ABDERA, di Tracia

Enciclopedia Italiana (1929)

ABDERA, di Tracia ("Αβδυρα, Abdēra)

Adolfo Levi

Antica città situata fra la foce del fiume Nesto e il lago Bistonis, e di cui scarse rovine esistono tuttora sul Capo Bulustra, presso al villaggio omonimo, nella baia di Karagàts. È famosa soprattutto per un'insigne scuola filosofica, che si vanta di nomi come Leucippo, Democrito, Protagora e Anassarco; fra gli altri grandi uomini cui la città ha dato i natali si può citare il poeta Niceneto. Tuttavia abderita nell'antichità aveva anche il significato proverbiale di "ottuso, stolido", forse in causa della malaria che, secondo la tradizione, cagionava frequenti malattie e ottenebrava le facoltà mentali.

La leggenda narra che la città fu fondata da Ercole nel luogo dove il suo amato Abdero era stato straziato dai cavalli di Diomede; gli storici invece parlano di un fondatore di Clazomene, Timesio; ma presto dopo la sua fondazione, avvenuta circa il 656 a. C., la città sarebbe stata distrutta dai Traci, e sarebbe stata ricostruita da coloni di Teo circa un secolo più tardi (543 a. C.). Fiorente e doviziosa fino dai più antichi tempi della sua esistenza, dopo un breve dominio persiano, fu membro della lega delio-attica, alla quale poté contribuire con la cospicua quota di 15 talenti; ebbe zecche floridissime, che batterono monete di magnifico conio - imparentate alle monete di Teos - ininterrottamente dal 500 circa fino alla metà del sec. IV (quando la città entrò a far parte del regno macedonico e cominciò a subirne le vicende) e poi di nuovo saltuariamente anche in epoche posteriori.

Dopo la battaglia di Cinocefale sembra che anche per A. sia stato applicato il primo paragrafo del trattato di pace (196 a. C.) che proclamava la libertà "per tutti gli altri Greci" sia in Asia che in Europa. L'indipendenza di A. è poi menzionata esplicitamente per il 184 a. C., all'epoca della nuova levata di scudi di Filippo. Nella guerra contro Perseo essa fu tuttavia presa e saccheggiata, contro ogni diritto di guerra, da un generale romano avido di bottino, Ortensio, nell'anno 170 a. C., e diversi Abderiti furono ridotti schiavi. Al ricorso dei cittadini contro la richiesta di Ortensio, di un tributo di guerra di centomila denari e di cinquantamila misure di grano, il senato romano diede loro ragione, e rimise anzi in libertà i cittadini ridotti schiavi. Forse anche a compenso dell'ingiustizia patita, nel 167 a. C. Abdera fu una delle tre città che non furono annesse alla provincia di Macedonia Prima, e rimasero quindi libere. L'anno dopo essa vinse a Roma un processo contro il re di Tracia, Kotys mantenendo così l'antico possesso territoriale della città. Essa continuò a fruire di tale libertà nominale anche nell'epoca imperiale; ma il favore di Roma cominciò man mano a venir meno; la città perdette poco a poco la sua primitiva importanza; la Via Egnatia passava al N. della Tracia senza toccarla, a E. il traffico passava lungo l'Ebro, che portava le merci dal Danubio al mare: infine il fiume Nesto, allagando la sua regione e rendendola una immensa palude, ne determinò il completo abbandono.

Bibl.: Hirschfeld in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. der class. Altertumswiss., I, col. 22 segg.; Strack, Die antiken Münzen von Thrakien, Berlino 1912; Avezou e Picad, Bull. Corr. Hell., XXXVII (1913), p. 117 segg.

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