Cuba

Dizionario di Storia (2010)

Cuba


Stato insulare dell’America Centrale; comprende l’isola omonima, la Isla de la Juventud e circa 1600 isole e isolotti, tra cui l’arcipelago di Camagüey e quello dei Canarreos. L’isola di C., la maggiore delle Grandi Antille, è situata tra il Golfo del Messico, il Mare dei Caraibi e l’Oceano Atlantico, circa 200 km a E della penisola dello Yucatán (Messico) e 150 km a S della Florida (USA).

Conquista e colonizzazione

In epoca precolombiana, C. era abitata da popolazioni amerindie come i taino, i ciboney e guanajatabey. Raggiunta da C. Colombo nel 1492, C. fu colonizzata nel 1511 e divenne una base per la conquista spagnola dell’America Centrale. Estinti rapidamente gli indigeni a causa di lavoro forzato, malattie e genocidi, C. fu popolata di schiavi africani e costituita in governatorato nell’ambito del vicereame della Nuova Spagna. Per oltre due secoli ebbe un’importanza economica relativamente modesta, mentre fu più rilevante il suo ruolo strategico e commerciale di «porta delle Antille». Dalla seconda metà del sec. 18° si andò sviluppando l’attività economica, fondata sulla coltivazione della canna da zucchero e del tabacco, sull’allevamento brado e sullo sfruttamento delle foreste. Dopo la metà del Settecento lo sviluppo economico decuplicò la popolazione e portò alla formazione di un’oligarchia di proprietari terrieri e a stretti legami economici con gli Stati Uniti. Lo sviluppo del movimento indipendentista si intrecciò con le spinte, contrastanti, dei diversi strati sociali: le istanze di liberazione degli schiavi erano avversate dall’oligarchia, che aspirava all’annessione agli Stati Uniti. Una prima guerra d’indipendenza (1868-78) si concluse con la concessione di alcune riforme, compresa l’abolizione della schiavitù. Una seconda insurrezione (1895) fu repressa sanguinosamente e provocò l’intervento di Washington, dando infine il via alla guerra ispano-americana (1898). Sconfitta la Spagna, gli USA fecero inserire nella Costituzione del nuovo Stato (1901) il cosiddetto «emendamento Platt», che istituiva una sorta di protettorato sull’isola, per cui nel 1903 gli Stati Uniti stabilirono la base navale di Guantánamo.

L’indipendenza, il regime di Batista, la rivoluzione

I primi decenni dopo l’indipendenza furono caratterizzati da una notevole instabilità politica per i ricorrenti conflitti fra le fazioni dell’oligarchia e la protesta delle classi subalterne. Gli Stati Uniti intervennero dunque ripetutamente per garantire il proprio controllo sull’economica locale. La depressione degli anni Trenta fu accompagnata da agitazioni e rivolte che segnarono la crisi del sistema politico. L’ascesa al potere di F. Batista y Zaldivár riconfermò i tradizionali rapporti con il potente vicino. Sul piano interno, l’autoritarismo di Batista si accompagnò alla modernizzazione del Paese. Tuttavia lo scontro sociale non fu evitato. Il movimento rivoluzionario messo in piedi nel 1953 da F. Castro portò infine alla caduta della dittatura. Un primo tentativo fu compiuto il 26 luglio di quell’anno con l’assalto alla caserma Moncada, che si concluse con l’arresto di F. Castro e di alcuni suoi compagni. Liberato nel 1955, Castro costituì il Movimiento 26 de julio e nel 1958, assieme a E. «Che» Guevara, guidò una spedizione di 82 persone, che diede il via all’occupazione della Sierra Maestra e a una guerriglia che l’8 gennaio 1959 portò i rivoluzionari a conquistare la capitale l’Avana.

La Cuba di F. Castro: l’esperimento socialista

Sciolte le istituzioni del passato regime, Castro avviò radicali riforme, che provocarono la reazione degli Stati Uniti, che vedevano colpiti i propri interessi. Il governo dell’Avana ristabilì nel 1960 relazioni diplomatiche con l’URSS e varò un ampio programma di nazionalizzazioni. Il rifiuto di Washington di restituire la base di Guantánamo aggravò la situazione e, dopo la rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Stati (1961) e la fallita invasione della Baia dei Porci nello stesso anno, il processo rivoluzionario assunse un carattere dichiaratamente socialista, mentre l’embargo statunitense e l’isolamento dal contesto continentale inducevano l’Avana a rapporti sempre più stretti con l’URSS, dal cui sostegno economico, politico e militare era ormai dipendente. Nell’ott. 1962 si verificò un momento di estrema tensione («crisi dei missili») a causa dell'installazione di missili sovietici a C., come risposta alla costruzione di basi missilistiche della NATO in Turchia, ma anche per venire incontro alle richieste di Castro all’indomani dell’episodio della Baia dei Porci. Gli USA decisero di istituire un blocco aeronavale intorno all'isola e chiesero ai sovietici di smantellare le basi missilistiche; dopo alcuni momenti critici, si giunse infine a un accordo, su proposta sovietica, che prevedeva il ritiro dei missili in cambio dell'impegno a non invadere Cuba. Il successivo tentativo cubano di rompere l’accerchiamento, cercando di estendere la rivoluzione in America latina, non ebbe successo. Tuttavia C. svolse un ruolo significativo nel sostegno a movimenti di liberazione quali quelli congolese, algerino e di varie colonie portoghesi dell’Africa, Angola in primis. Intanto il Partido comunista cubano (PCC; nato dalla fusione del Movimiento 26 de julio con il PSP) dal 1970 si consolidò al potere e confermò Castro primo segretario. Nel 1976 fu approvata la nuova Costituzione e Castro fu eletto presidente del Consiglio di Stato e del nuovo Consiglio dei ministri (confermato nel 1981 e 1986). Intanto vari indicatori sociali rivelavano che C. stava raggiungendo risultati importanti, in particolare nei campi dell’istruzione e della sanità. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta numerosi Paesi latino-americani ristabilirono le relazioni con l’Avana. I rapporti con gli Stati Uniti rimasero invece tesi.

