Danimarca

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Danimarca

Elio Manzi
Claudio Novelli

(XII, p. 297; App. I, p. 495; II, i, p. 749; III, i, p. 464; IV, i, p. 568; V, i, p. 789)

Geografia umana ed economica

di Elio Manzi

Popolazione

Nel corso degli anni Novanta, la popolazione della D. è aumentata secondo un modesto tasso di incremento annuo (4‰), segnando una lieve ripresa rispetto al quindicennio precedente; ma già a partire dai primi anni del Duemila è prevista la crescita zero, con un sostanziale equilibrio tra nascite e morti e l'avvio di un lento decremento demografico. Un consistente invecchiamento della popolazione, con le classi di età fra i 45 e i 65 anni molto accresciute rispetto a quelle giovani, è previsto verso il 2020÷2025. In tale contesto demografico il mantenimento dell'elevato livello qualitativo dell'assistenza, tipico dei paesi nordici, si sta rivelando poco compatibile con le necessità di bilancio che comportano restrizioni sia all'assistenza sia alla previdenza.

A partire dal 1970, l'inurbamento della popolazione proveniente dalla campagna si è intensificato, raggiungendo punte massime agli inizi degli anni Ottanta; tuttavia, pur se prosegue questa tendenza (la popolazione è urbana per oltre l'85%) nelle aree di maggiore concentrazione demografica, come l'isola di Sjælland, e in particolare l'area metropolitana di Copenaghen, il fenomeno è in diminuzione. Sjælland, che copre meno del 20% del territorio, ospita oltre il 40% della popolazione, mentre per la penisola di Jylland il rapporto è inverso, con quasi il 70% della superficie territoriale e poco più del 45% della popolazione. Le contee dello Jylland che si affacciano sul Kattegat e sul Gran Belt e l'isola di Fionia (Fyn) hanno una densità di popolazione vicina o superiore alla media nazionale, contrariamente a quelle che si affacciano sul Mare del Nord, le quali mostrano densità molto più basse.

Condizioni economiche

L'agricoltura resta un settore strategico dell'economia danese, che ha tratto beneficio dall'appartenenza alla CEE-Unione Europea perché ne fanno parte Germania e Regno Unito, tradizionali mercati di sbocco dei suoi prodotti lattiero-caseari e dell'allevamento di qualità. Anche la Svezia importa in larga misura i prodotti agricoli danesi, in precedenza con le tariffe preferenziali fra stati nordici, attualmente con quelle comunitarie. Si producono burro e latticini - inclusa la feta greca - sia per il mercato interno, sia per le multinazionali alimentari europee e statunitensi. Le carni suine lavorate e il pesce, che proviene soprattutto dai banchi del Mare del Nord e delle Fær Øer, sono altri noti prodotti alimentari diffusi sui mercati europei. La politica agricola comunitaria, che per lunghi anni ha privilegiato le produzioni lattiero-casearie dell'Europa centro-settentrionale, ha del resto favorito la Danimarca.

La relativa debolezza industriale viene in parte compensata da un sostanzioso e specializzato settore di trasformazione agroalimentare e, dagli anni Ottanta, lo sviluppo è confortato dallo sfruttamento di alcuni pozzi petroliferi nel settore danese del Mare del Nord (oltre 10 milioni di t di greggio nel 1996) dal quale si estrae anche gas naturale (7,9 miliardi di m³ nel 1996). Ciò sopperisce alla storica scarsità di fonti energetiche e consente sgravi consistenti alla bilancia commerciale.

La D. possiede 780 km di autostrade, collegate all'imponente rete tedesca non solo attraverso lo Jylland, ma anche con i traghetti del Baltico; il movimento turistico conta circa 1.700.000 presenze l'anno, cospicue rispetto alla popolazione. Per il 2000 sarà operativo un ponte stradale e ferroviario, sul Gran Belt tra le isole di Fionia e Sjælland, destinato a completare il collegamento tra la Germania e la Svezia; un altro gigantesco ponte è in costruzione sull'Øresund, fra Dragør, a sud di Copenaghen, e Malmö, in modo da unire le due sponde della conurbazione internazionale. Sinora il traffico è stato garantito dai servizi di traghetto, efficienti e costosi, che uniscono la penisola alle isole di Fionia e Sjælland e alla Svezia e, a sud-est, Sjælland e altre isole minori alla Germania.

