MANGIAROTTI, Dario e Edoardo

Dizionario Biografico degli Italiani (2015)

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MANGIAROTTI, Dario e Edoardo

Fabrizio Orsini

Unigenito di Giuseppe e Alessandrina Oggionni, Dario – nato a Milano il 18 dicembre 1915 – crebbe con la famiglia che il padre formò con Rosetta Pirola di Renate, con cui si era unito in matrimonio il 25 luglio 1918 e dalla quale ebbe gli altri due figli Edoardo e Mario. Fra gli schermitori più forti della storia della scherma italiana nella specialità della spada, per distinguerlo dal fratello viene comunemente ricordato anche con il solo nome di Dario.

Edoardo Carlo Giovanni nacque a Renate il 7 aprile 1919, primogenito di Giuseppe e Rosetta Pirola. Seguito dal fratello Mario (nato a Milano il 12 luglio 1920), e per ragioni analoghe comunemente chiamato con il solo nome di Edoardo, è il più grande campione di scherma della storia nelle specialità della spada e del fioretto.

L'infanzia

L'ingresso dei fratelli Mangiarotti nella scherma avvenne verso il 1926 al tempo in cui il padre era con ogni probabilità insegnante a Milano presso la Sala d'armi della Società del Giardino. Giuseppe volle formare i propri figli a svariate discipline sportive, quali la boxe, il nuoto, la marcia e il ciclismo, come lui stesso si era autoformato, per farle sfociare definitivamente nella scherma. Grazie a questa visione della preparazione fisica, coniugata a una impareggiabile tecnica di insegnamento vennero creati numerosi campioni, facendo diventare lui e la sua scuola un emblema della scherma e della spada moderna per circa trent'anni. Uno stile di alta severità e dura esigenza, specie tecnica, che mirava a laureare tutti i figli campioni nella scherma. Dei tre, Dario e Mario vennero impostati secondo le inclinazioni naturali, mentre Edoardo, pur essendo destrimane, venne messo in guardia mancino, assecondando l'ammirazione che il padre aveva verso il celebre campione francese e amico Lucien Gaudin, noto gaucher, per il quale organizzò nel 1923 una celebre tournée di quindici giorni in Italia, in dodici città. Tale iniziativa univa lo spettacolo sportivo, il guadagno e la pubblicità personale; coinvolgeva campioni italiani locali uniti a quelli di alto rango il cui più celebre fu Aldo Nadi. Nelle varie esibizioni non si fece mancare assalti di spada dimostrativi e spettacolari assieme alla moglie Rosetta.

I figli crebbero in questo clima sportivo e internazionale in cui la scherma era lo sport dell'aristocrazia e dell'alta borghesia europea. Episodio significativo della visibilità della famiglia e della loro importanza, fu la Mostra nazionale dello sport avvenuta a Milano nel 1932, in cui i giovani fratelli Mangiarotti posarono per numerose fotografie dal tema schermistico.

Primi successi

Fu Dario che aprì i nuovi successi sportivi di famiglia a valle di quelli del padre, che già si era distinto alle Olimpiadi di Londra del 1908, con un quarto posto nella prova a squadre di spada. Nel 1929 al torneo di Cremona di fioretto, a suo tempo denominato Coppa del Duce o Coppa Dux arrivò settimo. Ma l'anno seguente lo vinse precedendo un promettente Manlio Di Rosa ed Ernesto Gnecco. Nel campionato regionale lombardo fu secondo nel fioretto e quarto nella spada, lasciando prefigurare un futuro schermistico bi-arma che per ragioni ignote non avvenne mai. Nel 1932 nuovamente a Cremona giunse quarto e nel 1933 al Campionato regionale lombardo di fioretto fu terzo dietro i fratelli Rastelli, Giorgio e Dino che in futuro avrebbero brillato a livello nazionale.

Intanto Edoardo seguiva le orme del fratello, partecipando alle medesime gare pur restando sempre dietro, ma di stretta misura; tuttavia a Tripoli nel '33 giunse quarto ai Campionati nazionali dell'Opera Balilla di spada, primo successo personale di un certo rilievo.

Affermazioni sportive e gare internazionali

La svolta per Dario avvenne nel 1934 a Napoli quando, dopo aver vinto l'edizione dei Giochi partenopei di spada, fu coinvolto nelle attività di alto agonismo della nazionale italiana. Nel 1935 compì numerose gare di livello, diventando uno fra i più importanti allievi del padre. Il quarto posto conquistato al suo primo campionato nazionale di spada a Bolzano lo vide precedere solo da Saverio Ragno, Dino Rastelli e Giorgio Macerata, già campioni di spessore, mentre Edoardo che lo seguiva in crescendo fu settimo. Nello stesso anno a Losanna (Svizzera), partecipò ancora ventenne ai Campionati europei, giungendo settimo come finalista nel girone assieme a tutti gli italiani partecipanti, ma unico a battere il vincitore Hans Drakenberg in un assalto divenuto celebre perché legato a un episodio singolare: la spada dello svedese si spezzò involontariamente sulla coscia di Dario, ferendolo e, dopo essere stato medicato, Dario concluse il combattimento battendo l'avversario, rimanendo premiato dall'abbraccio del campione e dagli applausi dei presenti, fra i quali Nedo Nadi che ne scrisse la cronaca in toni epici.

L'alta tenacia e la forza di volontà che contraddistinguevano il giovane Dario, lo misero in grande luce dandogli la giusta sicurezza per poter affrontare nuove sfide internazionali. A Vichy vinse il torneo a squadre di spada insieme con Carlo Agostoni, Roberto Battaglia e Dino Rastelli e, nella stessa arma, giunse quinto al Campionato internazionale di Vienna, dove primeggiò Agostoni. Si aggiudicò il difficile Campionato regionale di zona a Milano di fioretto e inaugurò il 1936 conquistando per la prima volta la fascia tricolore di campione italiano di spada, davanti a Dino Rastelli e al fratello Edoardo che fu terzo, alla vigilia della Olimpiade berlinese.

I due fratelli, adocchiati da Nedo Nadi, che per conto della Federazione si occupava di ricostruire la nazionale italiana di scherma in tutte e tre le armi, parteciparono all'allenamento collegiale preolimpico organizzato a Pontepetri (Pistoia), forti del fatto che il padre Giuseppe fosse anche il referente magistrale per la spada. Fu compito di Nadi assemblare la squadra di spada, composta da Saverio Ragno, Giancarlo Cornaggia Medici, Franco Riccardi, Alfredo Pezzana, Giancarlo Brusati e a sorpresa, a soli diciassette anni di età Edoardo Mangiarotti. Dario venne escluso, ma gli fu promesso di partecipare alla successiva Olimpiade che tuttavia, a causa degli eventi bellici, slittò amaramente al 1948.