Cuba dopo la fine dell’Unione Sovietica

La caduta dell’URSS (1991) portò C. a un forte isolamento, che insieme alla caduta del prezzo dello zucchero e alla prosecuzione dell’embargo USA provocò serie difficoltà economiche, con pesanti ripercussioni sul tenore di vita della popolazione, costretta ad affrontare i notevoli problemi posti dall’insufficienza di prodotti alimentari e di altri beni di prima necessità (elettricità, farmaci, carburante). Nel 1992 furono varati importanti emendamenti costituzionali, fu proibita ogni discriminazione per motivi religiosi, consentendo ai credenti di iscriversi al partito unico, e fu autorizzata l’elezione diretta dei membri dell’Assemblea nazionale. Condannato per il mancato rispetto dei diritti dell’uomo da un’apposita commissione delle Nazioni Unite (marzo 1992), il regime continuò a reprimere il dissenso (spesso collegato agli USA e ai cubani di Miami, e talora sfociante in azioni violente e attentati terroristici), riuscendo però a garantire al governo un livello di consenso elevato, frutto delle conquiste sociali realizzate dalla rivoluzione (tra le altre un servizio sanitario completamente gratuito e un livello di scolarizzazione sconosciuto al resto dell’America latina). In questo il regime fu aiutato anche dall’ostinazione di Washington nel mantenere contro l’isola un rigido embargo commerciale, ulteriormente rafforzato a partire dall’ottobre 1992, quando il Congresso statunitense adottò il Cuban democracy act. Tale misura fu contestata dall’Unione Europea e condannata dall’Assemblea generale dell’ONU, col solo voto contrario di Stati Uniti, Israele e Romania (nov. 1992). Nel febbraio 1993 si tennero le elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale (per la prima volta col suffragio diretto, ma ancora riservate esclusivamente a candidati scelti dal PCC) che il mese successivo confermò all’unanimità, nelle rispettive cariche di presidente e primo vicepresidente del Consiglio di Stato, F. Castro e suo fratello Raúl. Nello stesso anno, Castro varò un pacchetto di riforme economiche che posero fine al trentennale divieto di possedere valuta estera e autorizzarono la creazione in numerosi settori di imprese private soggette a una tassazione mensile. La  legalizzazione dell’uso del dollaro favorì gli investimenti stranieri e la nascita di numerose joint ventures, ma aprì anche nuove contraddizioni, estendendo l’area del mercato nero. L’altra concessione governativa, la possibilità di avviare attività commerciali, artigianali e di servizio a conduzione privata, portò al sorgere di numerose imprese familiari. Aumentava intanto la quota di proprietà cooperativa e individuale dei terreni (la proprietà statale scese a circa il 30%) e le cooperative venivano autorizzate a vendere sul mercato una piccola parte della produzione eccedente la quota ceduta allo Stato. Sul piano internazionale, nonostante il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con Colombia, Cile, Haiti, Paraguay e Grenada, C. continuò a restare esclusa dalle principali istituzioni economiche e politiche latino-americane, come anche dalla possibilità di accedere ai finanziamenti della Banca mondiale o del Fondo monetario internazionale. I rapporti con gli Stati Uniti, rimasti immutati anche dopo l’avvento alla presidenza del democratico B. Clinton (marzo 1993), conobbero nuovi motivi di tensione nell’estate 1994, in seguito al tentativo di alcune migliaia di cubani (in quest’occasione non ostacolati dalle autorità) di raggiungere le coste della Florida su imbarcazioni di fortuna. Con l’intenzione di scoraggiare l’esodo, l’amministrazione statunitense modificò l’atteggiamento tradizionalmente tenuto nei confronti degli esuli cubani (che sino ad allora avevano ottenuto automaticamente asilo politico e permessi permanenti di soggiorno), disponendo l’internamento a tempo indeterminato dei profughi intercettati in mare nella base navale di Guantánamo. I flussi migratori da C. poterono essere regolamentati solo grazie all’accordo tra i due Paesi (settembre 1994, maggio 1995), secondo il quale gli Stati Uniti avrebbero garantito un massimo di 20.000 visti all’anno per i cubani, mentre l’Avana si impegnava a impedire nuove fughe. Indisponibile a una riforma del sistema politico, nonostante le pressioni internazionali e quelle esercitate all’interno da organizzazioni di dissidenti (la maggior parte delle quali era riunita dall’ottobre 1995 