Wallace, David Foster

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Wallace, David Foster

Giovanna Ferrara

Scrittore statunitense, nato a Ithaca (New York) il 21 febbraio 1962 e cresciuto a Urbana (Ill.). Dopo essersi laureato all'Amherst College (Amherst, Mass.) nel 1986, si è dedicato alla narrativa. Ventenne, ha pubblicato il suo primo romanzo, The broom of the system (trad. it. 1999), grazie al quale ha vinto il Whiting Writer's Award. Il libro è composto da una storia quasi inesistente - che attinge però a numerose tecniche narrative - e da un fantasioso mix di messaggi telefonici, trascrizioni di sedute di psicoterapia, mitologie tratte da patinate riviste letterarie. The broom of the system ha scosso il panorama letterario statunitense, dominato dagli epigoni del minimalismo, ed è stato considerato da alcuni critici l'opera di un originale e promettente talento letterario, intessuto di umana e maniacale stravaganza, nonché un personale tentativo di creare un autonomo gioco linguistico, segno di un'infinita capacità di finzione. Il suo secondo libro, Girl with curious hair (1989; trad. it. 1998), una raccolta di racconti, è stato paragonato alla narrativa di T. Pynchon; esso mescola fatti reali, fantasie e originali e ironiche osservazioni sulla società americana, in tanta parte dominata dalla sottocultura televisiva. E se l'autore utilizza i cliché del minimalismo quanto basta per dimostrare come questi siano ormai logori, e se in molti racconti usa appena un migliaio di vocaboli, la struttura del libro è quella del sogno: potente, esplosiva, misteriosa, mentre lo stile mescola prosa e lirica.

Nel 1990, W., in collaborazione con M. Costello, W. ha pubblicato uno studio sulla musica rap, candidato al premio Pulitzer, Signifying rappers: rap and race in the urban present (trad. it. Il rap spiegato ai bianchi, 2000), il quale, in un linguaggio che sapientemente fonde il gergale e l'esoterico, denuncia come questo genere musicale esprima violenza, misoginia, volgarità. Nel 1996 è uscito il romanzo Infinite jest (trad. it. 2000), considerato da alcuni critici una conferma della genialità dell'autore, da altri un libro saccente e sopravvalutato. Ambientato in un futuro non troppo lontano, Infinite jest è un labirinto di storie, costituite da tante narrazioni a incastro, che sono pervase da un senso di sovrastante disgregazione. Le storie narrate, umoristiche e amare, sono volutamente sconclusionate e grottesche, e proiettano il lettore in una paradossale ambientazione medica, tra terapie di disintossicazione, bizzarri prolungamenti sensori, malattie deturpanti, allenamenti tennistici. Un groviglio di traiettorie di vita che conferisce, così, a questo universo-mondo un ritmo avvolgente e accelerato.

Nel 1997 è uscito A supposedly fun thing I'll never do again: essays and arguments (trad. it. 1998): si tratta di una raccolta di articoli che spaziano dallo sport alla critica letteraria, al puro reportage, nei quali emerge una denuncia dell'influenza pervasiva della televisione sulla narrativa contemporanea. L'interesse di questo autore per la matematica ha influenzato l'opera del 2003, Everything and more: a compact history of infinity, storia del matematico G.F.L.P. Cantor che serve come spunto per un excursus storico sul concetto di infinito. Risale al 1999 Brief interviews with hideous men (trad. it. 2000), ventitré brevi racconti incentrati sui rapporti tra i due sessi. Del 2004 è invece Oblivion: stories (trad. it. 2004), raccolta di otto lunghi racconti o romanzi brevi il cui protagonista è, come peraltro recita il titolo, l'oblio, ricercato con accanimento, quando non con disperazione: a San Diego, infatti, un gruppo di scienziati lavora a un farmaco in grado di cancellare il ricordo dei traumi del passato. Un modo, quindi, di affrancare gli esseri umani da quel gioco di apparenze e di reminiscenze cui sembrano eternamente condannati.

bibliografia

M. Boswell, Understanding David Foster Wallace, Columbia 2003; S. Burn, David Foster Wallace's Infinite jest: a reader's guide, New York 2003.

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