DAVID o Davide

Enciclopedia Italiana (1931)

DAVID o Davide (ebraico \ebraico\ oppure \ebraico\; i Settanta Δαν[ε]ίδ; e così pure il Nuovo Test. [ma il Text. Rec. Δαβιδ])

Giuseppe Ricciotti

Secondo re, dopo Saul, degli Ebrei e fondatore della dinastia che, anche dopo la divisione del popolo ebraico in due regni, continuò a regnare in quello meridionale o di Giuda.

Nome. Fonti della storia. - Il nome D., che in tutta la Bibbia appare portato solo da questo personaggio, sembra che sia una abbreviazione di Dôdhāwāhû ("prediletto di Jahvè"; cfr. II Cronache, XX, 37) o di qualche forma analoga; tuttavia recentemente è stato piuttosto avvicinato alla forma dôdh, che in alcune lingue semitiche appare come appellativo della divinità (il "diletto" ossia "patrono"; o anche come nome proprio).

Le fonti extrabibliche della storia di D., che si riducono in sostanza ai frammenti di Eupolemo (in Eusebio, Praep. evang., IX, 30) e di Nicola Damasceno (in G. Flavio, Ant. giud., VII, 5,2), non giovano alla critica, poiché in ciò che non desumono dalla Bibbia sono prive di autorità e favolose. La Bibbia, oltre a menzioni fugaci, parla di D. diffusamente nel tratto I Samuele [Re], XVI-I [III] Re, II, e nel tratto I Cronache (II-III), X-XXIX; sono anche da avere presenti i varî titoli di Salmi che riportano le rispettive composizioni a D. o a episodî della sua vita, e Ruth IV, 18-22. Sennonché ciò che narra il posteriore Cronista si riversa quasi totalmente nel precedente racconto dei libri di Samuele-Re (v. cronache); inoltre la fonte principale, cioè i libri di Samuele-Re, mostra particolarità notevoli: quali il raccontare due volte o lo stesso fatto o due fatti somigliantissimi (ad es., l'uccisione del gigante Golia cfr. I Sam. [Re], XVII, 1 segg. con II Sam. [Re], XXI, 19; l'origine del proverbio su Saul profetizzante, cfr. XIX, 23-34 con X, 10-12; ecc.); oppure il raccontare due volte un fatto certamente identico con divergenze importanti (ad es. l'ingresso di D. nel seguito del re Saul, cfr. I Sam. [Re], XVI, 17-23 con XVII, 1 segg. e specialmente con XVII, 55-58; la morte di Saul, cfr. I Sam. [Re], XXXI, 4-5 con II Sam. [Re], I, 9-10 ecc.). La maggior parte dei critici spiega questo parallelismo con l'ipotesi dell'esistenza di due documenti incorporati nel testo, i quali rappresenterebbero due tradizioni differenti dei medesimi fatti.

1. David fino alla sua proclamazione in Hebron. - D. era figlio di Isai (Jesse), la cui famiglia era una delle principali di Betlemme nella tribù di Giuda: aveva sette fratelli maggiori di lui, e forse due sorelle. Era biondo e di bello aspetto, valido di membra e coraggioso, e anche abile nel sonare la cetra.

Quasi come introduzione alla storia di D., la Bibbia racconta la sua segreta elezione regale per mano del profeta Samuele (I Sam. [Re], XVI,1-13). Dopo la perversione del re Saul, il profeta riceve ordine da Dio di andare in casa di Isai, ed ivi ungere re d'Israele uno dei suoi figli ch'egli a lui mostrerà; presentatisi prima i sette figli maggiori sono tutti respinti, e solo D., chiamato appositamente dal gregge, viene unto re dal profeta per ordine di Dio. Questo episodio, che non è scevro di difficoltà, sembra non avere esercitato profonda impressione sull'animo dei presenti, compreso D. stesso (cfr. XVII, 28; XVIII, 18; XXIV, 6).