nel Concilio cubano), il regime varò, nel settembre 1995, una legge sugli investimenti esteri che apriva quasi tutti i settori dell’economia anche alle imprese a capitale totalmente straniero. I timidi segnali di ripresa fatti registrare dall’economia dovettero però scontrarsi con l’ulteriore rafforzamento dell’embargo: nel marzo 1996 il Congresso statunitense approvò la cosiddetta legge Helms-Burton, che prevedeva tra l’altro l’imposizione di sanzioni ai Paesi che commerciavano con l’isola. Alle ripetute condanne internazionali dell’embargo (nel nov. 1999, per l’ottavo anno consecutivo, l’Assemblea generale dell’ONU ne chiese la revoca), si aggiunsero quindi le critiche che i Paesi dell’Unione Europea, ma anche Canada e Messico, mossero alla nuova legge, considerata una palese violazione del diritto internazionale. Le reazioni negative suscitate dal provvedimento indussero Clinton a differire di sei mesi in sei mesi l’entrata in vigore degli articoli più controversi. Nell’estate dello stesso anno l’Avana fu scossa da una serie di attentati dinamitardi contro alberghi e ritrovi pubblici, finalizzati a minare l’industria turistica, il settore dell’economia cubana in più rapida espansione, e a creare difficoltà in vista dell’imminente visita di Giovanni Paolo II. La mobilitazione del PCC e lo sforzo organizzativo dell’episcopato locale assicurarono un’enorme partecipazione popolare alla visita pontificia (21-25 genn. 1998), nel corso della quale il papa, oltre a rinnovare la sua condanna dell’embargo statunitense, criticò il governo su temi quali l’aborto e il divorzio, e chiese maggiori libertà per il popolo cubano. Dopo la conferma di Castro nelle elezioni che si svolsero nello stesso mese di gennaio, in febbraio il governo, accogliendo parzialmente le richieste di Giovanni Paolo II, dispose la scarcerazione di 299 detenuti, una settantina dei quali in carcere per motivi politici; il mese seguente Washington compì un gesto distensivo nei confronti di C. alleggerendo le sanzioni (furono quindi ripristinati i voli diretti tra Stati Uniti e l’Avana e fu nuovamente permesso l’invio di rimesse in denaro). Sul piano diplomatico, le conseguenze del viaggio papale non tardarono a farsi sentire: nell’aprile 1998 la Commissione dell’ONU sui diritti umani respinse (per la prima volta dal 1991) la risoluzione di condanna di C. presentata dagli Stati Uniti. Nello stesso mese il primo ministro canadese J. Chrétien si recò in visita nell’isola, mentre furono ristabilite, a distanza di circa quarant’anni, piene relazioni diplomatiche tra l’Avana e la Repubblica Dominicana e si normalizzarono quelle con la Spagna. I rapporti con gli USA rimanevano invece tesi: nel sett. 1998 cinque agenti dell’intelligence cubana, in missione a Miami per indagare sui gruppi terroristici anticastristi, furono arrestati e condannati a pene durissime (tre di loro all’ergastolo). Nel gennaio 1999 alcuni provvedimenti di Washington segnalarono una prima apertura, che culminò nell’ottobre 2000 nella votazione del Senato a favore della sospensione dell’embargo sulla vendita di medicinali e generi alimentari. Nel corso del 2001 gli Stati Uniti manifestarono nuovi cauti segnali di distensione e nel mese di luglio il presidente G.W. Bush annunciò un ulteriore rinvio nell’entrata in vigore di alcuni articoli della legge Helms-Burton. Nuovi segnali sono giunti dal nuovo presidente B. Obama. L’embargo tuttavia non è mai stato eliminato. C. intanto partecipava ai processi di integrazione economica e politica alternativa in atto in America latina. Nel dicembre 2004 Castro e il presidente venezuelano H. Chávez siglavano l’accordo preliminare per la costituzione dell’Alleanza bolivariana per le Americhe (ALBA), col quale il Venezuela assicurava a C. la fornitura di 96.000 barili di petrolio al giorno a prezzi molto favorevoli, e C. inviava 20.000 medici e migliaia di insegnanti in Venezuela. Successivamente vari altri Paesi aderiranno all’ALBA, che nel 2009 contava 8 Stati aderenti. Intanto nel 2006 C. raggiungeva i risultati migliori della sua storia in altri indicatori sociali quali la speranza di vita (giunta a 77,4 anni in media) e il tasso di mortalità infantile (sceso al 5,3 per mille). Nello stesso anno F. Castro per motivi di salute lasciava la presidenza al fratello Raúl, passaggio di consegne ratificato dall’Assemblea nazionale del 2008.

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