nella curva delle temperature di ebollizione si ha a circa il 60% Mol. di solfuro di carbonio, per t = 40°; a questa concentrazione convergono le composizioni dei distillati durante la distillazione frazionata. Così si comportano le miscele di acqua e alcool etilico (fig. 5) che presentano un minimo alla temperatura di 78°,24 e alla concentrazione del 97,2% in peso d'alcooi: da un soluzione acquosa di alcool si potrà allontanare per distillazione frazionata tanta acqua fino a raggiungere questa concentrazione e non sarà possibile ottenere per questa via alcool anidro, il quale bolle a 78°,35 cioè solo 0°, 13 più alto.

Distillazione di miscele di liquidi parzialmente miscibili. - Anche nel caso di miscibilità parziale si possono avere varî tipi di curve della tensione totale di rapore in funzione della concentiazione (fig. 6). Nell'intervallo XY, corrispondente alla lacuna di miscibilità, i miscugli presentano tensione di vapore costante (il cui valore può o essere compreso fra quelli delle tensioni dei costituenti puri o essere di entrambi maggiore o minore). La composizione del vapore emesso dal liquido, bollente a temperatura costante, è pure costante; se ciò non fosse si avrebbe una distillazione continua e spontanea fra strato e strato. In realtà se i due liquidi, che formano í due strati, hanno densità diversa e vengono riscaldati senza agitazione, prima evapora lo strato superiore più leggiero, poi quello inferiore, e la temperatura, durante la distillazione di tutta la miscela, non è più costante; la costanza si ha soltanto con un continuo rimescolamento dei due liquidi. In pratica, ogni qualvolta si abbiano miscele parzialmente miseibili, prima si separano per decantazione i due strati, poi ogni strato viene distillato a sé, ottenendosi all'inizio un miscuglio bifasico, e quindi il componente presente in proporzione maggiore. Ad esempio il benzolo, i terpeni, l'etere possono contenere disciolta una piccola quantità d'acqua: distillando con colonna di rettifica, prima evapora l'acqua con un po' di benzolo o di terpene o di etere (miscele binarie a tensione massima di vapore), successivamente l'idrocarburo oppure l'etere praticamente anidri.

Distillazione di miscele di liquidi non miscibili. - Se due o più liquidi, fra loro insolubili, vengono riscaldati in intima mescolanza, il miscuglio bolle quando la somma delle tensioni di vapore dei singoli componenti puri raggiunge il valore della pressione esterna; il miscuglio obbedisce cioè alla legge di Dalton per cui P = pa + pb + pc + ...., in cui P è la tensione totale del miscuglio e pa, pb, pc.... sono le tensioni dei componenti puri a, b, c...., P è cioè indipendente dal rapporto nel quale i componenti si trovano nel miscuglio. La temperatura di ebollizione sarà necessariamente più bassa della temperatura di ebollizione di ciascun componente puro.

In pratica anziché far bollire la miscela liquida mantenuta in continua agitazione, si fa gorgogliare in un liquido il vapore dell'altro componente (distillazione in corrente di vapore), e ciò specialmente quando si vogliono separare o purificare sostanze organiche ad alto punto di ebollizione, insolubili nell'acqua e con peso molecolare notevolmente superiore a quello dell'acqua stessa.

Detti m ed m′ i pesi molecolari e p e p′. le tensioni di vapore delle due sostanze alla temperatura di ebollizione della miscela, le quantità in peso q e q′ di ciascuna di esse che passano nel liquido distillato sono legate dalla relazione:

Per es., la miscela acqua-nitrobenzolo bolle a 99°,3 alla pressione di 760 mm. di mercurio. Per il nitrobenzolo si ha m = 123 e, alla temperatura di ebollizione della miscela, p = 21,5; per l'acqua si ha m′ = 18 e p′ = 738,5. Quindi

Il punto di ebollizione del nitrobenzolo puro è 209°,8; in corrente di vapore è possibile distillarlo a soli 99°,3 senza ricorrere alla pressione ridotta e ciò con rendimento abbastanza elevato (5,1 parti di acqua per i parte di nitrobenzolo).

Distillazione di miscele azeotropiche. - Se ad una miscela di due liquidi completamente miscibili e che presenta un minimo nella curva delle temperature di ebollizione, si aggiunge un terzo liquido il quale sia praticamente insolubile in uno dei due componenti della miscela binaria, si ottiene un miscuglio ternario che bolle a temperatura costante, inferiore al minimo del sistema binario.

