Danimarca

Atlante Geopolitico 2015 (2015)

Vedi Danimarca dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016

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Informazioni principali
Dati generali

Il Regno di Danimarca è una monarchia parlamentare il cui territorio comprende, oltre alla penisola dello Jutland, un considerevole numero di isole nel Mar Baltico e nel Mare del Nord, conosciute come ‘arcipelago danese’. Il paese è a capo del Regno Unito di Danimarca, che comprende le Isole Fær Øer e la Groenlandia, su cui Copenaghen esercita la propria sovranità, nonostante essi godano di ampia autonomia e siano dotati di proprie leggi. Le Fær Øer e la Groenlandia, infatti, non fanno parte dell’Unione Europea (EU), nonostante la Danimarca abbia aderito nel 1973. La partecipazione della Danimarca al processo di integrazione europea è stata tuttavia tradizionalmente caratterizzata da un’evidente ritrosia alla cessione di prerogative sovrane dello stato. Primo paese ad aver sottoposto a referendum l’adozione del Trattato di Maastricht – bocciato nel 1992 e poi approvato nel 1993 –, la Danimarca beneficia di quattro rilevanti ‘clausole di esclusione’ dalla politica comunitaria che riguardano l’Unione economica e monetaria (EmU), la Politica di sicurezza e difesa comune (Pesd), la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale e la cittadinanza dell’Unione, mentre l’accordo di Schengen è stato oggetto di un’adozione solo parziale. La dimensione nordica ha tradizionalmente rappresentato un elemento fondamentale per la politica estera danese. Assieme a Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia il paese fa parte del Consiglio nordico, organo interparlamentare istituito all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, di cui Copenaghen ospita il quartier generale. Strumento per definire accordi di cooperazione e comuni obiettivi di politica estera, negli ultimi anni il Consiglio ha fortemente ridimensionato le proprie attività, in conseguenza del fatto che molte sue funzioni sono venute con il tempo a sovrapporsi a quelle dell’Unione Europea e dello Spazio economico europeo (See). La sovranità danese sulla Groenlandia rende inoltre il paese un attore di primo piano nello scacchiere artico. Si tratta di una chance di tutto rilievo sia per il potenziale energetico ancora inesplorato della regione sia perché, in conseguenza del riscaldamento globale, il Mare Artico potrebbe divenire navigabile e ciò offrirebbe uno snodo comunicazionale strategico per i paesi del Nord. La Danimarca, inoltre, rivendica la sovranità su alcune dorsali sottomarine del Polo Nord ed è per questo coinvolta in contenziosi territoriali con Canada e Russia. Le aspirazioni indipendentistiche della Groenlandia rappresentano tuttavia una rilevante incognita nella definizione di una chiara strategia politica.

Popolazione, società e diritti

Con una popolazione di poco più di cinque milioni e mezzo di abitanti, il 90% dei quali vive nei centri urbani, la Danimarca ha conosciuto negli ultimi anni un intenso fenomeno migratorio in ingresso, che ha portato il governo a inasprire la legislazione in materia. In particolare, forti limitazioni sono state introdotte per i ricongiungimenti familiari, l’accoglienza dei richiedenti asilo e la concessione dei visti agli esponenti religiosi. Il sistema scolastico danese è tra i migliori al mondo. La spesa per l’istruzione raggiunge l’8,7% del PiL, una delle cifre più alte d’Europa. In particolare gli investimenti statali sono mirati a migliorare la competitività delle università e degli istituti di ricerca per attirare un numero sempre maggiore di studenti stranieri. Scienza, tecnologia e ingegneria sono i campi di ricerca più avanzati. La Danimarca ha una lunga tradizione di garanzia e protezione dei diritti civili e politici. La difesa della libertà di stampa ed espressione è stata peraltro, nel 2005, al centro della controversia sulla pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto, che ha innescato una serie di incidenti diplomatici per Copenaghen. Infine, la Danimarca vanta inoltre l’indice di corruzione percepita più basso al mondo.

Economia ed energia

La Danimarca è stata tra i primi paesi europei a entrare in recessione economica, a seguito della crisi internazionale. Nell’ultimo periodo, tuttavia, l’economia ha manifestato segnali di ripresa. Dopo quattro anni consecutivi di contrazione, nel 2013 il PiL è tornato a crescere, seppur in misura limitata (0,1%). La crisi non ha intaccato la reputazione della Danimarca come meta interessante per gli investitori. L’indice Doing Business della Banca mondiale la conferma al quinto posto del ranking mondiale dei paesi nei quali è più agevole effettuare investimenti.

Vi è grande dibattito sulla possibilità che il paese entri a far parte dell’Unione bancaria europea, che sarà operativa a partire dal 2016. Il settore finanziario danese è stato sottoposto a forte stress dalla crisi internazionale, ragione per cui la Banca centrale del paese si è schierata a favore dell’ingresso nell’Unione bancaria.

Peculiarità della Danimarca è la politica retributiva: Copenaghen è una delle città con il più elevato livello di reddito al mondo. In corrispondenza a un calo di produttività di circa il 9% registratosi tra 2006 e 2010, l’aumento delle retribuzioni ha toccato il 3,8% nel settore privato e il 5% nel settore pubblico durante il solo 2009. Copenaghen, inoltre, è tra le città più costose d’Europa e la settima al mondo.

