CUMA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

Vedi CUMA dell'anno: 1959 - 1973 - 1994

CUMA (Κύμη, Cumae)

W. Johannowski

Città greca posta sopra un'altura isolata del litorale occidentale della Campania, fondata da coloni di Calcide ed Eretria, che si erano stanziati precedentemente di fronte nell'isola d'Ischia (Πιϑηκοῦσσαι). La località era abitata già prima da tribù italiche. La città occupava l'area compresa fra la collina dell'acropoli (m 8o) a N-O e il Monte Grillo (m 109) ad E. A S e ad O era limitata dal ciglio di una bassa collina; a N dalla piana di Licola, dove si stendeva la necropoli più importante. Il sottosuolo è costituito, salvo sull'acropoli, che è una collina dirupata di lava trachitica e di tufo, prevalentemente da terreno pozzolanico.

L'abitato dell'Età del Ferro avanzata doveva stendersi, a giudicare dall'abbondanza di frammenti ceramici, sull'acropoli, ma i pochi saggi effettuativi finora hanno dato risultati molto scarsi. Le tombe rinvenute ad E della collina, sia dentro, sia fuori le mura della città greca, erano ad inumazione e di tipo analogo a quelle di altre necropoli contemporanee della Campania.

La colonizzazione dev'essere avvenuta, a giudicare dalla suppellettile delle tombe greche più antiche, e in pieno accordo con la tradizione letteraria, verso la metà dell'VIII sec. a. C. Attaccata invano dagli Etruschi (524 a. C.), che vennero poi definitivamente sconfitti nelle sue acque da Ierone di Siracusa (474 a. C.), C. fu conquistata nel 424 o 421 dai Sanniti. Civitas sine suffragio dal 338 a. c., essa chiese ed ottenne nel 180 a. C. l'uso del latino come lingua ufficiale. Nel 560 d. C. la sua acropoli fu l'ultima roccaforte dei Goti, assediata a lungo da Narsete, ma solo nel 1216 la città, ridotta ormai all'area della rocca, fu definitivamente distrutta dagli abitanti di Napoli e di Aversa.

Il territorio di C., che varie notizie ci fanno supporre abbastanza esteso in età greca, comprendeva, in età sannitica e romana, la piana di Licola, la zona collinosa ad oriente fino al Gauro, i laghi di Averno (῎Αορνος), di Lucrino e di Fusaro (Acherusia palus) e la zona termale di Baia e, fino almeno all'età augustea, anche il territorio di Miseno. Sottocolonie di C. erano Partenope e poi Neapolis. Fra i culti ebbe notevole importanza quello di Apollo, con relativo oracolo, e sono testimoniati per l'età greca quelli di Hera, di Dioniso e probabilmente di Demetra.

Le prime notevoli scoperte fortuite si ebbero nel 16o6, quando si incominciò a dissodare la zona, rimasta per lunghi secoli abbandonata a causa della malaria. Soprattutto nel secolo scorso si ebbe poi un continuo saccheggio della necropoli, che fruttò molto materiale andato in gran parte disperso, e in parte attualmente al Museo Nazionale di Napoli. Le prime ricerche fatte sotto controllo scientifico, sempre nella necropoli, furono quelle del Pellegrini e del Gabrici, condotte all'inizio di questo secolo, mentre la esplorazione sistematica dell'acropoli e poi della città, iniziata dallo Spinazzola, fu poi proseguita dal Maiuri.