La temperatura di ebollizione di questa miscela ternaria, detta azeotropica, è più bassa della temperatura di ebollizione dei tre componenti puri e il vapore che distilla ha composizione costante; e ciò finché si elimina il componente insolubile nel terzo liquido aggiunto (detto perciò liquido trascinante). In tal modo si può arrivare al risultato di separare fra loro due costituenti che non sarebbero separabili per semplice distillazione frazionata. Il metodo descritto è stato applicato anche industrialmente per ottenere dai liquidi acquoso-alcoolici l'alcool etilico assoluto o anidro, aggiungendo, come liquido trascinante, il benzolo che è praticamente insolubile nell'acqua.

Come s'è visto, il sistema acqua-alcool etilico presenta un punto di ebollizione minimo a 78°,24 per il 97,2% in peso d'alcool; il sistema alcool-benzolo presenta pure un minimo nella curva dei punti di ebollizione a 68°,2 per il 67,6% in peso di benzolo; il sistema acqua-benzoln (non miscibili) bolle a 69°,2 dando un miscuglio eterogeneo col 91,1% in peso di benzolo; il sistema ternario acqua-benzolo-alcool comincia a bollire a 64°,9 dando pure un miscuglio eterogeneo col 7,4% d'acqua, 18,5% d'alcool e 74,1% di benzolo. Per ottenere alcool anidro si aggiunge perciò al liquido acquoso-alcoolico una sufficiente quantità di benzolo e si distilla con una colonna di rettificazione sufficientemente alta: passa allora per prima la miscela ternaria (p. eboll. 64°,9) che trascina tutta l'acqua; quando questa è eliminata passa la miscela binaria alcool-benzolo (p. eboll. 68°,2) fino all'eliminazione del benzolo e rimane in caldaia l'alcool anidro come prodotto di coda. Il miscuglio azeotropico ternario che esce dalla sommità della colonna di rettificazione, condensandosi, si separa in due strati liquidi contenenti ciascuno i tre componenti, e cioè (a t = 15°):

Lo strato superiore, nel quale si concentra quasi tutto il benzolo, ritorna alla colonna principale di rettificazione, mentre lo strato inferiore che contiene quasi tutta l'acqua passa in una seconda colonna di rettificazione, più piccola, dalla quale si ottiene superiormente tutto il liquido trascinante (benzolo) che ritorna nella colonna principale, mentre il liquido acquoso-alcoolico che si condensa alla base della colonna passa in un terzo apparecchio di distillazione ove viene ricondotto al 94-95% d'alcool, per poi essere rinviato all'apparecchio principale.

Apparecchi per la distillazione. - Gli apparecchi adoperati nelle industrie per la distillazione semplice (alambicchi) constano d'una caldaia riscaldata o a fuoco diretto o con mantello di vapore o con serpentini interni di vapore. Essa è munita superiormente di un tubo (collo d'oca, collo di cigno) atto a convogliare i vapori svolti durante l'ebollizione in un refrigerante a serpentino o a fascio di tubi verticali.

Gli apparecchi adoperati nelle industrie per la distillazione frazionata sono invece muniti di colonne di rettificazione diversamente congegnate. I primi apparecchi di questo tipo risalgono al 1817 (Pistorius). Essi vennero poi modificati e perfezionati dal Derosne (Francia), dal Callier-Blumenthal (Germania), dal Coffey (Inghilterra, 1832) e dal Savalle (Francia, 1850). Le colonne di rettificazione Savalle, più o meno modificate, sono ancor oggi in uso in tutte le industrie che devono separare fra loro liquidi volatili, e gli apparecchi, per quanto è possibile, si costruiscono per un funzionamento continuo. Le colonne di rettificazione a ricadeie, per ottenere il massimo contatto fra liquido e vapore, sono divise in sezioni da una serie di piatti (fig. 7); il liquido che si condensa scende dall'alto della colonna e passa di piatto in piatto per mezzo di troppo pieni, mentre il vapore è costretto a gorgogliare nel liquido, raccolto sui piatti, mantenendolo in ebollizione (v. alcool). Le figure 8 e 9 rappresentano rispettivamente la disposizione schematica di una colonna a distillazione continua, per la separazione di una miscela binaria, e ternaria: in generale il liquido da rettificare, prima di entrare nella colonna, circola per i refrigeranti in modo da essere preriscaldato a spese del calore di condensazione dei vapori distillati. La fig. 10 rappresenta un impianto per la distillazione e rettificazione dell'alcool. Con appositi dispositivi si possono separare anche miscugli più complessi, così: l'etere etilico-alcool etilico-acqua-alcool butilico-canfora, miscuglio che residua nella fabbricazione del. le pellicole di celluloide. Spesso la distillazione e la rettificazione si compiono a pressione ridotta (per es. nella purificazione degli olî eterei, nella distillazione della glicerina, ecc.).

Distillazione secca. - Molte sostanze specialmente organiche si decompongono col riscaldamento. Questa trasformazione sotto la sola azione del calore, è stata chiamata pirolisi; ed è stata praticata industrialmente soprattutto nei casi in cui dalla decomposizione si ottengono prodotti volatili.

