D'ANCONA, Vitale, detto Vito

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 32 (1986)

D'ANCONA, Vitale, detto Vito

Maria Barbara Guerrieri Borsoi

Nacque a Pesaro il 12 ag. 1825, da Giuseppe e Ester Della Ripa. La famiglia, di religione ebraica, nel 1828 decise di abbandonare la città di origine, facente parte dello Stato pontificio, e di trasferirsi in Toscana dove si stabiri a Pisa. Qui il padre del D. svolgeva l'attività di commerciante e la famiglia viveva in un discreto benessere anche grazie all'aiuto di uno zio materno, il banchiere Laudadio Della Ripa. Numerose notizie sulla vita della famiglia e sugli interessi dei suoi membri si trovano nel libro di Flora Aghib Levi D'Ancona (1982). E D. fu il quarto di nove figli (Sansone, Prospero, Salvatore, Giacomo, Alessandrina, Adele, Cesare e Alessandro); mentre i fratelli si dedicarono prevalentemente a professioni liberali, spesso con successo, egli dimostrò sin da ragazzo il suo interesse per la pittura che poté meglio coltivare dopo il trasferimento della famiglia a Firenze, avvenuto nel 1848, subito dopo la morte del padre. Secondo Aghib Levi D'Ancona (1982, pp. 48, 69) il D. studiò con Sainuele Jesi, incisore assai noto ai suoi tempi, e si iscrisse all'accademia di Firenze sin dal 1855. Fu quindi allievo di Giuseppe Bezzuoli, dal cui insegnamento di tipo accademico e tradizionale fu profondamente condizionato, sebbene dovesse più tardi rammaricarsi di questa sua prima formazione.

Da una lettera del pittore (Dini, 1975, p. 173) risulta che egli si arruolò nel 1848 in occasione della prima guerra di indipendenza, condividendo dunque gli ideali patriottici che animarono il gruppo dei pittori macchiaioli.

Il D. partecipò alle mostre della Società promotrice fiorentina sin dal 1851 allorché espose un ritratto firmato di Rossini (non rintracciato). Ai fini della conoscenza del giovane D., è importante il quadro Savonarola rifiuta di assolvere Lorenzo de' Medici, dipinto nel 1853, oggi conservato nel palazzo reale di Torino.

L'opera riscosse un discreto successo tanto che fu acquistata da Carlo Alberto e riprodotta a stampa nel catalogo della Promotrice di Torino di quell'anno dove è indicata come "dipinta con verità e calore". Strettamente legata ai modi del romanticismo storico (Cinelli, 1980) sia nel modello compositivo sia nella stesura pittorica, è un prodotto accademico in linea con l'opera di molti artisti fiorentini contemporanei.

Tutto questo nonostante il D. fosse probabilmente già diventato buon amico dei pittori che si riunivano al caffè Michelangelo e che avrebbero dato vita al movimento macchiaiolo.

Non sono per ora rintracciabili alcune delle tele esposte nel sesto decennio del secolo, ad esempio Il ritorno dal ballo (Promotrice di Firenze, 1857). Il titolo, pienamente romantico, nasconde una composizione molto semplice; l'opera raffigurava infatti una sola mezza figura femminile, lodevolmente commentata nella Rivista di Firenze (1857, n. 10, p. 315), probabilmente un ritratto. In questo genere artistico il pittore si cimentò frequentemente raggiungendo alcuni dei suoi risultati migliori. Negli stessi anni eseguì anche un ritratto di Telemaco Signorini che, a giudicare dal commento scherzosamente affettuoso dell'effigiato (Signorini, 1884), doveva essere opera di un certo interesse.

Fu proprio il D. ad introdurre al caffè Michelangelo il Signorini e, a quanto si sa dalla testimonianza del più giovane pittore, a suggerirgli spunti per letture e riflessioni culturali. Sin da queste osservazioni emerge la figura di un uomo probabilmente dotato di una certa cultura, dagli ampi interessi, calmo, riflessivo, ma anche capace di abbandonarsi allo scherzo con gli amici macchiaioli.

Col Signorini il D. compì un viaggio di studio nel 1856 a Bologna, Mantova e Venezia: qui, mentre il Signorini si dedicava soprattutto a studi dal vero, il D. copiò le opere di Palma il Vecchio in S. Maria Formosa. Probabilmente tramite il Signorini, il D. strinse amicizia col Borrani sul quale sembra aver esercitato un certo influsso; il più giovane pittore dovette osservare nelle opere del D. soprattutto l'uso sapiente delle luci nelle raffigurazioni di interni, genere nel quale il pesarese eccelse in modo particolare (Durbé, 1981, pp. 47, 52).

