TRAMONTANO, Decio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 96 (2019)

TRAMONTANO, Decio

Stefano De Mieri

– Nacque probabilmente a Brusciano, uno dei casali di Marigliano (Napoli), in anni imprecisati, forse non molto prima della metà del XVI secolo.

Di un legame con il luogo citato si legge in un breve discorso ottocentesco (Il beneficio di Santa Maria del Carmine in Brusciano è di qualità ecclesiastica, s.l. né d.), dal quale si evince che Tramontano, nel suo testamento del 5 settembre 1608, dispose l’erezione, nella chiesa della Pietà di Brusciano, di una cappella dedicata a S. Maria del Carmine (G. Villano, in Arbace - Villano, 2004, p. 94).

Perduti risultano i suoi primi dipinti documentati, gli affreschi «della sala et camera» del palazzo napoletano di Cesare Miroballo, pagati dal nobile partenopeo tra il 2 gennaio e il 21 marzo 1573 (De Luise, 1986), e quelli della «loggia» del palazzo di Cesare Spicicacaso, per i quali Tramontano ricevette un saldo il 6 luglio 1576 (Leone de Castris, 1996, p. 337). Di questa sua attività di frescante testimonia anche un’inedita polizza del 28 marzo 1576, che attesta la riscossione di 6 ducati «in parte» di 12 da Indaco Mormile «per lo prezzo di una capella che li have da pengere alla massaria sua a Capo di Chio» (Archivio di Stato di Napoli, da ora in poi ASN, Banchieri antichi, 62, Citarella e Rinaldo, Giornale di cassa, 28 marzo 1576).

L’assenza di opere documentate per gli anni più antichi non ha impedito alla critica di ipotizzare una ricostruzione della carriera giovanile di Tramontano. Infatti, quasi unanimemente è stata accolta la proposta di Ferdinando Bologna (1959) di riconoscergli l’ancora ‘polidoresca’ Madonna delle Grazie con i ss. Bartolomeo e Matteo in S. Giovanni a Carbonara, recante un cartiglio con la data 1556 e l’iniziale T, precedentemente ritenuta di Cesare Turco.

Non così espliciti, tuttavia, appaiono i rapporti tra questa tavola e i primi dipinti firmati e datati di Tramontano (Avella, S. Giovanni, Sangue del Redentore, 1581; Fontenovella di Lauro, parrocchiale, Annunciazione, 1583; Maddaloni, congrega dell’Immacolata, Immacolata, 1584, e non 1574, come fin qui asserito; G. Previtali, in Abbate - Previtali, 1972, p. 894 nota 60; Leone de Castris, 1996, p. 297) e con la documentata Madonna delle Grazie e santi nella chiesa dei Ss. Severino e Sossio a Napoli, risalente agli anni 1587-88 (Faraglia, 1878, pp. 241 s.).

Rimane pertanto da ricostruire su più solide basi documentarie il percorso iniziale dell’artista, al quale Bologna (1959), Giuseppe Alparone (1973) e Pierluigi Leone de Castris (1996) hanno ricondotto opere databili tra il settimo e l’ottavo decennio, come ad esempio la Madonna di Loreto della chiesa omonima di Forio, datata 1560, il polittico con la Madonna e santi di S. Maria delle Vergini a Scafati (Salerno), la Madonna delle Grazie e i ss. Sebastiano e Giacomo in S. Sebastiano a Pimonte (Napoli), la Madonna col Bambino e i ss. Pietro e Paolo in S. Maria Assunta a Gragnano, il polittico smembrato con l’Incoronazione di Maria, la Crocifissione e quattro santi della Pinacoteca nazionale di Cagliari, proveniente dalla locale chiesa di S. Francesco di Stampace, la Madonna col Bambino e i ss. Giovanni Battista e Nicola, datata 1565, e la Presentazione al Tempio, rispettivamente nelle chiese di S. Pietro e dell’Addolorata a Lipari (per quest’ultima si conserva un foglio al Louvre, inv. 2080: Previtali, 1976, p. 697; Monbeig Goguel, 1989-1990, p. 2), l’Adorazione dei Magi, l’Adorazione dei pastori e il S. Giovanni della Badia di Cava de’ Tirreni e l’Adorazione dei pastori di S. Maria Succurre Miseris a Napoli. Tutte queste opere sono accomunate da una «componente arcaistica e semplificatoria, [una] sorta di devoto ‘revival primo-cinquecentesco’» in cui «meglio si avverte un certo parallelismo con le scelte di un Giovann’Angelo Criscuolo; e, come nelle cose di quegli, anche una sorta di impaccio nella scelta di campo e di modelli, in bilico fra il ‘realismo’ di Buono e specie Lama e il fascino del segno energico di un Marco Pino» (Leone de Castris, 1996, p. 297).

