Decreto legislativo

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Il decreto legislativo, al pari del decreto-legge, è un atto avente forza di legge adottato dal Governo. Tuttavia, il decreto legislativo si distingue dal decreto-legge perché l’intervento parlamentare non è successivo, ma preventivo, nel senso che il decreto legislativo viene adottato dal Governo soltanto previa legge di delegazione da parte del Parlamento. Il nomen iuris di decreto legislativo è relativamente recente (il primo decreto legislativo che porta tale denominazione è, infatti, il d.lgs. n. 478/1988): sino all’entrata in vigore della l. n. 400/1988, i decreto legislativo rivestivano, infatti, la forma del R.d. (in età statutaria) e poi del d.P.R. (in età repubblicana), ponendo una serie di problemi di identificazione rispetto ai regolamenti, di identica forma. Il decreto legislativo, d’altra parte, non va confuso con i d.lgs.lgt., atti legislativi del Governo adottati tra il 1944 ed il 1946 in virtù del d.l. n. 151/1944, in quanto – a prescindere dal loro discusso inquadramento – non vi è dubbio che essi rientrassero piuttosto nella categoria dei decreti-legge, tant’è che vennero convertiti in legge dall’Assemblea costituente.

La possibilità che il Parlamento delegasse l’esercizio della funzione legislativa al Governo fu ammessa fin dai primi anni dell’esperienza statutaria, da parte sia della dottrina che della giurisprudenza del tempo. Occorre sottolineare, anzi, che tutte le più importanti riforme politico-legislative del Regno di Sardegna (prima) e del Regno d’Italia (poi) furono il frutto di una delegazione legislativa: basti pensare alla annessione delle diverse province o alla stessa codificazione. D’altra parte, la delega legislativa nel periodo statutario era assoggettata a limiti assai meno rigorosi di quelli previsti nella Costituzione repubblicana, in quanto era prevista la possibilità dei cd. pieni poteri, ovverosia la possibilità di conferire deleghe legislative generiche e con oggetti indefiniti.

Il decreto legislativo nell’esperienza repubblicana. - Al contrario, la Costituzione italiana vigente prevede all’art. 76 Cost. che l’esercizio del potere legislativo possa essere delegato al Governo a condizione che la legge di delega indichi espressamente: l’oggetto della delega, che deve essere predeterminato e delimitato; i principi e i criteri direttivi a cui deve conformarsi il Governo nell’esercizio della delega; il termine entro cui esercitarla e cioè l’indicazione di una data fissa o comunque determinabile in modo oggettivo. A questi elementi essenziali per la delegazione legislativa – la cui mancanza comporta, quindi, l’illegittimità costituzionale della legge di delegazione – quest’ultima può aggiungere ulteriori elementi accessori (ad esempio, l’obbligo di ascoltare il parere di una Commissione parlamentare: l. n. 400/1988), con la conseguenza che anche l’eventuale violazione di quest’obbligo produce l’illegittimità costituzionale del decreto legislativo adottato.

Al riguardo, la Corte costituzionale ha affermato sin dal 1957 la propria competenza a verificare la conformità del decreto legislativo alla legge di delegazione, in base alla considerazione che le disposizioni contenute nella legge di delega sono «norme interposte»: ogni contrasto tra il decreto legislativo e la sua legge di delegazione determinerebbe dunque l’illegittimità costituzionale del primo, in quanto violazione (indiretta) dell’art. 76 Cost.

Per quanto riguarda l’oggetto della delegazione, si ritiene suscettibile di delegazione tutto ciò che ricade nella competenza legislativa ordinaria, con l’unica eccezione di quegli oggetti che la stessa Costituzione riserva alle leggi formali, facendo direttamente o indirettamente riferimento alle Camere: la delegazione legislativa a favore del Governo; la conversione in legge dei decreti-legge; l’autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali; l’approvazione dei bilanci preventivi e dei rendiconti consuntivi; l’istituzione di commissioni parlamentari di inchiesta ecc. (artt. 76, 77, 80, 81 e, 82 Cost.). Una parte della dottrina riteneva poi applicabile alla legge di delegazione il limite previsto all’art. 72, co. 4, Cost. (c.d. riserva di Assemblea), ma ciò non si è verificato nella prassi, in cui anzi si è assistito (sia nel periodo statutario che in quello repubblicano) all’emanazione di t.u. c.d. innovativi per il coordinamento delle diverse disposizioni in materia elettorale.

Del pari, l’opinione per cui il potere delegato non avrebbe potuto che esaurirsi in un unico atto di esercizio è stata ampiamente contraddetta dalla prassi recente, che ha visto, a partire dalla l. n. 825/1971, numerosi casi di utilizzazione ripetuta di deleghe, ai fini dell’adozione di c.d. decreti legislativi integrativi e/o correttivi: ad esempio, nel caso emblematico del nuovo c.p.p., il Governo ha adottato un decreto correttivo (d.lgs. n. 351/1989) appena sei giorni dopo l’entrata in vigore del «primo» decreto legislativo. Ugualmente smentita dalla prassi è anche la tesi dell’obbligatorietà dell’esercizio del potere delegato, in quanto nella storia costituzionale repubblicana vi sono stati molti casi di deleghe legislative di grande importanza rimaste inadempiute (ad esempio, la delega per la riforma del c.p.p. contenuta nella l. n. 108/1974 o le numerose deleghe per la riforma dei ministeri e della pubblica amministrazione).

Un caso peculiare di delega legislativa è rappresentato dai c.d. testi unici, con i quali il Governo raccoglie in un unico corpus normativo una pluralità di disposizioni preesistenti e disperse in diversi atti legislativi. Generalmente, essi vengono distinti in «testi unici di mera compilazione» e «testi unici innovativi», a seconda che il Governo si limiti a raccogliere la normativa vigente oppure sia abilitato anche ad introdurvi delle modifiche. In linea di massima, per l’adozione di testi unici innovativi e non per i testi unici di mera compilazione sarebbe necessaria una delegazione legislativa. Tale distinzione, in realtà, tende a sfumare nella prassi, dal momento che spesso il Parlamento conferisce un’autorizzazione anche nel caso di testi unici meramente compilativi. In questo caso, si tratta di una delega legislativa anomala, poiché spesso manca l’indicazione dei principi e criteri direttivi, potendo il Governo desumerli dalle stesse normative da riunire. A complicare ulteriormente la questione dei testi unici è intervenuta poi la l. n. 340/2000, che prevede addirittura la formazioni di testi unici misti, legislativi e regolamentari.

I decreti legislativi vengono deliberati dal Consiglio dei Ministri e trasmessi al Presidente della Repubblica almeno venti giorni prima del termine previsto dalla legge di delega (l. n. 400/1988), in modo da lasciare a questi il tempo per esercitare la sua funzione di controllo, e, eventualmente, rinviare l’atto al Consiglio dei Ministri per un suo riesame.

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