Il turismo ecologico nei parchi e l'agriturismo in insediamenti rurali ben organizzati costituiscono attualmente l'attrattiva principale del flusso turistico, destinato ad aumentare, insieme a quello di transito e di visita dei luoghi storici e monumentali, specie nella capitale e a Odense; dunque la politica danese dei vasti parchi nello Jylland e nelle isole minori meno popolose è lungimirante.

Il parco nazionale Skagen, che prende il nome dalla cittadina situata all'estremità settentrionale dello Jylland, vanta un paesaggio costiero con grandi dune, popolato di uccelli nelle stagioni migratorie; anche l'isoletta di Samsø, a nord dell'isola di Fionia, è un parco nazionale; ma soprattutto il litorale dello Jylland affacciato sul Mar del Nord è oggetto di protezione, sia nel grande parco di Hansted sia in aree minori, nell'ambito di un sistema europeo che unisce aree protette tedesche, olandesi e danesi. Nonostante l'alta densità della popolazione, esistono aree protette anche nelle due isole maggiori.

L'uso delle automobili private è stato scoraggiato nell'area metropolitana di Copenaghen, mentre vi è stato un consistente incremento dei percorsi pedonali e delle piste ciclabili.

Dalla fine degli anni Ottanta, la D. ha compiuto considerevoli sforzi per sviluppare l'uso delle fonti di energia rinnovabili, in particolare l'energia del vento, con l'istallazione di turbine a vento in mare, presso Vindeby, e altre sulle coste della penisola; l'isolamento termico degli edifici è stato drasticamente migliorato, per cui il consumo di energia per riscaldamento è diminuito del 30%; complessivamente, la dipendenza dal petrolio è scesa dal 90% del 1972 al 50% del 1990; ciò è dovuto anche all'incremento della produzione di gas naturale, estratto dai giacimenti sottomarini del settore danese del Mar del Nord.

Questioni territoriali

La partecipazione all'Unione Europea consente da alcuni anni alla D. un'integrazione più stretta con molti Stati europei, anche se la funzione storico-geografica del paese resta soprattutto quella di raccordo tra l'Europa centrale e la Penisola Scandinava, in particolare la Svezia. Le isole Fær Øer e la Groenlandia, contee danesi autonome, non fanno parte dell'Unione Europea. Con l'ingresso della Svezia nell'UE, Copenaghen e tutta l'isola di Sjælland hanno ulteriormente rafforzato la loro funzione di ponte con i paesi scandinavi: una funzione, peraltro, storicamente ben definita dal momento che le frontiere fra i paesi del Consiglio nordico sono 'aperte', e già consentivano la libera circolazione. La conurbazione internazionale dell'Øresund, formata dall'agglomerazione di Copenaghen a est e dall'asse urbano svedese Helsingborg-Malmö a ovest, vede incrementati i suoi già fitti rapporti interni.

Le contee autonome

Le isole Fær Øer svolgono una duplice funzione strategica: da un canto, consentono la pesca su banchi non del tutto sfruttati, come dimostrano la quantità e la diversificazione del pescato, oggetto di fiorente esportazione, e le dispute che il governo danese, in appoggio a quello autonomo dell'arcipelago, ha sostenuto per anni con altri paesi affacciati sull'oceano (Regno Unito, Francia), oggi stemperate nell'ambito dell'Unione Europea; dall'altro, l'ambigua posizione politica delle isole, che nel 1973 non accettarono formalmente l'adesione alla CEE ma di fatto attraverso la D. ne fruiscono, consente alla madrepatria accordi internazionali a più vasto raggio. Lo stesso avviene con la Groenlandia (60.000 ab. su 2.175.600 km²); l'enorme terra artica, che rivestiva grande importanza strategica al tempo della guerra fredda e che negli anni a venire, assieme all'antipodica Antartide, assumerà per la Terra grande importanza ambientale. Con la sua colossale coltre di ghiaccio originario, è oggetto di studio per verificare l'evolversi dell'effetto-serra e quindi dell'aumento della temperatura polare.

