DIABETE

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

DIABETE (XII, p. 717; App., II, 1, p. 776)

Luigi TRAVIA

Gli studî sperimentali e le osservazioni cliniche di quest'ultimo decennio hanno portato a un ulteriore approfondimento della conoscenza sui varî problemi del diabete.

L'importanza dell'ipofisi nella patogenesi di alcune sindromi iperglicemiche, già documentata da B. A. Houssay e collaboratori è stata confermata dall'isolamento dell'ormone della crescita (STH) e dalla sua successiva identificazione (F. G. Young) con il cosiddetto ormone diabetogeno; si è visto infatti che la somministrazione ripetuta di STH, o la inoculazione di estratti totali di lobo anteriore dell'ipofisi induce nell'animale adulto, purché non sia in stato di gravidanza o in allattamento, particolari forme di d. sperimentale: il d. idioipofisario, che si manifesta solo durante la somministrazione dell'STH e non è accompagnato da apprezzabili lesioni pancreatiche, e il d. metaipofisario, che perdura dopo la sospensione del trattamento ed è caratterizzato da ben nette lesioni a carico delle cellule β delle isole di Langerhans.

Lo studio degli ormoni surrenali ha consentito di precisare che la somministrazione di glicocorticoidi provoca, nell'animale, l'aumento del glicogeno epatico e della glicemia.

In questi anni è stato, inoltre, isolato il glucagone, sostanza ormonica, elaborata dalle cellule α delle isole di Langerhans, dotata di azione iperglicemizzante, antagonista, quindi, a quella dell'insulina. La struttura chimica dell'insulina è stata precisata da F. Sanger (1956), il quale ha anche dimostrato che le insuline del bue, del maiale e della pecora differiscono fra di loro per un differente contenuto in aminoacidi: assumendo come base l'insulina del bue, l'insulina del maiale ha due molecole di treonina invece di una, due molecole di alanina invece di tre, quattro molecole di valina invece di cinque, due molecole di insoleucina invece di una. La molecola di insulina della pecora ha, invece, cinque molecole di glicina anziché quattro, due molecole di serina anziché tre.

È interessante precisare che, secondo Sanger e collaboratori, l'insulina sarebbe costituita da un monomero (P. M. = 6000) con due differenti catene polipeptidiche contrassegnate con le lettere A e B: nella catena A l'azoto terminale è costituito dalla glicina e nella catena B l'azoto terminale è costituito dalla fenilalanina. Le due catene polipeptidiche sono unite fra di loro da un ponte disulfidico che si può facilmente rompere per azione dell'acido performico.

Parallelamente alle ricerche nel campo strettamente sperimentale, sempre in questi ultimi anni, si è cercato di definire meglio la fisionomia clinico-biologica del d. attraverso una serie di indagini sulle perturbazioni delle attività ormoniche o enzimatiche.

Per quanto riguarda l'uomo, si è tra l'altro precisato che il d. è notevolmente frequente presso certe popolazioni: 1,99% negli S.U.A. (Wilkenson e Krall, a Oxford, nel Massachusetts, 1946-47), 1,3% in due contrade del Canada. Viceversa è molto raro presso altri popoli: fra gli Esquimesi (16.000 abitanti) il d. è stato trovato soltanto in 3 soggetti, come d. certo, ed in due casi come forma probabile.

È interessante sottolineare che tutte le indagini sulla frequenza del d., in rapporto all'età, dimostrano che la malattia è più frequente (50% dei casi) fra i 40 e 60 anni e che la frequenza del d. in taluni paesi va progressivamente aumentando.

Il complesso di queste ricerche e delle osservazioni fin qui ricordate, ha fatto prospettare il problema generale dell'essenza della malattia dell'uomo, sia attraverso lo studio sistematico dell'uomo diabetico, sia attraverso una più dettagliata valutazione di talune forme di d. sperimentale (d. ipofisario da STH), sia, infine, mediante la valutazione del d. spontaneo di taluni animali (cane).

Dallo studio del d. dell'uomo, è apparso poi, attraverso il dosaggio dell'insulina nel plasma, che il d. da ipoinsulinemia costituisce un'evenienza non molto frequente e che il d. dell'adulto è rappresentato, nella grande maggioranza dei casi, da forme di d. con insulinemia, a digiuno o dopo carico di glucosio, entro i limiti della normalità.

La valutazione del complesso di queste indagini sull'essenza patogenetica e fisiopatologica del d. ha fatto sentire l'opportunità di una distinzione nosologica tra d. - inteso come malattia connessa a lesione pancreatica e a conseguente insufficienza insulinica - e "sindrome diabetica", condizione morbosa contrassegnata da una serie di perturbazioni metaboliche indotte da particolari stati funzionali dell'organismo, i quali esitano nella iperglicemia con glicosuria (L. Travia). Nella sindrome diabetica l'iperglicemia rappresenta, pertanto, l'espressione finale di una serie di perturbazioni biochimiche che sono il risultato di particolari adattamenti funzionali dell'organismo. Si può affermare che la massima parte dei soggetti con iperglicemia e glicosuria appartengono alla categoria dei soggetti con sindrome diabetica: secondo la personale esperienza clinica ed attraverso lo studio metabolico degli individui iperglicemici, L. Travia ritiene che per lo meno l'80% di essi sia affetto da sindrome diabetica e che una piccola quota di soggetti con sindrome diabetica possano, in un secondo tempo, rientrare nel novero dei diabetici propriamente detti per il sopraggiungere di lesioni insulalari irreversibili provocate dal lungo persistere delle alterazioni metaboliche proprie della sindrome diabetica.