Probabilmente in questi stessi anni, il D. si legò ad una donna di cui parla senza farne il nome, in una lettera scritta al fratello Sansone (Aghib Levi D'Ancona, 1982, p. 72). Da questa unione nacque la figlia Giulietta, educata dai parenti del pittore, che appare all'incirca ventenne in una tela datata 1878 (Haifa, Israele, coll. priv.: ibid., fig. 25) e che si sposò poi con il professor C. Puini. Una donna che contò certamente molto nella vita del D. fu Elvira Bistandi Mariani, raffigurata in una serie di opere tra le quali il Ritratto di Elvira Bistandi Mariani col pappagallo, Le belle e la scimmia (De Grada, 1963, figg. 66, 65) e la Testa di donna della Galleria nazionale d'arte moderna di Firenze.

Nella produzione del D. fu sicuramente un'opera molto importante il dipinto raffigurante Il primo incontro di Dante e Beatrice, eseguito nel 1859 ed esposto nel 1861 a Firenze.

Il quadro, che venne minutamente descritto da Yorick (1861), suscitò grandi consensi ed il Selvatico (1863) lo giudicò "ricco di verità e di gentile avviamento di affetti, e per di più condotto con quella semplicità di mezzi tecnici che a molti pare semplicissima a conseguirsi ed è invece di così grave difficoltà". Il Signorini (1884) vedeva in quest'opera le qualità peculiari della pittura del D.: "era sobrio di intonazione, era largo e grandioso di esecuzione". Al quadro, non rintracciato, può forse essere accostato un bozzettino passato sul mercato antiquario (Catal. Bolaffi, 1974, p. 121) che sembra corrispondere alla descrizione di Yorick.

L'opera ebbe tale successo da fruttare al D. un premio ufficiale della Promotrice, ma il pittore, con altri artisti, rifiutò il riconoscimento che giudicava assegnato da una giuria incompetente. L'opera appariva al suo stesso autore più accademica del dovuto ed assai distante dalle ricerche innovative che alcuni dei suoi amici stavano già conducendo. Un accento di novità possiamo scorgere in quella "semplicità di mezzi tecnici" notata dal Selvatico; essa potrebbe indicare una volontà di aggiornamento del quadro di soggetto storico letterario, volontà che infatti si avverte con chiarezza nella grande tela raffigurante L'esilio di Giano Della Bella (1864; Venezia, coll. Treves de' Bonfili). Qui il raro soggetto storico è trattato con "un fare rapido e franco" mentre l'uso della luce e del colore risente dello studio dal vero e si sovrappone ad un impianto che appare ancora accademico (Nuzzi, 1973, p. 368).

Questa volontà di semplificazione della figura, sino a ridurla ad un volume essenziale, ben definito dal chiaroscuro, si coglie in numerose tele del periodo fiorentino, soprattutto in alcuni mezzi busti femminili, primo fratutti quello già citato della Galleria d'arte moderna di Firenze ma anche nell'Autoritratto (Gerusalemme, Museo d'Israele: D'Ancona, 1956), nel Ritratto della madre (Pisa, Scuola normale superiore), nel Ritratto di signora (Ojetti, 1928, n. 171) e nel Ritratto di Elvira Bistandi Mariani.

Appartengono al periodo fiorentino, secondo il giudizio della critica, anche altre opere di tono del tutto diverso. In primo luogo il Portico (Firenze, Gall. d'arte moderna), soggetto insolito nella produzione del D., che il Durbé ritiene databile al 1861 circa e considera "il punto di maggior avvicinamento da parte del D. alla sintassi visiva della prima macchia" (1976, p. 95); opera dipinta per larghe campiture di colore vivo con tinte fortemente contrapposte tanto da sembrare un manifesto programmatico del movimento macchiaiolo e da ricordare opere degli stessi anni di R. Semesi.

Al Portico possono essere accostati alcuni piccoli paesaggi, anch'essi dipinti con poche pennellate essenziali, quali Cipressaia (Firenze, Gall. d'arte moderna), Studio di paese (Ojetti, 1928, tav. LII), Via del Maglio a Firenze, Muretto bianco, Colline fiorentine, Colline sul lago (Borgiotti, 1958, tavv. CXLVIIICLI) e Strada al sole (Borgiotti, 1961, tav. CXXXIV), la cui esecuzione può forse essere collocata in un arco di tempo non troppo lungo. Si tratta certamente di studi eseguiti dal vero, di notevole vigore espressivo, nessuno dei quali è purtroppo firmato o datato.Nelle opere di figura, alle quali prevalentemente si dedicò, il D. mostra di raggiungere risultati simili dal punto di vista stilistico solo in pochi casi, ad esempio nella famosa Signora in giardino (Montecatini, Coll. privata: Durbé, 1976, p. 95), dipinto schiettamente macchiaiolo.

