AGRARIO, DIRITTO

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

AGRARIO, DIRITTO

Ageo ARCANGELI

. Per "diritto agrario" s'intende il complesso delle norme, sia di diritto privato sia di diritto pubblico, che regolano i soggetti, i beni, gli atti e i rapporti giuridici pertinenti all'agricoltura: delle norme cioè che hanno per oggetto immediato e diretto il regolamento giuridico dell'agricoltura.

Per agricoltura s'intende qui non soltanto la coltivazione dei campi, ma anche l'allevamento del bestiame, sia come fine a sé stesso, sia comc mezzo per raggiungere alte produzioni agrarie d'ogni specie; nonché la silvicoltura, divenuta sempre più un'attività volta alla coltura del bosco, per assicurarne la durata e per accrescerne il rendimento.

Le attività, che abbiamo riunite sotto la denominazione generale di agricoltura, si differenziano tutte nettamente e sostanzialmente da quelle industriali e commerciali: rigorosamente parlando l'agricoltore è veramente tale in tutti gli stadî della produzione agraria, e solo in questi; egli non svolge più un'attività agraria quando vende i prodotti o quando li trasforma. Il diritto positivo non segue però fedelmente queste distinzioni. Ad es., l'art. 5 cod. comm. nega la qualità commerciale alle vendite che l'agricoltore fa dei prodotti dei fondi suoi o da lui coltivati, il che è quanto dire che tali atti sono considerati pertinenti alla normale attività dell'agricoltore. La legge tace per quanto riflette le attività di trasformazione ad opera dello stesso agricoltore. Ma alcune di esse sono talmente legate, nella tradizione di tutti i tempi e di tutti i paesi, all'attività specifica dell'agricoltore, da non poter essere considerate scisse da quella e di diversa natura.

Le norme di diritto agrario che appartengono al diritto pubblico sono cresciute di numero e d'importanza nei tempi moderni, particolarmente in Italia dopo l'avvento del fascismo. Nell'agricoltura propriamente detta (a differenza della silvicoltura) la gestione diretta da parte dello stato e degli altri enti pubblici non può avere che carattere eccezionale, e il suo intervento normale si avrà invece per il controllo e l'incoraggiamento dell'iniziativa privata. Tale intervento potrà essere a volte temporaneo, per creare nuove condizioni d'ambiente ed esplicare più tardi una semplice funzione di controllo, e a volte duraturo, per rendere possibili talune produzioni, che si vogliono incoraggiate e mantenute nell'interesse generale, mentre l'iniziativa privata non potrebbe, senza il soccorso dello stato, utilmente esercitarle.

Il giurista potrà distinguere i rapporti e le norme di diritto privato da quello di diritto pubblico, anche per meglio fissare i limiti dell'iniziativa individuale.

Per diritto agrario in senso stretto si comprende il complesso delle sole norme di diritto privato; possiamo anzi dire che mentre la denominazione di diritto agrario, in armonia con quella di diritto civile e di diritto commerciale, è più usata a designare le norme di diritto privato agrario, la denominazione di legislazione agraria serve di solito a designare genericamente tutto il complesso delle leggi agrarie, private e pubbliche.

Lo studio del diritto agrario come disciplina per sé stante si è affermato in Italia da poco, ma va assumendo ogni giorno maggiore importanza, dato il valore del suo contenuto. Ciò non basta tuttavia a far riconoscere al diritto agrario un'autonomia propriamente scientifica, al che occorrerebbe l'esistenza di norme generali comuni a tutto il diritto agrario e proprie solo di esso: cosa questa discutibile.

Il diritto agrario ha le sue fonti nella legge (codice civile e leggi speciali), nella consuetudine, nel contratto collettivo. É legge agraria propriamente quella che regola direttamente persone, cose, atti e rapporti giuridici pertinenti all'agricoltura; non quella che regola un complesso più vasto di rapporti, e solo indirettamente anche quelli agrari.

La consuetudine trova nel campo dei rapporti agrarî un naturale ambiente di svîluppo, perché gli agricoltori sono ligi alla tradizione e quindi al rispetto di ciò che la pratica è venuta creando e consolidando, e perché la varietà delle condizioni locali, mutevoli da provincia a provincia, da comune a comune, può essere disciplinata più opportunamente dalla consuetudine che non dalla legge. Non si deve però esagerare l'importanza della consuetudine nel diritto agrario. Specie l'applicazione sempre più larga dei contratti collettivi ai rapporti agrarî ha assai ridotto il campo di essa: oggi, sia per la legge fondamentale 3 aprile 1926, n. 563, sia per la legge speciale 3 aprile 2933, n. 437, che ha esteso la disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro ai contratti di compartecipazione nel ramo di produzione agricola e di piccola affittanza, gran parte dei rapporti inerenti all'agricoltura sono soggetti alla disciplina dei contratti collettivi (v. lavoro: Il contratto di lavoro, XX, 663).

