Diderot, Denis

Dizionario di filosofia (2009)

Diderot, Denis


Uno dei maggiori rappresentanti dell’Illuminismo francese (Langres, Champagne-Ardenne, 1713 - Parigi 1784).

I primi scritti

Figlio di un artigiano, fece i primi studi in un collegio gesuitico e fu per breve tempo avviato allo stato ecclesiastico; si trasferì a Parigi, dove ottenne il titolo di maître ès arts (1732). Precettore, poi apprendista in uno studio legale, partecipò all’opera di divulgazione della cultura inglese traducendo libri di medicina e di storia. Con la traduzione del Saggio sulla virtù e il merito (1745) di Shaftesbury s’inserì nel vivo della polemica illuministica, cui contribuì con vari scritti apparsi anonimi: Pensées philosophiques (1746; trad. it. Pensieri filosofici), Les bijoux indiscrets (1748; trad. it. I gioielli indiscreti), Cinq mémoires sur différents sujets de mathématiques (1748), Lettre sur les aveugles (1749; trad. it. Lettera sui ciechi), Lettre sur les sourds et muets (1751; trad. it. Lettera sui sordomuti). Gli spunti di una morale laica si alternano in queste pagine giovanili con la critica ‘libertina’ del cristianesimo, ripresa dai deisti inglesi, con la satira della società contemporanea e con un vivo interesse per le scienze esatte. Discutendo, nella Lettre sur les aveugles, vari problemi gnoseologici e rielaborando il naturalismo platonizzante di Shaftesbury, D. matura una interpretazione della natura d’intonazione monistica e materialistica. Nella Lettre sur les sourds et muets D. affronta invece il problema del rapporto pensiero-linguaggio, proponendo un’originale teoria della formatività del linguaggio gestuale e dei linguaggi artistici fino ad anticipare, con la sua analisi della questione dell’unità-distinzione delle arti, il Laokoon (1766) di Lessing.

Il progetto dell’Encyclopédie

L’attività di traduttore mise D. in contatto con i librai parigini che avevano progettato l’edizione francese della Cyclopaedia di Ephraim Chambers; a lui e a d’Alembert si deve l’ampliamento del progetto e la realizzazione dell’Encyclopédie. D. ne fu il principale animatore: cominciò a lavorare per la grande impresa nel 1747, coordinando e promovendo l’opera dei collaboratori, imprimendo all’insieme un preciso carattere ‘politico’. Nel 1749 l’aperta sfida dell’autorità gli aveva procurato tre mesi di carcere nella torre di Vincennes. Dopo quest’episodio, la sua tattica si fece più elastica ed elusiva, in modo da consentire all’Encyclopédie, che cominciò a pubblicarsi nel 1751, di superare la crisi del 1752 e la ben più grave ‘soppressione’ del 1759. Erano apparsi fino ad allora i volumi 1°-7°; D., nonostante il divieto e la condanna, proseguì in segreto l’impresa, affiancato nel lavoro redazionale dal cavaliere Louis de Jaucourt, fino a pubblicare, tra il 1765 e il 1766, i volumi 8°-17°. Protagonista dell’impresa dal punto di vista redazionale, politico, ideologico, D. vi contribuì inoltre con più di 6.000 voci sui più diversi argomenti: sono particolarmente numerose quelle filosofiche e quelle dedicate al progetto baconiano della descrizione delle «arti» (tracciato nel De dignitate et augmentis scientiarum, 1623), cioè delle tecniche, dei mestieri, delle arti meccaniche. Durante la redazione dell’Encyclopédie, D. pubblicò De l’interprétation de la nature (1753; ripubblicato l’anno successivo con lievi variazioni e con il titolo Pensées sur l’interprétation de la nature; trad. it. Pensieri sull’interpretazione della natura), una serie di aforismi concernenti i problemi delle scienze sperimentali, l’organizzazione delle ricerche, la concezione pragmatica del sapere che l’Encyclopédie aveva fatto propria; i due ‘drammi borghesi’ Le fils naturel (1757, rappr. 1771; trad. it. Il figlio naturale) e Le père de famille (1758, rappr. 1761; trad. it. Il padre di famiglia), con i relativi Entretiens sur le fils naturel (1757) e con il Discours sur la poésie dramatique (1758), che giovarono a diffondere l’ideologia e l’ethos illuministici anche mediante il teatro.

