CURA

Enciclopedia Italiana (1931)

CURA

Silvio ROMANO
Francesco DEGNI

. Diritto romano. - La cura è, accanto alla tutela, un potere sulle persone relativamente agli atti patrimoniali; essa, anziché un istituto unico, può dirsi che rappresenti un complesso d'istituti, che hanno per caratteristica comune la gestione di un patrimonio appartenente a un soggetto che non sappia o non possa amministrarlo. Questo carattere prevalentemente patrimoniale differenzia la cura dalla tutela, il cui elemento principale è l'auctoritas; man mano però che ci si avvicina al diritto giustinianeo, i due istituti della tutela e della cura vengono sempre più assimilati e quasi confusi fra loro. Nel campo del diritto pubblico, si chiamano curatores tutta una serie di funzionarî, per i quali valgono le regole delle magistrature repubblicane: essi vengono nominati dal principe, il quale li sceglie nell'ordine senatorio e fra le classi più elevate, secondo l'anzianità e qualche volta per sorteggio.

Diritto Privato. - Cura furiosi. - È la più antica e fu introdotta dalle XII Tavole. Nell'antico diritto quiritario, l'amministrazione del patrimonio del pazzo era affidata dalla legge stessa agli agnati e, in difetto, ai gentili. Il diritto classico, accanto alla cura legittima, riconobbe anche una cura dativa, la quale, in sostanza, non era altro che una conferma della disposizione testamentaria fatta da colui che aveva la potestà sul furiosus, che di per sé stessa non avrebbe potuto avere valore giuridico. Come si regolasse in proposito il diritto giustinianeo è controverso: sembra, però, che in questo diritto sia stata riconosciuta una cura testamentaria, prevalente su tutte, una cura legittima e, infine, una cura dativa; le due prime dovevano essere confermate dal magistrato. La cura furiosi cessava con la guarigione dell'infermo.

Cura prodigi. - È analoga alla precedente e risale anch'essa alle XII Tavole. Il prodigo era espressamente assimilato al furiosus anche quanto ai modi di costituzione della cura e ai poteri del curatore: per conseguenza, la cura prodigi, come la cura furiosi, nell'antico diritto era affidata agli agnati e ai gentili; e nel diritto giustinianeo si ebbero tre forme di cura, cioè la testamentaria, la legittima e la dativa. La cura del prodigo cessava col suo ritorno ad sanos mores.

Cura debilium. - Venne istituita nel periodo dell'Impero per quelle persone quae in ea causa sunt, ut superesse rebus suis non possint, le quali non erano sottoposte a tutela o ad altra cura: tali erano i sordi, i muti, le persone afflitte da malattia cronica ecc. I poteri del curator debilium erano uguali a quelli del curator furiosi e del curator prodigi.

Cura impuberis. - È particolarmente interessante perché in essa appare evidente il riavvicinamento dell'istituto della cura all'istituto della tutela: infatti l'impubere dovrebbe essere assistito da tutori, non da curatori. Nel diritto classico, il curator impuber; coadiuvava e sostituiva il tutore: egli era quindi un curator adiunctus e veniva nominato, a richiesta del tutore, ogni qual volta si rendesse utile per quest'ultimo di giovarsi dell'opera di un adiutor. Nel diritto postclassico e giustinianeo il curator impuberis acquistò la figura autonoma e il carattere di un vero tutore, meno l'auctoritas. Egli era costituito in locum tutoris, ma non più periculo tutoris, e aveva quindi la responsabilità personale di un vero tutore, era obbligato a prestare la satisdatio rem pupilli salvam fore, aveva le stesse facoltà e assumeva gli stessi obblighi del tutore ed era tenuto allo stesso grado di diligenza. Il curator impuberis cessava dalle sue funzioui con la pubertà del pupillo.

Cura minorum. - Fu introdotta, in seguito alla Lex Plaetoria (anno 191 a. C.), per i minori di venticinque anni. Originariamente, questo curatore interveniva in atti isolati come garanzia morale per i terzi, di fronte all'eventuale impugnativa dei proprî atti, accordata dalla lex Plaetoria al minore. Nell'epoca romano-ellenica, la capacità di agire dei minori soggetti a cura venne limitata al pari di quella dei pupilli, e quindi il curatore diventò amministratore generale e obbligatorio per tutti i minori. Egli dava l'assistenza e il consenso agli atti del minore e compiva quindi un ufficio analogo all'auctoritas del tutore: l'intervento del curatore rendeva validi di pieno diritto gli atti del minore e quest'ultimo non poteva più giovarsi della exceptio legis Plaetoriae, né domandare la restitutio in integrum. Figure speciali di curatores minorum furono introdotte nel diritto classico: tali sono la cura mulieris, la cura militis e la cura dell'adolescens furiosus.