Il percorso dell’artista può essere meglio seguito solo a partire dagli anni Ottanta, quando si succede una serie di opere firmate e datate o documentate. Tale produzione, specialmente tra il 1581 e 1584, epoca in cui si collocano le citate pale di Avella, Fontenovella e Maddaloni, attesta l’attività di un artista intensamente legato al ‘realismo devoto’ di Giovan Bernardo Lama e di Silvestro Buono e al sodo plasticismo di Marco Pino da Siena. La prossimità ai primi due maestri, e anche al loro sodale Pompeo Landulfo, è tale che la Madonna delle Grazie con i ss. Stefano e Caterina d’Alessandria in S. Lorenzo Maggiore a Napoli è stata a ragione considerata un «raro e felice episodio d’una probabile, diretta collaborazione di Tramontano con la bottega di Buono e Lama» (ibid.). Non va trascurato poi che la Madonna del Soccorso un tempo nella cappella del Monte di Ciarletta Caracciolo nel duomo di Napoli, ora conservata nella chiesa di S. Maria del Buonconsiglio in via Milano, databile ai primi anni Ottanta, era assegnata dalle fonti a Lama (Zezza, 1991, p. 30 nota 53). A quest’ultimo dipinto si collega una replica autografa appartenuta al convento dei Cappuccini di Sicignano degli Alburni (Salerno), finora sfuggita agli specialisti, mentre un’altra tavola, con la medesima iconografia, è stata di recente identificata nella chiesa dei Minimi a Gagliano del Capo (Lecce), ed è apparsa un lavoro di collaborazione tra Tramontano e Landulfo (Cleopazzo, 2019, pp. 145 s.).

Negli ultimi due decenni del secolo giunsero all’artista commissioni importanti per chiese napoletane, segno del fatto che Tramontano ottenne un discreto apprezzamento anche nella capitale, oltre che nella provincia, dove si concentra la gran parte della sua produzione. L’opera di maggior impegno da lui dipinta risulta la monumentale, già nominata, Madonna delle Grazie con i ss. Scolastica, Giustina, Severino, Sossio e due santi benedettini nella cappella del «quondam magnifico Christofaro Quarto» ai Ss. Severino e Sossio, commissionatagli il 17 aprile 1587 da don Giovanni Evangelista di Napoli e completata l’anno successivo (Faraglia, 1878, pp. 241 s.). Una tavola «disarmonica», contraddistinta dalla salda volumetria dei santi disposti nell’ordine inferiore, con una «resa preziosa e turgida delle superfici» (Leone de Castris, 1996, p. 297), in cui la cultura di Lama e Buono dialoga con quella di Marco Pino. A una fase di poco anteriore sembrerebbe appartenere la sconosciuta tavola nel convento del Gesù delle Monache di Napoli raffigurante l’Immacolata tra i ss. Francesco d’Assisi e Chiara, Pietro e Paolo attorniati da angeli similissimi a quelli della pala dei Ss. Severino e Sossio.

Tra gli incarichi napoletani occorre menzionare anche una perduta pala commissionata il 28 settembre 1593 a Tramontano da Bartolomeo Lionfante per la chiesa di S. Diego all’Ospedaletto, effigiante la «Conceptione con tutti soi misterii ordinarii [...] et dalla parte destra s. Francesco de Assisa alla cappoccina et dalla parte sinistra s. Antonio de Padula [sic] col giglio in mano alla laurenzana et sopra la cimasa uno Dio Padre con il mondo in mano et dentro il scabello [...] doi ritratti quanto più grandi potranno venir, cioè Giovan Battista a mano destra et Giovan Vincenzo a mano sinistra, et di bascio del scabello [...] l’arme di casa Rayola et Lionfante» (ASN, Notai del ’500, Notaio Orazio Sabbatino, 458/5, cc. 334v-336v). Perduta è pure l’Ultima cena firmata e datata 1597 osservata da Bernardo De Dominici (1742-1745 circa, 2017) in S. Maria a Piazza, per la quale il pittore ottenne l’ultimo pagamento nel 1598 (Pinto, 2018, p. 6377).

