CRISTOFORO di Iacopo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

CRISTOFORO di Iacopo (Cristoforo da Bologna)

Serena Padovani

Di questo pittore ("alias el biondo pictor", come viene chiamato in un documento bolognese dell'anno 1410) le fonti, a cominciare dal Vasari (1568), oscillano nell'indicare come patria Modena, Ferrara o Bologna. Ma i numerosi documenti bolognesi che dal 1363 al 1410 si riferiscono al pittore e i caratteri stilistici delle sue opere indicano che comunque egli si formò e visse a Bologna, dove svolse un ruoio di una certa importanza come cittadino e come artista.

Nato probabilmente intorno al 1335, poiché è nominato per la prima volta come testimone - e quindi maggiorenne - nel 1361, C. ebbe vari incarichi dal Comune di Bologna una volta raggiunta la piena maturità: fu maestro: dell'orologio del Comune nel 1381 e nel 1393; eletto ufficiale "cum iudice mercationum" nel 1391; nello stesso anno fu nominato "canzelarius dominorum ancianorum" e castellario della rocca di Bargazza (e di nuovo nell'anno successivo); nel 1393 fu eletto "creditor publicorum Communis Bononie"; nel 1394 esattore di gabella; nel 1403 fu nominato castellano della rocca di Dozza (cfr. Filippini-Zucchini, 1947).

Più scarsi i documenti relativi alla sua attività di pittore. Nulla è rimasto delle pitture per cui fu pagato nel 1374 "pro depingendo capellani Corradinio" (in S. Francesco a Bologna), né di quelle in San Michele in Bosco, per cui fu pagato nel 1398; né rimane traccia di varie sue opere in alcune chiese di Bologna descritte dal Malvasia (1678, 1), fra cui la Madonna col Bambino e i ss. Antonio abate e Caterina su tela, firmata e datata 1382 per là chiesa dei Celestini.

Di C. rimangono oggi tre opere firmate: la Madonna della Misericordia dipinta per l'altar maggiore della chiesetta di Mezzaratta presso Bologna, datata 1380, ora nella Pinacoteca nazionale di Bologna; la tela con S. Cristoforo nella chiesa di San Cristoforo di Montemaggiore (Monte San Pietro, Bologna), datata 1395; la tavoletta con Crocefissione e Deposizione, nella Pinacoteca nazionale di Ferrara.

Sulla base di queste opere sicure, la critica moderna, a cominciare dal contributo dell'Arslan (1937) e soprattutto grazie agli interventi di R. Longhi (1934; 1934-35; 1950), ha messo a fuoco la figura di C. riconoscendogli un ruolo di protagonista nella pittura bolognese della seconda metà del sec. XIV, in parallelo e in stretto rapporto con Simone dei Crocefissi, ma anche con aperture originali verso la cultura toscana e più verso quella dell'Italia settentrionale dominata da Tommaso da Modena, in particolare nella versione del modenese Serafino dei Serafini.

Resta ancora incerta la fisionomia dei suoi inizi, che sembrano comunque da rintracciare a Mezzaratta verso il 1360, accanto a Simone dei Crocefissi e ai vari pittori di nome Iacopo. Qui il Longhi (1950) propose per C. le Storie di Giuseppe, mentre più recentemente il Ferretti (1978) suggerisce di riferirgli invece alcune Storie di Mosè (La raccolta della manna, Mosè che fa scaturire la sorgente, L'adorazione del vitello d'oro), che sembrano effettivamente potersi accettare come preludio alle Storie di s. Maria Egiziaca, riscoperte nel 1950 in una cappella absidale di S. Giacomo Maggiore a Bologna, e riconosciute a C. dal Longhi (1950).

Se sugli affreschi di Mezzaratta pesa ancora l'ombra dei mancato chiarimento, delle varie personalità educate sull'insegnamento estroso e fantastico di Vitale da Bologna, accanto:al quale dopo i recenti contributi (L. Bellosi, Buffalmacco e il Trionfo della Morte, Torino 1974), va presa in considerazione la figura dello Pseudo-Iacopino, i brani ritrovati in S. Giacomo Maggiore presentano il linguaggio di C. ormai chiaramente individuabile e maturo. La matrice vitalesca viene rallentata in un racconto più prosaico, ma esposto con vivacità di osservazioni realistiche e costruito con una pittura densa e morbida, luminosa e colorata, che di quell'insegnamento si dichiara erede. A proposito delle quattro Storie di s. Maria Egiziaca, di cui il Longhi (1950) scrisse che "sono una bella aggiunta alla migliore pittura bolognese fra il '60 e il '75", così Arcangeli (1967, p. 107) precisa i contorni della figura di C.: "e fu l'insigne critico ad aggregarle all'opera di Cristoforo da Bologna, attivo, all'incirca, per tutta la seconda metà del '300 e, per dirla in breve, "partner" alquanto più delicato (anche se, infine, la sua statura non mi paia superiore) dei fecondissimo Simone dei Crocefissi. La datazione proposta dal Longhi per queste storie trova, infatti, conferma nella forte rispondenza degli affreschi con il grande Crocefisso che Simone eseguì proprio per San Giacomo nel 1370".