Bibliografia

E. Manzi, L'Europa del Nord, in E. Manzi, A. Melelli, P. Persi, L'Europa Occidentale, 2° vol., Torino 1990, pp. 244-66.

The Economist Intelligence Unit, Country report. Denmark, Iceland, London 1993.

OCSE, Danemark, in Études économiques, Paris 1994.

J.C. Jensen, Income and price elasticities by nationality for tourists in Denmark, in Tourism economics, 1998, 2, pp. 101-30.

Storia

di Claudio Novelli

L'instabilità politica che contraddistingueva la D. fin dal dopoguerra, con il costante ricorso a elezioni anticipate e la frequente formazione di governi minoritari, rimase anche negli anni Ottanta e Novanta un tratto fondamentale della vita del paese, caratterizzata da un acceso dibattito sui temi riguardanti il processo di integrazione europea e da una difficile situazione economica (alla progressiva diminuzione del tasso di inflazione e del disavanzo pubblico non corrispondeva, in particolare, un sensibile decremento della disoccupazione). Fu con questi problemi, tra loro strettamente intrecciati, che dovettero misurarsi sia i governi di centro-destra (nel 1982, per la prima volta dal 1894, era divenuto primo ministro un conservatore, P. Schlüter) sia quelli di centro-sinistra.

In carica dal dicembre 1990, il nuovo governo presieduto da Schlüter, di cui facevano parte rappresentanti del suo partito e liberali, si trovò ad affrontare le difficoltà derivanti dalla mancata ratifica, nel referendum popolare del giugno 1992, del trattato che aveva istituito l'Unione Europea, firmato a Maastricht nel febbraio dello stesso anno. Solo dopo ulteriori negoziati con i partner europei si giunse, nel dicembre 1992, all'esenzione della D. da alcune clausole del trattato, in particolare riguardo all'adozione di una moneta unica, alla partecipazione a politiche comuni nel campo della difesa e alla cooperazione tra le forze di polizia dei diversi paesi. Il trattato di Maastricht fu così approvato da un nuovo referendum popolare che si svolse nel maggio 1993 (i voti favorevoli passarono dal 49,3% della precedente consultazione al 56,7%), qualche mese dopo un importante avvicendamento di governo. Nel gennaio 1993, infatti, Schlüter era stato costretto a dimettersi in seguito all'accusa di avere coperto di fronte al parlamento, quale capo del governo, nel 1989, il cosiddetto scandalo Tamilgate: interrogato sulle misure adottate nel 1987 dall'allora ministro della giustizia E. Ninn-Hansen (il quale, violando la legislazione danese sull'immigrazione, aveva rifiutato l'ingresso in D. alle famiglie dei lavoratori Tamil provenienti dallo Srī Laṅkā e residenti nel paese), Schlüter aveva negato ogni addebito per sé e per il ministro. Dopo le sue dimissioni, a formare un nuovo governo fu il socialdemocratico P.N. Rasmussen, che diede vita a una coalizione comprendente socialdemocratici, radicali, cristiano-popolari e Centro democratico.