Sindrome diabetica. - Varî elementi di ordine biologico, clinico e biochimico sono utili ai fini di un più completo inquadramento della sindrome diabetica:

a) Età d'insorgenza: la iperglicemia che si constata nei soggetti di età superiore a 25 anni è determinata, per lo più, da una sindrome diabetica. Sono tuttavia possibili numerose eccezioni sia nel senso dell'insorgenza del d. propriamente detto dopo questa età, sia nel senso della comparsa di una sindrome diabetica prima dei 25 anni. I rarissimi casi di d. insorto ad età inferiore a 5 anni, sono verosimilmente da ascrivere alle forme di d. con lesione pancreatica.

b) Peso corporeo: rappresenta il segno più probativo per la diagnosi di sindrome diabetica. Lo studio sistematico del soggetto con sindrome diabetica ha permesso di documentare che la massima parte dei soggetti con sindrome diabetica (86% dei casi) si trovano, all'inizio della sindrome, in eccesso ponderale rispetto alle medie del peso fisiologico e, più precisamente, con un alterato rapporto fra massa muscolare attiva e massa inattiva (tessuto adiposo), con prevalenza di quest'ultima. Studiando il rapporto fra peso corporeo e comparsa della sindrome diabetica, si è compiuta un'altra importante constatazione: nella massima parte dei soggetti la sindrome diabetica si è manifestata entro un tempo relativamente breve (1-3 anni) dal raggiungimento del massimo peso corporeo, e più precisamente dal massimo perturbamento del rapporto tra massa muscolare attiva e massa inattiva dell'organismo.

c) Sviluppo muscolare: nei soggetti con modesta attività fisica ed in iperalimentazione, lo scarso sviluppo della masse muscolari può più frequentemente far comparire la sindrome diabetica in quanto condiziona l'instaurarsi di un abnorme rapporto tra massa muscolare attiva e massa inattiva.

d) Attività fisica: la sindrome diabetica si manifesta più frequentemente in tutte le categorie professionali che richiedono minore attività fisica (orologiai, sarti, custodi, intellettuali, addette a casa, ecc.), negli individui che hanno sempre svolto una scarsa attività fisica e lavorativa, e in quelli che hanno notevolmente diminuito la loro attività fisica e lavorativa.

e) Alimentazione: la sindrome diabetiea si manifesta esclusivamente nei soggetti che assumono una razione alimentare con una quantità di calorie superiore al fabbisogno. La razione alimentare ha un'importanza notevole perché la comparsa della sindrome diabetica è proporzionale alla durata dell'eccesso alimentare; quanto più elevata è la razione alimentare (eccesso calorico totale) tanto più precoce è la comparsa della sindrome diabetica.

f) Coesistenza di altre sindromi metaboliche: la sindrome diabetica si riscontra, nella massima parte dei casi, in soggetti che abbiano già avuto le manifestazioni cliniche o biochimiche di altre sindromi metaboliche. Nei soggetti con sindrome diabetica, si riscontra frequentemente nell'anamnesi la calcolosi epatica, la calcolosi renale, la gotta.

g) Perturbazioni biochimiche della sindrome diabetica: le perturbazioni biochimiche riscontrabili nella sindrome diabetica possono essere distinte in precoci e tardive. Le prime si riscontano nei soggetti esaminati all'inizio della sindrome diabetica (iperglicemia con glicosuria) o in quei soggetti nei quali, pur esistendo un valore glicemico a digiuno nei limiti della normalità si abbiano delle perturbazioni della curva glicemica da carico di glucosio oppure ricorrano tutte quelle condizioni (eccesso di peso corporeo, eccesso calorico totale della razione alimentare, insufficiente dispendio energetico, scarso sviluppo delle masse muscolari, coesistenza di ipercolesterolemia e iperuricoemia, precedenti sindromi metaboliche) le quali rappresentano le caratteristiche cliniche che rendono probativa la diagnosi di prediabete o stato prediabetico.

Le perturbazioni biochimiche tardive si riscontrano soltanto nei soggetti nei quali la sindrome diabetica dura da lungo tempo e si accompagna, per lo più, con fenomeni complicativi del sistema cardiovascolare.

Nella sindrome diabetica si possono riscontrare, inoltre, delle perturbazioni metaboliche (sindromi avitaminosiche, squilibrî idrico-salini, chetonuria) le quali non dipendono dalla gravità generica della malattia, bensì dall'intensità dello squilibrio metabolico nel periodo di malattia preso in considerazione.