Si è accennato all’apprezzamento dell’artista nella provincia. Tra le opere a lui riferibili merita una menzione la notevole Madonna e i ss. Michele e Rocco della cattedrale di Caserta, quasi certamente più antica della Madonna col Bambino e i ss. Stefano, Michele, Gregorio Magno e Francesco d’Assisi e il ritratto del committente della chiesa di S. Vito a Marigliano, richiestagli intorno al 1584 come ex voto da Bartolomeo d’Avenia, vicario episcopale, nel 1583 scampato miracolosamente al crollo del duomo di Nola, di cui era arcidiacono (Arbace, 2006, pp. 42-44). Nel medesimo edificio religioso di Marigliano si conserva pure un’Immacolata, prossima alla soluzione compositiva di questo tema adottata più volte da Buono e Lama, e in tutto simile alle tavole di Tramontano custodite a Maddaloni e nella chiesa di S. Antonio a Torella dei Lombardi (1587; ibid., pp. 39-42).

Datata 1589 è invece la Natività, con l’Annunciazione nella cimasa, nella chiesa della Trinità a Piano di Sorrento, opera contraddistinta dal «consueto linguaggio alla Lama con inserti e citazioni da Marco Pino» (Leone de Castris, 1996, p. 297).

Fra i dipinti più rilevanti inviati in provincia vanno inoltre ricordati la Madonna del Rosario di Palma Campania (di poco anteriore al 1586) e quella di Frasso Telesino (Benevento), la Madonna col Bambino, quattro santi e il ritratto di Decio Caracciolo in S. Pietro a Corte a Salerno (1592), l’affollato Compianto in S. Maria della Pietà a Marigliano, firmato e datato 1599, richiestogli da Giovan Benedetto di Spetie sin dal 1595 (D’Addosio, 1913, p. 517) e fortemente ispirato ad alcuni celebri prototipi di Lama, ma anche vicino all’eloquio severo di Fabrizio Santafede (al quadro si lega un disegno custodito a Berlino, Staatliche Museen, Kupferstichkabinett, inv. 24910), la modesta Madonna di Costantinopoli con i ss. Michele e Margherita in S. Giovanni a Bracigliano (Salerno), forse identificabile con la pala pagatagli da Cesare Miroballo nel 1596 (D’Addosio, 1913, p. 517), l’Assunta con quattro santi nell’Annunziata di Vitulano (Benevento) e la Madonna delle Grazie con s. Francesco d’Assisi e un santo vescovo della chiesa madre di Oliveto Lucano (Matera), opera per la quale il pittore riscosse un pagamento il 14 aprile 1598 (L. Gaeta, in Gaeta - De Mieri, 2015).

In tali opere tarde l’artista ripropose stancamente formule ormai superate, che si possono rivedere anche in numerosi altri dipinti ancora sconosciuti riferibili a lui o a pittori assai vicini, quali l’Immacolata della chiesa dell’Annunziata a Giugliano in Campania, forse due delle quattro tavole con la Trinità, gli Evangelisti, la Vergine e la Maddalena in Castel Capuano a Napoli, l’Immacolata del Museo campano a Capua e la Madonna col Bambino e quattro santi in S. Tommaso a Praiano (Salerno).

L’attività di Tramontano, certamente tra le più rappresentative nel contesto meridionale dell’epoca, fu ancora molto intensa negli anni finali del secolo e agli inizi del Seicento, come provano i pagamenti per una cona del Rosario in S. Domenico a Somma Vesuviana, difficilmente identificabile con quella tuttora in loco, dell’ambito di Santafede, e per un perduto S. Giacinto del 1598 destinato alla stessa chiesa (Pinto, 2018, p. 6377).

Nel 1603 l’artista prese a bottega un tal Raffaele di Benedetto per cinque anni (Leone de Castris, 1996, p. 338), e ancora il 14 marzo 1608 ricevette un pagamento da Ottavio Serafino per una Madonna delle Grazie e i ss. Onofrio e Girolamo, destinata a un «horatorio di S. Honofrio» di ubicazione ignota (Pinto, 2018, p. 6378).