Cura ventris. - Veniva istituita, dietro istanza della donna vedova o divorziata che si trovasse incinta, per tutelare gl'interessi del nascituro.

Oltre alle varie specie di cura cui abbiamo accennato, altre ve n'erano, sempre nell'ambito del diritto privato, che si distinguevano nettamente da queste per il fatto che non vi era connessa l'administratio, con le facoltà ad essa connesse, ma solo la custodia: tali erano, p. es., la cura bonorum, che provvedeva alla conservazione del patrimonio dell'assente del prigioniero di guerra; la cura hereditatis, per la conservazione dell'eredità giacente; e altre.

Diritto pubblico. - Curatores civitatis o reipublicae. - Furono istituiti da Traiano, e avevano allora carattere straordinario: erano specie d'ispettori che esercitavano un controllo governativo sull'amministrazione e sulle finanze delle singole città. In seguito, divennero funzionarî stabili con la vigilanza sui fondi e sugli edifici pubblici e l'amministrazione delle finanze. I curatores civitatis venivano scelti fra i funzionarî municipali. In Oriente presero anche il nome di patres civitatis.

Curatores frumenti. - Furono istituiti da Augusto per l'amministrazione dell'annona e le distribuzioni frumentarie: venivano scelti nell'ordine senatorio e tra le classi più elevate e duravano in carica un anno. Furono sostituiti dallo stesso Augusto da un funzionario che prese il nome di praefectus annonae.

Altri curatores erano i curatores aedium sacrarum et operum publicorum; curatores viarum publicarum; curatores aquarum; curatores cloacarum urbis; curatores riparum et alvei Tiberis.

Bibl.: I. Alibrandi, Dell'azione che davasi secondo il dir. rom. contro i curatori, in Bull. dell'Ist. di dir. rom., II (1889), p. 151; A. Audibert, Essai sur l'histoire de l'interd. et de la curatelle des prodigues en dr. rom., in Nouv. rev. hist. du droit fr. et étr., XIV (1890), p. 521 segg.; O. Gradenwitz, in Grünhut's Zeitschr., XVIII (1891), p. 340 segg.; Arnò, in Arch. giur., LXXI (1903), p. 320 segg.; Kruger, in Festgabe für Güerbock, Berlino 1910, p. 240; E. Albertario, Di alcune innovazioni giustinianee riguardanti la cura minorum, in Zeitschr. Savigny Stift., XXXIII (1912), p. 240 segg.; id., Dell'actio subs. concessa al minore, Pavia 1912; id., Lo sviluppo delle excusationes nelle tutele e nelle cure dei minori, Pavia 1912; P. De Francisci, in Saggi romanistici, I, 1913; id., Intorno alla c. 6, Cod. 5, 70, de curatore furiosi, vel prodigi, in Bull. dell'Ist. di dir. rom., XXX (1921), p. 154 segg.; S. Solazzi, La minore età in diritto romano, Roma 1913; id., Tutele e curatele, in Riv. it. per le sc. giur., LIII-LIV, 1914; id., Curator impuberis, Roma 1917; id., Curatores pleni, dei minori, in Atti del R. Ist. ven., LXXV, 1915; id., Interdizione e cura del prodigo nella legge delle XII tavole, in Studi in onore di P. Bonfante, Milano 1930, I, p. 45 segg.; O. Lenel, Die cura minorum der klass. Zeit, in Zeitsch. Savigny Stift, XXXV (1914), p. 129; P. Bonfante, Corso di diritto romano, I, Roma 1925, p. 473 segg.

Diritto italiano vigente. - La cura è, accanto alla tutela, un istituto che ha per scopo la protezione delle persone incapaci, ma il curatore, a differenza del tutore, il quale, nel potere conferitogli dalla legge, sostituisce la sua volontà a quella delle persone incapaci, presumendosi che queste non ne abbiano alcuna e investe tutti i rapporti personali e patrimoniali della persona incapace, integra con la sua assistenza la capacità, che si suppone non completamente piena, della persona incapace, prevalentemente nei rapporti patrimoniali. Quindi, mentre il tutore ha la rappresentanza legale dell'incapace, il curatore ha soltanto l'ufficio di assisterlo in taluni atti più importanti della vita. Caratteri comuni con la tutela, oltre quello fondamentale di essere entrambi istituti di protezione giuridica degl'incapaci, sono: la natura di pubblico ufficio; la gratuità; l'obbligatorietà; l'indivisibilità, nel senso che non si possono nominare più curatori alla medesima persona o al medesimo patrimonio. Le specie fondamentali di cura sono due: la cura dei minori emancipati e la cura dei maggiori inabilitati.