Edoardo, che al tempo studiava presso l'Istituto industriale per radiotecnici, fu dispensato dalle lezioni da Achille Starace, presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e segretario del Partito nazionale fascista (PNF), benché Maria Rosa Bonfà, insegnante presso l'Istituto, giornalmente gli assegnasse i compiti per posta interrogandolo poi la sera per telefono. A Berlino debuttò ufficialmente la spada elettrica e l'invenzione aveva tra gli svariati luoghi di collaudo la Sala del Giardino di Milano dove i Mangiarotti si allenavano assieme all'ing. Sergio Carmina, poi inventore del fioretto elettrico nel 1958.

La prima olimpiade di Edoardo

La delegazione italiana a Berlino raggiunse nella spada il risultato notevole di vincere tutte le medaglie disponibili sia individuali sia a squadre. La competizione a squadre si svolse il 7 e l'8 agosto. Nelle eliminatorie l'Italia affrontò l'Ungheria, facendo esordire Edoardo contro Péter Székelyhidy, il quale venne prontamente battuto. Il turno successivo incontrò gli USA e la Cecoslovacchia, battendole entrambe. In tutte le prove Edoardo dimostrò di essere all'altezza uscendo sempre senza sconfitte. La semifinale dell'8 agosto vide gironi da quattro con USA, Svezia e Portogallo. Battuti gli USA 12-4 e il Portogallo 8-2 l'Italia giunse in finale contro Svezia, Francia e Germania. Superata la Svezia 10-5 e la Francia 9-5, chiuse con la Germania 7-1 vincendo l'oro. Edoardo, alla sua prima esperienza olimpica, divenne il più giovane schermitore Italiano a conquistare una medaglia d'oro alle Olimpiadi. Al rientro da Berlino si iscrisse alla Bocconi, aprendosi ai campionati universitari.

Dopo l'Olimpiade mancata, Dario si distinse nuovamente nel campionato italiano vincendolo per la seconda volta nel 1937 e in questo anno venne ingaggiato dagli schermitori romani, per partecipare alla gara nazionale a squadre, denominato Coppa Impero, lodevole tentativo di creare una competizione nazionale sulla falsariga del campionato di calcio, con l'intenzione di rendere la scherma uno sport professionistico a tutti gli effetti.

Prima di cominciare questo campionato, Dario colse l'occasione di partecipare ai mondiali di Parigi del 1937 assieme al fratello. In quell'occasione l'Italia conquistò la medaglia d'oro nella spada a squadre, i cui componenti oltre i due Mangiarotti erano Agostoni, Roberto Battaglia e Francesco Visconti.

Forte dei successi mondiali, la Coppa Impero partì il 7 gennaio e fino al 18 febbraio ogni settimana si contesero il titolo Milano, Genova, il Piemonte, Bologna, Bari, Napoli e Roma. Dario rimase nella capitale per molto tempo, alternandosi in numerose gare e anche in serate d'armi ben pagate presso teatri e palazzi signorili. Questa sua permanenza gli diede occasione di conoscere la scuola schermistica romana le cui peculiarità divennero parte del suo cospicuo bagaglio tecnico.

Nel mondiale successivo del 1938 a Piešt'any in Cecoslovacchia, l'Italia non riuscì a riconfermarsi nella prova a squadre, ottenendo solo il bronzo, mentre Edoardo conquistò a soli diciannove anni l'argento nell'individuale, dietro il francese Michel Pécheux. Dario risultò nono.

Chiamata alle armi

Nel 1939, con la chiamata alle armi, Edoardo venne arruolato come ufficiale di complemento facendo il corso allievi ad Avellino, terminato il quale fu destinato al 7° reggimento fanteria Cuneo di stanza a Milano. Durante la guerra stanziò a Malnate (Varese), al confine con la Svizzera, presso la 6ª compagnia mortai. Dario invece non fu mai militare, rimanendo principalmente a Roma, per praticare i suoi allenamenti sportivi. Nel 1940 rivinse il campionato italiano di spada per la terza volta, aggiudicandosi prepotentemente tutti e quattordici gli assalti della finale davanti al fratello Edoardo e all'altro Mangiarotti, Mario che arrivò quinto. Partecipò a tutte le edizioni della Coppa Impero fino al 1942 anno in cui fu trasformata nel Trofeo Nadi, in ricordo del grande campione: si trattava di una spettacolare e complessa gara a squadre alle tre armi, ma questa volta per clubs, che nella sua prima edizione fu vinta dal Club Pessina di Roma del quale Dario faceva parte ormai in maniera stabile. Il team era composto dai romani Giulio Gaudini, già pluricampione nel fioretto e nella sciabola, Giorgio Pessina, figlio di Carlo, Renzo Nostini, Francesco Visconti di Vercelli e infine da Ulderico Brai. Tale pratica sportiva gli garantì una sorta di dispensa dalla chiamata alle armi. Il professionismo schermistico diede a Dario l'occasione di sposare il 23 agosto del 1943 Angela, detta Lina Giorgetti (Milano, 10 agosto 1920 - Corteno Golgi, 4 settembre 1948).

Con l'8 settembre e lo stato di generale confusione e incertezza che si generò, Edoardo fu richiamato a Milano, dove fu convenuto di dare libertà di scelta agli uomini ovunque stanziati, consigliando di lasciarli liberi di ritornare alle proprie case. Il reparto guidato da Mangiarotti era composto da una maggioranza netta di soldati provenienti dal Sud Italia e data la situazione politica e militare, che di fatto spaccava la penisola in due, il rientro dei soldati alle proprie case era particolarmente difficile se non impossibile. La maggioranza dei soldati, capeggiati dai loro ufficiali e sottufficiali, approfittò della contingenza per non continuare la guerra né con i repubblichini di Salò, tanto meno con il governo Badoglio. Optarono in massa per valicare il confine con la Svizzera nei pressi di Gaggiolo, dopo aver reso inservibili le armi e i mortai dei quali erano custodi. Tale gesto avvenne probabilmente la sera del 9 o del 10 marzo, grazie anche all'aiuto di don Carlo Valaperta. L'intero reparto, una volta espatriato, venne destinato al campo per rifugiati militari nel Canton Berna, dove rimase fino al termine della guerra.

