DANZA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

DANZA

L. Vlad Borrelli

Considerata dono degli dèi agli uomini e mezzo per questi di accostarsi alla divinità fino ad identificarsi con essa, presso tutti i popoli antichi la d. si accompagna alle più importanti manifestazioni della vita religiosa e sociale. Mimetica, magica, incitatrice, costantemente sorretta dalla musica e strettamente connessa alla poesia, essa presiede alle cerimonie del culto, alle vicende nazionali di pace e di guerra ed a quelle che compiono il ciclo dell'individuo dalla nascita alla morte, conferendo ad ogni atto della vita un significato rituale e trascendente. È per questo che l'iconografia della d. è vasta, varia e complessa e, nelle sue origini antichissime, è legata alle prime manifestazioni delle arti figurative: una d. rituale di personaggi intorno a due acrobati centrali compare, ad esempio, graffita sulle pareti della grotta dell'Addaura (Palermo), risalente al Paleolitico Superiore (J. Bovio-Marconi, in Boll. d'Arte, xxxviii, 1953, 1, pp. 61-68) Pitture e rilievi egizî ci hanno tramandato varî tipi di d., quella per le bestie sacre, quella propria del faraone, l'altra funebre per il ka, e le altre acrobatiche, conviviali, ecc.

In ambiente greco, ove in età storica la d. divenne appannaggio di una delle nove Muse, Tersicore, l'arte cretese-micenea conosce due tipi di d., l'una in girotondo, descritta da Omero nello scudo di Achille e nell'episodio di Nausicaa, e riprodotta, ad es., in piccoli gruppi in terracotta da Paleocastro (Creta) e l'altra con evoluzioni di una coppia di ballerini-acrobati (anello a sigillo d'oro da Vaphiò); ma già sui vasi del Dìpylon (VIII sec.) compaiono illustrazioni della pirrica (d. di origine spartana e di carattere bellico: cfr. ad esempio vaso di Copenaghen, Weege, fig. 55), di processioni funebri e pacifico-religiose di adoranti (vaso nel museo di Atene, Weege, fig. 73; cratere nel museo di New York, ecc.). L'embatèria, altra d. bellica di marcia accompagnata dal flauto, su cui erano ritmati i canti di Tirteo, è illustrata sull'oinochòe Chigi, vaso protocorinzio del Museo di Villa Giulia, Roma (VII sec. a. C.). Su una delle fasce del vaso François del Museo Archeologico di Firenze compare invece la d., una specie di pantomima, che Teseo improvvisò con i quattordici giovinetti ateniesi strappati al Minotauro, d. che, col nome di γέρανος divenne propria dell'isola di Delo, ove veniva eseguita alla festa di Afrodite. Su un sarcofago di Clazomene e sui vasi a figure nere del VI sec. sono raffigurate d. funebri eseguite da guerrieri armati, connessione questa tra morte e guerra dovuta probabilmente all'originario carattere apotropaico dello strepito delle armi.

La particolare d. spartana detta cariatide, dal luogo ove veniva eseguita in onore di Artemide (Karyae) da fanciulle in vesti succinte e col capo coronato di spighe, ha fatto erroneamente supporre che da essa derivasse il tipo statuario della cariatide (v.). A tale danza erano invece ispirate le saltantes Lacaenae di Kallimachos (v.), identificate attraverso tardi rilievi neo-attici, e il gruppo di tre danzatrici sulla colonna di acanto di Delfi (circa 400 a. C.); sappiamo dalle fonti antiche che anche Prassitele aveva rappresentato delle figure di danzatrici dette Cariatidi. Il tema diverrà poi uno dei più comuni e diffusi spunti decorativi fino in età romana.