L’artista potrebbe essere scomparso di lì a poco, considerato che, come si è detto in apertura, il 5 settembre 1608 dettò il suo testamento.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Banchieri antichi, 62, Citarella e Rinaldo, Giornale di cassa, 28 marzo 1576; Notai del ’500, Notaio Orazio Sabbatino, 458/5, cc. 334v-336v.

B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani (1742-1745 circa), a cura di F. Sricchia Santoro - A. Zezza, II, Napoli 2017, p. 741; N. Faraglia, Memorie artistiche della chiesa benedettina de’ Ss. Severino e Sossio di Napoli, in Archivio storico per le province napoletane, III (1878), pp. 235-252 (in partic. pp. 241 s.); G.B. D’Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani del XVI e XVII secolo, ibid., XXXVIII (1913), pp. 516 s.; S. Ortolani, Tramontano, Dezio, in U. Thieme - F. Becker, Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler, XXXIII, Leipzig 1939, p. 343; F. Bologna, Roviale Spagnuolo e la pittura napoletana del Cinquecento, Napoli 1959, pp. 72 s. nota 23; F. Strazzullo, L’iconografia della Madonna delle Grazie tra il ’400 ed il ’600, Napoli 1968, p. 29 nota 26; F. Abbate - G. Previtali, La pittura napoletana del ’500, in Storia di Napoli, V, 2, Napoli 1972, pp. 829-911; G. Alparone, Per D. T., in Rassegna d’arte, II (1973), 5-6, pp. 37-48; Id., Postilla a D. T., ibid., III (1974), 7-8, pp. 42 s.; G. Previtali, Il Vasari e l’Italia meridionale, in Il Vasari storiografo e artista. Atti del Congresso internazionale..., Arezzo-Firenze... 1974, Firenze 1976, pp. 691-699 (in partic. pp. 696 s.); V. De Luise, Documenti inediti sul pittore D. T., in Cronache delle scienze, delle arti e delle lettere, XV (1986), pp. 18 s.; C. Monbeig Goguel, Drawings by Vasari and his circle in the collection of the Louvre: an examination and new findings, in Drawing, XI (1989-1990), 1, pp. 1-5; C. Restaino, in Il Cilento ritrovato. La produzione artistica nell’antica diocesi di Capaccio (catal., Padula), Napoli 1990, pp. 119, n. 24, 126 s., n. 27; A. Zezza, Giovan Bernardo Lama: ipotesi per un percorso, in Bollettino d’arte, s. VI, 70 (1991), pp. 1-30 (in partic. pp. 29 nota 42, 30 nota 53); P. Leone de Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli: 1540-1573. Fasto e devozione, Napoli 1996, pp. 284-306, 337 s.; L. Arbace - G. Villano, in Da Nola a Ottaviano. Restauri e recuperi di opere d’arte, a cura di L. Arbace, Napoli 2004, pp. 88-94; L. Arbace, Note intorno ai dipinti di un convento francescano, in A. Esposito, Il complesso monumentale di San Vito a Marigliano. Storia, arte e devozione, Marigliano 2006, pp. 37-53; A. Cuciniello, in Il Museo diocesano di Napoli. Percorsi di fede e arte, a cura di P. Leone de Castris, Napoli 2008, pp. 88 s., n. 16; F. Abbate, in Capolavori della terra di mezzo. Opere d’arte dal Medioevo al Barocco (catal., Avellino), a cura di A. Cucciniello, Napoli 2012, pp. 144-146, n. 36; L. Gaeta, in L. Gaeta - S. De Mieri, Intagliatori, incisori, scultori, sodalizi e società nella Napoli dei viceré, Galatina 2015, p. 107 nota 525; A. Pinto, Raccolta notizie per la storia, arte, architettura di Napoli e contorni, Parte 1: Artisti e artigiani, 2018, pp. 6375-6378, www.fedoa.unina.it/9622/1/a.Artisti.pdf (18 settembre 2019); N. Cleopazzo, E Napoli cominciò a fare scuola nel Salento, in Il delfino e la mezzaluna, VI (2019), 8, pp. 137-164.

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