La cura dei minori emancipati. - Il minore, con l'emancipazione, che può essere volontaria (per deliberazione del genitore esercente la patria potestà o del tutore, quando egli abbia raggiunto il 18° anno) o legale, per effetto del matrimonio, viene a trovarsi in uno stato intermedio di capacità fra il minore di età e il maggiore: egli acquista una capacità che può dirsi piena per quanto attiene ai rapporti personali, e limitata per i rapporti patrimoniali. Per questi egli, infatti, è capace di compiere da solo tutti gli atti che non eccedono la semplice amministrazione (articolo 317 cod. civ.). Per quelli invece che la eccedono, ha bisogno dell'assistenza del curatore, la quale, se è sufficiente per alcuni - per es. per ricevere il conto della tutela (art. 316 cod. civ.), per riscuotere capitali col vincolo del reimpiego, per stare in giudizio da attore o da convenuto (art. 318 cod. civ.), - dev'essere a sua volta completata, per tutti gli altri atti inerenti la semplice amministrazione, dall'autorizzazione del consiglio di famiglia o di tutela (art. 319 cod. civ.); anzi per altri atti - alienazioni, costituzioni di pegno o ipoteca, mutui passivi, transazioni, compromessi, divisioni (art. 301 cod. civ.) - la stessa deliberazione del consiglio di famiglia o di tutela deve essere omologata dal tribunale (art. 319 cod. civ.).

La cura è legittima o dativa. La prima è conferita direttamente dalla legge: a) al padre dell'emancipato, salvo che sia incapace o decaduto dalla patria potestà, e in mancanza alla madre; b) al genitore esercente la patria potestà, per il figlio emancipato in conseguenza del matrimonio; c) al marito, se si tratta di figlia emancipata in conseguenza del matrimonio, o al curatore del marito, se questi sia pure minore o inabilitato, o al tutore del marito, se questi sia interdetto; d) al padre e alla madre di lei, se rimanga vedova o sia separata di corpo e di beni (art. 313 cod. civ.). La cura dativa è conferita dal consiglio di famiglia o di tutela, sia in caso di emancipazione volontaria, sia in caso di emancipazione legale, quando manchino o siano incapaci i genitori (art. 315 cod. civ.). La cura cessa col cessare dell'emancipazione, e cioè con la maggiore età, con l'interdizione, con la revoca.

La cura dei maggiori inabilitati. - Il maggiore di età che sia affetto da infermità mentale non grave (tale, cioè, che non possa giustificare l'interdizione), ma sempre abituale, o che sia prodigo, può essere inabilitato (art. 339), mentre sono inabilitati di diritto il sordomuto e il cieco dalla nascita appena giunti alla maggiore età (art. 340 cod. civ.). E gli uni e gli altri sono sottoposti a cura. L'inabilitato, come il minore emancipato, ha una capacità piena per tutto quanto attiene ai rapporti personali e, pei rapporti patrimoniali, può compiere da solo gli atti che non eccedono la semplice amministrazione. Per tutti gli altri atti gli è necessario il consenso del curatore (art. 339 cod. civ.), il quale è sempre sufficiente, non occorrendo né l'autorizzazione del consiglio di famiglia o di tutela, né l'omologazione del tribunale. La cura del maggiore inabilitato è sempre dativa, cioè è sempre conferita dal consiglio di famiglia o di tutela (articolo 339 cod. civ.). La cura cessa col cessare dell'inabilitazione, o perché questa è revocata, per esserne cessata la causa, o perché, essendo l'infermità divenuta più grave, è stata sostituita dall'interdizione.

Curatele speciali. - Vi sono poi molte occasioni nelle quali la legge provvede alla nomina di curatori speciali per garantire particolari interessi. Ricordiamo le specie più importanti:

Curatore ai figli minori dell'assente. - Se il padre sia assente (in senso tecnico, non semplicemente lontano) e la madre sia morta o nell'impossibilità di esercitare la patria potestà, il consiglio di famiglia conferisce la cura all'ascendente paterno o, in mancanza, al materno (art. 244 cod. civ.), e, se pur questi manca, si nomina un curatore temporaneo, che la legge chiama impropriamente tutore (art. 47 cod. civ.).

Curatore al ventre. - Se, alla morte del marito, la moglie si trovi incinta, può nominarsi dal tribunale, sull'istanza di chiunque vi abbia interesse, un curatore, il cui ufficio è di vegliare perché sia impedita la supposizione o sostituzione o soppressione di parto, e di prendere ogni altro provvedimento che assicuri le ragioni e i diritti del nascituro (art. 236 cod. civ.).