Del periodo più antico fino al VI sec. a. C., sono quasi unica testimonianza le tombe della vastissima necropoli settentrionale, che si trova tutta fuori delle mura. Gli avanzi più antichi finora conosciuti sicuramente riferibili alle fortificazioni, sul lato S della città sulle pendici del monte Grillo, e sul lato S-O dell'acropoli possono essere datati, in base alla stratigrafia, agli ultimi decenni del VI sec. a. C. Il muro, in blocchi squadrati di tufo, era a doppia cortina, con la faccia vista a scarpata e tutto l'elevato in ortostati. Nella parte occidentale del lato S ad una cortina dello stesso tipo, ma con caratteri più recenti, si è aggiunta una più esterna, in assise piane, come in alcuni settori delle mura di Neapolis, ma, al pari di alcuni tratti molto meno conservati sul lato N, la cronologia è incerta. Porte esistevano evidentemente a S, a poca distanza dall'anfiteatro, ad E sul posto stesso dell'"Arco felice" (v. più avanti) e a N, in corrispondenza dell'attuale via Cuma-Licola, che coincide con una strada antica.

L'acropoli e la città. - Non sappiamo quando l'acropoli ebbe una cinta propria. Alcuni tratti di muro a scarpata che delimitano a N e a E il santuario di Apollo sulla terrazza inferiore della collina, appartengono certamente ancora ad età greca, ma sembrano piuttosto dei muri di terrazzamento. Indubbio carattere di fortificazione ha invece un muraglione in blocchi di tufo uniti secondo il sistema a chiave, spesso m 1,60, con speroni che si addentrano nella scarpata. Di quest'opera, sorta probabilmente piuttosto che nel V sec. in età sannitica, rimangono importanti avanzi, sui lati S, N e E, della rocca. L'unica porta era all'estremità meridionale della collina, presso il santuario di Apollo. All'epoca del secondo triumvirato, quando nel vicino Lago d'Averno fu creato da Agrippa il portus Iulius, essa fu spostata in avanti, e nello stesso tempo furono rinforzate le difese nelle zone adiacenti e creati dei cisternoni che servirono anche a colmare il dislivello. Tali aggiunte, tra cui una grande torre rettangolare, in parte distrutte da una mina provocata da Narsete, sono in opera a sacco con rivestimento in blocchi di trachite. Probabilmente all'epoca delle guerre gotiche risale il rifacimento con materiali di risulta del muro N dell'acropoli.

La parte orientale del ripiano inferiore della rocca era occupata dal santuario di Apollo, che si è potuto identificare in base ad una iscrizione osca. Su un tempio più antico, di cui sono visibili pochi avanzi lungo il lato orientale fu costruito ancora in età greca o nel primo periodo sannitico un periptero a basso podio orientato N-S, di m 34,60 × 18,30. L'elevato di quest'ultimo fu interamente distrutto nel I sec. d. C. avanzato, quando ne venne cambiato l'orientamento con l'aggiunta di un pronao al centro del lato E. Questo tempio romano, a tre celle, di ordine ionico, fu poi trasformato in basilica cristiana. Altri edifici di età greca e sannitica a N del tempio sono una grande cisterna a sezione trapezoidale in blocchi di tufo ed un portico gravemente danneggiato da fondazioni di età imperiale.

Sul ripiano superiore della collina, lungo i cui lati N e E rimangono notevoli avanzi di terrazzamenti in blocchi di tufo, sorgeva un altro tempio. Esso era orientato da E ad O e misura m 24,60 × 39,60, ma la lunghezza originaria era maggiore, dato che l'estremità occidentale è franata. Del tempio primitivo di età arcaica rimane ben poco e anche la pianta della fase sannitica, sulle cui fondazioni sorsero poi quelle successive, è tutt'altro che chiara.

Ad età tiberiana o claudia risalgono un corpo centrale lungo e stretto, solo in parte occupato dalla cella, e un muro di cinta esterno in opera reticolata. Più tardi l'area intermedia fu occupata da quattro file di pilastri con arcate, e, quando il tempio divenne basilica cristiana, la cella fu trasformata in presbiterio.