L'impegno dell'esecutivo di centro-sinistra pesò nell'approvazione del referendum di maggio, ma non modificò l'atteggiamento di una parte consistente della popolazione, dimostrato anche dalle elezioni per il Parlamento europeo tenutesi nel giugno 1994: il Movimento popolare contro l'Unione Europea e il Movimento di giugno, che facevano della pregiudiziale antieuropea la loro caratteristica pressoché esclusiva, ottennero insieme più del 25% dei voti. Qualche mese più tardi, a settembre, le consultazioni politiche registrarono un arretramento della coalizione governativa e in particolare dei socialdemocratici, scesi dal 37,4% dei voti ottenuto nel 1990 al 34,6% e da 69 a 62 seggi (solo i radicali passarono da 7 a 8 seggi, mentre il Centro democratico scese da 9 a 5 e i cristiano popolari non ottennero alcun deputato, non avendo raggiunto il quoziente elettorale minimo del 2% dei voti per accedere al Folketing). Sostanzialmente stabili rimasero i conservatori e il Partito socialista popolare, rispettivamente con il 15% e il 7,3% dei voti e con 27 e 13 deputati; a incrementare i propri consensi (dal 15,8% al 23,3% dei voti e da 29 a 42 seggi) fu invece il Partito liberale, presentatosi alle elezioni con un programma che prevedeva, tra le altre cose, un ulteriore restringimento della spesa pubblica e una decisa diminuzione della pressione fiscale.

Nel settembre 1994 il primo ministro uscente, Rasmussen, formò comunque un governo di minoranza comprendente socialdemocratici, radicali e Centro democratico, che pose come suoi obiettivi prioritari il contenimento dell'inflazione e la riduzione del disavanzo pubblico, al fine di rispettare i criteri di convergenza per la partecipazione all'Unione economica e monetaria. Nel 1995 la situazione economica registrò una crescita degli investimenti, alla quale si accompagnò, però, un netto rallentamento dei consumi e un calo delle esportazioni; l'aumento dei prepensionamenti consentì di ridurre il tasso di disoccupazione (dal 12,2% del 1994 al 9,3% dell'anno successivo), ma nel settore dell'industria si continuò a verificare una diminuzione dei posti di lavoro. Nel dicembre 1996 il Centro democratico abbandonò la coalizione in seguito all'appoggio dei partiti di sinistra, socialisti popolari e raggruppamento della Lista unita, ottenuto da Rasmussen in occasione dell'approvazione della legge finanziaria per il 1997. La maggioranza venutasi a stabilire in questa circostanza fu confermata dalle elezioni politiche anticipate del marzo 1998, dopo le quali il premier Rasmussen diede vita a un nuovo esecutivo.

I socialdemocratici ottennero il 36% dei voti e 63 seggi, mentre 13 seggi, con il 7,5% dei consensi, andarono al Partito socialista popolare. Nello schieramento di centro-destra i risultati migliori furono quelli conseguiti dal Partito liberale, con il 24% dei voti e 42 seggi, e dai conservatori, che ottennero l'8,9% dei voti e 16 seggi.

Alla fine di aprile, per la prima volta dal 1985, il paese fu praticamente paralizzato da uno sciopero generale di vaste dimensioni riguardante i lavoratori dell'industria e dei trasporti, che il mese precedente avevano bocciato la bozza di accordo sui contratti negoziata dal sindacato e dall'organizzazione degli imprenditori, ritenendo insufficienti le proposte di aumento salariale biennale e il numero di settimane di ferie annuali pagate. Di fronte all'estendersi e al perdurare dello sciopero, ai primi di maggio il governo Rasmussen operò una mediazione tra le parti sociali e regolò per legge la vertenza. Un peso non indifferente in questa scelta ebbe la preoccupazione per l'esito dell'imminente referendum sul trattato firmato ad Amsterdam, nel giugno 1997, dai paesi dell'Unione Europea (un patto di stabilità e crescita che integrava gli accordi di Maastricht). Il 28 maggio 1998 il 55,1% dei votanti si dichiarò a favore del Trattato di Amsterdam, per la cui approvazione si erano impegnati, in particolar modo, il governo e il Partito socialdemocratico.

Bibliografia

J. Andersen, Towards a new welfare model?, Copenaghen 1993.

J.H. Haar, Looking to Europe, Aarhus 1993.

G.V. Mogensen, Danes and their politicians, Aarhus 1993.

B. Hastrup, Contemporary Danish society, Copenaghen 1995.

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