Vicine agli affreschi di S. Giacomo Maggiore sono le sei tavolette con Storie di Cristo nel Museo civico di Pesaro, variamente attribuite a scuola fiorentina (Vari Marle, 1924), a scuola senese con riflessi di Taddeo di Bartolo (Serra, 1920) o a scuola bolognese (Serra, 1929), finché furono riconosciute a C. dal Longhi (1934). Esse mostrano uno stretto rapporto con la pittura del modenese Serafino dei Serafini, attivo in quegli anni a Ferrara; e d'altro canto si accordano con le fisionomie. caricate e argute del gruppo dei devoti, che è quanto rimane della grande tavola con la Madonna della Misericordia, dipinta da C. nel 1380 per la chiesa di Mezzaratta.

La tavola dovette venir rirnossa dall'altar maggiore della chiesa di Mezzaratta verso la fine del sec. XVIII, ed era nota soltanto da un'incisione di Seroux d'Agincourt (1835, tav. CLX), in base alla quale fu rintracciata dall'Arslan (1937) in una collezione privata genovese. Già allora pesantemente ridipinta, fu danneggiata in modo gravissimo durante la seconda guerra mondiale. La tavola fu acquistata in tempi recenti dallo Stato per la Pinacoteca nazionale di Bologna ed è esposta nella sala che accoglie il cielo di affreschi. staccati dalla chiesa di Mezzaratta.

Intorno a queste opere che fanno tutte capo alla Madonna della Misericordia, siraccolgono non poche, tavole, come la Madonna col Bambino del Museo Davia-Bargellini a Bologna, nonché i due frammenti con l'Angelo e l'Annunciata della stessa raccolta, che il Ferretti (1978) suppone appartenenti a quella tavola; un trittichino passato alla vendita Christie's del 27 nov. 1970, e ora in coll. privata (riconosciuto a C. dal Volpe: cfr. Ferretti, 1978); un S. Giacomo già in collezione Gertren (ibid.); la tavoletta con l'Orazione nell'orto della Pinacoteca nazionale di Bologna; quattro Apostoli della donazione Salmi nel Museo di Arezzo; la tavoletta con la Madonna dell'Umiltà e tre santi, nel Museo di palazzo Venezia a Roma.

Più tarda, e di qualità un po' più scadente, è la tavoletta con Crocefissione e Deposizione firmata da C. e passata dalla raccolta Costabili alla Pinacoteca nazionale di Ferrara. Insieme alla tela raffigurante S. Cristoforo della parrocchiale di Montemaggiore, datata 1395 (C. Ricci, 1906; G. Ricci, 1934; Arslan, 1937). la tavoletta di Ferrara costituisce un importante punto di riferimento per la fase tarda dei maestro, che dall'ultima notizia documentaria, del 1410, risulta iscritto alla Società delle quattro arti e quindi presumibilmente ancora attivo come pittore.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Matricola della Compagnia delle Quattro Arti, c. 247r; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio: B. A. M. Carrati, Lionor. Massari dell'Arti di Bologna [1783]; Ibid., ms. B 123: M. Oretti, Notizie dei professori del disegno [fine sec. XVIII], cc. 18 ss.; G. Vasari, Le Vite..., Firenze 1568, I, p. 255; I. A. Bumaldi [0. Montalbani], Minervalia Bononiensium civium..., Bononiae 1641, p. 239; A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1650, I, p. 618 (v. anche p. 79); L. Vedriani, Raccolta de' pittori, scultori et architetti modenesi più celebri, Modena 1662, pp. 22 s.; C. C. Malvasia, Felsina pittrice [1678], Bologna 1841, I, pp. 31 s.; II, p. 56 e n. 1; Id., Le pitture di Bologna [1686], a cura di A. Emiliani, Bologna 1969, pp. 37, 51, 88, 128, 151; F. Baldinucci, Notizie dei professori del disegno... [1681-1728], I-V, Firenze 1845-47. v. Indice, a cura di A. Boschetto nell'ed. anast., VII, Firenze 1975; P. A. 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