Con il tempio di Apollo era collegato attraverso un cunicolo in discesa, interrotto in età romana, un lungo dròmos rettilineo a sezione trapezoidale, di età greca arcaica, che correva a mezza costa lungo il pendio del ciglione che bordava la città ad occidente. Il piano di questo corridoio fu abbassato probabilmente in età ellenistica, quando alla sua estremità meridionale venne creato un doppio ambiente, e successivamente, in età romana furono scavate delle aperture sul lato O, utilizzando in parte vani preesistenti, e tre cisterne su quello opposto. In base a tali elementi si vuol riconoscere in tutto il complesso l'antro della Sibilla, ed indubbiamente queste sono le grotte descritte dallo Pseudo-Giustino nel IV sec. a. C. Un altro passaggio sotterraneo, ad andamento irregolare, con pozzi di luce e in collegamento con queste ultime, fu creato sotto l'estremità S dell'acropoli, evidentemente verso la fine della Repubblica. Esso doveva servire di collegamento fra la città bassa e il porto, mentre la grotta contemporanea, di cui parla Strabone che ne nomina anche l'architetto, Cocceius, univa con un rettilineo di quasi 1 km, Cuma al portus Iulius. Anche quest'ultima ha pozzi di luce verticali e obliqui e la stessa larghezza dell'altra, di m 4,50.

L'area urbana è poco esplorata e lo schema urbanistico non è noto, ma pare non sia stato affatto regolare. Ad età arcaica risale un santuario, di cui fu trovata la stipe votiva, nell'angolo S-O della cinta, e non è da escludere che alcuni muri in blocchi di tufo affioranti, in gran parte di terrazzamento, possano essere di età greca. Il Foro della città romana è stato evidentemente preceduto nello stesso posto da un impianto più antico a pianta meno regolare, cui appartiene un lungo muro quasi completamente mascherato da strutture romane sul lato S, e anche il tempio sul lato occidentale di esso, dedicato, a quanto pare, a Giove Flazzus e, almeno dal II sec. d. C., alla Triade Capitolina, è su avanzi di costruzioni precedenti. Il tempio, tuttora esistente, sorto nel III sec. a. C., era originariamente un periptero a podio di m 28 × 56, con 6 colonne sulle fronti, e fu trasformato verso la fine del I sec. d. C. in un prostilo. Ad epoca non molto posteriore a tale rifacimento risalgono le statue di culto di dimensioni colossali, di cui almeno due femminili, erano acroliti.

La piazza del Foro, di m 50 × 120 circa, solo in parte esplorata, ebbe il suo definitivo assetto verso la metà del I sec. a. C. o poco prima. Sui lati lunghi correvano due portici in tufo, a due piani, in parte a colonne, in parte a pilastri con semicolonne, della cui decorazione architettonica ci sono pervenuti notevoli elementi. Fra gli edifici circostanti possiamo citare una grande aula di età sillana e un tempio a podio del I sec. d. C. avanzato, circondato da portici, a S, e una forica riccamente ornata a N del tempio. Più distanti sono un'aula absidata del II sec. d. C. ad E, inclusa nella "masseria del Gigante", e due edifici termali, l'uno a SE, con strutture della fine del II sec. d. C., trasformato più tardi, e l'altro a N-O, sorto in età antoniana.

L'anfiteatro, a S della città, appoggiato in parte alla collina e in parte a terrapieno, misura nell'asse maggiore circa 90 m. Esso risale ad età sillana o di poco anteriore, e ha subito ampliamenti e restauri in epoche successive.

La via Domiziana entrava in città nella zona a N del Foro e ne usciva a metà dalla cresta del Monte Grillo, in cui fu scavata una trincea e costruito un altissimo arco di contrasto con paramento in laterizio, il cosiddetto "Arco felice".