Durante questa permanenza, Edoardo sfruttò le proprie conoscenze all'interno del mondo sportivo, contattando immediatamente il CIO di Ginevra, nelle persone di Alfred Messerly e Oswald Zappelli, i quali, conoscendone le indubbie doti schermistiche, gli garantirono la possibilità di gareggiare in Svizzera nei fine settimana. Solo a guerra finita Edoardo si ricongiunse con la famiglia a Milano.

Il dopoguerra e la nuova olimpiade

La pausa della guerra impose la sospensione delle attività sportive, la riorganizzazione di molti clubs e una lenta ripresa. Nella scherma la prima manifestazione di rilievo fu il campionato nazionale del 1946, vinto da Dario per la quarta volta, che a quel tempo era stato ingaggiato dalla società “Schermistica Piacentina”, nella omonima città dove nel frattempo, il 17 novembre 1946, era nata la figlia Rosella. Nello stesso anno partecipò e vinse alla sua prima edizione la coppa Fitting, il più importante evento schermistico internazionale svizzero.

In previsione della nuova Olimpiade, i campionati internazionali ripresero nel 1946 con il mondiale di Lisbona. In Portogallo Edoardo esordì a livello internazionale anche nel fioretto, vincendo un bronzo nell'individuale, dietro il livornese Manlio Di Rosa, gara vinta dall'astro nascente francese Christian D'Oriola. Nell'individuale di spada terminò con un quarto posto, primo fra gli italiani dove Dario risultò sesto, ma con il quale vinse un prezioso bronzo nella prova a squadre dietro Francia e Svezia, grazie all'aiuto di Antonio Allocchio, Luigi Cantone, Ercole Domeniconi e Saverio Ragno. L'anno dopo, nel 1947 Edoardo vinse il suo primo titolo italiano nella spada e a Parigi le Universiadi di fioretto.

Una delle rare occasioni per misurare le più forti squadre di spada del mondo avvenne a Venezia, con il Torneo internazionale quadrangolare del Lido, cui parteciparono Italia, Svizzera, Francia e Svezia. L'evento era organizzato ad arte sulla falsariga dei tornei sportivi francesi messi in piedi nelle città della cultura e del turismo transalpino e doveva corredare la mostra del cinema allietando i suoi ospiti con un elegante avvenimento sportivo. La formula mirava a coagulare i più prestigiosi atleti della scherma mondiale al fine di esibirsi davanti ai più rinomati personaggi della società mondana che confluivano presso il Casinò lagunare. In questa prima edizione vinse l'Italia con Dario che si aggiudicò anche il titolo nella simmetrica prova individuale. Tale gara misurava gli atleti che poi si sarebbero confrontati nella imminente Olimpiade.

Una volta raggiunti i tempi per la trasferta olimpica londinese, maturarono quelli delle gare di qualificazione preolimpiche che sancivano l'ufficialità degli atleti da inviare in Inghilterra. Uno fra i protagonisti dell'olimpiade fu Luigi Cantone, un vercellese di terza categoria che si distinse qualche volta a livello nazionale senza mai spiccare particolarmente, benché già avesse partecipato al mondiale di Lisbona senza sfigurare. Ebbe così la fortuna di essere convocato alle tre gare preolimpiche vincendo a sorpresa la prima e distinguendosi nelle altre due. Fu così che venne convocato di diritto nella squadra nazionale e inviato a Londra con gli altri atleti.

In questa edizione Edoardo fu protagonista per la prima volta nelle due armi. La prima gara di fioretto a squadre fu assieme con Ragno, Giorgio Pellini, Di Rosa e i fratelli Renzo e Giuliano Nostini. Battuta la Grecia 16-0, Edoardo avvicendò Ragno contro la Finlandia, chiusa 9-0. In semifinale con Belgio, Ungheria e Argentina, i confronti terminarono con tutte vittorie accedendo alla finale con Francia, Belgio e Stati Uniti. In finale l'Italia schierava i due Nostini, Di Rosa e Mangiarotti. Battuti Belgio e Stati Uniti l'incontro con la Francia finì in parità e grazie a due sole stoccate di vantaggio, la Francia ottenne l'oro e l'Italia l'argento.

Nella gara successiva per la prima volta in una Olimpiade i due Mangiarotti vennero schierati insieme per la spada a squadre. Battuto il Brasile, l'Italia si affacciò al secondo turno per vincere su Polonia e Norvegia giungendo alla semifinale, dove si impose su Lussemburgo e Ungheria. In finale trovò ancora una volta la Francia, assieme a Svezia e Danimarca. L'Italia di Marco Antonio Mandruzzato, Luigi Cantone e i due fratelli Mangiarotti, batté le prime due per perdere con una Francia determinata, aggiudicandosi l'argento, corrispondente alla prima medaglia olimpica di Dario.

Nella gara individuale di spada, il giorno dopo la finale a squadre, Cantone, forte delle vittorie alle preolimpiche pretendeva di partecipare in sostituzione di qualsiasi altro componente. La sua intraprendenza lo spinse a prendere letteralmente per il bavero il presidente della Federazione italiana Giuseppe Mazzini per costringerlo a trovare il modo di introdurlo nella gara. Mazzini usò il puerile stratagemma del lancio della moneta e la sorte ricadde fatalmente su Cantone che andò a sostituire inspiegabilmente Dario, nonostante fosse lo spadista più esperto e con il più alto numero di gare nazionali e internazionali vinte nel suo palmarès. La motivazione ufficiale fu che Dario si era infortunato a un piede. A quel punto tutte le speranze di famiglia erano riposte in Edoardo che andò spedito in finale di vittoria in vittoria fino al girone a dieci sfidanti. Alla fine di tutti gli assalti, primo fu l'italiano Cantone battuto solo da Agostoni e Mangiarotti. Quest'ultimo si trovò assieme allo svizzero Zappelli con identico numero di vittorie e stoccate. Andò allo spareggio per giocarsi il terzo e quarto posto e dopo aver sconfitto lo svizzero 3-0, vinse il bronzo corrispondente alla prima medaglia olimpica individuale di Edoardo.

Il 1948 non fu solo l'anno della prima olimpiade di Dario, ma anche del suo più profondo dolore familiare, poiché visse il tragico evento in cui perse la moglie durante l'alluvione del 4 settembre, quando con la famiglia si trovava in vacanza a Corteno Golgi, in Val Camonica. Gli eventi furono gravi e drammatici e ancora oggi sono ricordati con amarezza dalla popolazione. Dario riuscì a salvare solo la figlia Rosella, ma Lina Giorgetti morì nel frangente. Non fu facile riprendere l'attività sportiva, ma nonostante tutto Dario seppe reagire aggiudicandosi nello stesso anno a Losanna per la seconda volta la coppa Fitting.