In generale i processi di decomposizione delle sostanze organiche per riscaldamento importano le minori possibili deformazioni della struttura molecolare. Per es., il benzolo ad alta temperatura svolge idrogeno e gli anelli aromatici si uniscono per dare difenile:

Le catene −C−C− della serie aromatica sono molto più stabili al calore delle catene −C−H, mentre nei composti alifatici avviene generalmente il contrario (Haber). Vi sono gruppi che all'azione del calore presentano una grande instabilità, per es.,

inoltre si osserva che molti composti, i quali sotto l'azione del calore tendono a resinificare, contengono generalmente dei gruppi resinofori (Herzog) come:

Molte sostanze organiche sono state trovate con processi di distillazione secca, per es., l'acido piruvico dall'acido tartarico, la pirocatechina dalla catechina della mimosa catecù, il pirogallolo dall'acido pirogallico, l'acido benzoico dalla resina di benzoino, l'antrachinone dal benzoato di calcio, la chinolina da composti organici azotati, l'isoprene dalla gomma elastica, ecc.

La distillazione secca è applicata sovente nella grande industria. Dalla distillazione secca del carbone si ottengono il gas illuminante (v.) e il coke metallurgico (v.) oltre ad acque ammoniacali, catrame ecc.; dalla distillazione secca del legno si ottengono, oltre a gas, catrame di legno e acido pirolegnoso; dalla distillazione secca delle corna, delle ossa, del sangue, si ottiene l'olio di Dippel; da quella del ginepro rosso, l'olio di cade. Anche il processo di fabbricazione dell'acetone dall'acetato di calcio deve essere considerato un processo di distillazione secca:

Bibl.: S. Young, Fractional distillation, Londra 1903; J. P. Kuenen, Theorie der Verdampfung und Verflüssigung von Gemischen und der fraktionierten Destillation, Lipsia 1906; C. Mariller, La distillation fractionnée et la rectification, Parigi 1917; M. Lecat, La tension de vapeur des mélanges liquides: L'azéotropisme, Bruxelles 1918; E. Hausbrand, Wirkungsweise der Rektifizier- und Destillierapparate, 4ª ed., Berlino 1921; C. V. Rechenberg, Einfache u. fraktionierte Destillation, Lipsia 1923; D. Ariis, Distill. frazionata, Milano 1927; Ullmann, Enzycl. der tech. Chemie, 2ª ed., III, Berlino 1929; E. Hausbrand e M. Hirsch, Verdampfen, Kondensieren und Kühlen, 7ª ed., Berlino 1931.

La distillazione in enologia.

La distillazione, intesa come industria complementare dell'enologia, utilizza le seguenti materie prime:

Dalle vinacce s'ottengono le cosiddette acquaviti di vinaccia; dai vini e vinelli le acquaviti di vino.

Per quanto concerne le vinacce, ricordiamo che da un quintale di uva se ne possono ricavare da 10 a 20 kg. Le vinaece fermentate hanno un contenuto in alcool proporzionale alla ricchezza alcoolica del vino da cui provengono. Si calcola che la ricchezza alcoolica di queste vinacce corrisponda alla metà della gradazione alcoolica del vino, ossia che da una vinaccia si possano ricavare tanti litri d'acquavite a 50° quanti sono i gradi di alcool del vino. Le vinacce vergini (ottenute cioè subito dopo la pigiatura dell'uva, prima di ogni inizio di fermentazione) contengono zucchero e non alcool. Abbandonate a sé, tali vinacce vanno però soggette, dopo qualche giorno, alla fermentazione alcoolica, e successivamente a quella acetica; bisogna perciò impedire quest'ultima, che distruggerebbe l'alcool, sottraendo le vinacce al contatto dell'aria. Per conservare le vinacce, sia vergini sia fermentate, si debbono disporre, più asciutte che sia possibile, in vasche impermeabili, meglio se parzialmente interrate, comprimendo ben bene ogni strato e coprendo l'ultimo strato con terra argillosa.

Circa i vini, si può avere distillazione di prodotti sani e distillazione di prodotti alterati. I vini sani possono essere o speciali, preparati cioè appositamente per ricavarne, con la distillazione, acquaviti finissime uso cognac (v.) o ordinarî, vini cioè che, in annate d'esuberante produzione enologica, vengono destinati alla distillazione, non potendo trovare conveniente collocamento sul mercato. Trattandosi di vini alterati, bisogna spesso, prima della distillazione, cercar di eliminare gli odori o sapori estranei, (odor di muffa, di legno, di prodotti solforosi) che altrimenti potrebbero passare nel prodotto distillato. Nel caso di vini acetosi occorre, prima della distillazione, neutralizzare l'acidità.