Anche l'occasione in cui D. venne per la prima volta in relazione con Saul non è chiara. Secondo XVI, 14-23 Saul, turbato dallo spirito maligno dopo la sua riprovazione, fu consigliato dai suoi cortigiani di chiamare in corte il giovane D., che col suono della sua cetra poteva arrecargli qualche sollievo; così difatti avvenne, tanto che Saul "amò assai" il giovane musico che lo consolava, e lo fece "suo scudiere" (XVI, 21). Il racconto di XVII presenta invece il fatto sotto una luce diversa. Scoppiata, poco dopo l'avvenimento precedente, la guerra contro i Filistei, vi fu fra costoro un gigante, Goliath di Geth, che sfidava abitualmente i guerrieri di Saul a duello per decidere la guerra, non trovando però alcuno che raccogliesse la sua sfida. Sennonché il pastorello D., che si trovava per caso nell'esercito degl'Israeliti, udita la sfida del gigante, si profferse al duello, e ricusato ogni armamento, andò verso il nemico, lo abbatté con le pietre della sua fionda da pastore che aveva portato con sé, e gli tagliò la testa con la stessa spada di lui. Ora, dopo così bel successo, viene narrato che il re Saul fece domandare notizie su la persona e la famiglia di D. (XVII, 55-58); il che mostrerebbe che fino a quel giorno il giovanetto eroe gli era seonosciuto. Tuttavia un possibile accordo fra questo e il precedente racconto è offerto da XVII, 15, ove si dice che la dimora di D. alla corte di Saul come citarista non era continuata ma saltuaria.

La vittoria di D. sul gigante filisteo lo rese a un tratto popolarissimo in Israele, e fece sì che il re Saul lo chiamasse stabilmente in corte, affidandogli un alto comando militare; nello stesso tempo egli divenne l'oggetto della più tenera amicizia di Gionata, figlio di Saul, conquistandosi anche il cuore di Michol, figlia anch'essa del re. Ma questi successi, e la popolarità di D., suscitarono contro di lui la gelosia dell'agitato Saul. In un accesso di parossismo Saul tentò una prima volta di trafiggere con una lancia D., che sonava la cetra; fallito l'attentato per la destrezza di D., Saul lo promosse nella gerarchia militare per allontanarlo da sé, ma "David prosperava in tutte le sue imprese... onde Saul... ebbe paura di lui") (I Sam. [Re], XVIII, 14-15). Saputo poi che sua figlia Michol era innamorata di D., Saul gliela promise in moglie, a patto che offrisse come dote cento prepuzî di Filistei: la proposta, mentre sembrava rivolta contro gli eterni nemici d'Israele, in realtà esponeva il futuro genero ai gravi rischi che avrebbe dovuto incontrare per uccidere cento di quei potenti guerrieri. Ma D. fece un'incursione con la sua gente, e uccisi duecento Filistei portò i loro membri a Saul, ottenendone puntualmente in sposa la figlia.

Tuttavia l'astio del geloso re crebbe ancora, tanto che apertamente "parlò a Gionata suo figlio e a tutti i suoi ministri di mettere a morte David" (XIX, 1). Ma l'amicizia che Gionata aveva per D. sventò la minaccia. Poco dopo però, avendo D. riportato una nuova vittoria contro i Filistei, divampò nuovamente il furore di Saul, che ripeté il tentativo di trafiggerlo mentre sonava; D., scampato dal colpo, si rifugiò in casa, ma anche di qui dovette fuggire di notte, aiutato da uno stratagemma della moglie, perché le guardie di Saul erano venute per impadronirsi di lui. D. cercò asilo in Rama, ov'era Samuele con una scuola profetica; anche qui lo raggiunsero prima i messi e poi il re stesso per impadronirsene, ma avvenuto il fenomeno del contagio profetico, sia i messi sia il re furono invasi dallo Spirito e profetizzarono; onde D. ebbe tempo di allontanarsi (XIX, 18-24), e d'allora si diede a una vita randagia.

Di questa vita errante noi conosciamo solo alcuni episodî. Da principio D. si recò a Nob, ov'era il Tabernacolo col sommo sacerdote Achimelech, il quale lo favorì rifocillandolo con i pani della proposizione, consegnandogli la spada del gigante Goliath ivi depositata; quindi fuggì a Geth presso il re filisteo Achis: ma, subito riconosciuto, si finse colto da pazzia, la quale sembra che nelle costumanze orientali rendesse inviolabile la persona (XXI, 10-15). Di lì si ricoverò nella spelonca di Adullam, ove accorsero a lui, oltre la sua famiglia, molti proletarî del paese che fecero causa con lui. Passò quindi nel paese di Moab, ove lasciò al sicuro la propria famiglia, e poi si trasferì nella selva di Hereth (XXII, 1-5).