Di contro, in questo anno Edoardo partecipò alle più importanti gare nazionali e internazionali di fioretto e spada, vincendo per la prima volta, a Bologna, l'importante coppa Giovannini di fioretto e il prestigioso Challenge Monal di Parigi, una gara aperta a tutti, non solo agli atleti nazionali, divenuta in seguito il trofeo di spada più importante del circuito di coppa del mondo di specialità.

Il primo italiano campione mondiale di spada

L'edizione dei campionati mondiali del 1949 fu sontuosamente organizzata al Cairo in Egitto in quella che è da ritenersi la migliore performance dell'Italia in campo schermistico in virtù delle nove medaglie vinte, record storico ancora oggi imbattuto. Rappresenta soprattutto la vetta della carriera di Dario, poiché in quella occasione sconfisse tutti gli avversari laureandosi campione del mondo davanti al francese René Bougnol e allo svedese Per Carlesson. La gara di Dario fu sofferta soprattutto per i crampi avuti durante l'assalto decisivo contro Bougnol. A causa di questo, il combattimento fu interrotto due volte per i canonici 15 minuti, al fine di riprendere le forze e ripristinare il giusto equilibrio muscolare con l'ingestione di cospicue dosi di sale. Con la consueta tenacia, nonostante si trovasse in svantaggio di 2-0, Dario ebbe la meglio sul francese vincendo 5-3, diventando il primo italiano a conquistare il titolo di campione del mondo di spada. Edoardo, invece, a causa di una congestione uscì al primo turno.

Il giorno successivo i due fratelli Mangiarotti fecero guadagnare l'oro mondiale alla squadra italiana, unitamente a Giorgio Anglesio, Giuseppe Delfino, Carlo Pavesi e Fiorenzo Marini, un appuntamento che con i due fratelli Mangiarotti divenne quasi sempre una felice routine.

Edoardo si rifece nel fioretto individuale, riuscendo nell'impresa di vincere un bronzo preziosissimo a pari merito con Giuliano Nostini, ma soprattutto nel portare l'Italia di nuovo sul podio più alto con la squadra, che era composta da Manlio Di Rosa, Roberto Ferrari, Pellini e i due Nostini.

Nello stesso anno, a Parigi, vinse per la seconda volta il Challenge Monal, divenendo così uno dei più importanti schermitori bi-arma del mondo considerando che all'età di trent'anni poteva contare già quattro medaglie olimpiche e ben sette mondiali.

Nel biennio 1948-49 Dario fu ufficialmente il più forte spadista del mondo e indiscutibilmente anche il più costante nel rendimento, forte anche dei precedenti quattro titoli italiani guadagnati in più riprese. A Piacenza vinse il Campionato regionale emiliano di spada e di fioretto, mentre a Biarritz venne invitato a sfidare il campione olimpico Henri Guerin, in un celebre incontro accademico che vinse, dopo il quale rientrò in Italia per giungere secondo alla nuova edizione individuale del torneo quadrangolare di spada del Lido di Venezia, vinto questa volta dal fratello Edoardo. Con lui rivinse la gara a squadre e in seguito, a Losanna, la famiglia Mangiarotti dominò in maniera assoluta. Dario vinse per la terza volta la coppa Fitting, aggiudicandosi il trofeo definitivamente (in base a un regolamento che assegnava la vittoria solo dopo essersi aggiudicata la prova per tre volte), mentre nella competizione a squadre, i tre fratelli Mangiarotti assieme a Mario Spreafico fecero squadra vincendo la gara parallela denominata coppa Le Coultre, associando indissolubilmente il loro nome a quello della scherma per diventare, giornalisticamente parlando, la “Famiglia Sullivan”.

Il 1950 fu anno di traguardi non solo sportivi. Il fidanzamento di Edoardo con Camilla Castiglioni del 1949, fu coronato con il matrimonio il 1° giugno 1950. La moglie fu nel tempo una figura determinante per la continuità e il sostegno non solo sportivo, ma anche dirigenziale per lui e per la società sportiva di famiglia. Nel medesimo periodo vinse nuovamente il titolo italiano di spada e un doppio oro nel fioretto e nella spada a squadre nel mondiale di Montecarlo, sempre assieme al fratello, mentre fu quarto nel fioretto individuale che fu vinto dall'eterno rivale italiano, Renzo Nostini. Degna conclusione della stagione fu la conquista della seconda coppa Giovannini e per la terza volta del Challenge Monal di Parigi, record unico ancora insuperato.

Anche per Dario il 1950 fu un anno impegnativo. Alla 9ª edizione genovese della Coppa Molié fra Italia e Francia i Mangiarotti fecero vincere all'Italia il titolo, in una sfida eterna che ogni anno la metteva l'una contro l'altra, ma alimentava il flusso di sfide che si svolgevano Oltralpe nelle stazioni turistiche d'élites grazie anche ai forti battages giornalistici. Queste competizioni di spettacolo sportivo richiamavano spesso campioni per giornate mondane ben pagate, alimentando il giro professionistico. A Luxeuil les Bains (Franca Contea - Francia), il 29 giugno vennero chiamati entrambi i fratelli per sfidare i campioni nazionali e locali. La competizione venne vinta da Dario davanti a Edoardo. Questo episodio fu seguito da una doppia gara a Montpellier e a Bordeaux, dove i giornali costruirono ad arte il confronto fra il campione del mondo Dario Mangiarotti e lo sfidante Bougnol. In entrambi gli incontri, l'italiano vinse senza problemi, confermandosi il più forte spadista del tempo. A Lione, il gala internazionale alle tre armi, vide trionfare Dario nella spada, il fratello Edoardo nel fioretto e Arturo Ferrando nella sciabola. La scuola italiana si imponeva con una certa autorità a tal punto che Dario in ottobre venne invitato a Londra per il centenario del London Fencing Club. Gli fu chiesto di confrontarsi accademicamente con il campione locale Jéhan Buhan che fu battuto per 10-6.