Dal 1997 il Regno Unito di Danimarca vanta l’autosufficienza energetica: la presenza di giacimenti di gas e di petrolio nel Mare del Nord permette di soddisfare il bisogno energetico nazionale e di esportare gas nei Paesi Bassi, in Germania e in Svezia. Sono aumentati anche gli investimenti nelle rinnovabili, comparto in costante crescita. Il settore energetico è amministrato in modo misto. La compagnia statale Energinet Denmark detiene dal 2005 il controllo della rete distributiva del gas e dell’elettricità, mentre la produzione e la vendita sono gestite da industrie private.

Istruzione
Politica
Popolazione
Economia
Difesa
Corruzione
Investimenti

Difesa e sicurezza

Abbandonando la bicentenaria politica di neutralità, la Danimarca è stata tra i paesi fondatori della Nato nel 1949. Negli anni recenti, Copenaghen ha attivamente sostenuto la progressiva trasformazione dell’Alleanza in meccanismo di cooperazione proiettato sullo scacchiere eurasiatico.

La Danimarca è inoltre tra i maggiori sostenitori dell’impegno statunitense nella lotta al terrorismo: nel 2003 il governo danese è stato tra i primi ad aderire all’operazione Iraqi Freedom. La Danimarca ha poi preso attivamente parte alla missione International Security Assistance Force (Isaf) in Afghanistan; importante è anche il sostegno alle missioni Kosovo Force (Kfor) in Kosovo e United Nations Mission in the Republic of South Sudan (Unmiss) nel Sud Sudan. Dall’agosto del 2010, infine, la Danimarca partecipa alla missione navale Ocean Shield della Nato, condotta al largo del Corno d’Africa.

La solida intesa strategica tra Stati Uniti e Danimarca è stata una delle ragioni del sostegno della Casa Bianca alla nomina dell’ex premier Anders Fogh Rasmussen a Segretario Generale della Nato, nell’agosto 2009, fino al 1° ottobre 2014.

Nel 2014 Copenaghen ha partecipato attivamente alla risposta europea alla crisi ucraina, approvando successivi round di sanzioni nei confronti della Russia e guidando, nel mese di marzo, un team di ispettori Osce in Ucraina.

La Groenlandia si prepara all’indipendenza?

Formalmente autonoma dalla Danimarca dal giugno 2009, la Groenlandia ha fissato il 2021 come ipotetico anno dell’indipendenza. Nell’ottobre 2013 l’isola ha compiuto un importante passo verso una più ampia indipendenza da Copenaghen: il parlamento locale ha approvato la storica decisione di far cadere il bando – imposto dalla Danimarca – sull’estrazione di uranio e terre rare, materie prime delle quali il territorio dell’isola sarebbe assai ricco, e aprire così le porte agli investimenti esteri. La decisione è stata interpretata dagli analisti come l’espressione di una più decisa volontà di indipendenza dalla madrepatria, che detiene ancora il controllo sulle decisioni di politica estera e di sicurezza e che, soprattutto, elargisce cospicui sussidi economici, contribuendo dunque a perpetuare la situazione di dipendenza dell’isola. Sebbene la decisione del parlamento di Nuuk necessiti della ratifica da parte del parlamento danese, già chiarisce l’orientamento del governo socialdemocratico di Aleqa Hammond: la Groenlandia sta prendendo coscienza delle grandi potenzialità del proprio territorio e ha intenzione di ottenere voce in capitolo nella più ampia contesa sullo sfruttamento delle risorse naturali delle terre artiche.

Una politica migratoria restrittiva

Negli ultimi anni, il governo danese ha progressivamente inasprito la legislazione in materia di immigrazione. Nel 2010 l’esecutivo liberal-democratico guidato da Lars Løkke Rasmussen ha introdotto un sistema a punti in base al quale vengono accordati il permesso di soggiorno e di ricongiungimento familiare. All’interno di questo sistema, i punti vengono assegnati in base a diversi parametri, come il livello di studi e le lingue parlate. Questi requisiti si aggiungono a quelli precedentemente introdotti, come l’indipendenza finanziaria o l’adesione ai valori della società danese. Gli ultimi dati disponibili sono quelli relativi al 2012: in quell’anno la Danimarca ha ri lasciato 55.982 permessi di soggiorno, di cui la maggior parte a cittadini provenienti dalla Polonia, dalla Romania, dagli Stati Uniti, dalla Germania e dall’India. Le richieste di asilo accettate sono state invece 6184, la maggior parte delle quali provenienti da Somalia, Siria, Afghanistan, Serbia e Iran. Per quanto riguarda invece i ricongiungimenti familiari, i permessi concessi nel 2012 sono stati 3170. Negli scorsi anni, la Danimarca ha attirato l’attenzione degli organismi internazionali che hanno sollevato polemiche sulle norme danesi perché molto restrittive e, a parere dei critici, contrarie non solo alle norme dell’Unione Europea ma anche alle elementari norme di tutela dei diritti umani. Dietro alla recente stretta sull’immigrazione sembrerebbe esserci l’avanzata del partito della destra populista Danish People’s Party (DPP), guidato da Pia Kjaersgaard. Il governo di minoranza guidato da Lars Løkke Rasmussen ha accettato, nel 2010, di trasformare in legge le proposte anti-immigrazione del DPP in cambio del suo appoggio parlamentare esterno all’approvazione del bilancio di esercizio. Anche alle ultime elezioni, nel settembre 2011, il DPP, ottenendo il 12,3% dei consensi, si è rivelato l’ago della bilancia nella formazione del governo di coalizione guidato da Helle Thorning-Schmidt.

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