Frattanto l'odio di Saul l'aveva indotto a prendere le armi contro il suo rivale. Avendo D. respinto in un fortunato scontro i Filistei che assediavano Ceila, Saul ritenendo opportuna l'occasione mosse contro di lui; ma D. riuscì a non farsi rinchiudere a sua volta in Ceila (XXIII,1-13). Da quel tempo in poi egli dimorò nella regione deserta a sud della tribù di Giuda, specialmente nelle steppe di Ziph e di Maon. Frattanto Saul continuava a dargli la caccia; una volta D. fu per cadere nelle mani del suo nemico, ma anche questi si trovò poi in una circostanza in cui D. avrebbe potuto ucciderlo, e non lo fece per rispetto all'Eletto di Dio (XXIV). Un episodio di generosità molto simile, sempre da parte di D., si ripeté poco dopo, avendo Saul ripreso la caccia (XXVI). In questo tempo avvenne l'episodio di Abigail (v.).

A causa di queste continue persecuzioni D. si trasferì, stabilmente questa volta, presso Achis re di Geth. Costui, che lo conosceva come rivale di Saul, lo accolse volentieri, assegnandogli per dimora Siceleg presso Gaza. Questo luogo fu per D. il centro di metodiche incursioni su popoli meridionali nemici d'Israele; di queste razzie egli poi non lasciava alcun testimonio nemico, mettendo a morte i prigionieri, onde poter liberamente asserire all'ospitante re Achis che le sue incursioni erano rivolte contro gli Israeliti (XXVII). Quando poi l'esercito filisteo fu prossimo ad attaccare Israele, D. con i suoi ne fu allontanato dalla diffidenza dei capi filistei. Nel frattempo un'incursione degli Amaleciti aveva depredato Siceleg; ma D., messosi all'inseguimento, sbaragliò i saccheggiatori ricuperando la preda (XXIX-XXX).

La battaglia campale avvenuta poco dopo tra Filistei e Israeliti, segnò la fine della vita errante di D.: in essa caddero uccisi Saul e i suoi figli, compreso Gionata. D., avutane notizia pochi giorni dopo, ne mostrò un nobile dolore componendo su Saul e l'amico Gionata un'elegia che rimane uno dei più insigni monumenti dell'antica letteratura ebraica (II Sam. [Re], I, 19-27); subito dopo egli si recò in Hebron, uno dei capoluoghi della tribù di Giuda, e ivi fu eletto re su Giuda (II,1-4).

2. Dalla proclamazione in Hebron fino alla morte. - Nei sette anni che D. regnò in Hebron la sua giurisdizione era assai limitata, non oltrepassando quasi la tribù di Giuda, che dopo la sconfitta di Gelboe era sotto l'influenza dei Filistei; il resto del territorio israelitico riconosceva per re ‛Išbošeth (‛Išba‛al), figlio di Saul, fatto eleggere dal generale Abner (v.) che in realtà deteneva il governo. Delle rivalità fra i due regni, salvo uno scontro d'armati ove Azael (v.) fratello di Joab generale di D. fu ucciso (II Sam. [Re], II, 12-32), non siamo informati; certo è però che la valentia di D. gli dovette continuamente guadagnare simpatie, cosicché a un dato tempo lo stesso Abner entrò in trattative con lui per estenderne l'autorità su tutto Israele. Abner fu ucciso per vendetta da Joab; e di lì a poco anche ‛Išbošeth (‛Išba‛al), cadde per mano di due suoi ufficiali, che credettero far cosa grata a D. portandogli in Hebron la testa dell'ucciso. Ma D. fece mettere a morte i due traditori e seppellire onorevolmente la testa del suo rivale, come già aveva curato con sincero rimpianto i funerali di Abner. Questa sua nobiltà, e la mancanza di ogni guida nei dissidenti, gli conciliò gli animi del resto d'Israele, cosicché gli anziani del popolo convenuti in Hebron lo elessero re su tutto Israele (V, 1-3).

