BOGARDE, Dirk

Enciclopedia del Cinema (2003)

Bogarde, Dirk

Stefano Francia Di Celle

Nome d'arte di Derek Jules Gaspard Ulric van den Bogaerde, attore teatrale e cinematografico inglese, nato a Hampstead (Londra) il 28 marzo 1921, da padre di origine olandese, e morto a Londra l'8 maggio 1999. Personalità ricca di sfaccetture, elegante e raffinato nelle sue interpretazioni, B. costruì la sua carriera passando da parti di eroe romantico a scelte difficili e coraggiose, con le quali seppe emanciparsi dai ruoli artistici e sociali imposti dallo star system, riuscendo a proporre con intelligenza un modello virile che usciva dagli stereotipi imposti tradizionalmente dall'immaginario cinematografico.

B. studiò a Glasgow e a Londra, e, assecondando il suo interesse per le arti visive, frequentò la Chelsea School of Art; intraprese presto e casualmente la carriera teatrale (1939), che interruppe durante il secondo conflitto mondiale per riprenderla poi fino al 1958. Congedato nel 1946, dopo aver declinato l'offerta di una produzione hollywoodiana che desiderava farne una star, sfruttandone la bellezza e l'immagine romantica, firmò un contratto, in esclusiva e pluriennale, con la Rank Organization. Dal 1947 al 1961 interpretò, anche in ruoli di primo piano, una trentina di film, dimostrando di possedere un talento versatile: dai thriller alle commedie, dai film di guerra ai melodrammi in costume. La sua eleganza e il suo fascino gli permisero di rendere più romantici i personaggi delle commedie (famosa la serie in cui interpretò il dottor Sparrow in film diretti da Ralph Thomas e da altri registi), mentre un'inedita ostentazione di fragilità e complessità emotiva gli consentì di accentuare le sue doti drammatiche in film storici e di guerra e di potenziare l'ambiguità in noir, thriller e drammi come The blue lamp (1949; I giovani uccidono) di Basil Dearden, The woman in question (1950; Donna nel fango) di Anthony Asquith o Hunted (1952; La colpa del marinaio) di Charles Crichton fino a Song without end (1960; Estasi), iniziato da Charles Vidor e terminato da George Cukor, biografia hollywoodiana del musicista F. Liszt. L'approfondimento di quest'ultimo registro interpretativo determinò l'affievolirsi della sua notorietà popolare, ma gli permise di mutare il corso della sua carriera. Il film che gli offrì questa occasione fu Victim (1961) di Dearden, in cui interpreta un avvocato di successo che denuncia oscure pratiche ricattatorie nei confronti di omosessuali, rivelando egli stesso la propria omosessualità sia alla moglie sia all'austero ambiente del foro. Successivamente la collaborazione con Joseph Losey accelerò il suo progressivo allontanamento dal sistema delle majors inglesi e l'apertura verso scelte più difficili di film d'autore. Nel 1963 fu quindi Barrett, il sinistro maggiordomo che sovverte il classico rapporto servo-padrone orchestrando subdolamente potenti pulsioni sado-masochistiche in The servant (Il servo) di Losey, per il quale ottenne il British Film Academy Award come miglior attore. La sua tendenza innata ad arricchire i personaggi di dimensioni psicologiche ulteriori e contrastanti si rafforzò in Darling (1965) di John Schlesinger, e negli Stati Uniti in The fixer (1968; L'uomo di Kiev) di John Frankenheimer e Justine (1969; Rapporto a quattro) di Cukor. In quegli stessi anni interpretò film diretti ancora da Losey, King and country (1964; Per il re e per la patria), Modesty Blaise (1966; Modesty Blaise, la bellisima che uccide) e Accident (1967; L'incidente), mettendo in luce il suo valore di attivo e sensibile collaboratore del processo creativo. Pur con sfumature diverse, un analogo peso artistico gli fu riconosciuto da Luchino Visconti, nella cui orbita professionale e umana entrò alla fine degli anni Sessanta. Trasferitosi per breve tempo in Italia, B. per Visconti fu Friederick Bruckmann in La caduta degli dei (1969), emblema del decadimento fisico e morale sotteso al crollo del sistema ‒ il nazismo ‒ che garantisce l'opulenta vitalità di una famiglia minata dagli intrighi; e, soprattutto, per il regista interpretò Gustav von Aschenbach in Morte a Venezia (1971) dal racconto di Th. Mann. B. dispiegò in questo film le sue eccezionali doti di indagatore delle zone più oscure e misteriose dell'animo umano, rivestendo il ruolo dell'anziano intellettuale in lotta con l'esaurimento delle proprie forze fisiche che, in piena consonanza con la decadenza della città lagunare, procede nella purificazione del suo ideale di bellezza, inseguito attraverso l'arte e personificato dall'adolescente Tadzio.

Negli anni Settanta l'attore si ritirò in Provenza, impegnato soprattutto nella sua attività di scrittore che interruppe solo per accettare pochi, ma importanti ruoli. Dopo l'interpretazione raffinata, che univa vulnerabilità e attitudine sadiche, di Il portiere di notte (1974) diretto da Liliana Cavani, lavorò con Alain Resnais in Providence (1976) e con Rainer Werner Fassbinder in Despair (1977), in cui è un complesso personaggio affetto da schizofrenia e da fantasie omicide. Durante gli anni Ottanta si dedicò ad alcuni lavori televisivi proseguendo con la stesura di romanzi, e negli anni Novanta tornò al cinema con Daddy nostalgie (1990) di Bertrand Tavernier, offrendo l'intensa interpretazione di un uomo alla fine della propria vita che, al ritorno in patria, ritrova la famiglia dalla quale si era volontariamente estraniato. Oltre ai romanzi (A gentle occupation, 1980; Voices in the garden, 1981; West of sunset, 1984; Jericho, 1992), B. scrisse un'autobiografia in sette volumi.

Bibliografia

M. Hinxman, S. D'Arcy, The films of Dirk Bogarde, London 1974; R. Tanitch, Dirk Bogarde: the complete career illustrated, London 1988; S. Morley, Dirk Bogarde: rank outsider, London 1996.

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