De Generatione et corruptione

Enciclopedia Dantesca (1970)

De Generatione et corruptione

Enrico Berti

Opera di Aristotele, in due libri, collocata dagli editori, in conformità con le indicazioni dell'autore, al terzo posto nella serie degli scritti fisici, tra il De Coelo e i Meteorologica.

Di essa esistono tre traduzioni latine medievali, di cui una dall'arabo, eseguita da Gherardo da Cremona a Toledo verso la fine del XII secolo, e due dal greco: la prima di queste, detta translatio vetus, fu dapprima creduta opera di Enrico Aristippo, ma è ora attribuita a un traduttore anonimo del sec. XII, probabilmente lo stesso a cui è dovuta la più antica versione dell'Ethica nicomachea; la seconda, detta translatio nova, è una revisione della vetus, attribuita da alcuni (Pelster) a Guglielmo di Moerbeke, mentre per altri (Minio-Paluello) gl'indizi favorevoli a tale attribuzione sono troppo tenui. L'opera fu commentata da AlKindi, Averroè, Alfredo Anglico, Adamo di Buckfield, Alberto Magno, Tommaso d'Aquino (libro I, sino a 322a 33), Sigieri di Brabante (ma l'autenticità del commento attribuitogli è controversa), Egidio Romano, Marsilio di Inghen e altri. La lettura di essa, come di tutti i libri naturales di Aristotele, fu resa obbligatoria nella facoltà delle Arti di Parigi a partire dal 1255.

D. cita esplicitamente il De G. due volte e lo presuppone implicitamente almeno altre due volte. La citazione in cui il testo sembra più direttamente presente è Cv IV X 9 Ancora è da sapere che ogni cosa che si corrompe, sì si corrompe, precedente alcuna alterazione, e ogni cosa che è alterata conviene essere congiunta con l'altera[nte cag]ione, sì come vuole lo Filosofo nel settimo de la Fisica e nel primo De Generatione. Come ha dimostrato il Nardi, la citazione del De G. riguarda solo il secondo dei due concetti e corrisponde a Gener. I 6, 322b 22-25 (" non enim facere haec et pati possunt proprie, quae non possibile ad invicem tangere "), e I 9, 327a 14-16 (" Universaliter autem generari hoc modo scissis corporibus est inconveniens: destruit enim hic sermo alterationem "). Lo stesso concetto è ripreso da D. in Cv IV X 11 [ciò che] altera o corrompe alcuna cosa convegna essere congiunto con quella.

La seconda citazione di Cv III X 2 quanto l'agente più al paziente sé unisce, tanto più forte è però la passione, sì come per la sentenza del Filosofo in quello De Generatione si può comprendere, non riferisce le parole di Aristotele, ma ciò che da esse si può dedurre (comprendere). I passi su cui si fonda tale deduzione sono Gener. I 6, 322b 22-25, già citato, e I 9, 326b 31-34 (" Si enim hoc... tale, aptum natum est non tum quidem pati, tum autem non pati, sed omnino secundum quod est tale, magis autem et minus secundum quod tale magis et minus "). Ma il ragionamento compiuto da D., quale risulta dal seguito del passo onde, quanto la cosa desiderata più appropinqua al desiderante, tanto lo desiderio è maggiore, sembra presupporre anche il commento attribuito a Tommaso d'Aquino I 23 (" sed cum fiunt propinqua, in se vel in aliis, tunc agens agit, et patiens patietur. Dico autem appropinquare... ").

Chiaramente presupposto, benché non citato, il De G. sembra essere in Cv IV XXIII 12-13 seguendo le quattro combina[zioni] de le contrarie qualitadi, che corrisponde a Gener. II 3, 330a 30-b 1 (" Quoniam autem quatuor sunt elementa... manifestum est quoniam quatuor erunt elementorum coniugationes "), forse con la mediazione di Alberto Magno De gen. et corr. II Il 8 (" secundum rationem quatuor coniugationum qualitatum primarum "). Nel complesso le dottrine che D. ricava, più o meno direttamente, dal De G. sono luoghi comuni e non hanno molto rilievo nell'economia del suo pensiero.

Bibl. - G. Lacombe, Aristoteles Latinus, Codices, I, Roma 1939, 54-55; II, Cambridge 1955, 784 e 788; L. Minio-Paluello, Henry Aristippe, Guillaume de Moerbeke et les traductions latines médiévales des " Météorologiques " et du " De generatione et corruptione " d'Aristote, in " Rev. philos. de Louvain " XLV (1947) 206-235; ID., Les " trois rédactions " de la traduction médiévale gréco-latine du " De generatione et corruptione " d'Aristote, ibid. XLVIII (1950) 247-259; E. Moore, Studies in D., I, Oxford 1896, 122-124 e 133-134; E. Proto, Una sentenza introvabile di Aristotele riferita nel " Convivio " (IV, 11), in " Bull. " XX (1913) 59-60; B. Nardi, Di due citazioni aristoteliche nel " Convivio " IV, 10, in " Giorn. d. " XXV (1922) 369-370; ID., Saggi di filosofia dantesca, Firenze 19672, 368-370.