Le condizioni del regno di D., ingrandito ad un tratto, erano assai precarie: al di dentro mancanza di compattezza, al di fuori la minaccia continua dei Filistei. Il primo suo atto, a quanto sembra, fu di dare al regno una capitale stabile e strategicamente forte; a tale scopo designò il luogo ove sorgeva la fortezza di Sion (v. gerusalemme), che si prestava ottimamente. Sennonché questa fortezza apparteneva alla tribù cananea dei Jebusei, rimasta ancora indipendente in mezzo al territorio israelitico, ed era stata agguerrita così poderosamente da ritenere che bastassero a difenderla "i ciechi e gli zoppi" (V, 6). D., tuttavia, la prese d'assalto, la fortificò nuovamente, e vi costruì la sua reggia. Dopo ciò provvide alla minaccia dei Filistei. Costoro, o poco dopo o forse anche prima della presa di Sion, aprirono le ostilità contro l'antico vassallo diventato troppo potente. Ma D. li batté la prima volta a Baal-pharasim (V, 17-21), poi ancora nel tratto da Gabaa fino a Gezer (V, 22-25); da allora cessarono d'essere una minaccia per Israele.

Libero per il momento all'esterno, D. si rivolse a rassodare la sua dinastia. Secondo la mentalità orientale un segno della potenza d'un monarca era la numerosità del suo harem; perciò D. come in Hebron aveva preso quattro nuove mogli (III,1-5), così "prese ancora delle concubine e delle mogli in Gerusalemme... e nacquero ancora a D. figli e figlie" (V, 13). Ciò del resto serviva anche per stringere alleanze coi re vicini, come nel caso del matrimonio con Maacha figlia di Tholmai re di Gessur (III, 3).

Un'altra impresa importantissima di D. nella sua politica interna fu quella di rendere la nuova capitale anche centro religioso di tutto il popolo d'Israele. A tale scopo egli prima trasportò il più sacro oggetto del culto israelitico, cioè l'Arca dell'Alleanza (v.), da Cariath-iarim o Baal-iudah (cfr. VI, 2, testo ebraico) a Gerusalemme; poi organizzò stabilmente il servizio liturgico che le varie classi di sacerdoti e di leviti dovevano prestare davanti all'Arca.

In seguito D. ebbe a combattere e vinse i Moabiti, e più tardi gli Ammoniti; questa seconda guerra fu lunga e difficile, anche perché gli Ammoniti si erano alleati con varî piccoli regni aramei (siri) nemici di D. (VIII, 2 segg.; X-XII).

A questo punto nella storia politica di D. vengono a intrecciarsi avvenimenti familiari ch'ebbero grande importanza nel resto della sua vita. Durante la guerra contro gli Ammoniti, D. che era rimasto a Gerusalemme commise adulterio con Bethsabea moglie di Uria, un ufficiale ch'era alla guerra. La donna divenne incinta; allora D. per occultare il fatto fece venire a Gerusalemme il marito. Costui, che forse aveva avuto sentore della relazione, non volle andare nella sua casa né vedere sua moglie, allegando per ragione l'austerità da osservarsi in tempo di guerra. Perciò D. lo rinviò al campo, ordinando al generale di esporre Uria ov'era maggiore il pericolo; così fu fatto, e rimasto Uria ucciso in battaglia, Bethsabea entrò a far parte dell'harem reale (II Sam. [Re], XI). Ma l'accaduto doveva avere suscitato scandalo, e il profeta Nathan si presentò a D. e con una significativa parabola lo fece riflettere sul suo misfatto. Il re riconobbe la sua colpa avanti a Dio, e ne fu perdonato; ma un castigo materiale vi fu egualmente, e consistette sia nella morte del figlio che Bethsabea aveva dato alla luce, sia nelle dolorose vicende che funestarono in seguito la famiglia reale (XII).

Poco dopo infatti scoppiarono nella reggia altri scandali. Avendo Amnon figlio primogenito di D. violato la sua sorellastra Thamar, Assalonne (v.), fratello di Thamar, per vendicare l'oltraggio, attirò in un tranello lungamente premeditato il colpevole fratellastro e l'uccise, fuggendo poi presso i suoi regali parenti in Gessur (XIII). Rientrato Assalonne in Gerusalemme dopo tre anni, rimase ancora due anni prima di riconciliarsi col padre (XIV); ma la riconciliazione fu apparente da parte del figlio, perché costui mirava a impadronirsi del trono. Con abilità e astuzia egli si cattivò l'animo di buona parte del popolo, e quando stimò giunto il momento opportuno si fece proclamare re in Hebron.

