DELIRIO

Enciclopedia Italiana (1931)

DELIRIO (lat. delirium, da deliro "esco dal solco": fr. délire; sp. delirio; ted. Irrereden; ingl. delirium)

Ernesto LUGARO
Eugenio TANZI

Si dicono delirî le aberrazioni di giudizio suggerite da uno stato passionale o, in genere, da perturbamenti affettivi d'origine morbosa. Sotto l'influenza della deviazione affettiva, la critica diventa unilaterale, s'accanisce contro tutto ciò che potrebbe scalzare il delirio e lascia passare inosservati tutti gli errori che lo rinforzano. L'esperienza si lascia dominare dal preconcetto: le immagini subiettive, sgorgate dalla fantasia, inquinano d'elementi illusorî la percezione e determinano allucinazioni, che ribadiscono il delirio. Nati come sospetti, i giudizî deliranti s'affermano presto come convinzioni che sfidano ogni critica e diventano guida ideale, talvolta incontrastata, dell'azione.

Come le oscillazioni dell'affettività avvengono nei due sensi opposti, della depressione e dell'esaltamento, così i delirî possono dividersi in depressivi, d'avvilimento, pessimistici (delirî di rovina, di miseria, di persecuzione, d'indegnità, di colpa, di dannazione) e delirî espansivi, d'esaltazione, d'ottimismo (delirî vanitosi, di grandezza, di potenza, di riforma sociale). Più particolarmente, i delirî si coordinano intorno agl'istinti e alle passioni fondamentali della natura umana: all'istinto di conservazione (delirî persecutotî, ipocondriaci, di rovina), alla passione del possesso (delirio di pretensione, di rivendicazione, di gelosia), al sentimento del proprio valore (delirî di grandezza, di riforma sociale e politica, scientifici), all'istinto sessuale (delirio erotico, di gelosia), al sentimento religioso (delirio messianico, profetico). L'espressione più completa della convinzione delirante s'ha nei delirî sistematizzati dei paranoici: poiché in questi individui l'anomalia passionale e il difetto di critica sono costituzionali e permanenti, il delirio subisce un'elaborazione continua, traendo alimento dagli avvenimenti più comuni, interpretati nel senso del delirio (delirio d'interpretazione), e così si rinsalda sempre più, diventa un sistema coerente di convinzioni irremovibili. Nelle psicosi affettive, i delirî seguono le vicende della perturbazione affettiva, e così durante le crisi di melanconia sorgono le idee di rovina, di miseria, di colpa, di dannazione, per dileguarsi con la guarigione o essere sostituite da delirî espansivi nelle fasi d'esaltamento maniaco.

La saldezza e la coerenza del delirio, come pure la sua prossimità ai limiti del verosimile, variano col variare dell'intelligenza e dei poteri critici. Nei deficienti i delirî sono poveri, puerili, sciocchi, poco coerenti e poco stabili. Negli stati di demenza (paralitica, senile) assumono proporzioni esorbitanti, ma si disgregano e si trasformano facilmente per lo sfacelo della memoria. Negli stati confusionali, i delirî appaiono fugacemente, variano col variar dell'umore, mancano interamente di connessione e di tenacia. Caratteristici sono i delirî paranoidi, che arieggiano la sistemazione di quelli della paranoia, ma, data l'anarchia del raziocinio e le dissociazioni profonde delle idee, urtano in esagerazioni grottesche e in contraddizioni paradossali e balorde. In questi stessi ammalati i delirî sono accompagnati da frequenti allucinazioni di tutti i sensi: quelle che si riferiscono alla sfera somatica cooperano a produrre strani delirî ipocondriaci, di persecuzione con mezzi fisici, di violenze carnali, di possessione.

Il termine "delirio" è adoperato impropriamente quando, seguendo l'uso, si chiama "delirio febbrile" lo stato confusionale o il vaniloquio che insorge con l'innalzarsi della febbre nelle malattie infettive acute, o quando si battezzano come "delirio acuto" i casi più gravi, febbrili e mortali d'amenza (v.).

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