Ai nuovi campionati del mondo del 1950 a Montecarlo, Dario, pur essendo affiancato da campioni di notevole bravura, risultò l'unico italiano ad approdare al girone della finale. La gara si risolse in maniera tale che fu vinta dal danese Mogens Luchow, mentre Dario e lo svedese Carl Forsell a pari merito di vittorie e stoccate, furono argento ex-aequo, prima e unica volta nella storia della scherma mondiale. L'Italia si rifece nella competizione a squadre vincendo l'oro davanti a Francia e Svezia.

L'olimpiade dei Mangiarotti

Nel campionato mondiale di Stoccolma del 1951, che chiudeva le qualificazioni olimpiche, Edoardo fu protagonista principale diventando per la prima volta campione mondiale di spada, titolo che inseguiva da molto tempo. L'anno terminò ad Alessandria d'Egitto con i Giochi del Mediterraneo, dove conquistò un prezioso bronzo nel fioretto individuale mentre a Bologna per la terza volta scrisse il suo nome sulla coppa Giovannini, anche questo un primato imbattuto. E se i successi del 1951 non misero in discussione la sua partecipazione alla nuova olimpiade di Helsinki nel luglio del 1952, per Dario le cose potevano sembrare diverse, specie per le antiche vicende trascorse. Perciò, al fine di scongiurare qualsiasi possibilità di esclusione dalle gare olimpiche, vinse tenacemente il suo quinto titolo italiano, sempre nella spada. Non pago del risultato, dimostrò il suo valore nelle tre prove di qualificazione preolimpiche vincendo due gare e piazzandosi secondo nella terza. Il fratello Edoardo che al tempo scriveva già per la Gazzetta dello sport, titolò così l'articolo che lo riguardava: Dario Mangiarotti: piccolo gigante imbattuto. Quello fu anche l'anno del suo secondo matrimonio con la cognata Enrica Giorgetti, avvenuto il 27 giugno 1951.

Per la seconda volta i due fratelli si trovarono assieme in tutte le competizioni di spada, mentre Edoardo venne schierato anche per le due gare di fioretto, in quella che può essere definita, schermisticamente parlando, l'Olimpiade dei Mangiarotti.

L'Olimpiade fu aperta da Edoardo, con la gara di fioretto a squadre il 21 luglio. Venne inserito anche nella lista dei giudici assessori che aiutavano il direttore di gara nelle fasi di arbitraggio, poiché il fioretto non era ancora stato elettrificato. Nelle eliminatorie gli italiani affrontarono il facile Venezuela battuto per 9-0 da una squadra composta da Giancarlo Bergamini, Antonio Spallino, Di Rosa e Pellini. Nel secondo turno, sconfitta la Svezia, fu la volta del Belgio, battuto anch'esso 9-1. La finale del 22 luglio vide assieme Italia, Francia, Ungheria ed Egitto. Il primo scontro con l'Ungheria chiuso 13-3 fu seguito da quello con l'Egitto battuto 15-1. Nell'ultimo assalto con la Francia vennero sconfitti con un dignitoso 8-6, portando a casa l'argento. Nel fioretto individuale gli italiani furono inarrestabili qualificandosi sempre senza trovare ostacoli in ogni girone fino alle finali dove vinse senza appello l'oramai affermato campione francese D'Oriola, che rimase sempre imbattibile per Edoardo e non solo, che a sua volta si aggiudicò l'argento; Di Rosa fu sul podio del bronzo, mentre Bergamini giunse onorevolmente ottavo alla sua prima olimpiade.

La gara di spada a squadre era molto attesa. Il 25 luglio i due Mangiarotti erano nuovamente schierati assieme per vincere il primo oro olimpico di famiglia. Le eliminatorie videro il quartetto azzurro superare l'URSS e, con Dario in squadra, l'Italia batté nel secondo turno la Norvegia e il Belgio. Nella semifinale la Danimarca fu superata per poi incontrare in finale, Svezia, Svizzera e Lussemburgo. La squadra italiana era composta dai due Mangiarotti, Franco Bertinetti e Carlo Pavesi, che vinsero l'oro in una finale dove batterono le avversarie in una sequenza da record schermistico: 12-4, 12-2 e 8-5. In questa occasione Dario vinse la sua prima e unica medaglia d'oro olimpica.

Il 27 e 28 luglio si disputò la prova individuale di spada e Dario concluse il primo giorno in testa nel suo girone. Nelle semifinali grazie alle sei vittorie si aggiudicò l'ingresso alla finale a dieci. La fase era debilitante, nove assalti per ogni atleta per un totale di ottantuno, dove si trovò a sfidare sia Pavesi sia il fratello. Anche Edoardo portò avanti la gara con la medesima determinazione, consapevole che l'avversario da battere era Dario e nessun altro. Anche lui fu sempre primo nelle fasi qualificatorie. Gli eventi dell'Olimpiade diedero alimento alle polemiche più taglienti poiché fino al '52 il fratello Edoardo pur essendo un grande fiorettista, secondo solo a D'Oriola, nella spada non aveva mai spiccato quanto Dario. Dai tabellini dell'Official Report di Helsinki non è indicato alcun dettaglio della gara, ma solo il gelido elenco del numero di vittorie e stoccate. Le vicende furono raccontate da Vincenzo Cuccia, arbitro internazionale e testimone dei fatti nelle pagine de Lo Sport del 28 agosto 1952. La descrizione che ne diede mostrò come l'incontro tra i due Mangiarotti fu consumato subito per evitare combine di gara. Lo svizzero Oswald Zappelli che elargiva ampiamente filo da torcere a tutti, dimostrava di poter vincere la gara senza problemi. A metà girone sembrava avere la meglio sugli sfidanti dirigendosi solitario verso l'oro. Fu l'assalto con Dario a essere determinante per far pendere la bilancia verso gli italiani, poiché con la solita inarrestabile tenacia, riuscì a batterlo. Questa vittoria fece sì che per un'alchimia aritmetica, il fratello Edoardo passasse al comando con sette vittorie mentre Dario, Zappelli e il lussemburghese Léon Buck si trovarono tutti e tre con sei vittorie a testa. Solo l'aliquota stoccate favorì Dario più degli altri. Con le sue 16 stoccate a vantaggio, vinse l'argento olimpico, mentre Zappelli con 18 fu terzo e Buck con 19 quarto. Questo è il migliore risultato individuale di Edoardo e contemporaneamente anche di Dario, in una Olimpiade che Cuccia riassunse felicemente nel titolo dell'articolo scrivendo: Sulla lama di Dario il destino di un'olimpiade. Quella di Edoardo fu anche l'unica medaglia olimpica individuale d'oro.