D., preso alla sprovvista, fuggì precipitosamente da Gerusalemme, e si stabilì a Mahanaim (XVII, 24, ebraico) ove procurò di organizzare la resistenza; Assalonne occupò coi suoi armati la capitale, e, per significare secondo l'uso orientale la sua presa di possesso del trono, ebbe palesemente commercio con le concubine di suo padre. Avendo però trascurato il consiglio di Achitofel (v.), che gli proponeva di attaccare subito l'esercito di D., lasciò tempo a costui di rafforzarsi sufficientemente; cosicchè quando i due eserciti si scontrarono, Assalonne fu sconfitto e, contro gli ordini del padre, ucciso. La descrizione del dolore di D. per la morte di questo suo figlio, da lui teneramente amato, è una delle pagine più commoventi della Bibbia (XV-XIX). Un 'altra insurrezione delle tribù settentrionali, capitanate dal beniaminita Seba, fu domata anche più facilmente da Joab, che uccise a tradimento Amasa (v.) a cui D. aveva dato da principio incombenza di sedare la ribellione (XX).

Lo scorcio della vita di D. fu attristato da due calamità: una carestia durata tre anni, e dovuta alla crudeltà di Saul contro i Gabaoniti, fu fatta cessare da D. con un atto di giustizia vendicativa da lui compiuto sui discendenti di Saul (XXI, i -14); inoltre, una pestilenza infierì per tre giorni nel paese, per punire D. del suo ardimento di aver fatto censire il popolo di Dio (XXIV). L'ultimo atto politico di D., già vecchio, fu di decidere la successione al trono in favore del figlio Salomone, e contro l'altro figlio Adonia (v.), che spalleggiato da un forte partito di corte apertamente aveva dichiarato le sue aspirazioni. Dati infine gli ultimi consigli al successore Salomone, "D. giacque coi suoi padri e fu seppellito nella città di David" (I [III] Re, II 10). Il suo regno era durato 40 anni. di cui sette anni e sei mesi in Hebron, e trentatré in Gerusalemme (II Sam. [Re], II, 11; V, 4-5; I [III] Re, II, 11).

D. fu il vero fondatore del reame israelitico; il suo spirito d'iniziativa, il suo coraggio e l'abilità politica, gli permisero d'inquadrare in una unità abbastanza salda le tribù d'Israele fra loro contrastanti. Il suo regno non fu certo così brillante come quello del suo successore Salomone, glorificato dalla tradizione anche più del merito: tuttavia è indubitato che lo splendore del regno salomonico fu in massima parte una conseguenza del regno davidico. Personalmente D. congiunse alle altre eccellenti qualità, accennate nell'esposizione dei suoi fatti, un profondo spirito religioso, al quale sono stati riferiti quei cantici che sono entrati a far parte del Salterio sotto il nome di lui (v. bibbia; salmi); congiunse anche gravi difetti, quali la sensualità, la crudeltà, e la debolezza verso i suoi familiari, quantunque nel condannare i primi due sia necessario aver presente che erano abituali nell'antico Oriente presso i monarchi, e nel rilevare l'ultimo è umano supporre che non vi fosse estraneo il ricordo della propria esperimentata debolezza. Onde giustamente il tardivo scrittore ebreo conchiude il suo encomio di D. (Ecclesiastico, XLVII, 2-3) descrivendolo assiso su "un seggio di gloria in Israele".

Bibl.: Per l'analisi delle fonti cfr. i varî commenti ai libri di Samuele, Re, Cronache (v. bibbia); per l'esposizione sintetica dei fatti vedi le varie storie del popolo d'Israele (v. bibbia; ebrei); per le relazioni con la storia degli altri popoli orientali cfr. The Cambridge Ancient History, II, 2ª ed., Cambridge 1926, p. 392 segg. Molto utili sono anche gli articoli David nei varî dizionarî ed enciclopedie bibliche (v. bibbia); V. Zapletal, David und Saul, Paderborn 1911; antiquato è H. Weiss, David und seine Zeit, Münster 1880; d'indole agiografica, G. Meignan, David, roi, psalmiste, prophète, Parigi 1889.

TAG

Arca dell'alleanza

Nicola damasceno

Resto d'israele

Città di david

Tribù di giuda