Scritti letterari, di critica d’arte e filosofici

La più intensa attività letteraria di D. si svolse dopo la seconda crisi dell’Encyclopédie, senza che il grande pubblico ne venisse a conoscenza. Circolarono tra pochi lettori sia La religieuse (1760; trad. it. La monaca), sia i resoconti critici delle esposizioni di pittura, i nove Salons (1759-81; del 1766, ma pubblicati nel 1796, sono gli importanti Essais sur la peinture, trad. it. Saggi sulla pittura), sia gli scritti filosofico-scientifici e politici nei quali venne definendo le proprie idee: Rêve de d’Alembert (1769; trad. it. Sogno di d’Alembert), Éléments de physiologie (1768 segg.), Supplément au Voyage de Bougainville (1773; trad. it. Supplemento al Viaggio di Bougainville). Attorno al 1770 furono anche iniziati i due grandi dialoghi satirici e filosofici, in cui è ritratta la crisi morale e sociale dell’antico regime, Le neveu de Rameau (trad. it. Il nipote di Rameau) e Jacques le fataliste et son maître (trad. it. Giacomo il fatalista). Tutti questi scritti videro la luce soltanto dopo la Rivoluzione; così pure il dialogo sull’arte dell’attore, Paradoxe sur le comédien (composto prob. 1773; trad. it. Il paradosso dell’attore) e le lettere all’amica Sophie Volland, che offrono una testimonianza vivissima dell’ambiente culturale dei philosophes e un singolare autoritratto dello scrittore. Negli scritti narrativi e nei dialoghi circolano una vigorosa ispirazione etico-politica, la denuncia di una società mistificata, l’affermazione dei valori profondi dei «lumi». Nelle pagine di contenuto più propriamente filosofico è tratteggiata una concezione materialistica dell’uomo e della natura, dove D. combina e salda insieme reminiscenze lucreziane, spinoziane e cartesiane; gli studi di biologia e di fisiologia gli suggeriscono l’idea della vitalità della materia e dell’intero cosmo, e lo orientano verso un’ipotesi dinamica ed evolutiva della natura e delle specie viventi, prossima alle ipotesi di Buffon, Maupertuis e di altri trasformisti prelamarckiani. Erede del materialismo classico, D. lo pose a confronto con le scienze sperimentali del suo tempo e ne articolò ampiamente le prospettive, con copiose implicazioni politiche e ideologiche. Nei numerosi scritti sul teatro propugnò una riforma del dramma nel senso di un realismo borghese, con continuità scenica, categorie e condizioni sociali al posto di tipi di personaggi, e idee filosofiche alla base dell’azione. Anche negli scritti di critica d’arte D. appare anticonformista: la pittura deve rimanere quanto più vicina all’ispirazione del poeta e della natura (senza tuttavia rifiutare accorgimenti tecnici), ed esprimere un sentimento, un contrasto drammatico, un concetto; preferì perciò il realismo di J.-B.-S. Chardin e di J.-B. Greuze alle fêtes galantes di F. Boucher. Sicché in D. è presente non tanto un’astratta formulazione teorica dei massimi ideali illuministici, quanto una profonda consapevolezza di essi, che s’irradia nell’azione quotidiana per la diffusione delle idee, nello studio delle scienze e delle arti, nelle singole proposte di riforma, nella creazione letteraria. Invitato a Pietroburgo da Caterina II (1773-74), Diderot vi redasse una serie di osservazioni sul nuovo codice proposto dalla zarina (Nakaz) e un vasto piano di riforma delle scuole, ma i suoi punti di vista non coincidevano con quelli del dispotismo illuminato, inclinando anzi sempre più verso l’egualitarismo rousseauiano. Non poche pagine politiche degli ultimi anni, inserite nella Histoire des deux Indes di G.Th. Raynal, o rimaste a lungo inedite, dimostrano che D., nell’imminenza della Rivoluzione, diventò sempre più realisticamente democratico, radicale e antimonarchico. Una nuova esposizione del proprio pensiero fu data da D. in scritti polemici che restarono anch’essi inediti, come la Réfutation d’Helvétius e il Commentaire sur Hemsterhuis (1773 segg.); una sorta di autobiografia e apologia simbolica è l’ultima opera, l’Essai sur Sénèque (pubbl. 1778; trad. it. Saggio sui regni di Nerone e di Claudio, e sui costumi e gli scritti di Seneca).

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