Nella più tarda Signora con l'ombrellino (Roma, Gall. naz. d'arte moderna) la fattura è assai più fluida e veloce (sull'attribuzione al D. di questo quadro sono stati avanzati di recente dubbi non trascurabili: Di Majo, 1982).

Su posizioni del tutto differenti il D. appare nella Signora in conversazione (Montecatini, Coll. privata: Durbé, 1976, p. 233), una delle sue opere più famose.

Il quadro, che sembra presupporre la conoscenza dell'antica pittura olandese, mostra la figura femminile volta verso un interlocutore invisibile, in una veduta di tre quarti da dietro, immersa in una atmosfera immobile in cui la luce costruisce con chiarezza la forma delle cose e vivifica i ben studiati accordi cromatici.

Il D. raffigurò altre volte figure di tre quarti o viste da dietro, con i visi parzialmente nascosti; l'immagine diventa così misteriosa e sfuggente, costruita affiancando pochi piani sapientemente modulati dal chiaroscuro; si vedano ad esempio Lo specchio ovale (Cecchi, 1927, fig. 7) e la Dormente della collezione Jucker (Dalai Emiliani, 1968).

La vita e l'attività del D. subirono certamente una svolta con il trasferimento del pittore a Parigi, dove si trovava già nel 1865, e si fermò sino al 1874 avendo interessanti e proficui contatti (Durbé, 1980, pp. 59-61). Egli fu dapprima ospite del fratello Giacomo, medico ed amico di Rossini, nella sua villa presso Passy, ma ebbe sicuramente anche uno studio autonomo, con Giovanni Mochi, ove ricevette alcuni dei suoi colleghi fiorentini venuti a Parigi, come Martelli e Signorini. Il D. si mantenne infatti sempre in contatto con gli amici di Firenze, ad esempio col Banti e il De Tivoli (Matteucci, 1982, p. 189), ma fu anche inserito nel vivo ambiente culturale parigino. All'epoca della guerra del 1870 si allontanò da Parigi con i parenti per un soggiorno a Boulogne-sur-Mer e in Inghilterra, ove sembra abbia ottenuto un certo successo.

Negli anni parigini si manifestò, o peggiorò, la misteriosa malattia che nel 1878 lo costrinse a smettere di dipingere, malattia grave e dolorosa (Cecchi, 1927, p. 294), ma pure sopportata con coraggio; egli infatti si mantenne sempre in contatto con i fatti dell'arte e della cultura, come testimonia il Signorini (1884).

È ancora Signorini che ci offre un suggerimento per la comprensione del pittore ricordando che il D. "aveva conosciuto benissimo" Courbet. Non ci si può sottrarre alla tentazione di vedere un'eco delle grandi figure nude dipinte da Courbet all'inizio degli anni Sessanta in alcuni dei sensuali nudi parigini di D'Ancona.

Si possono ricordare il bel Ritratto di Pauline Oulmann (1868: Durbé, 1980, p. 63), madre della cognata del D., in cui il pittore si sofferma a descrivere gli aspetti borghesi della società in cui è inserito, e, per contrasto, una idealizzata immagine del mondo contadino italiano esposta a Parigi nel 1870 con il titolo Costumi siciliani (si veda un'antica foto in Durbé, 1980, p. 62).

Sono di quest'epoca alcuni quadri di famiglia come Bambini che giocano a carte (1870) e il Pomaio (1873: Durbé, 1980, pp. 142-5). In quest'ultima opera la libertà di composizione e la freschezza di realizzazione raggiungono un livello inconsueto. Va inoltre sottolineato in questi dipinti il taglio quasi fotografico dell'immagine che potrebbe essere messo in rapporto con le ricerche contemporanee degli impressionisti. Sono stati realizzati negli anni parigini anche alcuni dei nudi più belli dei D. come il Nudo (1873) del Museo civico di Milano o il Nudo su fondo rosso (1873: Borgiotti, 1964, p. 480) con il relativo bozzetto (Cecchi, 1927, fig. 2) 0 il Nudo già nella collezione Foà Curti (Durbé, 1980, p. 140). I nudi sono in realtà uno dei soggetti più frequenti nella produzione del D.; realizzati in tutte le epoche della sua vita, immagini soffuse di una sensualità contenuta, languida più che sfrenata, essi ricordano l'atmosfera raccolta degli studi di pittura e il carattere schivo dell'uomo che li ha dipinti.