Necropoli. - La necropoli più antica e più importante di C. si stende nella piana di Licola, e tombe del VII sec. a. C. sono state rinvenute anche a più di 2 km dalla cinta urbana. Le sepolture più antiche, fino almeno a tutto il VII sec. a. C. sono, a giudicare dalle poche notizie che ce ne sono pervenute, in parte ad inumazione, a fossa semplice, con grandi pietre sul feretro, e in parte ad incinerazione. Queste ultime, più ricche, sono costituite nel VII sec. abbastanza spesso da una cassa di tufo che conteneva il cinerario e la suppellettile. Nel VI sec. avanzato e nel V sec., abbondano soprattutto le tombe ad inumazione in tegole alla cappuccina, e pure dei V sec. sono alcune tombe a camera in blocchi di tufo, con copertura a doppio spiovente, da una delle quali proviene un'iscrizione incisa su una klìne; un'altra conteneva un sarcofago marmoreo di un tipo abbastanza diffuso in Attica.

Nelle tombe dell'VIII e VII sec. a. C. prevalgono i vasi protocorinzi e quelli geometrici e subgeometrici locali. Accanto ad essi troviamo, fino verso la metà del VII sec., aröballoi cretesi e qualche vaso cicladico. La ceramica corinzia è in prevalenza fino verso la metà del secolo successivo, ma già verso il 580-70 a. C. ha inizio l'importazione di prodotti attici, che finiranno poi per prevalere.

Le sepolture di età sannitica sono per lo più a cassa in lastroni di tufo, e hanno fin dal IV sec. a. C. qualche volta dei loculi laterali per la suppellettile. Le tombe a camera, di cui una, della metà circa del IV sec. a. C., era ornata da pitture, sono fino al III sec. per lo più del tipo di quelle più antiche, mentre le più recenti hanno la vòlta a botte impostata su una cornice aggettante. Verso la fine del II sec. a. C. ai blocchi uniti senza malta viene sostituita l'opera cementizia. È eccezionale una tomba a thòlos con copertura a cupola conica e loculi poco profondi nelle pareti, databile al III sec. a. C. La suppellettile, in prevalenza ceramica di fabbriche campane, diventa sempre più scarsa dal III sec. a. C. in poi.

Notevoli monumenti funerarî romani di tipi diversi, di cui molti con colombario, sono scaglionati lungo le strade che escono dalla città. Da uno di essi, a poca distanza dalle mura, sulla via di Licola, provengono due maschere di cera, mentre altre sono ornate da stucchi e da pitture.

Nel territorio esistono numerosi avanzi di ville, in alcune delle quali le strutture più antiche sono di età sannitica e in evidente rapporto con nuclei di tombe isolati.

È noto dagli itinerari un pagus ad vineas, che doveva essere un piccolo centro sulla Domiziana, ad E del Lago d'Averno. Sulla riva orientale di quest'ultimo è un notevole complesso termale, il cosiddetto tempio di Apollo, con una sala circolare a cupola, probabilmente di età adrianea, che con i suoi 37 m di diametro è la più grande di quelle conservate in Campania. Una seconda sala a cupola di notevoli dimensioni, nota da disegni di Giuliano da Sangallo e da altre notizie, era a Tripergole, villaggio che fu sepolto nel 1527 dalle ceneri dell'eruzione del Monte Nuovo.

Bibl.: P. Paoli, Avanzi delle antichità esistenti a Pozzuoli, Cuma e Baia, Napoli 1768, tav. 67 ss.; A. De Iorio, Scheletri cumani, Napoli 1810; A. De Iorio, Guida di Pozzuoli e contorni, Napoli 1822, p. 96 ss.; J. Beloch, Campanien, Berlino 1879, p. 145 ss.; H. Nissen, Italische Landeskunde, Berlino 1902, II, p. 721 ss.; G. Pellegrini, in Mon. Ant. Lincei, XIII, 1903, p. 203 ss.; E. Gabrici, in Mon. Ant. Lincei, XXII, 1913, p. i ss.; J. Weiss, in Pauly-Wissowa, XI, 2, 1922, cc. 2476 ss., s. v.; A. Maiuri, I Campi Flegrei, Roma 1934, p. 92 ss.; id., Campania Romana, I, 1938, p. 9 ss.