Seguendo una distinzione tradizionale (personae, res, actiones), che bene si adatta alla materia del diritto agrario, in una trattazione sistematica si parla dapprima dei soggetti. Sì determina qui innanzi tutto la nozione di agricoltore, di colui cioè che esercita l'agricoltura o, in altre parole, è il titolare di un'azienda agricola; e sulla base di questa definizione si distingue l'agricoltore dalle figure affini. L'attività agricola viene però esercitata, non solo da individui, ma anche da associazioni; le quali hanno gli scopi più varî; ma tutte possono raccogliersi in due gruppi, secondo che svolgano attività rivolte all'intera conduzione di un'azienda agricola, o a particolari esigenze di detta conduzione. Il diritto agrario le considera dal punto di vista giuridico, e le classifica secondo le forme che assumono; se sono fornite di personalità giuridica, esse sono veri soggetti di diritto agrario; altrimenti restano tali i singoli associati. Tra le associazioni costituite per l'intera conduzione dell'azienda si distinguono: associazioni di conduttori non lavoratori; di conduttori lavoratori (ad es., la famiglia colonica di piccoli proprietarî o di mezzadri); o degli uni e degli altri insieme (mezzadria); e infine associazioni di lavoratori, le quali nella loro unitaria personalità hanno carattere di agricoltori, che non avrebbero invece i singoli associati come tali (cooperative di braccianti per le affittanze collettive).

Tra le associazioni costituite per utilità particolari delle aziende si distinguono: i consorzî del codice civile e quelli di diritto amministrativo, tra i quali primeggiano i consorzî di bonifica; le cooperative agrarie d'ogni specie; finalmente le associazioni o università agrarie per il godimento degli usi civici.

Poiché il titolare dell'azienda nella conduzione di essa si avvale quasi sempre dell'opera di ausiliarî, che per ragioni diverse variano tra loro così nelle attribuzioni, come nel nome, questi vengono distinti secondo i poteri che loro competono nell'azienda. Una trattazione particolare merita il fattore, figura tipica soprattutto dell'Italia centrale, che dagli altri ausiliarî si distacca per le più ampie attribuzioni che nella pratica gli competono.

L'azienda agraria forma l'oggetto d'una seconda parte. Occorre anzitutto determinarne gli elementi, che possono riassumersi nei due fondamentali: la proprietà o l'uso d'un fondo, l'esercizio sul medesimo dell'agricoltura. Base dell'azienda agraria si deve considerare la terra, anche se, a mano a mano che si complica e si perfeziona la sua organizzazione, in essa, analogamente all'azienda industriale, l'importanza tende a spostarsi dalla terra al soggetto, che ne coordina gli elementi e la dirige. Nell'odierna economia si va diffondendo, particolarmente per iniziativa dello stato, la formazione di aziende limitate alla cosiddetta unità colturale, cioè a quell'appezzamento di terreno, che, secondo la sua ubicazione, destinazione e fertilità, è sufficiente al lavoro e al mantenimento d'una famiglia di coltivatori. I problemi inerenti alla formazione e al mantenimento dell'unità colturale costituiscono uno dei capitoli più interessanti del diritto agrario: basti pensare alla ricomposizione delle proprietà frammentate, e ai vincoli, diretti o indiretti, che, una volta costituita l'unità, devono a questa imporsi per impedirne il frazionamento. Il fondo, su cui si svolge la vita dell'azienda, non è soltanto la terra con la sua potenza produttiva, ma anche tutto ciò che vi inerisce, sia per produzione diretta, sia per incorporazione: quindi i frutti, le piantagioni, le fabbriche, le sorgenti, i corsi d'acqua; e anche il complesso delle cose mobili che il proprietario vi colloca ai fini della coltivazione (scorte vive e morte: immobili per destinazione). I problemi giuridici, relativi a tutti questi elementi, costituiscono anch'essi materia di diritto agrario. Anche della bonifica è opportuno trattare a proposito dell'azienda, come presupposto della sua organizzazione. Altrettanto si deve dire per il credito agrario, che ha caratteri peculiari e proprî istituti. Le assicurazioni sociali obbligatorie (infortunî, invalidità e vecchiaia, malattie) compiono il quadro di questa parte del diritto agrario.

