DICHIARAZIONI DEI DIRITTI

Enciclopedia Italiana (1931)

DICHIARAZIONI DEI DIRITTI

Gino Solazzi

DIRITTI Documenti scritti ai quali è affidata la solenne enunciazione dei principî fondamentali della libertà politica e civile.

Questa tendenza si manifesta dapprima nella storia costituzionale inglese. Appartengono infatti a questo tipo la Magna charta libertatum, imposta dai prelati e dalla nobiltà al re Giovanni Senzaterra nel 1215, e ripetutamente confermata durante il Medioevo; la Petizione dei diritti (Petition of rights), sanzionata dal re Carlo I il 7 giugno 1628 (3 Charles I, c.1); l'Habeas Corpus Act del 26 maggio 1679 (31 Charles II, c. 2), e il Bill dei diritti (Bill of rights) del 16 dicembre 1689 (i William and Mary, sess. 2, c. 2) accettato da Guglielmo d'Orange nel momento di ricevere la corona dal Parlamento dopo la "gloriosa rivoluzione" che aveva cacciato gli Stuart dal trono inglese. In questi varî atti la proclamazione delle libertà politiche e civili presenta sempre un carattere di conferma di norme consuetudinarie e di diritti consacrati dalle istituzioni positive, di fronte alle minacce e alle violazioni da parte dell'autorità monarchica. Sono "antichi diritti e libertà del regno", attinenti al funzionamento degli istituti parlamentari e alla sfera di libertà dei singoli, e considerati come un patrimonio che ogni cittadino inglese riceve dalle generazioni anteriori e trasmette alle successive.

Caratteri in parte diversi presentano le Dichiarazioni dei diritti delle Colonie americane staccatesi dalla madre patria nell'ultimo quarto del sec. XVIII per ordinarsi a stati indipendenti (Dichiarazione d'indipendenza del 4 luglio 1776; Bill dei diritti degli stati di Virginia, Maryland, North-Carolina 1776, Vermont 1777, Massachusetts 1780, New-Hampshire 1783, ecc.; Emendamenti della Costituzione federale, 1791). Il contenuto dei diritti proclamati dalle Dichiarazioni americane corrisponde, in gran parte, a quello dei diritti che si erano consolidati, attraverso una complessa vicenda di avvenimenti storici, nelle istituzioni politiche inglesi, e che le carte di concessione avevano confermato ai cittadini delle colonie. Nella loro formulazione però essi risentono l'influenza della filosofia giusnaturalistica: ad essi viene infatti attribuito un carattere universale e un'origine anteriore e superiore alle istituzioni positive, essi vengono raffigurati come "diritti naturali, essenziali e inalienabili", che ogni uomo porta con sé entrando in società, e la cui tutela costituisce il fine stesso per cui sono ordinati la società civile e il potere statale.

Ancor più questa tendenza si accentua nella famosa Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, approvata, dopo lunghi dibattiti, dall'Assemblea costituente francese il 26 agosto 1789. Alla sua preparazione non rimasero estranei, attraverso anche l'opera personale del Lafayette, l'esempio e l'influenza delle Dichiarazioni americane. Mentre però i particolari precedenti storici a cui si collegavano, e lo spirito eminentemente pratico del carattere anglosassone, avevano contribuito a fare delle Dichiarazioni americane un'opera più di consolidazione che di sovvertimento radicale, la Dichiarazione francese, con la formulazione dommatica e astratta dei principî sulla libertà politica e civile, tendeva a gettare le basi d'un nuovo ordine costituzionale contrapposto all'assolutismo monarchico imperante nelle istituzioni positive degli stati del continente.

Passando nelle successive costituzioni francesi, e in quella belga del 1830, le garanzie dei diritti fondamentali dei cittadini prendevano contorni più definiti e maggiore consistenza positiva, e sull'esempio di esse entravano poi a far parte anche dell'ordinamento degli altri stati moderni, i quali hanno incluso nelle loro carte o statuti, accanto alle norme sulla composizione e il funzionamento degli organi costituzionali, anche un elenco, più o meno esteso, dei diritti di libertà individuale (libertà personale, di coscienza, di culto, di riunione e di associazione, di movimento; inviolabilità della proprietà, del domicilio, della corrispondenza; uguaglianza davanti alle leggi, ecc.).

Anche le costituzioni degli stati sorti o riordinatisi dopo la guerra mondiale contengono disposizioni, spesso molto diffuse (come, ad es., nella costituzione della Repubblica germanica, dell'11 agosto 1919, parte II, art. 109 segg.: "Diritti e doveri fondamentali dei Tedeschi") rivolte a riconoscere e garantire i diritti fondamentali del cittadino. In esse si nota però la tendenza a prendere in considerazione anche i doveri che l'esercizio delle libertà individuali impone ai singoli (ad es., in ordine alla funzione sociale del diritto di proprietà) e vi s'incontra inoltre la tendenza ad enunciare, accanto ai diritti di libertà politica e civile, anche un complesso di direttive dell'azione statuale in relazione a varie manifestazioni della vita sociale (famiglia, istruzione, rapporti di lavoro, ecc.).

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