Per i problemi che qui si esaminano, assumono particolare importanza soltanto le perturbazioni metaboliche precoci, le quali caratterizzano, con la loro precocità di comparsa, la sindrome diabetica intesa come epifenomeno di perturbazioni dell'equilibrio metabolico dell'organismo.

Nei diabetici allo stadio iniziale della sindrome (durata della sindrome diabetica da qualche giorno a meno di un anno) si è riscontrata ipercolesterolemia nel 65% dei casi e iperuricoemia nel 57% dei casi. Esaminando correlativamente la frequenza dell'ipercolesterolemia e dell'iperuricoemia si è rilevato che mentre fra i diabetici con colesterolemia normale si riscontra l'iperuricoemia nel 49% dei casi, viceversa nei diabetici ipercolesterolemici l'iperuricoemia si rileva nel 71% dei casi. Esaminando più dettagliatamente questi rapporti, si è rilevato, attraverso lo studio analitico di 1002 soggetti diabetici, in qualsiasi stadio di malattia, che la ipercolesterolemia e la iperuricoemia si rilevano nel 49% dei casi, l'ipercolesterolemia con uricoemia normale si rileva nel 21% dei casi, che colesterolemia normale con iperuricoemia si constata nel 15% dei casi e che la colesterolemia e la uricoemia normale si rilevano nel 15% dei casi.

Terapia del diabete e della sindrome diabetica. - Bisogna distinguere il trattamento dietetico da quello medicamentoso.

1) Terapia dietetica: deve tener presente la necessità di una razione alimentare nella quale i fattori nutritivi siano contenuti nella quantità corrispondente alle esigenze energetiche e biochimiche dell'organismo in rapporto all'età, al sesso, al peso fisiologico, all'attività lavorativa. Una sproporzione fra i fattori nutritivi della razione alimentare indurrebbe nel diabetico una abnorme attività funzionale delle cellule e dei tessuti, ed in conseguenza di ciò si peggiorerebbe la loro attività funzionale.

Quando si esamini il problema dell'alimentazione del diabetico bisogna anche tener conto delle particolari condizioni fisiche e metaboliche nelle quali si trova la massima parte dei diabetici all'inizio della manifestazione clinica della sindrome morbosa. La razione alimentare del malato dovrà, perciò essere redatta in modo da ottenere il riequilibrio del peso corporeo, pur assicurando il fabbisogno protidico, minerale e vitaminico e ripartendo le calorie extra-protidiche in modo che i glicidi e i lipidi forniscano rispettivamente i 2/3 e 1/3 dell'energia calorica residua. Avvertenze particolari debbono guidare le prescrizioni dietetiche in caso di d. infantile e giovanile, in rapporto alle esigenze dell'accrescimento e dello sviluppo.

Quando le misure dietetiche (molte volte sufficienti a ristabilire l'equilibrio metabolico in caso di sindrome diabetica) risultano da sole inadeguate ai fini della normalizzazione glicemica, si ricorre al trattamento medicamentoso, basato ora sull'uso di insulina, normale o ritardata (v. anche diabete, App. II, 1, p. 776), ora degli ipoglicemizzanti per uso orale, ora sull'impiego combinato di tali presidî terapeutici. Gli ipoglicemizzanti recentemente introdotti in terapia sono rappresentati da sostanze che presentano l'aggruppamento chimico solfonilureico. La premessa storica del loro impiego terapeutico è rappresentata dall'osservazione dell'effetto ipoglicemizzante di un sulfamidico - il p-amminobenzensolfamidoisopropiltiodiazolo - effettuata da M. Janbon e coll. nel 1942, e dalle successive ricerche di A. Loubatières (1944), che studiò sistematicamente la farmacologia di tale preparato e di altri quattordici composti analoghi per costituzione chimica e per effetti farmacodinamici, senza peraltro impiegarli in terapia umana. Solo nel 1955 H. Franke, J. Fuchs e altri autori tedeschi introdussero nel trattamento del d. la N1-solfanil-N2-n-butilurea, o carbutamide, contrassegnata con la sigla BZ 55, che ha avuto largo impiego terapeutico. Successivamente, nel tentativo di ottenere composti privi di azione chemioterapica e anche meno tossici, vennero sintetizzati e impiegati altri derivati solfanilureici: N1- (4-metilbenzensolfonil) N2-n-butilurea, o tolbutamide, o D 860; 1-cicloesil-3-p-tuluensolfonurea, o K 386; 1-n-propil-3-o-clorobenzensolfonilurea, o cloropropamide, o P 607. Tali sostanze, anche per il loro pratico impiego, hanno trovato larga applicazione, ora in sostituzione dell'insulina, ora in associazione ad essa. L'insulina, tuttavia, rappresenta pur sempre il farmaco d'elezione nelle forme di d. con lesione pancreatica, e segnatamente nelle forme infantili e giovanili, specie con tendenza all'acidosi. Gli ipoglicemizzanti per via orale risultano indicati soprattutto (ma non esclusivamente) nelle forme di lieve e media gravità (glicemia inferiore a mgr. 299‰) e insorgenti nell'età media, presenile e senile.

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