Seguono i diritti reali, considerati nei loro rapporti con l'agricoltura. La proprietà, come istituto generale, non è materia del diritto agrario, ma lo diviene tutte le volte che nel campo agrario essa dia luogo a problemi particolari, specialmente per le limitazioni che le vengano imposte, con effetti più o meno vasti: si pensi al vincolo forestale, e a quelle nuove forme di proprietà controllata e limitata, che si dovranno costituire in molte zone bonificate. È notevole che il diritto agrario, per eccellenza tradizionale, sia oggi all'avanguardia dell'evoluzione giuridica: ciò per altro non deve stupire, solo che si rammenti che il diritto romano è stato il diritto d'un popolo di agricoltori. L'enfiteusi, pur avendo trovato qualche applicazione anche fuori del campo agricolo, in questo è sorta e ha trovata la sua naturale e vasta applicazione; rientra quindi nel diritto agrario, insieme con le figure affini, antiche e recenti. Vi sono ancora le servitù: tra quelle personali si può ricordare l'usufrutto dei boschi; o che nel campo agricolo manifestano certi loro caratteri; e altri istituti affini, come le cosiddette promiscuità di diritto privato. Vengono infine gli usi civici, istituto importantissimo nella storia economico-giuridica d'Italia e tuttora interessante per i gravi problemi pratici, cui dà luogo la loro abolizione.

I contratti agrarî costituiscono l'ultima parte del diritto agrario: anzitutto la locazione dei fondi rustici, che assume talvolta forme particolari, quali le affittanze collettive; in secondo luogo la mezzadria - che è l'espressione più concreta della collaborazione tra proprietario e lavoratore, uniti in società per la gestione in comune del fondo: la sua importanza nella vita economica del paese è stata confermata dalla recente emanazione delle norme generali per la sua disciplina (la cosiddetta "Carta della mezzadria") - e la colonia parziaria. Il contratto di lavoro ha pur esso aspetti particolari in agricoltura, soprattutto nelle varie forme di partecipazione al prodotto concessa al lavoratore (partecipanze). V'è poi la soccida, che ha per oggetto la cura e il godimento del bestiamc, la cui essenza varia nelle diverse forme in cui si manifesta, dal semplice contratto di lavoro alla società. Vi rientrano infine tutti gli altri contratti, per quel tanto che nel campo agrario essi trovino di specifiche applicazioni e di particolari atteggiamenti giuridici.

Bibl.: Per gli scriptores de re rustica romani (M. Porcio Catone censore. Varrone, Columella, Palladio), v. le singole voci; in particolare per Catone, v. A. Arcangeli, I contratti agrari nel "De agri cultura" di Catone, in Riv. dir. agr., 1927, e in Studi dedicati alla memoria di P. P. Zanzucchi, Milano 1927. Per gli agrimensori, v. agrimensura: cfr. B. Brugi, Le dottrine giuridiche degli agrimensori romani, Padova 1891.

Per il diritto comune: G. C. Leiser, Ius georgicum sive de praediis, Lipsia 1698; G. D. Romussi, De re agraria, Parma 1768-69; cfr. B. Brugi, Per la storia del dir. agr., in Riv. dir. agr., 1923, p. 139.

Tra le opere pubblicate in Toscana dopo le riforme di Pietro Leopoldo: G. Fierli, Dei livelli, Firenze 1797, e Aggiunte, ivi 1804, voll. 2; id., Delle azioni edilizie in rapporto alle contrattazioni del bestiame, 3ª ed., ivi 1807; id., Della divisione dei beni dei contadini, riprodotta in numerose edizioni; G. Poggi, Saggio di un trattato teorico-pratico sul sistema livellare secondo la legislazione e la giurisprudenza toscana, Firenze 1829-32, voll. 2; A. Poggi, Cenni storici delle leggi dell'agricoltura dai tempi dei Romani fino ai nostri, Firenze 1945-48, voll. 2.

Per il diritto moderno: G. Carrara, Corso di dir. agr., Roma 1929 segg.; F. Pergolesi, Schema di un'introduzione allo studio del diritto agrario, in Riv. di dir. agr., 1931, pp. 195 segg., 482 segg., 663 segg.; A. Arcangeli, Istituzioni di dir. agr., I, Roma, 1932. Importante la Collana di studi di dir. agr., Roma 1933 segg., edita dal Foro italiano, sotto gli auspici della Confederazione naz. degli agricoltori e diretta da A. Arcangeli. Tra i periodici: Riv. di dir. agr., fondata da G. G. Bolla, condirettori A. Arcangeli e F. Maroi, Firenze 1922 segg.

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