Diritto d'autore

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2006)

Diritto d'autore

Bona Ciaccia Cavallari

L'evoluzione della legge sul d. d'a. del 1941 si svolge attraverso le seguenti tappe: la riforma del processo civile del 1990, la l. 18 ag. 2000 nr. 248 e la l. 14 maggio 2005 nr. 80.

La legittimazione ad agire per la tutela dei diritti sulle opere dell'ingegno spetta all'affermato titolare del diritto di utilizzazione economica che si assume violato o del quale si teme la violazione. Legittimato passivo è il soggetto contro il quale deve rivolgersi la sanzione in quanto preteso violatore del diritto. La tutela dei diritti patrimoniali è attribuita all'autore, al cessionario delle facoltà violate ovvero al concessionario in esclusiva. Nel caso di opere in collaborazione, se i contributi sono distinti, legittimato attivo è l'autore del singolo contributo, "se l'opera è stata creata con il contributo indistinguibile e inscindibile di più persone, il diritto d'autore appartiene in comune a tutti i coautori" (l. 22 apr. 1941 nr. 633, art. 10). Dopo la morte dell'autore l'azione spetta agli eredi e ai legatari. La tutela del diritto morale (diritto inalienabile) è accordata soltanto all'autore e, nelle opere create in comunione, può essere sempre esercitata individualmente da ciascun coautore (art. 10, 3° co., l. 633/1941). Una forma particolare di legittimazione è quella accordata alla SIAE dall'art. 164, il quale dispone che i funzionari degli enti di diritto pubblico indicati negli artt. 180-184, l. 633/1941 possono esercitare le azioni civili ivi previste "nell'interesse degli aventi diritto".

L'azione di interdizione (art. 156)

Tra gli strumenti di difesa dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell'ingegno un ruolo di primo piano è occupato dall'azione di interdizione, una misura che a norma dell'art. 168, l. 633/1941, tutela anche il diritto morale dell'autore. Altrimenti indicata con la locuzione inibitoria definitiva, l'interdizione è pronunciata in sede di sentenza finale e consiste in un comando che è volto a vietare il compimento di attività lesive del d. d'a. suscettibili di ripetizione o di aggravamento. Il provvedimento si rivolge a sanzionare due distinte situazioni: la prima, relativa alla probabile commissione di un illecito, peraltro non già perpetrato né attuale; la seconda, concernente la continuazione o ripetizione di un'attività illecita già posta in essere.

Rimozione e distruzione

Al fine di sanzionare una violazione già intervenuta si ricorre ad altre condanne, diverse dalla precedente, normalmente richieste unitamente all'inibitoria allo scopo di esercitare una difesa dotata della massima incisività possibile: sono le azioni di rimozione e distruzione previste dall'art. 158, l. 633/1941. Si tratta di autentiche misure repressive, non idonee a porre un divieto in ordine al futuro, sottoposte alla condizione di una già verificata lesione del diritto, non fondate, come invece l'interdizione, sul mero 'timore' che il diritto sia violato, né esercitabili a fronte di lesioni di diritti morali, date le limitazioni imposte in tal senso dagli artt. 169 e 170, l. 633/1941. I rimedi della distruzione e della rimozione possono essere richiesti da "chi venga leso nell'esercizio di un diritto di utilizzazione economica", e i relativi provvedimenti, aventi carattere restitutorio, danno luogo a un facere, ossia al ripristino della situazione preesistente, mediante la distruzione o rimozione coattiva dello stato di fatto in cui si concreta la violazione.

Il risarcimento dei danni

La domanda di risarcimento del danno è proponibile in alternativa ovvero unitamente alla rimozione dello stato di fatto illecitamente prodotto. L'azione, che persegue finalità riparatorie, si accompagna di frequente all'inibitoria, rimedio che svolge il ruolo di prevenzione dell'illecito: quando la violazione consista nella ripetizione o continuazione dell'attività illecita già compiuta, alla tutela per la reiterazione dell'illecito provvede l'interdizione, mentre all'eventuale danno prodotto dalla perpetrata attività lesiva è chiamato a porre riparo il risarcimento del danno.