Già fin sui vasi corinzî e calcidesi e sulle idrie ceretane compaiono rappresentazioni di danze orgiastiche in onore di Dioniso; ma è con la fine del VI sec. che si apre la fioritura di tutta una serie di vasi attici con menadi adorne di pardalide, tirso, timpani, ecc., abbandonate all'ebbrezza di libere d. con satiri, sileni e gli altri esseri del corteo bacchico (tazza di Epiktetos a Londra, vaso di Brygos a Monaco, di Hieron a Berlino, ecc.). Accanto alla copiosa produzione ceramografica, alcuni bassorilievi marmorei dispersi fra vari musei (Roma, dei Conservatori; Madrid, del Prado, ecc.) hanno consentito di ricostruire la composizione di un grande artista della metà del V sec., cui è stato anche dato il nome di Kallimachos, raffigurante un tiaso bacchico. Il tipo della menade offrirà a Skopas uno dei temi più efficaci per esprimere, con una violenta ed agitata torsione di tutto il corpo, quel mistico delirio che così bene incarnava il pàthos che egli voleva infondere nelle sue creazioni. Una copia dell'opera famosa è stata riconosciuta, con quasi universale consenso, in una statuetta del museo di Dresda. Per tutto l'ellenismo il motivo della d. continuerà a rappresentare uno dei soggetti favoriti per intrecciare ritmi di movimento (danzatrici di Mileto e di Pergamo, danzatrice di Budapest, ecc.), a creare con satiri e menadi, gruppi cari ad un certo gusto aneddotico proprio di una fase dell'ellenismo.

Al genere delle d. della commedia appartengono il kordax e le danze fliaciche, fissate nella loro popolaresca improvvisazione su una serie di vasi italioti del III sec. a. C.

Una particolare d. religiosa femminile è quella eseguita con un mantello che nasconde le mani, esemplificata da una numerosa serie di figurine in terracotta, da un altare rotondo del Laterano e da alcuni vasi del V sec. a. C. Fra le d. femminili va anche annoverata la parthèrna, quale appare in un rilievo del Louvre, detto le Danzatrici Borghese e che presuppone una composizione dovuta a qualche artista famoso, come attesta il numero delle repliche e la diffusione del motivo nelle arti decorative.

L'importanza della d. presso gli Etruschi è testimoniata dalla frequenza con cui essa compare sulle pareti dipinte delle tombe; gioiose immagini di danzatori e danzatrici allietano al suono del doppio flauto il convito funebre di quasi tutte le tombe tarquiniesi, sia muovendosi ciascuno in un proprio spazio delimitato dal fusto di due drittissimi arboscelli, come avviene nelle rappresentazioni più raffinate (ad es. le Tombe delle Bighe e del Triclinio), sia liberamente articolati in salti acrobatici, in alcune raffigurazioni di gusto un po' più popolaresco (ad es. Tomba della Scimmia a Chiusi, Tomba dei Baccanti a Tarquinia, ecc.). E ancora immagini di danzatori o danzatrici con l'antico gesto della lamentazione funebre, che voleva un braccio levato all'altezza del capo, compaiono sulle urne cinerarie chiusine.

Di fronte alla libera e festosa creatività di questi popoli ben scarso è il contributo originale recato dai Romani al quadro iconografico della d.: qualche incerta rappresentazione della d. dei Salî (una specie di pirrica), di quella dei Lan (affresco di una casa pompeiana, statuetta di Lare del Museo Capitolino) e, con l'assimilazione della cultura greca, una vasta serie di fauni danzanti, menadi, Horai, ecc., raffigurati in bronzi, rilievi, sarcofagi, ecc., con moduli attinti al ricco repertorio ellenistico.

Bibl.: Warnecke, in Pauly-Wissowa, IV A, 1932, cc. 2233-2247, s. v. Tanzkunst; L. Séchan, in Dict. Ant., IV, 2, pp. 1025-1054, s. v. Saltatio; F. Weege, Der Tanz in der Antike, Halle 1926; G. E. Rizzo, Thyasos, Roma 1934; G. Caputo, Lo scultore del grande bassorilievo con la danza delle menadi in Tolemaide di Cirenaica, Roma 1948; G. Gullini, in Arch. Class., V, 1953, p. 133 ss.; A. Minto, Il δελιακὸν πλοῖον di Teseo e la ϑεορία sacra del γέρανος, in Atti e Mem. dell'Acc. Toscana di Sc. e Lett., XVII, 1951-52, pp. 97 ss.; M. A. Johnstone, The Dance in Etruria, Firenze 1956.