La distillazione dei vinelli (ottenuti dall'esaurimento delle vinacce con acqua) si pratiea nello stesso modo di quella dei vini. Gli apparecchi in uso per la distillazione dei prodotti vinosi si possono classificare così:

Il più semplice e antico di questi apparecchi è il cosiddetto alambicco (fig. 12) che può servire tanto per vinacce quanto per vino, con lievi modificazioni. Se si deve distillare vinaccia, sul fondo della caldaia dell'alambicco si dispone una griglia di rame o un diaframma in vimini; poi su di esso si distribuisce la vinaccia addizionata d'un terzo d'acqua. Il riscaldamento si conduce attivamente finché cominciano a passare i vapori; poi si continua lentamente. I prodotti della distillazione si raccolgono tutti insieme, tanto i primi a circa 50° quanto gli ultimi pressoché a zero. Dopo tre o quattro cotte, i prodotti di questa prima distillazione (flemme) vengono sottoposti a una cotta di rettificazione con lo stesso apparecchio: dal distillato che si ricava da questa nuova cotta si separano le teste e le code, che saranno poi sottoposte a una successiva rettificazione. I prodotti di mezzo si possono separare in due gruppi: uno a titolo medio di 50-52° (acquavite di 1ª qualità) e uno a titolo di 48-500 (acquavite ordinaria). Le acquaviti che si possono ottenere con questo apparecchio semplice, quando sia bene adoperato, sono eccellenti, ma molto costose.

Per la distillazione ambulante delle vinacce si usano altri apparecchi, a fuoco diretto, quali l'Égrot, il Deroy, il Vermorel. Il primo di essi è munito d'un deflemmatore a sfera o a serpentino, il secondo invece d'un deflemmatore lenticolare Pistorius.

Un tipo di apparecchio a fuoco diretto ma a vinacce emerse è il Comboni (fig. 13); in esso la vinaccia si colloca in un vaso a tronco di cono rovesciato posto sulla caldaia, ed è sostenuta da piatti forellati; la caldaia è piccola, dovendo contenere solo acqua, ed è fissata su un fornello in muratura che la circonda quasi del tutto. I vapori che si svolgono dall'acqua riscaldata riscaldano a lor volta la vinaccia, facendone evaporare l'alcool che, per liberarsi, deve attraversare gli strati sovrastanti di vinaccia; sicché i vapori vanno di mano in mano arricchendosi d'alcool, e la vinaccia funziona quasi da deflemmatore. Dall'apparecchio Comboni è derivato quello Da Ponte (fig. 14), al quale è aggiunta una colonna delflemmatrice. Negli apparecchi a vapore, il riscaldamento, invece che a fuoco diretto, vien fatto con vapore a pressione più o meno elevata, ottenuto da apposito generatore. Di questi apparecchi se ne hanno con uno, due o quattro alambicchi (come ii Villard-Rottner e il Comboni a vapore), o con caldaie multiple in batteria (come il Da Ponte), adatti per lavorazione di grandi masse di vinacce.

Anche gli apparecchi per la distillazione dei vini (e vinelli) possono essere a fuoco diretto: così l'apparecchio semplice già descritto per le vinacce, l'apparecchio in uso nelle Charentes per la preparazione del cognac (v.), l'apparecchio Neukomm e l'Égrot. L'apparecchio Neukomm è adatto solo alla distillazione di liquidi, come vino e vinello; è ad azione continua e può funzionare tanto a fuoco diretto quanto a vapore; la deflemmazione è ottenuta con un doppio deflemmatore Pistorius; il vino arriva nell'apparecchio attraverso uno scaldavino. Di apparecchi Égrot per vino ve ne sono di due tipi, uno ad azione discontinua, uno ad azione continua, che possono funzionare tanto a fuoco diretto quanto a vapore; il tipo ad azione continua presenta una colonna a piatti sovrapposti, di numero variabile, ciascuno munito di un nastro a spirale con una quantità di capsule di barbottaggio: per ottenere con questo apparecchio alcool a 85° bisogna aggiungergli un altro organo, detto cappello rettificatore.

Fra gli apparecchi per vino a vapore ad azione continua son pure da ricordare quelli Guillaume, che hanno una caratteristica colonna deflemmatrice inclinata anziché verticale, e quelli Barbet, forniti d'una colonna di distillazione a piatti con un gran numero di calotte di barbottaggio a guisa di pettine, di tipo speciale, per aumentare il contatto del vapore col liquido da distillare.

Bibl.: L. Vecchia, La distillazione agraria in Italia, Casalmonferrato 1922; P. Pacottet e L. Guittonneau, Eaux-de-vie et vinaigres, Parigi 1926; M. Da Ponte, Distillazione, Milano 1930.

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Colonna di distillazione

Punto di ebollizione

Solfuro di carbonio

Composti alifatici

Acido pirogallico