Appartengono ancora al periodo parigino piccole scene di vita, come Al Pianoforte (1873: Durbé, 1976, p. 234) e Nello studio del pittore, in due versioni (1874: Borgiotti, 1969, tav. 98, e Durbé, 1976, p. 234) assai diverse per la resa pittorica nonostante la uguaglianza dei soggetto. Tali opere sono dipinte con briosa scioltezza da un pittore aggiornato sulle contemporanee ricerche francesi e su quelle di alcuni "emigrati" italiani come il De Nittis.

L'Interno di studio (De Grada, 1963, fig. 68), non deve essere cronologicamente molto lontano nel tempo. Ma le variazioni stilistiche del pittore sono quanto mai forti se paragoniamo le ultime tele citate, ad esempio, alla Cartomante (1872; Catal. Bolaffi, 1972, p. 126) e altre analoghe, d'impostazione tradizionale.

Agli ultimi tempi del soggiorno francese può risalire anche il Ritratto di Rossini (1874, postumo, Firenze, Gall. d'arte moderna), disincantato nel modo di effigiare l'illustre personaggio, ma stilisticamente tradizionale.

Furono probabilmente le condizioni di salute ormai molto precarie che indussero il D. a rientrare in Italia nel 1874; al periodo immediatamente successivo al ritomo possono essere datati (Durbé, 1980, pp. 653 147) alcuni piccoli dipinti dedicati alle corse ippiche alle Cascine, memori degli studi compiuti in Francia.

Degli ultimi anni di attività, all'incirca sino al 1878, conosciamo un numero di opere non molto ampio ma assai significativo.

Innanzi tutto alcuni ritratti come quelli di Cesare D'Ancona e della moglie di questo, Giulietta Gallico (Aghib Levi D'Ancona, 1982, figg. 28 e 29), il già citato Ritratto della figlia Giulietta, La lettera attesa in due versioni (1875: Imacchiaioli…, 1083, p. 33; 1876: Aghib Levi D'Ancona, 1982, fig. 23) e la Donna che fuma (1878: D'Ancona, 1954, p. 347).

Dipinse ancora nudi superbamente modellati e bisogna ricordare che proprio con un Nudo il D. vinse la medaglia d'oro all'Esposizione di Napoli nel 1877. Di questa fase estrema della produzione del maestro si possono citare anche la Ciociara (forse 1879: Borgiotti, 1958, tav. CXLVII), dipinta con tocco franco ed espressivo, e la veduta di Volognano (1878: Durbé, 1980, p. 148), località dove la famiglia D'Ancona aveva una casa.

Il D. morì a Firenze il 9 genn. 1884.

La produzione dei D. è giustamente apparsa ai critici, sin dallo studio precoce e per molti versi ancora importante di Cecchi (1927), sempre oscillante fra i modi accademici e il tentativo di rinnovamento portato avanti dai pittori macchiaioli.

A questo si aggiunga il fatto che le opere del D. non sono numerosissime e sono prevalentemente concentrate nella fase tarda della sua attività, mentre molti dei quadri citati nei cataloghi delle esposizioni ottocentesche non sono rintracciabili. Tutto ciò rende assai complessa la ricostruzione del percorso stilistico del pittore.

Nonostante che il D. facesse parte della scuola dei macchiaioli, la sua pittura non può essere sempre definita macchiaiola, ed anzi alle ricerche sulla macchia sembra accostarsi per un numero limitato di anni, interessandosi successivamente anche della produzione francese di tipo meno innovativo.

Ma non per questo, né per le agiate condizioni economiche della famiglia, egli può essere considerato un artista dilettante, perché fu pittore di buon livello; la sua vasta opera testimonia nel complesso la situazione di una certa cultura italiana, aperta al progressismo ma non ancora matura per staccarsi completamente dal retaggio della tradizione e porsi risolutamente e inequivocabilmente sulla strada della pittura moderna.

Opere del D. si trovano nelle seguenti collezioni pubbliche (e sono ricordate nei relativi cataloghi): Firenze, Galleria d'arte moderna; Milano, Civica Galleria d'arte moderna e Galleria d'arte moderna; Piacenza, Galleria Ricci Oddi; Pisa, Scuola normale superiore; Roma, Galleria nazionale d'arte moderna; Torino, Museo civico e Palazzo reale; Cardiff, National Museum of Wales; Gerusalemme, Museo d'Israele (otto opere di cui sette provenienti dalla collezione del nipote Paolo D'Ancona).

La maggior parte dei dipinti del D. si trova in collezioni private o dispersa sul mercato antiquario; per questo di molti quadri si è indicata la riproduzione a stampa piuttosto che l'ubicazione.

Nella bibliografia non sono state inserite le vendite delle gallerie, salvo alcune eccezioni aventi particolare importanza. La più ampia serie di dati e fotografie sul D. è raccolta presso l'Archivio dei Macchiaioli (Roma).

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