Il 1952 fu l'anno in cui Edoardo divenne padre di Carola (Milano, 2 maggio 1952) anch'essa fiorettista, impostata mancina dal nonno Giuseppe, benché destrimane naturale. Fu atleta nazionale e con la squadra giunse quinta sia alle Olimpiadi di Montreal del 1976 sia a Mosca nel 1980. Il suo miglior piazzamento fu ai mondiali di Grenoble del 1974 dove arrivò quarta sempre con la squadra. Da ricordare il bronzo individuale ai Giochi del Mediterraneo nel 1975 ad Algeri.

Dopo l'Olimpiade di Helsinki, Dario vinse nel 1953 il suo sesto e ultimo titolo individuale nella spada, record italiano imbattuto, che ne fa uno dei più forti spadisti della storia della scherma italiana. Concluse la carriera sportiva con la partecipazione al mondiale di Bruxelles, dove giunse ottavo nell'individuale a trentotto anni di età, ma fu d'oro nella prova a squadre, assieme agli oramai consolidati Anglesio, Bertinetti, Pavesi e il fratello Edoardo, totalizzando un personale di ben nove medaglie mondiali, di cui cinque d'oro. A tal proposito va ricordato che nella medesima gara Edoardo terminò quinto mentre Fiorenzo Marini, già allievo di Giuseppe, vinse il bronzo. Come di consueto fu d'oro la prestazione a squadre.

Edoardo vinse il suo secondo titolo mondiale di spada a Lussemburgo nel 1954, un primato che spettava fino ad allora solo al francese Philippe Cattiau, conquistato negli anni Trenta. Il giorno dopo gli italiani si ripeterono vincendo la gara a squadre, mostrando una supremazia nella spada che oramai faceva scuola.

Tournées e addii

Nell'estate del 1953 i due fratelli Mangiarotti e Irene Camber, prima donna italiana a vincere una medaglia olimpica nella scherma, vennero invitati in Brasile dalla Fluminense Football Club di Rio de Janeiro, per celebrare il cinquantenario della loro fondazione. Nell'ambito delle attività polisportive organizzate per l'occasione, loro dovevano svolgere quelle schermistiche. Edoardo si cimentò nel fioretto e nella spada, mentre Dario alternò la spada alla sciabola, affrontando numerosi campioni locali. In quella gita sudamericana Dario alternò le vittorie di spada con il fratello mentre le prove di sciabola furono perse soltanto con Estevan Molnar, un attempato ungherese trapiantato in Brasile. La tournée si concluse con una nuova serie di incontri trionfanti svolti a Buenos Aires dove gli schermitori italiani erano sempre visti con l'aura di mitologia che conservavano dai tempi di Eugenio Pini.

Nello stesso anno Dario fu nuovamente vincitore assoluto al Torneo di Biarritz e a dicembre fu invitato in Francia al gala di Scherma contro Armand Mouyal, in una sempre viva cornice di incontri professionistici che in Francia non si esauriva mai, anche perché ben remunerati. Ma il coronamento più importante di queste manifestazioni accademiche avvenne in occasione dell'addio alle pedane del più grande fiorettista della storia, il francese Christian D'Oriola, che lo volle come sfidante l'11 aprile 1954 nella sontuosa cornice di una Nizza, che come di consueto da più di mezzo secolo, sapeva accogliere avvenimenti di questo tipo. Tutto questo coincise fatalmente anche con il termine della carriera agonistica e professionistica di Dario.

Carriera magistrale di Dario e ultime olimpiadi di Edoardo

Dario divenne maestro di scherma il 15 maggio 1955, presso l'Accademia nazionale di scherma di Napoli. Alla base vi era la necessità di sostenere e poi sostituire il padre nella gestione della sala di famiglia. È da rimarcare che a termine della carriera agonistica cominciò ad acuirsi il problema di una coxoartrosi sinistra, sórta probabilmente sin dall'infanzia, mai curata a dovere e sempre più cronica fino agli ultimi giorni di vita, con persistenti dolori e il noto fenomeno dell'accorciamento dell'arto di alcuni centimetri.

Dario però non abbandonò mai lo spirito agonistico che coltivò partecipando a tre campionati del mondo riservati ai maestri di scherma, fra i quali il primo fu nel 1958 a Bruxelles dove risultò quinto. Per cinque anni insegnò a Milano nel tempo che il padre Giuseppe formò come maestri per la propria sala, prima Gianluigi e poi Marcello Lodetti. Successivamente nel 1960 venne chiamato a insegnare presso l'ambizioso Club scherma Torino, il cui desiderio era di avere almeno un suo atleta in nazionale, ma soprattutto per trasfondere nei propri atleti i molti segreti della mitica e imitatissima tecnica della “scuola Mangiarotti”.

Le attese non mancarono e per cinque anni a Torino si parlò meneghino, con la spada e il fioretto importati da Dario, confluendo principalmente, ma non solo in Nicola Granieri, uno degli ultimi atleti bi-arma più vincenti della storia della scherma italiana, il quale raggiunse alti livelli in entrambe le armi in campo europeo e mondiale.

Nel frattempo nel 1955, Edoardo, che era oramai il più importante protagonista della scherma italiana e mondiale, vinse contemporaneamente il campionato italiano di fioretto e di spada. Ai mondiali di Roma l'imbattibile squadra italiana capeggiata da Edoardo ottenne l'oro sia nel fioretto sia nella spada. Ai Giochi del Mediterraneo di Barcellona vinse l'argento nel fioretto individuale, confermandosi fra gli atleti più forti di sempre. Ancora in attività, nel 1959 ricevette il Challenge Chevalier Fayerick, un premio dato allo schermitore, con la menzione: «Eccezionale schermitore, che non mancò mai di dare l'esempio con le sue qualità fisiche e morali durante la sua lunghissima carriera, adornata con i titoli più prestigiosi, che ha saputo fondere armoniosamente in uno stile classico e puro di scherma con eleganza e un sempre presente atteggiamento di fair-play».

Intanto si avvicinavano le olimpiadi australiane di Melbourne del 1956, dove Edoardo fu portabandiera dell'Italia. Venne schierato come di consueto sia nel fioretto sia nella spada. Nel fioretto a squadre, l'Italia prevalse sulla Colombia 9-0. In semifinale gli italiani sconfissero gli USA 8-4 e nonostante avessero pareggiato con Inghilterra-Irlanda del Nord 8-8, anche con lo stesso numero di stoccate, passarono ugualmente il turno, incontrando USA, Francia e Ungheria nel girone della finale. Vinto il match per differenza stoccate con l'Ungheria, batterono gli USA 9-7 per poi sconfiggere finalmente la Francia 9-7 vincendo l'oro che l'Italia del fioretto, e in particolare Edoardo, inseguivano dal '48. Esausto della gara a squadre, il giorno dopo nell'individuale non riuscì a passare le qualificazioni andando allo spareggio con il tedesco Jörg Stratmann che lo eliminò.