Curatore al non concepito. - Quando si nomini erede o legatario un non concepito, figlio di determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, si nomina un amministratore dell'eredità o del legato (articolo 860 cod. civ.).

Curatore all'eredità giacente. - Quando l'erede non sia noto o gli eredi testamentarî o legittimi abbiano rinunziato, l'eredità si reputa giacente e si nomina un curatore che provveda all'amministrazione o conservazione dei beni ereditarî (art. 980 cod. civ.).

Curatore al figlio minore onorato da liberalità testamentarie. - Quando il padre, esercente la patria potestà, non voglia accettare la disposizione fatta a favore del figlio, il tribunale nomina un curatore per tale accettazione, sentito però il padre sui motivi del suo rifiuto (art. 226 cod. civ.), e del pari il testatore può nominare al minore istituito erede un curatore speciale per l'eredità che gli trasmette, sebbene il minore sia sottoposto a patria potestà (art. 247 cod. civ.).

Curatore nei conflitti d' interesse. - Nascendo conflitto d'interessi tra i figli soggetti alla stessa patria potestà o tra essi e il padre, sarà nominato ai figli un curatore speciale (art. 224); lo stesso avviene quando sorga un conflitto tra i minori soggetti alla stessa tutela (art. 246 cod. civ.).

Curatore all'interdicendo o all'inabilitando. - Dopo l'interrogatorio dell'interdicendo o dell'inabilitando, in attesa della sentenza, il tribunale può nominare un curatore provvisorio (art. 327) che diverrà definitivo se sarà pronunziata l'inabilitazione, e sarà sostituito dal tutore, se sarà pronunziata l'interdizione.

Curatore nell'abuso della patria potestà. - Quando il genitore esercente la patria potestà abusi di essa, o ne trascuri i doveri, il tribunale, sull'istanza di alcuni dei parenti più vicini o del pubblico ministero, può nominare un curatore ai beni di lui (art. 233 cod. civ.).

Curatore ai figli di chi passi a seconde nozze. - La vedova che vuol passare a seconde nozze, e che eserciti la patria potestà sui figli minori, deve far convocare il consiglio di famiglia, perché deliberi se l'amministrazione dei beni di quelli debba esserle conservata e a quali condizioni. In mancanza, essa perde di diritto l'amministrazione, e il consiglio di famiglia nomina un curatore speciale (art. 238 cod. civ.).

Curatore all'emancipato nel rendiconto. - Quando al minore emancipato sia data per curatore quella stessa persona che sino allora aveva tenuto la tutela su di lui e che deve rendergli il conto, il consiglio di famiglia o di tutela gli nomina un curatore speciale, per l'approvazione del detto conto (art. 316 cod. civ.).

Curatore all'inabilitato o inabilitando che vuol contrarre matrim0nio. Per la validità delle stipulazioni e donazioni fatte nel contratto di matrimonio da colui che è inabilitato o contro il quale è stato promosso giudizio d'inabilitazione occorre la nomina di un curatore speciale (articolo 1387 cod. civ.).

Curatore nel giudizio di disconoscimento della paternità. - Quando il giudizio è istituito contro un minore o un interdetto, il tribunale davanti al quale il giudizio è promosso gli nomina un curatore per sostenere il contraddittorio (art. 168 cod. civ.).

Curatore al convenuto. - Quando un incapace è convocato in giudizio e non ha un legale rappresentante o, pur avendolo, è in conflitto d'interessi con lui, l'autorità giudiziaria innanzi a cui si svolge il giudizio, gli nomina un curatore speciale (art. 136 cod. proc. civ.).

Curatore alla memoria del defunto. - Quando ha luogo la revisione di una sentenza di condanna per delitto, e il condannato sia morto, la Corte di cassazione, nell'ordinare la revisione, nomina un curatore speciale che, nel processo di revisione, eserciterà tutti i diritti del defunto (art. 546 cod. proc. pen.).

Una particolare, caratteristica, importante figura di curatela è quella che si svolge nella procedura fallimentare (v. fallimento).

Bibl.: L. Borsari, Commentario del codice civile italiano, I, Torino 1871; E. Pacifici-Mazzoni, Istituzioni di diritto civile italiano, VII, 4ª ed., Firenze 1920, pp. 180 segg., 858 segg.; R. De Ruggiero, istituzioni di diritto civile, 5ª ed., Messina 1930, par. 123; Aubry e Rau, Cours de code civil, I, Parigi 1897; par. 128-137; Planiol, Traité de droit civil, Parigi 1894, nn. 1876, 2009 segg.; B. Windscheid, Diritto delle pandette, trad. Fadda e Bensa, II, Torino 1926, par. 2.

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