La pubblicazione della sentenza

La pubblicazione della sentenza, sanzione civile prevista dall'art. 166, l. 633/1941, può definirsi come la diffusione data alla parte dispositiva del provvedimento, riportata, a spese del soccombente, su uno o più giornali e anche ripetutamente. Il rimedio, che richiama il generale istituto dell'art. 120 c.p.c., prescinde da un danno concreto e dalla sua riparabilità mediante la divulgazione del provvedimento che concede la tutela. Strumento volto a ripristinare il diritto leso tramite l'informazione resa al pubblico che vale a correggere l'opinione deformata dalla violazione, la pubblicazione della sentenza adempie a un'ulteriore funzione oltre a quella riparatoria del danno. Essa tende non solo a neutralizzare gli effetti della violazione, ma altresì a prevenire quelli che ne potrebbero in futuro ancora derivare.

Le misure cautelari contemplate dall'art. 161, l. 633/1941

Il settore della legge a protezione del d. d'a. nel quale maggiori sono stati gli interventi e le modifiche è quello relativo alle misure cautelari, il cui complessivo regime è il frutto di regole tratte dalla riforma del processo civile del 1990, dalla l. 14 maggio 2005 nr. 80 e dalla l. 18 ag. 2000 nr. 248, che hanno adeguato la legislazione speciale interna ai precetti contenuti nell'accordo TRIPs (Trade Related aspects of Intellectual Property rights). Strutturata secondo lo schema della provvisorietà, anche la tutela cautelare speciale si caratterizza per essere preordinata alla concessione di provvedimenti sommari, destinati a essere assorbiti o a divenire inefficaci all'atto della pronuncia del provvedimento a cognizione piena. Descrizione, accertamento, perizia e sequestro di ciò che si assume costituire violazione del diritto di utilizzazione sono i provvedimenti cautelari previsti dalla l. 633/1941. Mentre funzione unica e assorbente della descrizione, dell'accertamento e della perizia è quella di acquisizione (e conservazione) delle prove, in quanto strumenti finalizzati a precostituire un accertamento tecnico mediante la verifica di situazioni, cose e luoghi, il sequestro svolge funzioni stricto sensu cautelari mediante l'imposizione di un vincolo di indisponibilità. Relativamente ai sequestri, il testo dell'art. 162, riformulato con l. 248/2000, impone una disciplina che, confermata la natura stricto sensu cautelare di questi mezzi, li sottopone integralmente al procedimento regolato dagli artt. 669 bis e segg. del codice di procedura civile.

L'inibitoria cautelare

Un'importante novità, introdotta dall'art. 6 della l. 248/2000, concerne la previsione dell'inibitoria cautelare, misura ignota alla precedente normativa speciale in tema di diritto d'autore. Caratteristica strutturale dell'inibitoria provvisoria è la carenza di definitività: il provvedimento è comunque destinato a essere assorbito o eliminato dalla futura pronuncia di merito. Funzione dell'inibitoria provvisoria, di cui all'art. 163 riformato, è di assicurare una decisione sul merito, tramite la pronuncia di un comando di non facere. Presupposti dell'azione sono il fumus boni iuris, ossia la probabile esistenza del diritto, e il periculum in mora. L'art. 163, 2° co., predispone una misura di coercizione indiretta intesa ad assicurare l'esecuzione dell'ordine di inibitoria mediante l'inasprimento della sanzione in caso di mancata osservanza dell'ordine giudiziale, ovvero nel caso di ritardo nell'esecuzione dello stesso. Questa misura sanzionatoria, stabilita in attuazione del precetto contenuto nell'art. 41, 1° co., dell'accordo TRIPs, è finalizzata alla realizzazione della tutela di prevenzione dell'illecito mediante la fissazione da parte del giudice di una somma "per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento".

bibliografia

L. Chimienti, Lineamenti del nuovo diritto d'autore, Milano 1996, 20046; B.M. Gutierrez, La tutela del diritto d'autore, Milano 2000; M. Tavassi, La nuova legge sul diritto d'autore: ampliamento della tutela civilistica o occasione mancata?, in Rivista di diritto industriale, 2001, 1, pp. 5-27.

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