Nella gara a squadre di spada, Edoardo non partecipò se non dalla semifinale in poi, fino al match con il Belgio, che inaspettatamente vinse contro un'Italia in cui era riserva. Il suo ingresso fu determinante per vincere contro l'Ungheria e accedere nuovamente alla finale. Le vittorie in sequenza contro Gran Bretagna, Irlanda del Nord, Francia e Ungheria diedero un nuovo oro olimpico all'Italia.

L'individuale di spada vide Edoardo passare il secondo turno, arrivando al girone della finale senza problemi, assieme ai compagni di squadra Giuseppe Delfino e Pavesi. A quel punto si verificò il singolare evento in cui i tre italiani, si trovarono a uguali vittorie e stoccate, andando così al décalage a tre. Lo spareggio si ripeté per due tornate a causa dell'eguale numero di vittorie in ognuno dopo le quali il vogherese Pavesi risultò campione olimpico seguito da Delfino e Mangiarotti, che alla sua quarta olimpiade vinse la sua undicesima medaglia.

Nel 1957 Edoardo conquistò il suo ultimo titolo italiano nel fioretto, raggiungendo l'alto numero di sette titoli individuali complessivi nelle due armi. Nel 1958 al mondiale americano di Philadelphia (PA) fu nuovamente oro nella spada a squadre e argento nell'individuale, concludendo l'avventura dei campionati del mondo con un bronzo nel fioretto a squadre, totalizzando l'enorme numero di 26 medaglie in campo mondiale di cui 13 d'oro, 8 d'argento e 5 di bronzo.

Intanto si avvicinava l'Olimpiade romana del 1960, nelle cui vicende la Federazione italiana scherma (FIS) mostrò il suo lato più fragile, quello politico. A causa delle dimissioni del suo presidente Nino Bertolaja, la Federazione venne commissariata aprendo un vulnus nella direzione sportiva più vincente d'Italia. Nel 1959 i vertici federali erano vacanti e fu il presidente del CONI Giulio Onesti a nominare tre grandi campioni come reggenti temporanei della FIS, in quanto stimati da tutto il mondo della scherma: Renzo Nostini, Gastone Darè ed Edoardo Mangiarotti. Nelle intenzioni del CONI il triumvirato avrebbe dovuto traghettare la FIS verso le Olimpiadi, ma anche dare le linee guida di una nuova Federazione, formata da un insieme di società che, nei fatti, versavano nella indigenza dal punto di vista attrezzistico e tecnico. Venne stilato un rapporto programmatico in cui era esaminata la situazione della scherma italiana, in relazione a quella mondiale, mostrando di contro le linee di sviluppo verso un'attività federale più al passo con i tempi. Uno dei più importanti obiettivi era quello di far convogliare i fondi elargiti per legge in opere di manutenzione e sviluppo delle società in tutta Italia, specie dal punto di vista delle attrezzature. Il programma sortì pochi cambiamenti, che dipesero soprattutto dalla buona volontà delle società stesse, ma le intenzioni furono lodate per il coraggio e lo spirito avvenieristico.

L'Olimpiade Italiana fu l'ultima di Edoardo. Per la seconda volta fu nominato alfiere portabandiera nella cerimonia di apertura. Si polemizzò non poco per la sua partecipazione come atleta e dirigente. All'età di quarantuno anni prese parte alla sua quinta Olimpiade, gareggiando nel fioretto e la spada a squadre.

Nella prima gara venne schierato subito contro la Romania, accanto a Luigi Carpaneda, Alberto Pellegrino e Mario Curletto. Nelle semifinali contro l'Ungheria, vinte con sole 3 stoccate di vantaggio, l'Italia ottenne l'argento dopo aver perso 9-4 il confronto con l'URSS.

Nella spada a squadre l'Italia si presentò con un gruppo di primo livello grazie a Pavesi, Pellegrino, Gianluigi Saccaro, Marini, Giuseppe Delfino e Mangiarotti. Battuto il Portogallo 9-2, nei quarti di finale l'Italia chiuse con la Svezia 9-3, vincendo in semifinale 9-6 l'URSS. Quando in finale si trovò con la Gran Bretagna fu quasi facile sconfiggerla con un 9-5, coronando il successo di chiudere la carriera con la tredicesima e ultima medaglia olimpica, la sesta d'oro.

Di contro Dario che si andava affermando come insegnante, ritornò a Milano intorno al 1965, quando oramai le capacità fisiche del padre erano ridotte al limite e l'impegno magistrale in sala scherma non poteva essere sostenuto solo dal giovane seppur brillante maestro Marcello Lodetti, valido continuatore della scuola. Dario, che non abbandonò gli obiettivi agonistici, vinse l'argento al campionato mondiale maestri del 1964 a Stoccarda, mentre fu d'oro a Roma nel 1966 a cinquantuno anni di età. Nel 1968 divenne padre di Maurizio.

Il padre Giuseppe morì nel 1970 e la direzione magistrale fu portata avanti da Dario e sostenuta dai maestri Bruno e Carlo Polidoro, Vincenzo Cannizzo, oltre che dal talentuoso Lodetti. Nel tempo seguirono anche i maestri Sigfrido Motolese, Arturo Volpini, Aldo Zanobini e Sandro Resegotti.

A Milano fra i tanti atleti di vaglia che formò, raggiunse il suo apice con Angelo Mazzoni che nella spada a squadre riuscì a riportare l'Italia sui podi più alti delle olimpiadi (Los Angeles, Atlanta e Sydney) e di molte competizioni internazionali, in un'epoca in cui sorgeva la temibile e innovativa scuola sovietica.

Diede prova di costanza ed efficienza nell'essere uno dei maestri della nazionale italiana di spada per circa quindici anni fra il 1965 e il 1980. Per le Olimpiadi di Città del Messico e di Monaco venne ripetutamente invitato quale maestro per alcune nazionali straniere senza mai accettare.

Nel luglio 1981 venne chiamato dalla Federación peruana de esgrima per dirigere un corso rivolto ai maestri di scherma locali, ponendo così anche in Sudamerica un prezioso seme della sua scuola magistrale. Gli ultimi anni di vita furono di solo insegnamento divisi fra a Milano e Lecco.

Edoardo scrittore e giornalista

Dopo che Edoardo chiuse con un oro l'Olimpiade di Roma, si aprì una carriera dirigenziale sportiva, che durò cinquant'anni. Nel 1966 pubblicò con Aldo Cerchiari un manuale dal titolo Scherma, che mostrava come la scherma istituzionale di Masaniello Parise tramandata fino a quel momento dal 1888 e imposta dall'Accademia nazionale di scherma, fosse in larga parte desueta. Per dimostrare questo si fece forte dell'enorme numero di fotografie che inserì nel testo, additando quale fosse la scherma praticata nel mondo e quanto le mute tavole del Parise fossero ormai archeologia schermistica. Qui compare anche il singolare «Decalogo dello Schermitore» che rappresenta la sintesi deontologica e sportiva di chi pratica questo sport. La prefazione fu di Gianni Brera amico e mentore, che durante gli Europei di Merano, chiese al campione di curare la rubrica della scherma per la Gazzetta dello sport. Fu tale dal 1949 al 1972, specie come inviato alle Olimpiadi, la cui ultima, accreditato come membro d'onore della Fédération internationale d'escrime (FIE) fu quella di Pechino del 2008, la sua diciassettesima. Ampio fu il contributo di Dario al lavoro svolto dal fratello, dove comparve come maestro figurante nell'enorme numero di foto in cui è ritratto mentre posa, indice della qualità della scherma praticata. Il detto manuale fu poi pubblicato in forma ridotta dalla FIS quale testo magistrale di scherma, dal 1970 ai giorni nostri. E pur apparendo come opera di Giuseppe è notoriamente una riduzione del manuale di Edoardo e Cerchiari.

Onorificenze e carriera dirigenziale di Edoardo

Nel 1978 ad Atene Edoardo venne insignito dell'Ordine olimpico di bronzo del Comitato olimpico internazionale (CIO) e nel 2002 dell'Ordine olimpico d'argento, la più alta onorificenza sportiva. Uguale cosa fecero l'Argentina e la Francia con rispettivi riconoscimenti onorifici. Nel 2009 godette del premio «Jean Borotra» per il World Fair Play Trophy alla carriera.

In Italia fu insignito di tre medaglie d'oro al Valore atletico e il CONI lo premiò con il «Collare d'Oro», la più alta onorificenza italiana al merito sportivo. Nel 1998 fu nominato cavaliere di Gran Croce e in occasione delle celebrazioni di fine secolo vene eletto a Roma «Atleta del '900».

Per la FIE fu membro della Commissione disciplina e nel 1980 l'allora presidente Giancarlo Brusati lo nominò segretario generale. Ricoprì diversi incarichi, essendo in Commissione per regolamenti, arbitraggio, propaganda e miglioramento della sciabola e del fioretto. Nel 1978 fu in Commissione speciale per il regolamento amministrativo. Dal 1994 al '98 fu presidente della Commissione “Barème des voix” e dopo essere stato membro della Commissione disciplina, ricoprì il massimo incarico.

Nel 1968 fu nominato presidente della Unione nazionale veterani dello sport (UNVS), mantenendo la carica fino al 2004 e dal 1970, su impulso del presidente del CONI Giulio Onesti e della FIS Renzo Nostini presiedette l'Associazione medaglie d'oro al valore atletico, (AMOVA) fino al 2005.

Fu sempre presente e attivo nella sala scherma di famiglia il “Circolo della Spada Mangiarotti” di Milano, dove il fratello Dario era il maestro caposala e la moglie Camilla Castiglioni presidente.

Ultimi giorni

Dario, il 4 aprile del 2010, due giorni dopo aver dato l'ultima lezione di scherma ai suoi atleti, si recò a Rapallo in vacanza. Lì fu colto dai sintomi di un infarto che lo costrinse a un ricovero all'ospedale di Lavagna. Fu operato con successo all'età di 95 anni e nonostante non desse segni di indebolimento si addormentò serenamente la mattina del 9 aprile 2010 dopo aver letto la Gazzetta dello sport.

La sua scherma è ricordata per la brillantezza del gioco e una fisicità rapida ed esplosiva, oltre che da una capacità di variare improvvisamente le scelte tecniche durante lo svolgersi dell'azione. Tale caratteristica lo rese imprevedibile e difficilmente classificabile in uno stereotipo schermistico, che seppe fondere in uno stile inconfondibile e riportò in modo singolare anche nell'insegnamento.

Nel gennaio 2008 Edoardo, dopo avere subito un intervento chirurgico all'intestino e un ictus, si sottopose alle più scrupolose cure di riabilitazione per presenziare alle Olimpiadi di Pechino, cui non volle rinunciare.

Quattro anni dopo, il 25 maggio del 2012 si spense nella casa di famiglia all'età di 93 anni, dopo aver firmato quasi quotidianamente per circa mezzo secolo i suoi ritratti fotografici richiesti da tutto il mondo. Dal 7 maggio 2015 il suo nome è stato inserito nella «Walk of Fame» presso il Foro Italico a Roma, fra i cento atleti più prestigiosi dello sport italiano.

Opere

E. Mangiarotti - A. Cerchiari, Scherma, Milano 1966; La Spada: metodo del maestro caposcuola Giuseppe Mangiarotti, Roma 1970.

Fonti e Bibliografia

The XIth Olympic Games Berlin, 1936 - Official Report, Berlin 1937; Official Report of the organising committee for the XIV Olympiad, a cura del Comitato organizzatore dei giochi, London 1948; Official Report of the organising committee for the XV Olympiad Helsinki 1952, Helsinky 1952; The Official Report of the organising commitee for the games of the XVI Olympiad, a cura del Comitato organizzatore dei giochi, Melbourne 1956; The games of the XVII Olympiad, Rome 1960, Roma 1963; P. Lazzarini - G.M. Lòriga, L'Esercito ai Giochi olimpici, Roma 2013; La Federazione italiana scherma compie cento anni, a cura di G.C. Toràn, I-II,  Busto Arsizio 2009-2011. Si vedano inoltre: Da 40 anni alla guida dell'UNVS, un mito: Edoardo Mangiarotti, in Rivista dell'UNVS (Unione Nazionale Veterani dello Sport), 2008, n. unico; La Scherma, X (2009), 1, n. monografico; La Cava XVII: vicende personaggi storia del territorio malnatese, Varese 2010; Il Campidoglio, XV (2011), 3, n. monografico.

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